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Italian Customer Intelligence - page 39

Italian Customer Intelligence has 515 articles published.

MARKETING E PENETRAZIONE COMMERCIALE NEGLI STATI UNITI

IL MADE IN ITALY (RI)TORNA IN AMERICA

Gli Stati Uniti sono in ripresa e tornano ad essere uno dei primi mercati di interesse per l’export Made in Italy. Gli ultimi dati sono decisamente incoraggianti e il momento favorevole del cambio euro/dollaro stimola ulteriormente l’interesse per il mercato a stelle e strisce.

Bruno Montesano, CEO di Nuove Sales (www.nuovesales.com), società di business development che da anni guida e accompagna le aziende italiane che vogliono entrare in USA, partner di Italian Customer Intelligence (www.italiancustomerintelligence.it), spiega che gli argomenti convincenti del prodotto Made in Italy sono la sua indiscussa e sempre molto apprezzata eccellenza qualitativa e la propensione tutta italiana alla customizzazione.

Gli Stati Uniti sono un mercato estremamente maturo, anche se la produzione “bella e ben fatta” dello Stivale è sempre molto appetitosa. Alcuni numeri: il settore moda (abbigliamento e pelle) l’anno scorso ha registrato 3 miliardi di euro di export, con un aumento dei valori del 10% soltanto in Dicembre; stesso importo per le esportazioni alimentari e di vino (equivalente al 10% del valore dell’export del settore), con un aumento a Dicembre dell’11,6%; 680 milioni di euro in mobili made in Italy sono arrivati nel 2014 in Usa (quasi l’8% dell’export totale del settore); il settore della meccanica a componentistica vede l’8,5% delle sue esportazioni dirette a Washington ed è quello che più si presta ad acquisizioni da parte di aziende americane; il calo dell’euro è significativo soprattutto per il settore dell’automotive che destina il 14% della sua produzione in uscita proprio agli Usa. Inoltre, il valore dell’Italian Sounding sul mercato statunitense è arrivato a 24 miliardi di euro nel solo 2014 (clicca qui per saperne di più).

Insomma, gli americani ci apprezzano, e questa non è una novità (leggi qui). Quello che c’è di nuovo è che è il momento giusto per l’Italia di rinnovare il suo interesse vero il mercato degli Stati Uniti, seguendo però un percorso che deve essere fatto con oculatezza, quasi a step graduali, sia dal punto di vista dell’impegno operativo che da quello economico, perché di difficoltà che si possono incontrare sul proprio percorso ce ne sono, a partire dal gap culturale che c’è tra il modello di business in Italia e in America, fino all’alta aspettativa sul servizio postvendita propria di un Paese che considera il cliente un vero e proprio ente giuridico con il quale “stipula un contratto” ad ogni occasione di vendita.

bruno montesanoClicca qui per vedere un’anteprima dell’intervento di Bruno Montesano al convegno “Progetto Speciale USA” di Federlegno Arredo: consigli e dritte su come affrontare un piano di marketing e come impostare la penetrazione commerciale della propria azienda per valutare seriamente la sua entrata nel mercato americano.

Voi state pensando di imbarcarvi in un viaggio, un’avventura e un’impresa che è importante non solo perché può incidere in modo positivo e significativo sul fatturato della vostra azienda nei prossimi anni, ma anche perché, se è impostata e gestita in modo incorretto, può essere fonte di gravi frustrazioni, insuccessi o addirittura perdite significative che sono ancora molto più gravi della mancanza di acquisizione di nuovi fatturati. Prima di partire per un viaggio e imbarcarsi in un’avventura bisogna sapere dove si va, capire come si fa ad arrivare dove si vuole andare e bisogna attrezzarsi per superare le difficoltà che inevitabilmente si incontreranno”.

B.Montesano

Per vedere il video integrale scrivi a info@italiancustomerintelligence.it

È DI NUOVO VENERDÌ: QUESTA SETTIMANA QUANTO TEMPO AVETE DEDICATO AL CLIENTE?

Uno degli articoli più cliccati sul nostro magazine è quello che scrivemmo, tra il serio e il faceto, sostenendo che, nelle nostre aziende, mentre facciamo a gara per essere i migliori interpreti e conoscitori del cliente e ci accaloriamo con frasi celebri (come ad esempio: “L’unico vero padrone è il cliente”, oppure “Solo il cliente può licenziare l’imprenditore”), se davvero contassimo quante ore in una settimana dedichiamo interamente al miglioramento della concreta esperienza del nostro cliente, ci troveremmo di fronte ad amare sorprese (clicca qui per leggere l’articolo).

Recentemente, Italian Customer Intelligence ha predisposto un tool che, mentre registriamo le nostre attività come un semplice time report, ci invita a giudicare in che grado esse hanno portato un reale miglioramento dell’esperienza del cliente. Alla fine di ogni settimana, nella forma di semplici grafici che indicano quante e quali attività abbiamo svolto, per quanto tempo, con chi e in favore di chi all’interno o all’esterno dell’azienda, il tool sentenzia cosa, di tutto questo, è andato a reale vantaggio del cliente…

Tante sorprese … Tante aree di miglioramento…

Per saperne di più sul tool, scrivi a info@italiancustomerintelligence.it

ANCORA SU “DI CHI È IL CLIENTE”?

Produttori, distributori, store, venditori si contendono il cliente proclamandolo proprio.

Con questa “proprietà “, va da sè, si rivendica anche la pretesa di conoscere a fondo il cliente, di sapere che cosa davvero vuole, a che prezzo e secondo quale esperienza da proporre. Ovviamente, la conseguenza di questa “proprietà”, e in forza di questa supposta conoscenza, ognuno cerca di influenzare gli altri attori della filiera per ottenere ciò che vede più conveniente per sé, enfatizzando la decisività del proprio ruolo.

In realtà “di chi è” il cliente lo decide il cliente stesso che vuole, questo è certo, una sempre maggiore influenza e relazione con chi davvero conta nel prodotto che acquista.

Smartphone e device vari rendono possibile e spesso facile e piacevole questa relazione diretta col brand o col produttore.

Chi sta in mezzo a questa relazione fra brand/produttore e cliente deve decidere: o aiuterà il cliente finale ad avere una relazione diretta e influente col brand/produttore (e farà fortuna) o vorrà ostacolarla candidandosi a sostituirla per non perdere “potere”, ma è proprio così facendo che lo perderà!

IF YOU MAKE ME WAIT, I GO TO ANOTHER PLACE

Queues at the cashier make the customer experience in the point of sale unsaticfatory

We have already spent some time describing the discontent among American consumers who were forced to wait in different points of sale.

Recently, the same discontent has been registered also in Europe. According to a research of Epson, developer of technological solutions for retail stores, queues at the cashier are increasingly a problem for clients and consequently for companies.

Queues at the cashier, not expert and no friendly sales operators, slow payment operations endanger the Customer Experience at the point of sale all the way to precluding the final purchase. Specifically, queuing at the cashier is acceptable if the waiting time is not excessive, those are interesting data emerged from the research conducted in Italy, United Kingdom, France, Germany and Spain:

  • 42% of the people interviewed is not willing to wait in line if the product has a low value or if it is available in another place.
  • 29%, in case of long lines, leaves on the table the article purchased and goes away
  • 25% goes to another point of sale to finalize the purchase

The shopping experience must be smooth and pleasant, and a long queue does not make it so. Thus, what are the solutions?

On one hand, a deep knowledge of the client is the necessary base to improve the customer experience. An expertise directed to understand what your customer needs and to become aware of how your customers perceive their relationship with your brand. The ultimate goal is to find solutions that are not based uniquely on good intentions but are the results of constant observations and rigorous studies.

Most of the time the solutions that you will find are related to a technology able to simplify, speed up and make more pleasant the shopping experience: 67% of the people interviewed (73% of the Italians interviewed) think that retailers shall implement technological solutions to improve their permanence in the store.

For instance, a famous gym has recently offered a membership card to its clients in order to collect information about their behavior in each facility. They noticed that customers were queueing outside the fitness room, partially because they wanted to be sure to enter the room, mainly because they wanted to occupy a specific place inside the room: close to the instructor or in the backward. Consequently, the company created a functionality that enabled the customer to reserve online the preferred seat. Therefore, each participant could arrive at the fitness room just few minutes before the beginning of the course.

Knowing its clients base, the company understood how to help them out making its customers earn some time otherwise lost.

L’IMPORTANZA DELLA MAPPA DEI TOUCHPOINT

“Every contact we have with a customer influences whether or not they’ll come back. We have to be great every time or we’ll lose them.”

Kevin Stirtz

È fondamentale tracciare una mappa di tutti i punti nei quali il cliente interagisce con l’azienda, perchè in ciascuno di essi si crea un giudizio che lo porterà alla scelta di continuare o abbandonare la sua relazione con il brand.

I cosiddetti touchpoint sono numerosissimi e spesso sottovalutati o addirittura sconosciuti dalla stessa azienda, ma in ciascuno di essi è necessario offrire una customer experience che invogli il cliente ad andare avanti nel suo percorso.

La convergenza dei canali online e offline, oltretutto, ha reso il viaggio del cliente attraverso ogni touch point ancora più complesso e articolato.

Leggi qui per approfondire.

Nel nuovo seminario Outside In Telligence che Italian Customer Intelligence propone in collaborazione con Kerry Bodine, una parte significativa è dedicata proprio al “da farsi” per individuare e mappare i touch point che il cliente tocca nel suo viaggio con un’azienda o un brand.

Scrivi a info@italiancustomerintelligence.it per maggiori informazioni.

HAM E IL CLIENTE LIBERO

Ham Holy Burger: #italianfastcasual burger

Oggi vi parliamo di Ham Holy Burger, un nome che inevitabilmente ti fa pensare ad hamburger e tecnologia. Sì perché la vera trasformazione che Ham ha portato sul mercato Fast Casual italiano, oltre a dare all’hamburger in Italia una nuova immagine, consiste nell’utilizzo di iPad grazie ai quali il cliente può effettuare l’ordine in totale autonomia tramite un’apposita app e navigare liberamente su internet durante tutto il pasto.

Quindi il personale non serve più? Tutt’altro! E adesso vi raccontiamo il perché…

Hamburger e tecnologia

Siamo andati a pranzo nello store di via Palermo, traversa di Corso Garibaldi a Milano. Ci avviciniamo al locale e subito notiamo l’insegna a muro ben visibile da entrami i lati di provenienza, molto semplice e discreta, dal gusto un po’ retrò, rispetto all’enorme sticker bianco applicato sulla vetrina con il nome del locale.

Le vetrine sono molto grandi e si riesce a guardare all’interno e notiamo che il locale è molto piccolo, ma accogliente e l’atmosfera è tranquilla e rilassata.

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Non facciamo in tempo a entrare che subito veniamo accolti da un caloroso e vivace “Buongiorno”! Una ragazza dietro la cassa, probabilmente la responsabile, ci da il benvenuto in modo semplice, ma efficace, perché ci ha subito strappato un sorriso e ci ha fatto sentire coccolati.

Essendoci un paio di tavolini liberi nella sala, ci chiede dove preferiamo accomodarci e ci lascia decidere in totale autonomia.

Il locale è molto particolare: il legno del parquet, dei tavolini, crea un forte stacco con le bianche piastrelle di alcune pareti, con le lastre di metallo delle colonne e con la tinta grigia scura del soffitto e di alcuni muri; i tavolini sono piccolini, ma apparecchiati in modo semplice.

iPad HamUna volta seduti la cameriera ci porta il menu cartaceo e dopo pochi minuti ci porta l’iPad, preoccupandosi se fossimo a conoscenza del meccanismo di ordinazione di Ham.

Non avendolo mai provato, la cameriera ha iniziato a spiegare tutto con un tono di voce molto basso, ma educato e cordiale. Ci ha dedicato del tempo spiegando con calma tutto il procedimento e sottolineando che se avessimo avuto bisogno di ulteriori chiarimenti, potevamo rivolgerci a lei tranquillamente. E così è stato: abbiamo chiesto alcune informazioni e la ragazza è stata di una disponibilità incredibile, sorridente e attenta, confermando la veridicità della scritta riportata sulla maglietta della divisa: “Ne so come l’i-pad in più sorrido!”

Superati i primi timori iniziali dati dall’inesperienza e dalla novità, abbiamo constato la semplicità e utilità di questo strumento: non solo trasmette una certa soddisfazione personale potersi ordinare i piatti in autonomia, senza la pressione di avere una persona che aspetta di ricevere il tuo ordine mentre tu sei ancora indeciso sul da farsi, ma l’ordine diventa più “cosciente”, grazie alle foto di fianco a ogni referenza, che permettono quindi di “vedere” anticipatamente la composizione del piatto ed evitare quelle spiacevoli occhiatacce che si fanno sui piatti del vicino, per capire di quale piatto si tratti.

Concluso il nostro ordine, dopo una decina di minuti il nostro piatto è stato consegnato da un simpatico e cordiale cameriere che ha presentato l’hamburger ripetendone il nome, e ha utilizzato una modalità di comunicazione molto giovanile e genuina.

Agrodolce

Nonostante l’attesa non sia stata breve, non ce ne siamo minimamente accorti perché avere un device a disposizione durante tutto il pasto (e soprattutto durante l’attesa dell’ordine), aiuta molto a “distrarsi” e a tenere la mente occupata.

Ma quello che nel nostro caso ha rappresentato il vero fattore distintivo di Ham Holy Burger non è tanto il fatto di poter prenotare tramite iPad, ma la sensazione di libertà che grazie a questo strumento ci è stata trasmessa!

Liberi di ordinare con iPad o liberi di ordinare con il menu cartaceo, liberi di navigare gratuitamente e senza limiti durante tutta la durata del pasto o di riporre l’iPad nell’apposito ripiano sotto il tavolo, liberi di scambiare due parole con il cameriere o di non essere disturbati!

QUANTO È “OUTSIDE IN” IL MIO LAVORO?

Definiamo “Outside In” qualsiasi attività che, nel nostro lavoro professionale, tiene davvero in conto l’esperienza concreta del cliente.

“Outside In”, pertanto, non è detto siano tutte quelle attività che sono rivolte al cliente, perché esse potrebbero – paradossalmente – non tenere in conto della sua reale esperienza o, addirittura, potrebbero peggiorarla. Quante volte, infatti, nel nome del generico “orientamento al cliente”, si deteriora la sua esperienza specifica e concreta: un po’ come quando vi sentite dire da qualcuno che ama “la ggente”, ma proprio non sopporta il vicino..

Ecco che, per esempio, in nome della giusta tutela della privacy del cliente, avvocati e addetti ai lavori preparano delle liberatorie per ottenere alla cassa la fidelity card che dà diritto a sconti e a informazioni sui prodotti che farebbero scappare i fan più entusiasti di qualsiasi brand.

Potrebbero invece essere davvero “Outside In” quelle attività di back office nominalmente lontane dal cliente ma che ne tengono in massimo conto l’esperienza concreta.

Può essere il caso, per esempio, di chi – occupandosi di logistica – prepara la sequenza degli articoli nei pacchi in funzione degli scaffali e dei tavoli dei punti vendita secondo un ordine testato positivamente dal cliente finale.

“Outside In”, dal “di fuori” al “di dentro”, è l’approccio di chi vuol guardare la propria azienda, il proprio reparto, la propria mansione esattamente come lo vede e lo vive il cliente.

Il primo “premio” che incassa chi inizia un lavoro serio per offrire una miglior Customer Experience al cliente finale è proprio il giudizio che darebbe un cliente, il qualche con grande facilità riconosce quali delle attività che svolgiamo in azienda portano reale valore e quali “zero valore”. Quante priorità ne risultano stravolte, quante attività “inutili” si rilevano!

Come fare per coinvolgere davvero tutto l’ecosistema aziendale nell’esperienza concreta del cliente?

Dopo il successo del primo meeting “Outside In Telligence” – nella foto in alto –  (clicca qui per approfondire), Italian Customer Intelligence, in collaborazione con Kerry Bodine, te lo illustra nel nuovo seminario “Outside In Telligence” del prossimo 10 luglio a Milano!

Per informazioni, scrivi a info@italiancustomerintelligence.it o chiama lo 02/58307242

VASINIKO: LO STORYTELLING CHE CONQUISTA IL CLIENTE

Oggi vi parliamo di Vasiniko: ristorante pizzeria napoletano aperto da pochi mesi in piazza XXV Aprile (Corso Garibaldi) a Milano.https://ili6.files.wordpress.com/2012/05/basilico-ok.jpg

ll nome deriva dal termine Vasinicola, traduzione dal dialetto napoletano di basilico, che rappresenta il filo conduttore di tutto il concept del locale, non solo perché fa da ingrediente principe in moltissime ricette presenti nel menu, ma anche perché è presente anche negli elementi di arredo color verde acceso che creano un contrasto vivace con il bianco e il grigio del resto degli arredamenti.

Ma ciò che rende vivace Vasiniko non è solo il color verde degli arredi, ma è anche e soprattutto l’accoglienza che il personale di sala è in grado di offrire ai propri clienti: in base alla nostra esperienza, rappresenta il vero elemento differenziante di Vasiniko (senza nulla togliere alla qualità e bontà dei loro piatti).

Il locale è grandissimo ed è proprio impossibile non notare le grandi vetrine con l’insegna che affacciano sia su corso Garibaldi, che su piazza 25 Aprile e dalle quali si può sbirciare l’interno: i molti tavoli sono posizionati in modo da garantire ampio spazio ai clienti sia per la seduta che per il passaggio.

È ora di pranzo e il locale è molto affollato (soprattutto alla cassa), ma proprio per gli ampi spazi appena descritti, non trasmette una sensazione di caos, ma anzi ci invoglia proprio a entrare.

Non abbiamo ancora varcato la soglia dell’ingresso che veniamo subito accolti dal saluto e dal sorriso discreto, ma professionale di colui che immaginiamo essere il titolare: comunicatogli il nostro desiderio di mangiare, subito si rivolge a un cameriere chiedendo se gentilmente poteva accompagnarci al tavolo e così, nel giro di pochi secondi, ci siamo accomodati.

Come abbiamo già più volte anticipato (leggi qui), il sorriso e il saluto sono la condicio sine qua non per predisporre positivamente il cliente all’esperienza che sta per vivere, ma è importante anche trasmettergli che “è in buone mani”, dando già dimostrazione positiva del luogo e delle persone che aiuteranno a fargli vivere una customer experience davvero superiore.

Come? Proprio come fa Vasiniko! Rivolgendosi ai clienti con professionalità, comunicando con i colleghi o i propri dipendenti con complicità, rispetto e tranquillità, senza trasmette al cliente rapporti tesi e gestendo il momento tra l’ingresso e l’accomodamento nel più breve tempo possibile e senza frenesia.

Ma l’aspetto più interessante della nostra personale customer experience è stato il momento successivo all’accomodamento, ossia quando abbiamo avuto il contatto con il cameriere che ci avrebbe poi servito per tutto il pranzo. Subito dopo l’accomodamento, il cameriere si è premurato di chiederci se conoscevamo le offerte del pranzo e con passione e disponibilità ci ha spiegato il menu e le varie combinazioni possibili.

Dopo averci lasciato un po’ di tempo, decidiamo di prendere un’insalata (la prova costume pesa come una spada di Damocle). Al contrario di molti colleghi di altri locali che semplicemente accolgono le ordinazioni del cliente senza particolare entusiasmo, il cameriere ha colto subito l’occasione per farci vivere un’esperienza in cui si sono mescolate emozioni, tradizioni e le storie di ognuno di noi in una chiave tutta partenopea.

“Ma come Signorine? Con tutte questo ben di Dio, prendete l’insalata?” mi dice il cameriere con un marcato accento napoletano. La sua simpatia è incredibile, si instaura subito una conversazione che ci regala sorrisi e divertimento: si scherza sulla scelta da lui ritenuta troppo dietetica, rispetto ad altri piatti (ovviamente) più succulenti.

http://www.guesthotel.net/uploads/image/posillipo1.jpgChiedendo poi un consiglio su quale insalata fosse migliore tra la “Posillipo” e la “Caracciolo”, la sua risposta è stata una vera e propria lezione di “storytelling, da fare dispetto a tutti i massimi esperti del settore: Sono entrambe due zone bellissime di Napoli, ma io personalmente preferisco Posillipo, perché è un borgo incantevole sul mare e si sta benissimo”.

Senza dubbio alcuno, abbiamo ordinato l’insalata Posillipo.

Il cameriere ha traslato la situazione in un mondo parallelo, parlando di una storia, la sua, la nostra: parlava della sua città con gli occhi che brillavano e ci ha fatto viaggiare con la fantasia, al punto che immaginare la bellezza del posto, ci ha fatto pregustare la bellezza (e bontà del piatto).

Aspettativa che non è stata delusa: l’insalata è un’esplosione di colori, profumi e abbiamo la sensazione di “assaggiare un pezzo di Napoli”.

Ecco come Vasiniko fa innamorare i propri clienti e li fa diventare promoter. Racconta loro la sua storia, la storia dei suoi prodotti e li fa sognare, facendo superare le loro aspettative, sorprendendoli ed entusiasmandoli, proprio come ha fatto con noi. Ecco quindi il nostro giudizio:

Scrivi a press@newsandcustomerexperience.it per scoprire come costruire al meglio lo storytelling dei tuoi prodotti e della tua azienda e far diventare promoter i tuoi clienti.

SE CALANO I PROMOTER CALA ANCHE LA CUSTOMER EXPERIENCE (E VICEVERSA)

A livello globale la percezione della customer experience è ancora calata fra i clienti delle banche: è il secondo anno consecutivo. Lo attesta l’attesissimo World Retail Banking Report 2015 pubblicato da Capgemini ed EFMA.

Il report ricalca, per alcuni aspetti rilevanti, quello delle assicurazioni (leggi qui). Anche fra i clienti delle banche, infatti, la generazione Y è quella che guida la richiesta di cambiamenti, dimostrandosi la più propensa a cambiare banca nei prossimi sei mesi, spesso a vantaggio di concorrenti non bancari come per esempio operatori della grandi distribuzione, crowdfunding, finanziatori peer-to-peer.

L’offerta di una customer experience “poor” ha come drastica conseguenza il calo dei “promoter”, cioè di quei clienti entusiasti e affidabili che innescano un passaparola virtuoso, efficace e assai più influente delle comunicazioni “istituzionali” (approfondisci qui).

Addirittura, i clienti che non si sentono di raccomandare la propria banca sono saliti del 9,7% nel 2014 rispetto all’anno precedente nell’Eurozone e l’improbabilità di acquistare un secondo prodotto della propria banca è cresciuta del 29%.

Un altro fattore problematico è risultato quello della difficoltà/capacità delle filiali bancarie e del loro personale di indirizzare i clienti verso canali con un costo più competitivo. La difficoltà di coinvolgere tutto l’ecosistema aziendale nell’esperienza del cliente (approfondisci qui) risulta essere al contempo l’ostacolo più rilevante e il settore più meritevole di investimenti a favore dell’esperienza del cliente.

“Customer Experience is not for free!” (ma genera profitti e abbatte costi: leggi qui)

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