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Italian Customer Intelligence

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COME UN FIORE INATTESO

Pubblichiamo la prefazione di Alessandro Bracci, ceo di Teddy, a “Si cresce solo per entusiasmo”, di Mario Alessandro Sala

 

Quello che ho imparato lavorando con Mario sul tema dell’entusiasmo del cliente è, paradossalmente, una cosa che non c’entra con il cliente.

C’entra con me stesso e corrisponde a questa domanda: cosa veramente mi entusiasma?

Questa è la domanda cruciale, tipica dell’imprenditore in senso lato, cioè di colui che nella vita, qualsiasi cosa faccia, vuole “menare le mani”,  lasciare un segno nel pezzettino di storia che gli è dato di vivere: vuole che il desiderio di infinito con cui è nato possa trovare almeno un inizio di realizzazione in qualcosa che esca dall’opera delle sue mani o del suo tempo.

E allora si butta nella mischia perchè sente che è lì che infuria la battaglia per la sua felicità:  prende la realtà di petto per trasformarla, disegnarla, renderla adeguata rispetto ai suoi sogni e ai suoi desideri di grandezza, bellezza e di giustizia.

Credo che nessuna impresa sia nata senza la trazione di questa spinta e quindi credo che nessuna impresa possa vivere e crescere se non curando questa trazione soprannaturale di cui alcuni imprenditori sono particolarmente dotati e che sono di esempio per tutti gli altri.

L’entusiasmo del cliente arriva come un fiore inatteso che sboccia da questo entusiasmo dell’imprenditore e di tutte le persone che, con lui, sposano la causa dell’impresa.

Ecco perchè consiglio di leggere questo libro a tutti gli imprenditori…perchè parla innanzitutto a loro.

E’ possibile acquistare il libro in formato cartaceo e in formato digitale ed e-book. 

Ph.Credits – Copertina: Fida Kettunen

 

UN PENSIERO POSITIVO, AUDACE, PIENO DI SPERANZA

La prefazione di Santo Versace a “Si cresce solo per entusiasmo” di Mario Alessandro Sala.

 

 

Ha ragione Mario quando scrive: “…Sta qui l’origine dell’entusiasmo, quando ciascuna persona della nostra impresa si sente chiamata per nome e convocata per costruire qualcosa di grande per la quale  è indispensabile”.

Ho tanto desiderato questa “convocazione” che, a sei anni, ho chiesto insistentemente a mio padre di aiutarlo nel suo lavoro.

Vendevamo il carbone vegetale al dettaglio e all’ingrosso, l’unica fonte di energia nella mia Calabria degli anni ’50 . Io ero un bambino sempre sporco di carbone che sapeva a menadito i multipli di 36: mezzo chilo di carbone faceva 18 lire e si arrivava a 360  per 10 kg.

Sporco di carbone e felice, non si trattava solo di spostare sacchi: la convocazione era per costruire il futuro che mi è sempre stato comunicato come  bello, grande, positivo!

E’ proprio vero: pensare al futuro fa bene al presente e la ricerca di Jim Collins, citata nel libro, descrive bene il fenomeno per il quale alcune piccole aziende sono diventate medie, grandi e a volte grandissime: è stata la mia esperienza e quelle di tante imprese made in Italy che lasciano incantati clienti in tutto il mondo.

Ma questo pensiero per il futuro deve  essere positivo, audace, pieno di speranza e intelligente nel rendersi conto di tutte le risorse e le opportunità che ci sono!

Che grande responsabilità ha chi, come i media e a volte noi stessi, con una comunicazione sistematicamente  disfattista, mortifica questa spinta vitale: davvero occorre cambiare rotta! Questa negatività, che fa focalizzare le persone sulle risorse che mancano invece che invitarle a scoprire, e sono molte di più, quelle che si hanno, si riflette sulle nostre imprese: abbiamo più posti di lavoro che aspiranti lavoratori. Nel nostro mondo, quello che fa riferimento e studia la Fondazione Altagamma, abbiamo 236 mila posti vuoti!

I giovani non hanno futuro, non hanno lavoro adeguato, non avranno pensioni, il pianeta è agli sgoccioli … non è vero!

Questa comunicazione che entra nelle imprese, nelle scuole e nelle famiglie, ignora l’entusiasmo, la passione e i talenti che vivono in centinaia di migliaia di imprese, non fa cenno delle milioni di famiglie e singoli che ogni giorno riprendono la via del lavoro pieni di gratitudine e speranza, di insegnanti che vivono il loro mestiere come una vera e propria vocazione, di noi tutti che viviamo in un Paese meraviglioso, un giardino a cielo aperto, ricco, pieno di risorse e talenti con un immenso patrimonio artistico e culturale, desiderata meta di tutto il mondo.

Mario, controcorrente rispetto all’aria che tira,  si è messo a studiare sul campo il fenomeno dell’entusiasmo e il libro che ne è uscito è pieno di aneddoti, sorprese e osservazioni  preziose non solo per chi lavora in una impresa.

E’ possibile acquistare il libro in formato cartaceo e in formato digitale ed e-book. 

MITILLA, LA COZZA DI PELLESTRINA

Federico Menetto: “Un Brand destinato ad espandersi ed estendersi”.

All’avvicinarsi dell’estate emergono sempre più vividi nella mente (soprattutto di chi ancora lavora) profumi, colori, sapori ed emozioni che il mare ci regala.

E allora per anticipare l’appagamento, che speriamo diventi reale a breve, in quelle sensazioni così fresche e genuine abbiamo intervistato Federico Menetto, partner di Lorenzo Busetto, fondatore del Brand Mitilla, la cozza di Pellestrina.

Un brand nato da poco che ha fatto della qualità e della tracciabilità gli elementi di forza.

Perché lo sapevate che le cozze non sono tutte uguali?

Tantissimi prodotti hanno dei parametri certificati che ne definiscono la qualità, pensate al vino o al prosciutto o ancora al formaggio, così anche la cozza ha delle caratteristiche specifiche che la possono rendere “ancora più cozza”.

Bastano pochi minuti per scoprirne il segreto:

D. Ma le cozze sono diverse?

R. E’ una illusione pensare che tutte le cozze siano uguali e che non ci sia possibilità di migliorare il processo di accrescimento. Un lavoro di conoscenza e di approfondimento, di ossessione e di test che è stato fatto in tanti settori agricoli (pensate al vino!) ma non nelle cozze!

Questo è il lavoro che abbiamo fatto a Pellestrina, fino a registrare un marchio nel 2019: Mitilla, la cozza di Pellestrina. Da allora 2 tesi, un sacco di riconoscimenti e premi, e soprattutto abbiamo riportato la cozza a tavola.

D. Da commodity la cozza è diventata Brand. Qual è stata la road map che avete seguito?

R. Il prezzo era diventato insostenibile, complice una importazione dall’estero. Abbiamo puntato tutto sulla sostenibilità e tracciabilità, garantendo un prodotto selezionato, superiore e salubre, che rappresenta un territorio. Lavorando proprio sulle tre variabili della sostenibilità economica, sociale e ambientale, spesso ritenute fuffa, sono tre elementi che gli stakeholder riconoscono e premiano. Oggi Mitilla è leader del mercato con il prezzo più alto, accompagnato da un alto standard di qualità, logistica e salubrità. Il lavoro fatto per Mitilla ha costruito valore per tutta la comunità (nel turismo come è stato rilevato in una tesi della Bicocca) e per gli altri produttori.

D. Quali i prossimi step?

R. Perseguire la vision: vogliamo essere, in Italia e in Europa, punto di riferimento della cultura e dell’eccellenza della cozza in primis e degli altri frutti di mare locali, per diventare leader dell’alta gamma creando opportunità per il litorale di Pellestrina di comunicazione e valorizzazione dei micro-produttori locali che conservano tutti i segreti della pesca tradizionale dei molluschi tipici della laguna e del mare. Un brand che potrà estendersi nell’abbigliamento tecnico, nei prodotti trasformati, nel turismo locale. Molto dipenderà dai partner che incontreremo per la nostra strada che ci aiuteranno ad interpretare al meglio la nostra leadership.

Ed è proprio in questa direzione che Mitilla si sta facendo sempre più riconoscere, grazie al coinvolgimento e alla valorizzazione del suo territorio.

Ne è un esempio l’evento che ha riempito la piazza di Malamocco, a Venezia, sabato 22 luglio, dove si è tentato di superare il Guinness World Records della preparazione, cottura e gratinatura al forno di 20.000 cozze.

E quali sono state le cozze in oggetto? Proprio quelle di Mitilla: 20.000+1, record battuto!

 

STARBUCKS E IL NUOVO HUB ECOSOSTENIBILE

Quando l’innovazione ha origine nella promessa ai clienti.

Starbucks, che possiede ad oggi oltre 35.000 negozi in tutto il mondo, continua a ispirare e nutrire lo spirito umano, una persona, una tazza e un quartiere alla volta (questa è la sua promessa) attraverso la definizione di un nuovo laboratorio di apprendimento e innovazione sulla sostenibilità.

Si tratta di un hub, che sarà realizzato alla fine di quest’anno, sviluppato in collaborazione con l’Arizona State University, nel quale si andranno a studiare nuove soluzioni sostenibili nell’economia agricola.

Lo stabile, l’Hacienda Alsacia, la fattoria di proprietà del colosso del caffè, sarà il luogo dove verranno testate nuove piante di caffè e dove verranno studiate e messe in pratiche soluzioni agricole sostenibili.

I primi studenti saranno proprio dipendenti di Starbucks e studenti dell’Arizona State University.

E’ così che la promessa di Starbucks, tazzina dopo tazzina, diventa sempre più credibile ed entusiasmante.

PIZZA HUT E I NINJA

Una consegna speciale

Il colosso statunitense Pizza Hut, che conta ormai più di 130.000 negozi in 110 Paesi, ne ha pensata un’altra per essere sempre al passo con i ritmi frenetici e innovati della grande mela.

In onore della prossima uscita, ad agosto, di “Teenage Mutant Ninja Turtles: Mutant Mayhem”, Pizza Hut ha deciso di promuoverne la campagna attraverso la consegna sottoterra della sua pizza.

Nella stazione metropolitana di Union Square a New York, per un periodo di tempo limitato, in quella che sembra una casa immaginaria delle formidabili Tartarughe Ninja, se si manda un messaggio a una linea dedicata con l’emoticon di una tartaruga, si riceve in pochi minuti una pizza calda e fumante direttamente dai ragazzi di Pizza Hut.

La partnership tra Pizza Hut e le tartarughe Ninja dura da tanti anni ormai, ma questa volta la creatività e l’innovazione hanno davvero sorpreso e fatto incollare gli appassionati della pizza americana, e non solo, al loro Brand. 

“Con questa nuova collaborazione, abbiamo voluto rendere omaggio alle origini delle Tartarughe e al loro amore per la pizza, infondendo anche punti di contatto moderni e una visione divertente e creativa delle consegne di pizza, nella vita reale e attraverso i giochi di realtà aumentata“, queste le parole di Lindsay Morgan, chief marketing officer di Pizza Hut.

Non solo la consegna underground ma sono stati anche inventati un packaging per la pizza, rigorosamente a tema cinematografico, e un innovativo gioco in realtà aumentata, chiamato Pizza Power.

Insomma, questa volta Pizza Hut ha voluto fare le cose in grande per le sue tartarughe!

Guarda qui il video dell’iniziativa.

LA TECNOLOGIA CHE RENDE IL PASSATO PRESENTE

Luci e droni ci riportano lo splendore del passato e l’essenza del presente.

 

La tecnologia può rendere il passato presente e riportare alla luce la potenza e lo splendore dei monumenti del passato? 

Qualcuno forse se l’è chiesto più di una volta, e qualcuno ha provato anche a rispondere in maniera pratica, realizzando disegni, rendering, studi, progetti…

Ma fino ad ora nessuno si era immaginato che la luce potesse essere la chiave di volta per riportare al presente il passato.

Nessun “profano” fino ad ora poteva immaginare che potesse esistere un sistema di piccolissimi droni che attraverso una maestrale regia facessero rivivere edifici antichi, come il Colosseo, con un gioco di luci incredibile.

E’ quello che sta facendo lo Studio Drift insieme a un team di scienziati: profilare il contorno di alcuni monumenti attraverso migliaia di droni in cielo che riflettono luce.

«Ricostruire un’opera con la luce è il nostro modo per mettere in dialogo passato e presente. Il nostro mondo frenetico non sa più apprezzare le manifatture che hanno reso immense le nostre città: Drift riporta un faro su dettagli che meritano un’attenzione speciale».

Un punto di luce uno a fianco all’altro e risorgono il Colosseo di Roma, la cattedrale di Notre-Dame a Parigi, distrutta dal fuoco pochi anni fa e la Sagrada Familia a Barcellona, rimasta incompiuta ancora dalla morte del suo architetto Gaudì.

Rendering dello studio Drift

E così non solo la luce fa riemergere dalle tenebre del buio il profilo di ciò che era ma ci fa ri-stupire e ri-immedesimare nell’origine della nostra cultura ri-portandoci all’ essere delle cose presenti.

Cosa c’è di più importante se non riprendere continuamente coscienza di sé per ripartire con più forza e determinazione nel presente?

Grazie Studio Drift per farci ristupire della magnificenza che è l’uomo.

MCDONALD’S VS BURGER KING

Un botta e risposta via ChatGpt

Ancora una volta i due principali player del fast food, McDonald’s e Burger King, utilizzano il “botta e risposta” per fare branding.

Il tutto è partito quando, in Brasile, una delle più famose catene di panini, McDonald’s, ha chiesto alla ChatGpt quale fosse il panino più famoso del mondo. E la pronta risposta è stata che il panino più conosciuto al mondo fosse proprio il Big Mac di McDonald’s.

Non solo, ha continuato, fornendo anche dati aggiuntivi, come ad esempio la ricetta del Big Mac, il numero di negozi che McDonald’s ha in tutto il mondo, altri tipi di panini che si possono trovare a menù.

Da qui l’idea di McDonald’s di proporre una campagna pubblicitaria che ricalcasse lo slogan I’m lovin’it con A.I. Lovin’it. (guarda qui)

Appena saputa la notizia i cugini Burger King non si sono fatti intimidire.

“ChatGpt, quale è il panino più grande al mondo?”

Ecco allora che la risposta non si fa attendere: “il panino più grande del mondo è il Whopper!”

E così, dopo poche ore, è apparso proprio di fianco al cartellone pubblicitario di McDonald’s quello di Burger King.

Questo è stato il primo caso di campagna pubblicitaria firmata direttamente a nome ChatGpt e che ha rinforzato entrambi i player nella loro strategia di branding.

Staremo a vedere se qualche altro marchio prenderà spunto da questa storia a suon di…chat!

NEW YORK: IL NEGOZIO DI BICI PIU’ PICCOLO DEL MONDO

20 secondi per rendere la vita in città più comoda e divertente

La Brompton è una delle più rinomate marche di biciclette, nata nel 1975 dall’idea di Andrew Ritchie, un giovane ingegnere londinese che voleva trovare il modo di muoversi in città in piena autonomia e libertà.

La caratteristica principale della bicicletta Brompton è quella che fin da subito è stata progettata in maniera tale da essere piegata in 3 parti (tra l’altro in meno di 20 secondi!), proprio per permettere una facilità di utilizzo e trasporto mai vista: può essere portata con facilità nella calca della metro, può essere riposta nel bagagliaio dell’auto, ed anche piegata per occupare poco spazio nei box, nelle cantine o ancora in casa.

Inoltre, ogni Brompton è costruita e saldata con brasatura dalle mani sapienti di esperti artigiani, che vengono formati presso la fabbrica madre con un percorso di 18 mesi: il che rende ogni bicicletta unica e resistente.

La Brompton ne ha fatta di strada: da quel piccolo laboratorio di South Kensington oggi è presente in 40 nazionalità e conta più di 800 dipendenti.

Nel 2016 la Brompton ha brevettato anche il suo primo motore elettrico apportando così un cambiamento significativo e precursore nella mobilità elettrica.

Ma la curiosità che da qualche giorno mobilita gli appassionati Brompton è proprio quella della nuova apertura a New York di un negozietto che ben esprime la brand promise dell’azienda: rendere la vita in città più comoda e divertente.

Due le caratteristiche principali: innanzitutto il nuovo negozio è piccolissimo, e questo testimonia ancora una volta che basta pochissimo spazio per posizionare la bicicletta (tra l’altro, i clienti lo hanno subito soprannominato “il negozio di biciclette più piccolo del mondo”); in secondo luogo offre un’esperienza nuova grazie a uno schermo digitale, che si trova all’interno del locale, attraverso il quale i visitatori possono esplorare, guidando una Brompton, il lungomare di Brooklyn o sfrecciare tra gli edifici di Manhattan.

Un’esperienza divertente che riflette la mission dell’azienda e che promuove una mobilità agile, comoda e “compatta”.

QUOTE BY HUBSPOT

 

“If you’re just doing your job you’re not doing your job”.

Grande verità trovata nella Culture of Deck di HubSpot, l’azienda statunitense che ha sede a Cambridge, nel Massachusetts, e che ha quasi 2000 dipendenti grazie allo sviluppo di una piattaforma di Business Automation che ha conquistato i clienti di tutto il mondo.

 

NO MEETING WEDNESDAYS

A way toward focused flow

“No meeting Wednesdays. We do our best not to have meetings on Wednesdays. The goal of this practice is to give everyone a large block of uninterrupted time to do focus work.”

Asana, così come l’azienda Boost, proibisce, e lo scrive pubblicamente nel suo Culture Deck, le riunioni il mercoledì. Evidentemente, e giustamente, avverte attraverso questa indicazione che … bisogna trovare il tempo per lavorare e che quello che si decide nei meeting … va realizzato!

In questa era delle call ci accorgiamo tutti che ciò che fa la differenza non è tanto la capacità di definire nuove strategie, cambiamenti di mindset e progetti chiave, ma di realizzarli davvero.

Ma, avverte anche il Project Management Institute che sono davvero troppi, nelle nostre imprese, i progetti chiave che vedono effettivamente la luce con tempi, costi, obiettivi e owner simili a ció che – forse nelle riunioni del mercoledì – era stato stabilito. È tempo di una nuova figura professionale … il maker!

Ne scriveremo presto sul nostro magazine!

 

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