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Italian Customer Intelligence - page 40

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THE REAL NATURE OF THE NET PROMOTER SCORE

The Net Promoter Score detects the positive (and free) word of mouth rate that your brand generates

According to a recent research of Digitas LBi, customers trust more recommendations of friends and colleagues rather than reviews of bloggers and influencers. In Italy 36% vs 21%.

The real health condition of your Brand is measured by the number of promoters. In other words, those “fanatics” of your brand who respond to the question “How likely is it that you would recommend our Brand X, to friends and colleagues, based on a 0 to 10 scale?” with a score of 9 or 10Net Promoter Score is calculated by subtracting the percentage of customers who are detractors (those who respond with a score of 0 to 6) from the percentage of customers who are promoters. The result measures the positive word of mouth rate generated by “shopping recommendations” between friends and colleagues.

Temkin-con-sfondoThe table shows the average Net Promoter Score of many industries in the United States (source: Temkin Group, collection of data: last quarter 2014). It would be very interesting to understand whether your brand is above or below the average of your industry, in other words whether your company is able to attract investments.

In order to boost the number of promoters, it’s necessary to hear their voice and engage them in the construction of a superior customer experience. The ultimate goal is to offer an outstanding experience to all customers not only at the time of shopping but also when the product/service purchased is used. Usually all promoters are both enthusiastic, deep experts and demanding clients, they pretend to have an experience consistent or superior to their high expectations.

The data reported in the research of Digitas LBi lead to the conclusion that it’s necessary to invest for real on the customer experience. Specifically, investments on communication “influence the influencers” more than the real customer who is seduced above all by the enthusiasm for a brand of a friend or a colleague considered a credible and reliable testimonial.

This is the real nature of each promoter: the enthusiasm that infects everyone. The promoter recommends something not only when asked for advice, but passionately talks about her favorite Brand and its recent developments on every occasion, appropriately or “inappropriately”. This vibrant enthusiasm infects everyone. The promoter is not able to avoid to tell friends and colleagues her recent purchase or the last news regarding her favorite brand. Whether it is a scooter, a formal dress, an houseware, a perfume, an airline, a restaurant or an insurance company, the promoter will talk about it. And she will speak well about it and gratis! It’s exactly the word “gratis” (from Latin: grateful, thankful) that describes really well the nature of each promoter. Furthermore, it’s better to trust somebody that communicates something for free rather than somebody who is paid to deliver a message!

BLOGGER E INFLUENCER VS AMICI E COLLEGHI: GUIDA ALL’ACQUISTO PIÙ AFFIDABILE

Che il consumatore di oggi sia costantemente e ovunque connesso in rete attraverso un numero di device (pc, smartphone, tablet…) sempre più elevato è cosa ormai nota. Tanto che si è reso necessario trovare un nome che definisse questa tendenza: ATAWAD, ossia Any Time (in ogni momento), Any Where (ovunque), Any Device (qualunque device).

Depositphotos_30712365_mEd è altrettanto cosa nota la propensione di questo iperconnesso consumatore a intrecciare online e offline in maniera sempre più spregiudicata e agile (ricerca di informazioni online e acquisto nel punto vendita, oppure raccolta di informazioni nel punto vendita e acquisto online). Inclinazione che sfocia nella richiesta del consumatore stesso alle aziende perché integrino e allineino le loro politiche e strategie online con quelle del retail.

L’esigenza, ovviamente, è quella di una customer experience personalizzata, tagliata su misura, non identificabile con quella desiderata da nessun altro. Tanto che lo stesso consumatore si dice disposto a indicare personalmente al brand le sue preferenze per metterlo nelle condizioni di offrirgli esattamente quello che cerca (approfondisci qui).

Il dato interessante, invece, che emerge dalla ricerca “Connected Commerce 2015” che Digitas LBi ha effettuato in 17 Paesi è che quel consumatore che cerca sempre più informazioni riuscendo a ottenerle in modo sempre più preciso, puntuale ed esauriente sta invertendo una rotta che sembrava ormai consolidata e che riguarda la fonte dell’informazione. In Italia solo il 21% dei consumatori si affida alle opinioni e ai consigli di influencer, blogger, esperti e giornalisti. Al contrario, un crescente 36% preferisce le indicazioni che gli arrivano da familiari, amici o colleghi. Insomma, meglio il passaparola!

E proprio questo passaparola, sempre più tenuto in conto da un super informato, esigente ed infedele consumatore, è oggetto misurabile di un indice internazionalmente riconosciuto, il Net Promoter Score.

Tracciando il tasso del passaparola positivo innescato dai “best clients”, veri e propri tifosi e “promoter”, il Net Promoter Score costituisce un indicatore molto affidabile del successo del brand, che viene “caldamente consigliato” (9 o 10 in una scala da 1 a 10) ad amici e colleghi.

Conoscere il Net Promoter Score del proprio brand consente, oltretutto, di individuare quei clienti che, essendo fan, saranno in grado di dare preziose indicazioni sui punti di forza e sui punti di debolezza dell’azienda (approfondisci qui).

 Scrivi a info@italiancustomerintelligence.it per rilevare il Net Promoter Score della tua azienda e per offrire una Customer Experience superiore.

PANINI DURINI: METTI UN SORRISO A TAVOLA E C’È UN CLIENTE IN PIÙ

Oggi parliamo di Panini Durini che dal 2011 ha portato sul mercato di Milano un nuovo modo di fare ristorazione tutta Made in Italy, in cui qualità, freschezza ed ecosostenibilità convivono in un ambiente dinamico ed estremamente cordiale.

Tra i sette locali (a breve otto) distribuiti in tutta Milano, abbiamo “testato” quello in via Durini 26, il primo storico locale del brand.

Se il tendone bianco dell’unica vetrina dello store, si può “perdere” tra quelli di altri store vicini, non si può non notare la concentrazione di persone stazionanti appena fuori dall’ingresso (chi con fragranti panini in mano, chi invece in procinto di entrare) così come non si può non notare la vetrina su cui sono applicati gli stickers con descrizioni del servizio gratuito ed ecologico di “bike delivery” che effettua il locale.

Entriamo: è molto affollato, purtroppo non c’è posto per accomodarsi nei tavoli (o per meglio dire banconi) in fondo alla sala: ci avviciniamo alla cassa per ordinare e veniamo accolti da un sorriso sincero e un saluto molto cordiale della ragazza in cassa che, vedendo la nostra indecisione sulla scelta del panino, ci porge subito il menu. Dopo averci detto che ci avrebbe riservato un posto non appena si fosse liberato, ci lascia il tempo per decidere.

Come abbiamo già sottolineato (leggi qui), il sorriso e il saluto sono requisiti fondamentali nell’offerta di una customer experience superiore sin dalle prime battute dell’esperienza: rappresentano uno dei primi punti di contatto con il cliente e spesso determinano quella “prima impressione” che influisce molto sull’esperienza generale che il cliente vivrà.

E così è stato anche per noi da Panini Durini: l’approccio cordiale della ragazza ha creato nella nostra mente una impressione così positiva, che l’impossibilità di sedersi, l’affollamento di persone e l’attesa (situazioni di per sé fastidiose) non hanno influenzato negativamente la nostra percezione dell’esperienza vissuta fino a questo momento.

Come promesso, appena liberato il posto (non più di 3 minuti di attesa) un’altra ragazza ci accompagna e ci fa accomodare e, per renderci più agevole l’ordine da fare al bancone, ci invita ad appoggiare le nostre giacche negli appositi ganci applicati sotto il bancone, garantendoci che le avrebbe controllate lei.

Abbiamo la netta sensazione che per Panini Durini l’attenzione al cliente sia centrale. Nonostante l’affollamento del locale, si sono ricordati di riservarci un posto a sedere: ciò ha creato un forte legame di fiducia nei confronti del personale (e quindi del brand), che ha raggiunto il suo picco nel momento in cui la ragazza si è offerta di controllare le nostre giacche.

Anche ordinare è stato una vera e propria esperienza nell’esperienza: raggiunto il bancone, che è un tripudio di colori e profumi, veniamo accolti da un ragazzo che ci saluta in modo molto cordiale, dando quella giusta confidenza che ti fa sembrare di essere in compagnia di amici, ma senza risultare invadente.

Dopo aver ordinato, ci invita a prendere da bere dal grande frigo a vista e ad accomodarci perché il panino lo avrebbero portato loro (consegna che non ha superato i 2 minuti).

Dividere il servizio in due modalità (servito e self service) potrebbe rappresentare un grande punto di forza di Panini Durini: innanzitutto il cliente è prontamente accolto dal personale, il quale con diverse modalità di comunicazione, crea una relazione immediata e piacevole con il suo interlocutore facendolo sentire “coccolato” e poi aver la possibilità di scegliere autonomamente una bevanda da un frigo a totale disposizione, ci ha trasmesso senso di libertà, oltre a velocizzare il servizio visto che il personale non deve così occuparsi del beverage.

Panini Durini sa che i suoi clienti non possono attendere molto (si sa che la pausa pranzo non è mai generosa con i tempi) per cui il servizio è velocissimo. Questa rapidità permette chiaramente un maggiore turn over: il servizio per essere veloce, senza essere frenetico, necessita di personale in abbondanza: noi ne abbiamo contati almeno 7, che per un locale di così piccole dimensioni quelle dimensioni sembrano tantissimi, ma vi assicuriamo che tutti erano impegnati in qualche mansione.

Tutti erano intenti a rendere l’esperienza del cliente, piacevole e in linea con le aspettative: chi ripristinando e pulendo il bancone, chi intento a preparare i panini, chi alla cassa con un bel sorriso stampato in viso, chi a far accomodare i clienti ai tavoli.

Una vera squadra: è proprio questo quello che si respira appena entri da Panini Durini. La loro coesione, il loro rispetto reciproco, il feeling e la positività del personale creano un’atmosfera calorosa e vivace che sommata alla bontà del panino, ti fa solo venir voglia di tornarci.

Qual è, in sintesi, l’esperienza di accoglienza che abbiamo vissuto da Panini Durini?

panini durini

Vuoi iniziare a fare un primo passo verso un’offerta di customer experience superiore nel/i locale/i del tuo brand? Scrivici a press@newsandcustomerexperience.it

LA DIGITAL BOUTIQUE: IL FUTURO È GIÀ QUI

Quando moda e tecnologia si incontrano, non può che nascere un prodotto innovativo e rivoluzionario.

DS Group, società di consulenza italiana specializzata nel creare e sviluppare progetti e soluzioni altamente tecnologiche al servizio del retail ha lanciato la Digital Boutique, il suo fiore all’occhiello, nata dalla collaborazione della società con partner strategici come Samsung, Microsoft, Intel e Sap.

Che cos’è la Digital Boutique?

La Digital Boutique è un luogo fisico in cui alta moda, tecnologia e Ddsign convivono per proporre ai clienti un percorso fisico ed emozionale all’interno dello store.

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Ma partiamo dalle origini: l’idea nasce dalla semplice, ma non banale domanda: quanti retailer utilizzano device come tablet o altro per assistere i propri clienti nella scelta di un capo di abbigliamento?
Romeo Quartiero, CEO e fondatore di DS Group si è posto una domanda le cui fondamenta consistono proprio nell’ABC della customer experience, ossia: Cosa sto offrendo al cliente? Cosa si aspetta il cliente da me? Come sto rispondendo alle sue esigenze?

Poiché dagli studi e dalle analisi da lui effettuate è giunto alla conclusione che la vendita negli store è sì assistita ma poco supportata dalla tecnologia, ecco allora che Quartiero pone la base della sua strategia: portare all’interno dei negozi il digitale, inteso come tutte le tecnologie dedicate al fashion, che possano aiutare sensibilmente il cliente nell’acquisto e di conseguenza trasformare l’esperienza d’acquisto.

Che fare quindi? “I prodotti hanno una storia che deve essere raccontata nello store (clicca qui per approfondire) ed è necessario ricreare il grande cerimoniale della vendita, portando il cliente al centro di un percorso che va dalla digital signage, al pagamento elettronico, alla musica”. Quartiero ricrea il negozio ideale sia per il cliente che viene messo al centro di tutto il processo di acquisto e a cui viene garantita una customer experience davvero superiore, sia per il brand che può così conoscere finalmente il consumatore e creare una relazione diretta con lui.

Digital Boutique e touchpoint

La Digital Boutique coinvolge il cliente durante tutti i touchpoint all’interno dello store

  • Store Analytics and Virtual Check-In”: attraverso l’utilizzo di videocamere, beacons e altre tecniche di rilevazione si riesce a mappare gli ingressi del cliente e la durata di permanenza dello stesso all’interno dello store, sia a misurare il numero dei passanti davanti alla vetrina durante tutta la giornata
  • Interactive Digital Signage”: grazie alla prima rilevazione, vengono trasmessi tramite un grande schermo dei contenuti personalizzati, proponendo a esempio outfit diversi a seconda del sesso ed dell’età del cliente
  • Smart Dressing Room”: un camerino ipertecnologico che effettua la rilevazione dei capi da provare tramite il cartellino, consentendo al brand di effettuare statistiche tra ciò che viene provato dal cliente e ciò che viene acquistato, potendo così non solo profilare le sue preferenze, ma grazie a uno specchio touch screen, può raccogliere un suo feedback diretto sugli abiti e proporre eventualmente altri capi o un outfit diverso.
  • Mobile payment”: dispositivi mobile che permettono il pagamento tramite Mobile Pos, eliminando la cassa (Apple docet) e con essa eventuali code e fastidiose attese. Genialità 2.0!

This is the same shoes!Nella Digital Boutique tutto è in funzione del cliente: non solo si garantisce un’esperienza davvero superlativa, ma avendo la possibilità di mappare e tracciare ogni fase dell’acquisto nello store, il brand può ottenere dati fondamentali per strutturare strategie e attività volte a garantire una customer experience superiore alle aspettative del cliente in tutte le tappe del suo viaggio.

La tecnologia ancora una volta si dimostra come il fattore determinate per la trasformazione del paradigma delle logiche di mercato legate al mondo retail, sempre di più volte al coinvolgimento del cliente e ad “alleggerire” gli addetti alla vendita da alcuni servizi, in favore di una concentrazione e dedizione totale all’esperienza delle persone sempre più unica e personalizzata, potendo così garantire vantaggi e percorsi emozionali fino a qualche anno fa impensabili.

I BEACONS RIVOLUZIONERANNO LA CUSTOMER EXPERIENCE…E VOI SIETE PRONTI?

Sempre più digital. Sempre più mobile. Queste sono le sfide del futuro per le aziende, soprattutto per quelle appartenenti al mondo retail.
L’evoluzione tecnologica, sempre più innovativa, più fruibile e volta a semplificare sensibilmente la vita di ognuno di noi, sta portando necessariamente le aziende a cambiare il paradigma delle logiche di mercato che ha governato per decenni il mondo retail: i consumatori sono sempre più esigenti e consapevoli e le aziende, per non soccombere, non possono far altro che adattarsi e aggiornarsi alla nuova realtà.
estimoteLa tecnologia non è più un argomento da “nerd”, ma è di uso comune e la sfida la vincerà chi riuscirà a “sfruttarla” in favore di una customer experience che sia innovativa e in grado di realizzare una realtà dove mondo fisico e mondo digitale si intrecciano in un unico grande ecosistema.

Beacons: un’opportunità per le aziende

I Beacons sono un’ottima opportunità per creare il link tra i due mondi, quello fisico e quello digitale sopracitati, e c’è da scommetterci che questi dispositivi rivoluzioneranno per sempre la modalità di acquisto e la customer experience nel mondo retail.

Walmart e Macy, il colosso Mattel con La Scatola dei Giocattoli, l’aeroporto di Heathrow a Londra, il Rubens Art Museum e l’italianissimo Palazzo Farnese a Piacenza, la Barclays Bank e molti altri sono solo un esempio dell’attenzione rivolta a questi piccoli e stravolgenti dispositivi.

cosa sono i Beacons?

I Beacons (in inglese “faro”) sono dei piccoli sensori da applicare su pareti o su qualsiasi superficie, in grado di trasmettere messaggi a smartphone e tablet che si trovino nelle vicinanze (hanno un raggio di interazione fino a 70m), a patto che questi abbiano attivato il BTW (Bluetooth Low Energy) e installato un’apposita applicazione.

Come anticipato da questo video, non è difficile immaginare il potenziale di questa tecnologia: le aziende potranno mandare qualunque tipologia di messaggio: comunicazioni, promozioni, sconti nei negozi e migliorare fortemente non solo l’esperienza di acquisto dei clienti, ma tutta la customer experience.
Grazie ai Beacons infatti le aziende potranno mettere davvero il cliente al centro di ogni loro attività: potranno sapere esattamente in che negozio si trovano in un preciso momento, quanto si fermano in una zona piuttosto che in un’altra e creare touchpoints personalizzati per ogni cliente a seconda dei suoi passi all’interno del punto vendita o addirittura potranno guidarli nell’acquisto in base all’età, sesso, precedenti acquisti e gusti personali. Una rivoluzione!

53397-beacon_teaser1Ovviamente questo comporterà per le aziende la ricezione di una tale mole di dati, il cui utilizzo efficace e intelligente determinerà il successo o meno dei beacons: evitare l’overload di notifiche push (ovvero il sovraccarico di avvisi che le applicazioni inviano alla schermata iniziale di un dispositivo mobile), che spesso porta all’effetto contrario e sfruttare la grande opportunità di poter trasmettere un messaggio forte e importante al cliente: che è al centro della nostra attività.

TOUCHPOINT E OPENING EXPERIENCE

Offrire una customer experience davvero superiore è tanto necessario in questa Era del Cliente (altrimenti il cliente se ne va), quanto difficile. Difficile perché l’opinione che egli matura sulla sua relazione con un brand avviene in tantissimi touchpoint, che spesso sono trascurati o addirittura sconosciuti all’azienda. Si tratta di ogni singolo frangente oppure occasione durante la quale il cliente ha modo di venire a contatto con l’azienda e, quindi, di farsi un’idea sul suo conto (clicca qui per approfondire).

Touchpoint: il packaging

Il packaging, la “scatola”, il “pacchetto”, è ciò che, in ultima istanza, si “intromette” tra il cliente e il prodotto. È ciò che fastidiosamente impedisce di vedere come sia davvero il prodotto, ciò che impedisce di toccarlo, di “provarlo” prima di acquistarlo. Ma può anche essere ciò che crea un’attesa e un’aspettativa di un’esperienza positiva quando si apre e si “pre gusta” l’articolo che sta per diventare finalmente “nostro” a tutti gli effetti.

Non stupisce, quindi, che un’azienda come Apple, il cui fondatore e ispiratore ha sempre messo la customer experience dei suoi milioni di clienti al centro di ogni sua azione (leggi qui come), abbia una “stanza segreta” dedicata esclusivamente al design del packaging e alla sperimentazione della “opening experience”.

Il packaging dice tanto del prodotto, è spesso il primo punto di contatto con il cliente ed è il catalizzatore di quella “prima impressione” che veicola le promesse del brand. Così una famosa pasticceria parigina racchiude i suoi preziosissimi pasticcini in cofanetti che sembrano dei veri e propri portagioie e una nuova linea di cosmetici ribadisce come la scatola delle sue creme sia “non solo custode del prodotto, ma elemento di dialogo e vicinanza con la consumatrice”.

shopping bagPackaging vuol dire anche la shopping bag che il cliente utilizza per portare a casa il suo acquisto: strumento che continuerà a ricordare dell’esperienza fatta, deve quindi rispecchiare i valori, lo stile e lo standard del brand. Così come anche i pacchi spediti per gli acquisti online: nell’esperienza di tutti sarà facile percepire la differenza tra il ricevere l’ordine di una maglietta in un bel pacco solido e sicuro o in un leggero sacchetto di plastica. Certo, nel secondo caso non ci preoccuperemmo comunque dell’integrità del nostro capo, ma nel primo caso le nostre aspettative sarebbero sicuramente superate (il che risulterebbe in una customer experience davvero superiore!).

Come fare, quindi, per individuare tutti i touchpoint attraverso i quali il cliente si interfaccia con l’azienda? Scrivi a Italian Customer Intelligence: info@italiancustomerintelligence.it

DI CHI È IL CLIENTE? /2

Nell’Era del Cliente (clicca qui per approfondire) il consumatore ha sempre più potere, è sempre più esigente e sempre più pretende di essere messo al centro non solo dell’azienda con cui si relaziona, ma di tutto l’ecosistema aziendale (quindi la produzione, la distribuzione, l’IT, il marketing, l’amministrazione…). La sua “pretesa” è quella di vivere una esperienza davvero superiore in ogni singolo momento in cui si interfaccia con il brand con il quale intende fare affari. Pena, abbandonare il brand e rivolgersi altrove (clicca qui per approfondire) .

Anche il retail, tradizionalmente il luogo fisico di incontro tra il cliente e l’azienda, ma anche sempre più spesso “emancipato” dalla stessa azienda, deve rivedersi alla luce di questa nuova, impellente esigenza.

Il cliente e il rapporto con il retail

Omni-canalità, tecnologia, app, velocità alle casse, addetti competenti, offerte e promozioni personalizzate sono solo alcune delle richieste sempre più forti del pretenzioso cliente di oggi. Ma, soprattutto, il desiderio di comunicare e di relazionarsi sempre più direttamente con il brand, “usando” il rivenditore come intermediario valido e affidabile (clicca qui per approfondire).

Secondo una recente ricerca a livello europeo di Epson, società di sviluppo di soluzioni tecnologiche per il retail, il 78% dei consumatori italiani dichiara di essere aperto e disponibile alla condivisione spontanea di informazioni con i gestori dei punti vendita riguardo le proprie preferenze, ritenendo che questo possa dar modo al brand di proporre un’offerta più personalizzata e più coerente di quella che può derivare dalla deduzione delle abitudini di acquisto.

Nell’Era del Cliente, dunque, il punto vendita diventa uno strumento utile, efficace e necessario per intercettare il cliente e per interrogarlo sulle sue esigenze e i suoi desideri. Ricordando che ben l’81% dei consumatori è disposto a pagare di più per una customer experience veramente superiore.

SE C’È DA ASPETTARE, VADO DA UN’ALTRA PARTE

Siamo già intervenuti nei giorni scorsi su come negli Stati Uniti si sia intercettato un certo malumore tra i consumatori costretti ad aspettare in coda in punti vendita di diverso tipo (leggi qui). Lo stesso malumore è stato rilevato anche in Europa.

I dati di Epson

Supermarket checkoutUna ricerca di Epson, società di sviluppo di soluzioni tecnologiche per il retail, ha infatti evidenziato come le code alle casse siano sempre più un problema per i clienti e, di conseguenza, anche per le aziende.

Code alle casse, addetti vendita poco competenti e cordiali, lentezza nelle operazioni di pagamento mettono in serio pericolo l’esperienza del cliente nel punto vendita, fino a condizionarne l’acquisto. Fare coda alla cassa è accettabile se l’attesa non è eccessiva, ma questi sono alcuni dati interessanti emersi dalla ricerca, che è stata condotta in Italia, Gran Bretagna, Francia, Germania e Spagna:

  • Il 42% degli intervistati è meno propenso ad aspettare in coda se il prodotto vale poco e se è facilmente reperibile altrove
  • Il 29% lascia gli articoli acquistati e se ne va se c’è coda
  • Il 25% si reca in un altro punto vendita per effettuare l’acquisto

L’esperienza di acquisto deve essere facile e piacevole e una coda sicuramente non la rende tale.

Come risolvere il problema?

Da una parte, la conoscenza del cliente come base necessaria per lavorare a migliorare la sua customer experience. Una conoscenza volta a capire chi sia, quali siano i suoi bisogni e le sue esigenze e come egli percepisca la sua relazione con l’azienda/brand. Per trovare poi soluzioni che non si fondino solo sulle buone intenzioni ma che siano il frutto di uno studio e di un’osservazione rigorosa e costante.

Spesso le soluzioni avranno a che fare con una tecnologia che sia in grado di semplificare, velocizzare e rendere più piacevole l’esperienza di acquisto: il 67% degli intervistati (il 73% degli intervistati italiani) ritengono necessario che gli operatori retail adottino proprio la tecnologia per migliorare la loro permanenza nel punto vendita.

Come ha fatto una catena di palestre che ha fornito una membership card ai suoi clienti in modo da ottenere indicazioni su come essi si comportassero nelle loro palestre. Notarono così che i clienti aspettavano in coda fuori dalla stanza del loro corso di fitness, in parte per essere sicuri di entrare, ma soprattutto perché volevano un posto specifico all’interno della stanza: vicino all’istruttore o in fondo. Il risultato fu la creazione di una funzionalità che permettesse la prenotazione online di un posto specifico, in modo che potessero così arrivare a lezione solo qualche minuto prima che iniziasse. Riuscendo a conoscere i loro clienti, l’azienda capì anche come aiutarli e come far loro guadagnare tempo altrimenti inutilmente perso.

 

Per sapere come conoscere efficacemente i tuoi clienti per poter progettare per loro una customer experience superiore, scrivi a info@italiancustomerintelligence.it

LE ORECCHIETTE FATTE IN CASA FANNO STORIA A DUBAI

Alice Scuratti, 31 enne, Milanese. Un lavoro da commercialista che non la soddisfa, una forte passione per la cucina italiana e una voglia estrema di cambiare vita.

FC05“Quando lavoravo in studio, mi annoiavo così tanto che nei momenti morti mi fissavo sui food blog”, ci racconta. Così nel 2013, decide di “darci un taglio” e iniziare una nuova avventura: insieme al fidanzato, una valigia piena di speranza e tanti punti di domanda, si trasferisce nella “New York del Golfo Persico”, Dubai!

Accorgendosi del forte gap tra ciò che è cibo italiano e ciò che viene presentato come tale, Alice inizia fare lezioni di cucina a domicilio a persone di tutte le età, cultura ed estrazione, raccontando la tradizione culinaria italiana e dando vita al progetto “Fatto in Casa”.

Che cos’è Fatto in Casa?

Fatto in Casa è un brand che offre consulenza ai ristoranti italiani gestiti da persone straniere in tema food, partecipa a eventi importanti, come il Dubai Food Festival, collabora con i ristoranti italiani che hanno sede a Dubai, organizzando corsi di cucina, workshop, eventi:

“Noi offriamo expertise, mani d’oro e le facce da ‘italiane a Dubai’, loro la struttura

La formula è semplice, ma geniale. “Siamo un gruppo di donne italiane che vive a Dubai, che ama la cucina italiana e che ha deciso di mettersi in gioco, condividendo quello che ha sempre imparato: non delle semplici ricette, bensì CASA NOSTRA. È questa la marcia in più: dietro la mia crostata alla ricotta, c’è mia madre, mia nonna! E poi conosciamo l’origine dei prodotti che vendiamo, siamo dei romantici in fondo. Dallo chef al cameriere, quando vendiamo un piatto, raccontiamo una storia. La nostra”.

Uno storytelling tutto tricolore, che coinvolge i cinque sensi dei loro clienti, perché non assaggiano solo piatti della cucina italiana, ma assaporano un pezzo della nostra tradizione.

FC03Alice racconta una storia che non è un ricordo da rinverdire, ma è un’attualità da comunicare attraverso tutti i piatti che prepara o che insegna a preparare, facendo vivere quei rapporti a cui la ricetta è legata e da cui lei non vuole separarsi.

Per Alice le tradizioni si tramandano, se si tramandano i rapporti che le rendono attuali. In più, poiché per lei non si può separare la tradizione di una ricetta dalla persona in carne e ossa a cui essa è intrinsecamente collegata, ne crea uno tutto nuovo con il cliente e lo fa entrare nell’essenza stessa della ricetta, fatta di emozione, di storia, di ricordi di cui Alice e Fatto in Casa rappresenta solo il primo passo.

fattoincasaBurj2Il resto lo farà il cliente, che ogni volta che assaggerà quella crostata di ricotta penserà all’esperienza vissuta e la tramanderà a sua volta.

Fatto in Casa è l’esempio perfetto per capire che il cliente vuole sentirsi partecipe del brand e contribuire alla sua essenza, innamorarsi di una storia. Non basta la qualità dei prodotti, bisogna saperli raccontare, soprattutto a chi non li conosce (o crede che gli “spaghetti pollo palla”, amatissimi a Dubai, rappresentino l’Italia).

Solo così il cliente diventa a sua volta narratore della nostra storia.

Italian Customer Intelligence, con Stefano Damonti e Mario Sala promuove un seminario per acquisire concrete indicazioni su come costruire le storie dei propri prodotti e della propria azienda, in grado di fare innamorare per sempre i loro clienti.

Per avere informazioni sul seminario scrivi a: info@italiancustomerintelligence.it

ELENA RIVA AND THE PERFUME OF A SPECIAL HOLIDAY

London aerial view with Tower Bridge in sunset time

Elena Riva, president of Panino Giusto, describes to “Cx and the city” her personal customer experience relating to a purchase finalized in the last months : a fragrance by Joe Malone

Elena Riva is the President of Panino Giustofast casual restaurant chain established in Milan in 1979with fifteen stores in the capital of Lombardy, four in the rest of Italy, four in Japan, one in Hong Kong and one in London. Panino Giusto is the synonym of quality not only for the excellence of raw materials but also for the ability to offer an informal and pleasant location to its clients. With a special attention to the customer experience lived by the clients of her restaurants, Elena describes to CX and The City, section made by interviews that each company shall submit to their customers (click her for any further information), her personal experience relating to a purchase finalized in the lasts months: the Amber & Lavander Cologne by Jo Malone.

CX AND THE CITY

Belgravia1How did you discover the brand and the location of your purchase?

I was casually walking around Belgravia, charming area of London, with a good friend, when we stopped in front of the shop windows of Jo Malone that draw our attention.

When you decided to purchase that particular product, did you compare it with others or did you opt for it since it suddenly drew your attention?

I actually tried many different fragrances but the Amber & Lavander Cologne conquered me immediately.

cologne3Which personal need or desire the product purchased was intended to satisfy?

I needed a “causal” fragrance, perfect for every occasion: when I am going to work or in the free time. Feminine but not excessively sweet… A perfume you can identify by the soft touch, especially by me since I don’t like invasive fragrances.

When and how did you purchase the product?

I purchased for the first time this fragrance in the summer of 2014, since that moment I have always been loyal to this Cologne, with one peculiarity: I like to buy this product in London, always in the same store, since I live that shopping experience as something special for me.

Did the product satisfy your personal need that stimulated the purchase, maybe exceeding that expectation?

Absolutely, I felt immediately confident with this perfume and nowadays it’s still my favorite fragrance.

Why would you repurchase this product?

Because it reminds me the very beautiful moments I lived during that holiday.

If that product was a city, which city would be?

Nothing except London! A charming city that I love, a city that is able to combine in a unique and extraordinary way the past with tradition and the future with innovation.

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