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LA TECNOLOGIA CHE RENDE IL PASSATO PRESENTE

Luci e droni ci riportano lo splendore del passato e l’essenza del presente.

 

La tecnologia può rendere il passato presente e riportare alla luce la potenza e lo splendore dei monumenti del passato? 

Qualcuno forse se l’è chiesto più di una volta, e qualcuno ha provato anche a rispondere in maniera pratica, realizzando disegni, rendering, studi, progetti…

Ma fino ad ora nessuno si era immaginato che la luce potesse essere la chiave di volta per riportare al presente il passato.

Nessun “profano” fino ad ora poteva immaginare che potesse esistere un sistema di piccolissimi droni che attraverso una maestrale regia facessero rivivere edifici antichi, come il Colosseo, con un gioco di luci incredibile.

E’ quello che sta facendo lo Studio Drift insieme a un team di scienziati: profilare il contorno di alcuni monumenti attraverso migliaia di droni in cielo che riflettono luce.

«Ricostruire un’opera con la luce è il nostro modo per mettere in dialogo passato e presente. Il nostro mondo frenetico non sa più apprezzare le manifatture che hanno reso immense le nostre città: Drift riporta un faro su dettagli che meritano un’attenzione speciale».

Un punto di luce uno a fianco all’altro e risorgono il Colosseo di Roma, la cattedrale di Notre-Dame a Parigi, distrutta dal fuoco pochi anni fa e la Sagrada Familia a Barcellona, rimasta incompiuta ancora dalla morte del suo architetto Gaudì.

Rendering dello studio Drift

E così non solo la luce fa riemergere dalle tenebre del buio il profilo di ciò che era ma ci fa ri-stupire e ri-immedesimare nell’origine della nostra cultura ri-portandoci all’ essere delle cose presenti.

Cosa c’è di più importante se non riprendere continuamente coscienza di sé per ripartire con più forza e determinazione nel presente?

Grazie Studio Drift per farci ristupire della magnificenza che è l’uomo.

MCDONALD’S VS BURGER KING

Un botta e risposta via ChatGpt

Ancora una volta i due principali player del fast food, McDonald’s e Burger King, utilizzano il “botta e risposta” per fare branding.

Il tutto è partito quando, in Brasile, una delle più famose catene di panini, McDonald’s, ha chiesto alla ChatGpt quale fosse il panino più famoso del mondo. E la pronta risposta è stata che il panino più conosciuto al mondo fosse proprio il Big Mac di McDonald’s.

Non solo, ha continuato, fornendo anche dati aggiuntivi, come ad esempio la ricetta del Big Mac, il numero di negozi che McDonald’s ha in tutto il mondo, altri tipi di panini che si possono trovare a menù.

Da qui l’idea di McDonald’s di proporre una campagna pubblicitaria che ricalcasse lo slogan I’m lovin’it con A.I. Lovin’it. (guarda qui)

Appena saputa la notizia i cugini Burger King non si sono fatti intimidire.

“ChatGpt, quale è il panino più grande al mondo?”

Ecco allora che la risposta non si fa attendere: “il panino più grande del mondo è il Whopper!”

E così, dopo poche ore, è apparso proprio di fianco al cartellone pubblicitario di McDonald’s quello di Burger King.

Questo è stato il primo caso di campagna pubblicitaria firmata direttamente a nome ChatGpt e che ha rinforzato entrambi i player nella loro strategia di branding.

Staremo a vedere se qualche altro marchio prenderà spunto da questa storia a suon di…chat!

IO STO CON GERRY!

L’innovazione di oggi è la tradizione di domani.

Non trovo un milanista – ma so che ci sono, seppur sottocoperta in questi giorni – disposto a spezzare una lancia in favore di Gerry Cardinale, da un anno appena presidente del Milan.

Lui vuole portare un nuovo metodo di gestione non solo della società ma anche – starebbe qui la lesa maestà – nell’area sportiva.

Una pessima caricatura del suo credo sostiene che Gerry vorrebbe affidarsi ad algoritmi e statistiche per costruire la squadra e decidere gli acquisti del calcio – mercato, l’evento estivo che appassiona milioni di tifosi nell’unico mese senza calcio “giocato”. L’aspetto pessimo della caricatura sta nel sottolineare una falsità, ovvero che tale metodo “scientifico” equivarrebbe alla decisione di escludere il fattore umano nella scelta dei giocatori generalmente affidati a esperti allenatori o ex campioni leggendari dotati di “occhio clinico”, “intuizione” ed “esperienza” che il metodo (l’hanno addirittura chiamato robot!) escluderebbe e sostituirebbe!

I riferimenti a questo metodo, utilizzato dalle migliori rappresentative di baseball (e non solo) americane (e addirittura diventate film da Oscar per i loro successi) non farebbero altro – per i detrattori – che certificare la sua inapplicabilità con la più banale delle obiezioni (“L’ America non è l’Italia e il calcio non è il baseball e quindi Gerry non può capirci nulla perché solo “noi” siamo abilitati a comprendere, conoscere e decidere).

A nulla varrebbe l’evidenza di come tale metodo sia con successo applicato nel più ambìto calcio europeo, quello inglese, e che alcuni calciatori (come l’attuale fortissimo centrocampista del Manchester City, De Bruyne clicca qui) utilizzano in proprio KPI che descrivono le loro prestazioni per negoziare di persona contratti con le squadre senza (altra grande innovazione!) l’assistenza dei tanto odiati dai tifosi mediatori – procuratori.

Il metodo scientifico tanto contestato non fa affatto a meno dell’esperienza e dell’intuizione dell’uomo ma – solo – lo fa partire da un livello assai più alto in quanto informato di dati oggettivi e confrontabili fra loro e che conducono a una platea di scelta più ampia e ad una visione d’insieme del “mercato” e non solo del proprio (inevitabilmente limitato seppur geniale) punto di osservazione.

E la visione d’ insieme evita davvero tanti tanti errori.

Questo filmato famoso del “The Guardian” mostra proprio come non avere una visione d’insieme conduce a una interpretazione della realtà non solo parziale ma proprio fuorviante.

E tanti errori nella scelta di atleti provengono proprio dalla mancanza di visione d’insieme e di dati confrontabili!

Insomma, se vogliamo andare lontano e molto in alto, è meglio che l’energia umana parta da dove la funivia arriva senza disperdere forza nel sobbarcarsi a piedi i primi 1000 metri di dislivello se c’è la possibilità di un mezzo di trasporto, proprio come sono i dati, le statistiche e gli “analytics” tanto contestati.

Vi è anche da far notare a coloro che gridano a Gerry in quanto calpesterebbe e non rispetterebbe la tradizione del glorioso Milan (chi scrive è uno sfegatato abbonato da oltre venti anni!!) che l’innovazione di oggi è la tradizione di domani.

La strepitosa tradizione del Milan, da Nereo Rocco ad Arrigo Sacchi, è sempre stata frutto di innovazione.

Anzi, senza innovazione nessuna tradizione va avanti ed è buona per i libri di storia ma non per il giornale che leggiamo tutti i giorni e nel quale noi milanisti vogliamo fortemente rimanere!

(Ricordo benissimo quando, appena arrivato Berlusconi e non rinnovato il contratto al grande Liedholm, ci fu una levata di scudi di chi contestava il credo del Presidente di voler portare una logica aziendale nella gestione del club e nella scelta dello sconosciuto Arrigo Sacchi. “Berlusconi? Il Milan non è una azienda e cosa ne capisce uno che al massimo ha fatto l’allenatore dell’Edilnord, la squadretta aziendale?” era la frase più gettonata riferito a quello che sarebbe diventato il Presidente più vincente di sempre).

Certamente il metodo utilizzato predispone a decisioni più collegiali in quanto, anche di fronte al “dato”, è importante il punto di osservazione dal quale lo si guarda e le diverse idee e opzioni di scelta che ne derivano.

Addirittura Linda Hill (inserita da anni fra i 30 migliori thinkers degli USA) ha trovato questo metodo, che ha poi battezzato del “genio collettivo”, fra le imprese che nel mondo hanno dimostrato di saper cambiare e innovare in continuazione inaugurando o rinnovando tradizioni spettacolose.

Ma forse anche Linda Hill, siccome è americana e non sa delle volate di Theo o delle girate di Giroud, non può essere ascoltata!

Davanti a un cambiamento significativo proposto con decisione, autorevoli studiosi, hanno documentato quali sono le fasi che occorre vivere per attuarlo davvero e con successo:

  • la prima è l’incredulità (nelle prime ore dall’annuncio di questi cambiamenti molti hanno addirittura pensato a una fake news);
  • la seconda fase è la “minimizzazione” (ma che novità sarebbe? I “dati” li utilizziamo già…);
  • la terza è l’aperta contestazione con obiezioni e ragioni valide e non solo “di pancia”;
  • la quarta è la prova del metodo e della sua validità ma sperimentato nell’ipotesi che porti valore (e non boicottandolo!) e finalmente poi arriva la fase del successo!

Alcuni, nell’ incedere di queste fasi scendono dalla barca e si attestano sulla riva del fiume.

Io no! L’innovazione di oggi è la tradizione (che vogliamo vada avanti) di domani.

Forza Milan!

(e forza Gerry, Furlani, Moncada…)

 

NEW YORK: IL NEGOZIO DI BICI PIU’ PICCOLO DEL MONDO

20 secondi per rendere la vita in città più comoda e divertente

La Brompton è una delle più rinomate marche di biciclette, nata nel 1975 dall’idea di Andrew Ritchie, un giovane ingegnere londinese che voleva trovare il modo di muoversi in città in piena autonomia e libertà.

La caratteristica principale della bicicletta Brompton è quella che fin da subito è stata progettata in maniera tale da essere piegata in 3 parti (tra l’altro in meno di 20 secondi!), proprio per permettere una facilità di utilizzo e trasporto mai vista: può essere portata con facilità nella calca della metro, può essere riposta nel bagagliaio dell’auto, ed anche piegata per occupare poco spazio nei box, nelle cantine o ancora in casa.

Inoltre, ogni Brompton è costruita e saldata con brasatura dalle mani sapienti di esperti artigiani, che vengono formati presso la fabbrica madre con un percorso di 18 mesi: il che rende ogni bicicletta unica e resistente.

La Brompton ne ha fatta di strada: da quel piccolo laboratorio di South Kensington oggi è presente in 40 nazionalità e conta più di 800 dipendenti.

Nel 2016 la Brompton ha brevettato anche il suo primo motore elettrico apportando così un cambiamento significativo e precursore nella mobilità elettrica.

Ma la curiosità che da qualche giorno mobilita gli appassionati Brompton è proprio quella della nuova apertura a New York di un negozietto che ben esprime la brand promise dell’azienda: rendere la vita in città più comoda e divertente.

Due le caratteristiche principali: innanzitutto il nuovo negozio è piccolissimo, e questo testimonia ancora una volta che basta pochissimo spazio per posizionare la bicicletta (tra l’altro, i clienti lo hanno subito soprannominato “il negozio di biciclette più piccolo del mondo”); in secondo luogo offre un’esperienza nuova grazie a uno schermo digitale, che si trova all’interno del locale, attraverso il quale i visitatori possono esplorare, guidando una Brompton, il lungomare di Brooklyn o sfrecciare tra gli edifici di Manhattan.

Un’esperienza divertente che riflette la mission dell’azienda e che promuove una mobilità agile, comoda e “compatta”.

QUOTE BY HUBSPOT

 

“If you’re just doing your job you’re not doing your job”.

Grande verità trovata nella Culture of Deck di HubSpot, l’azienda statunitense che ha sede a Cambridge, nel Massachusetts, e che ha quasi 2000 dipendenti grazie allo sviluppo di una piattaforma di Business Automation che ha conquistato i clienti di tutto il mondo.

 

TUTTO È PIU’ FACILE CON DANNY

QUANDO IL VENDITORE FA CROLLARE LA CLIENTE-MAMMA. È SUCCESSO A VERONA, DA BIMBOSTORE.

Ci sono momenti, nella vita di una mamma, nei quali le certezze vacillano! È facile, in certe fasi della nostra vita, arrivare a dubitare perfino della matematica, della geometria e forse anche delle tabelline!

È sufficiente che in una giornata capitino, nell’ordine: una multa presa sotto casa perché la settimana prima hanno cambiato il giorno della pulizia notturna della strada, una mail importantissima mandata il giorno prima per un nuovo lavoro che oggi scopriamo essere tornata indietro chissaperchè, l’ennesimo avviso di pagamento con sanzione per il bollo di un motorino rottamato quattro anni fa, il nuovo latte per il bambino consigliato dal pediatra che provoca continui maldipancia (ovviamente notturni ), la discarica trovata chiusa per sciopero con la conseguenza che l’auto  rimane piena di cose da buttare e si aveva promesso ai nonni di passarli a prendere eoradovelimetto.

E’ sempre tutto così difficile … e quasi non si spera più che ci sia qualcosa di affidabile, certo, comodo … in una parola facile.

Si inizia così a dubitare anche della geometria e delle misure quando, in una giornata come quella descritta e trovato il modo di liberare l’auto, insieme coi nonni si va verso quel grande magazzino a comprare un, anzi il passeggino per la nuova creatura.

Ovviamente i nonni ci mettono il becco … questo va bene, questo no … finchè, Danny, giovane venditore di Bimbostore (personaggio che calca le corsie dello store come le avesse disegnate lui), dopo aver ascoltato e percepito, con sintonia fine, l’elettricità nell’aria mista a rassegnazione della mamma cliente, ne consiglia uno – davvero bello – che mette tutti d’accordo …

 

 

Ma c’è un problema: entra in ascensore?

È qui che la geometria corre in aiuto a tutti: il passeggino misura da aperto 89.0 X 56.0 e 31.0 X 56.0 cm da chiuso e l’ascensore – parola di nonno – misura 140 x 110 cm. Ovvio che ci sta!

Ci sono alcune persone, chissà come fanno, che “sentono” sulla propria pelle quello che “sentono” le persone a loro vicine, come se avessero uno sguardo – buono e vivace al contempo – che le “legge dentro”.

Danny è fra queste e si accorge immediatamente che qualsiasi rassicurazione geometrica e il richiamo alla formula dell’area del rettangolo non avrebbe rassicurato quella mamma già provata dal “tutto è difficile” quotidiano.

Senza esitare Danny taglia corto e la fa facile, ma che più facile non si può!

“Andiamo a provare se il passeggino entra nell’ascensore!” tuona Danny come un fiume in piena … così, aspetta la pausa pranzo, prende la sua auto e si presenta davanti all’ascensore della casa della signora come un atleta alle olimpiadi scruta con fiducia e forza l’asticella del salto da superare … entra!

E’ difficile descrivere un viso illuminato dal sollievo nel quale tutti i lineamenti si distendono, ma questo è proprio quello della mamma cliente, ex proprietaria di un motorino, alla ricerca di un nuovo lavoro, di un latte per bambini che non faccia venire mal di pancia e, suo malgrado, informata sulla vertenza degli operatori della discarica, con una multa presa perché hanno cambiato il giorno della pulizia notturna delle strade.

Autorevoli statistiche mostrano che uno dei motivi più frequenti per il quale una persona desidera cambiare impresa nella quale lavora è la spesso clamorosa incoerenza fra quello che la propria impresa proclama e promette e quello che davvero si vede come “aria che tira” nell’impresa stessa.

In effetti non sono mai le imprese che promettono … le imprese sono dei muri … sono invece le persone che ci lavorano che mantengono o non mantengono le promesse …

Insomma, occorre gente che ci crede … occorrono believers!

Sono loro che fanno grande e vera una impresa e sono loro che ci fanno “crollare” come clienti.

La cosa strana è che queste persone – che ovviamente lavorano con una intensità speciale – e che fanno più di quello che a loro è richiesto, sono piu liete, sorridenti e argute delle altre: vedono quello che gli altri non vedono!

Non a caso la brand promise dell’azienda dove lavora Danny è: con Bimbostore tutto è più facile! e con Danny – in mezzo a quei passeggini, liste nascita e omogeneizzati – chissà quanti altri come lui ce ne sono!

Allora … facciamo uscire il Danny che c’è in noi!

 

 

 

 

 

 

Una vita “All in One”

«Il tempo è denaro».

«Il tempo è denaro». Si tratta di una frase che sentiamo molto spesso e che probabilmente siamo i primi a dire, rispondendo a quel bisogno assillante di fare tutto, di provare tutto o, meglio ancora, di essere tutto. Si, perché in una società in cui il motto è ormai quello di “appareo ergo sum”, ogni istante di questo prezioso tempo è rivolto alla piena affermazione del sé. Un mostrare noi stessi che, il più delle volte, tiene maggior conto della quantità che della qualità.

Parola d’ordine? Minimalism

Qualcuno potrebbe affermare, senza tra l’altro sbagliarsi del tutto, che la necessità di riduzione derivi, anche, da una maggiore attenzione al Pianeta, agli sprechi e al superfluo. Una chiamata al minimalismo che abbraccia molteplici campi d’interesse, dalla skincare ai viaggi, e che rifiuta i fronzoli e tutto ciò che risulta in più. Un minimalismo che ambisce alla funzionalità, senza perdere l’efficacia, ma che rischia sempre più di spersonalizzarsi. Eliminare ciò che è in più, però, significa anche eliminare ciò che distingue un prodotto da un altro o un’esperienza da un’altra cadendo così vittima dell’omologazione.

La contraddizione è dietro l’angolo, dato che viviamo in tempi in cui la personalità viene quasi idolatrata ma poi non se ne distingue l’una dall’altra. 

Come abbiamo già detto sono efficacia e funzionalità le neccessità principali dietro le formule all-in-one. Dal prodotto e/o dall’esperienza si richiede che dia il massimo ma sotto una veste compattata, che sia una crema viso e primer o un pacchetto vacanze all-inclusive. Ne deriva quindi che, il terzo elemento principale che si accompagna ai primi due sopracitati, non può che essere la velocità. Se il tempo è denaro, allora tutto deve essere subito.

Dalla skincare ai viaggi passando per Netflix

Se da un lato la skincare routine occidentale degli ultimi mesi è sempre più influenzata dal famoso modello coreano (il quale prevede ben 10 step da seguire meticolosamente secondo l’dea di sovrapposizione), dall’altro la volontà al minimalismo si fa prepotentemente avanti. Ecco quindi, per esempio, che nel panorama skincare spuntano fuori i prodotti «ibridi», in grado di assolvere a molteplici funzioni: creme viso miracolose in grado di liftare, illuminare e fare anche da primer; sieri viso formulati con diversi ingredienti al loro interno; blush che fanno anche da rossetti, che fanno anche da ombretti.

L’idea è quella di un beauty case multitasking in cui siano presenti pochi prodotti, chiamati ad assolvere diverse funzioni, ma fino a che punto?

Del resto questa è solo la punta dell’iceberg. La formula all-in-one è molto più evidente in chi ha spianato la strada nel suo ambito, ovvero Netflix. La piattaforma streaming più famosa al mondo rappresenta l’emblema stesso di quella urgenza impellente dell’avere tutto nel minor tempo possibile. Sono finiti i tempi in cui si aspettata l’episodio settimanale, in cui si decideva magari il film da andare a vedere al cinema (tranne per quella fetta di immortali nostalgici), adesso la scelta è a portata di click. Mai come durante la pandemia, Netflix ha mostrato la sua influenza su questa frenetica e insaziabile società. Le serie tv non si guardano, si binge-watchano, addirittura la nuova funzione della piattaforma è quella di riproduzione casuale in base alla tue preferenze.

Eccoci, quindi, distesi comodamente sul divano mentre mangiamo il nostro piatto pronto, davanti a un televisore che decide per noi cosa guardare. Magari potremmo pensare a dove andare questo Capodanno, tra i pachetti all-inclusive a disposizione si capisce. 

LA MODA DELLE SELFIE ROOM

Luoghi e tempi sommersi per confezionare un’esperienza

Un tempo scattavamo le foto per conservare un momento indimenticabile, congelarlo, per poterlo rivivere nel tempo e ritornare ad emozionarci nel ricordo di un preciso istante della nostra vita.

Oggi la dinamica si è capovolta! Scattiamo centinaia di selfie e, molto spesso, lasciamo scorrere via quell’emozione per inseguire lo scatto perfetto!

Lo sanno bene gli amanti dei contenuti social e gli aspiranti influencer, i quali condizionano le loro scelte di acquisto e consumo per trovare lo spazio ideale per i propri contenuti acchiappa like.

Da oggi la ricerca sarà più semplice! Nascono, in Italia, i primi spazi dedicati esclusivamente agli autoscatti, un luogo dove è possibile dar libero sfogo alla propria fantasia nello scattare selfie e realizzare video da pubblicare sui social o da conservare nel cassetto dei ricordi.

La prima Selfie Room italiana

A Milano, su ispirazione della Selfie Factory di Londra e della Kiev Selfie Room, il fotografo Federico Lamastra ha dato vita alla prima Selfie Room italiana, uno spazio di 200 metri quadrati dedicato alla produzione di scatti unici. Quindici diversi stanze, sfondi, angoli destinati ad offrire 15 diverse esperienze: dalla piscina piena di palline colorate e gonfiabili, al letto in verticale sulla parete, fino all’angolo multicolor dove poter giocare con un gigante orso di peluche.

Il progetto si rivolge non solo ai professionisti del settore (influencer, instagrammer o tiktoker), ma a chiunque abbia il desiderio di trascorrere un’ora immerso in mondi paralleli e surreali, lasciando libero spazio alla fantasia.

Reinterpretazione dell’arte

Anche Firenze non resiste alla moda dei selfie, ma la rivoluziona, elevandola ad arte e dedicando ad essa una mostra, organizzata come un labirinto e composta da oltre 50 stanze e più di 70 installazioni, ognuna delle quali è stata firmata da un artista diverso e pensata per essere fotografata, concepita come arte accessibile e condivisibile.

Oltre 1000mq dedicati alla reinterpretazione creativa dell’arte e della cultura di ogni epoca e stile, con installazioni immersive e scenari realizzati da oltre 400 artisti da tutto il mondo.

Lo scopo della mostra Selfie Museum è, infatti, quello di coinvolgere in prima persona il visitatore, rendendolo, parallelamente, autore e soggetto dell’opera: sarà, infatti, lui stesso a trovare creativamente una propria collocazione negli spazi e lui stesso che deciderà la prospettiva attraverso la quale raccontare al meglio il suo scatto. Di delinea un nuovo modo di vivere l’arte!

Realtà su misura

Infine, a Torino, ci sono le Kit Rooms: la prima realtà in grado di soddisfare qualsiasi necessità di un content creator tramite nove layout preimpostati oppure ambienti personalizzati. Un vero studio cinematografico per intenderci! Esso, infatti, integra anche la possibilità di usufruire della professionalità di fotografi e videomaker, assicurando contenuti altamente professionali. 

 

Addentrarsi in uno di questi luoghi è un po’ come vivere tantissime esperienze parallele, ma non viverne realmente nessuna. L’effetto WOW non manca, ma l’emozione dov’è?!

Mentre la foto “vera” cattura la realtà mostrandone il volto più sorprendente, questa “messa in scena” cerca di riprodurre una realtà immobile, controllata, specchio di una società dove la spontaneità è in via di estinzione.

Quello che manca, è l’imprevisto e, come dice Montale nella sua poesia “Prima del viaggio”, un imprevisto è la sola speranza. Ecco cosa, forse, manca!

 

IMMERSIONE PHYGITAL TRA AUTO E DATI

BMW definisce il futuro del retail automobilistico

Tracciare un nuovo percorso, una nuova strada. Lasciare una nuova impronta.

È questa la nuova missione dell’Urban Store BMW che, con il rinnovo del suo showroom romano, è pronto a proiettare i suoi visitatori verso il futuro del retail automobilistico attraverso la costruzione di un’esperienza di acquisto interattiva e immersiva. In una parola “phygital”.

Un ambiente molto lontano dalla classica concessionaria impressa nella nostra mente: salotti informali al posto delle classiche scrivanie, video personalizzati e la presenza umana del Product Genius, figura dedicata al supporto del cliente in tutte le fasi dell’esperienza.

VIDEO: BMW Roma su Instagram: “Il futuro che sognavi è ora presente ⚡ VIENI A VEDERE IL FUTURO CON I NOSTRI OCCHI. Ti aspettiamo nel Nuovo BMW Roma Urban Store in Via…”

Nella strategia dell’azienda, infatti, emerge un forte desiderio di valorizzare l’interazione con i visitatori dello showroom attraverso la costruzione di un vero e proprio percorso (journey) strutturato in cinque differenti fasi:

Benvenuto: all’ingresso il cliente è accolto dal Genius Product che introduce il cliente al percorso raccogliendo le sue esplicite richieste, analizzando i suoi bisogni e le sue aspettative.

Ma per chi ha le idee già chiare o, semplicemente, preferisce muoversi in autonomia, non manca la possibilità di collegarsi al configuratore interattivo attraverso un ledwall.

Consultazione: il consulente, dopo aver intercettato le esigenze del cliente, propone il prodotto più idoneo, mostrandogli le diverse caratteristiche grazie anche al supporto dell’ecosistema IT e all’utilizzo di sensori di prossimità installati a soffitto, collegati a tre diversi monitor, i cui contenuti – al passaggio del cliente – cambieranno proiezione, illustrando differenti contenuti di prodotto.

Test drive: è il momento della Test Drive Experience, anche nella modalità Test Drive@Home, per ricevere il veicolo in prova direttamente a casa.

Offerta: in questa fase il Genius Product coinvolge il Sales Advisor, ovvero il consulente commerciale puro nel termine, pronto ad accogliere il cliente in autentico salottino e, partendo dalla configurazione iniziale del Genius, condividerà al cliente l’offerta finale con il pacchetto di servizi, aggiungendo gli optional, le opzioni di ricarica e i servizi finanziari e formalizzando l’offerta finale.

Consegna: anche l’atto finale risulta diverso, perché la consegna avviene nel Luxury Delivery Hub del St. Regis Hotel o attraverso il servizio di Delivery@Home, cioè a casa.

In questo modo il BMW Group punta a distinguersi nel mercato del retail automobilistico attraverso la costruzione di un’esperienza indimenticabile per il cliente e un capitale umano competitivo alimentato dai dati e dalla tecnologia.

 

“L’anno che ci siamo lasciati alle spalle – ha dichiarato Massimiliano Di Silvestre, presidente e amministratore delegato di Bmw Italia – ha modificato molti aspetti della nostra vita. Ecco perché abbiamo ritenuto che fosse opportuno mettere ancor più il cliente al centro con le sue nuove esigenze, motivazioni ed incertezze. […] Ma per farlo abbiamo bisogno di intuizioni e tecnologie guidate dai dati, oltre che dalla giusta mentalità del nostro personale. La corretta raccolta e lettura dei dati ci consentirà di capire quali siano le reali aspettative dei Clienti per offrire loro soluzioni non generiche, personalizzate, verticali, allineate alle loro necessità di mobilità”.

Si fa presto a parlare di “Customer Experience”, ma oggi le aziende operano in un contesto in cui le aspettative dei clienti stanno evolvendo più rapidamente rispetto alla loro capacità di definire un’esperienza in grado di soddisfarle.

La conoscenza dei bisogni e delle aspettative dei clienti deve essere la priorità, posta al centro dei processi decisionali.

Questo significa che e strutture devono essere sufficientemente agili e flessibili per reagire velocemente ai cambiamenti in atto e per adattarsi costantemente ai nuovi standard qualitativi emergenti.

Per farlo abbiamo bisogno di dati affidabili, da utilizzare in modo consapevole, da trasformare in informazioni utili per prendere le migliori scelte strategiche per la nostra azienda!

MA HAI LETTO IL LIBRO?

Unisciti al Netflix Book Club per assaporare una nuova esperienza culturale 

Netflix e Starbucks hanno annunciato una nuova partnership attraverso il progetto Netflix Book Club, un club unico nel suo genere per gli amanti della letteratura e dell’intrattenimento cinematografico.

Quando si parla di un adattamento cinematografico o televisivo, la domanda che spesso ci poniamo in conversazioni informali tra amici è: “Ma hai letto il libro?”.

È questa l’ispirazione dietro il nuovo progetto di Netflix e Starbucks, il cui intento è quello di rendere accessibili argomenti di interesse condiviso, contestualizzati in atmosfere coinvolgenti e, parallelamente, promuovere le nuove produzioni dell’azienda leader dell’intrattenimento streaming cinematografico.

La star di “Orange Is the New Black” Uzo Aduba, con una tazza di caffè tra le mani, sarà protagonista di conversazioni con cast, creatori e autori che hanno adattato libri in film o serie televisive sul servizio di streaming; gli argomenti spazieranno da ciò che li ha attirati nel lavoro, a come si relazionano alla trama, a quale messaggio sperano che spettatori e lettori portino con sé.
Gli episodi saranno girati nelle sedi Starbucks negli Stati Uniti e andranno in onda tramite il canale YouTube Netflix Still Watching e l’account Facebook statunitense di Netflix.

Nell’ultimo anno, quando il mondo si è fermato, molte persone si sono rifugiate nei libri per ritagliarsi una propria zona di confort e allontanarsi dalla vita reale.

Prima ci si riuniva in librerie, biblioteche, caffè. Con la nuova quotidianità tutto è cambiato!

Ci siamo ritrovati improvvisamente con più tempo a disposizione per leggere, ma senza la possibilità di accedere ad un luogo fisico per discutere le nostre ultime letture. Abbiamo sentito la mancanza del confronto con l’altro, dello stimolo reciproco, della conversazione costruttiva attorno ad un buon caffè!

Così le iniziative di incontro si sono trasferite online, proponendo occasioni accessibili da chiunque, in qualsiasi parte del mondo, grazie alle piattaforme digitali Zoom e Instagram. Non solo all’estero, ma anche in Italia. Ne sono un esempio La Fondazione Circolo dei lettori Fondazione Circolo dei lettori  e Le📚 Le Ragazze Book Club 📚  .

Netflix e Starbucks hanno intercettato questa nuova tendenza, costruendo un progetto culturale perfettamente confezionato!

Un’esperienza coerente con le promesse dei brand

Il progetto è, infatti, perfettamente allineato con la promessa di Starbucks “To inspire and nurture the human spirit – one person, one cup and one neighborhood at a time (Ispirare e coltivare lo spirito umano: una persona, una tazza e un quartiere alla volta”) e di Netflix “to entertain the word (Intrattenere il mondo)”.

L’esperienza del cliente Sturbucks, infatti, riguarda l’identificarsi con un luogo, il sentirsi parte di una tribù; una comunità di persone che ha come catalizzatore il caffè, presupposto e trampolino di lancio per un’esperienza più vasta che, in questo caso, attraverso Netflix, coinvolge libri, film e serie tv, oggi più che mai, spesso oggetto di confronto tra le persone.

Questo progetto consentirà, infatti, alle due aziende di avvicinarsi sempre di più ai propri (potenziali) clienti, lasciando assaporare una nuova esperienza culturale e rendendo loro accessibile l’adesione ad un esclusivo club del libro, immedesimandosi nell’atmosfera tipica del third place (termine con il quale molto americani definiscono di spazi di Starbucks) incuriosendo, appassionando e alimentando in loro il desiderio di non perdersi le nuove produzioni Netflix.

Il primo appuntamento

La prima scelta del mese del Netflix Book Club è il romanzo di Nella Larsen dell’era del Rinascimento di Harlem Passing.

Tutti sono invitati a leggere il libro, guardare il film su Netflix il 10 novembre e sintonizzarsi per il primo episodio di “But Have You Read the Book?” il 16 novembre, sul canale YouTube di Still Watching Netflix e sul canale Facebook netflix statunitense.

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