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Serena Faro

Serena Faro has 10 articles published.

Siciliana nel cuore, è nata nel 1994 a Catania dove è cresciuta tra il profumo dei limoni e il sapore di salsedine. Fin da bambina le piace raccontare storie ed è questo amore smisurato a spingerla tra le braccia della letteratura. Si laurea in Lettere Moderne ma adesso la città dove è cresciuta le va troppo stretta e decide di avventurarsi oltre i confini della sua isola. Si trasferisce a Bologna dove, sotto i portici, trova e annota nuovi racconti di vita. Accolta presso il campus di eccellenza Camplus Alma Mater, si laurea infine Letterature moderne, comparate e postcoloniali con una tesi sul folklore e Stephen King, il maestro letterario di sempre. Eppure sa che per ogni storia che finisce un'altra aspetta solo di essere ascoltata e lei non vede l'ora di sapere di quale sarà.

QUALCUNO HA DETTO BAVA DI LUMACA?

Ebbene si, avete capito bene, la bava di lumaca è un ingrediente possibile all’interno della vostra skincare. Quando l’ho letto la prima volta pensavo di essermi sbagliata e invece è proprio così. Per via delle sue proprietà rigeneranti e lenitive, l’ingrediente viene infatti inserito all’interno di creme e sieri e questo perché la bava di lumaca stimola la produzione di collagene e incrementa l’idratazione della pelle. Inoltre, la bava di lumaca può essere utilizzato con costanza senza mettere a rischio la salute della pelle, anzi aiutandola notevolmente.

Come ho già detto, la prima volta che ho sentito questa storia non ci volevo credere e così ho voluto provare io stessa. Superata una prima fase di disgusto, devo ammetterla, mi sono guardata un po’ in giro per decidere cosa acquistare. Inutile dire che sono stata bombardata da una carrellata di prodotti alla bava di lumaca che neppure i fuochi d’artificio a Capodanno ma dopo un’attenta riflessione ho deciso di lasciare da parte i prodotti in vendita su Amazon e affidarmi alla skincare coreana.

Anche perché quando si parla di skincare, i coreani ne sanno una più del diavolo in persona.

CosRX

Il siero al 96% di bava di lumaca di CosRX è uno dei prodotti preferiti dagli esperti di K-beauty, quindi la mia scelta è ricaduta su questo prodotto.

Reperibile sul sito di Yesstyle e Stlyevana, il CosRX Advanced Snail 96 Mucin Power Essence, che da questo momento in poi abbrevierò in “essenza di CosRX” per comodità, è un’essenza vendutissima e amata dalla stragrande maggioranza degli appassionati di skincare. Io ho deciso di provarla per saziare il mio desiderio mensile di novità (diciamo pure settimanale) e l’ho fatta arrivare direttamente dalla Corea insieme ad alcuni altri prodotti che in questa sede però non è nostro interesse approfondire. Dopo un viaggio tortuoso, una dogana e un servizio postale opinabile, il l’essenza di CosRx è arrivata a destinazione proprio come l’amaro Montenegro.

Non si tratta di un prodotto miracoloso, versandolo sulla cicatrice questa non si rimarginerà all’improvviso ma rimane un prodotto di cui sono piacevolmente rimasta impressionata. La consistenza semi liquida non risulta appiccicosa, non mi sono svegliata trasformata improvvisamente in lumaca né ho iniziato a muovermi più lentamente di quanto già non faccia. I miglioramenti che ho notato sono stati piccoli ma evidenti e alla fine l’essenza è diventata parte del mio rituale quotidiano.

Non avrei mai pensato che sarebbe arrivato il giorno in cui avrei messo della bava di lumaca sul viso e ne sarei stata felice!

TAKE IT SLOW

Una volta andava in onda uno spot pubblicitario che recitava: “contro il logorio della vita moderna”. E, nonostante siano passati parecchi anni, io quello spot me lo ricordo ancora così come quella iconica frase che, di tanto in tanto, ripeto a bassa voce quando le cose sembrano andare troppo di fretta. Va da sé che è una frase che ripeto quindi molte volte.

Conosciamo tutti benissimo cosa quel “logorio” voglia dire, per me ha il significato del tempo che non è mai abbastanza, dei libri lasciati a prendere polvere sullo scaffale, delle serie tv da recuperare, degli impegni che non entrano più in agenda. Un signor Tempo che non ce la fa più, che si agita senza sosta nella sua casa piena di orologi. Senza pause, senza sosta, persino il tempo stesso si consuma.

Mi viene in mente allora un altro modo di dire quanto mai attuale oggi: “chi si ferma è perduto”. Ma perduto dove? E soprattutto perché? Perché fermarsi dovrebbe significare perdere qualcosa?

Il signor Tempo, in questi giorni, e noi con lui, è stato parecchio impegnato e prospetta di esserlo davvero per un bel po’, visto che si avvicina quella festa per la quale non può davvero riposare un minuto. Quindi giù di ore da economizzare, minuti da recuperare e secondi da non lasciarsi sfuggire. Un giro al centro commerciale per portarsi avanti con i regali, il viaggio da organizzare, l’albero da montare, le offerte da non lasciarsi sfuggire perché durano un solo giorno.

Slowvember

In questa frenesia nota anche come Black Friday, il tempo frenetico della vita moderna si unisce a una sensazione improvvisa di necessità. Come il bisogno di comprare un nuovo televisore, un nuovo armadio, un nuovo qualcosa perché è il Black Friday e “chi si ferma è perduto”. Così, spinta anche io da una pulsione primordiale, vado a dare un’occhiata al sito di Deciem, rivenditore ufficiale del marchio The Ordinary, e il benvenuto mi lascia spiazzata. Si tratta di un invito ad andare piano, a prendersela comoda perché gli sconti non vanno da nessuna parte. A me, di primo acchito, quel benvenuto suona di mossa di marketing strategica (e in fin dei conti lo è) ma c’è una sensazione rassicurante inizia pervadermi man mano che navigo nel sito.

Inizio a sentirmi come la tartaruga della favola mentre il resto del mondo continua a impersonare il ruolo della lepre.

Tranquilla e placida, arrivo alla mia meta, riempiendo il carrello di prodotti che effettivamente mi servono e che non scelgo in maniera impulsiva e frettolosa. Un sito dove sembra che il signor Tempo abbia deciso di prendersi una piccola pausa, dove io stessa posso permettermi di trascorrere dieci minuti in più. E se è vero che quella di Deciem è una manovra strategica a tutti gli effetti, dal titolo autodescrittivo alla presentazione nella Home, è vero anche che gli effetti sono simili a quella di una camomilla prima di andare a dormire. Questo Slowvember, questo invito a braccia aperte, ha riscosso un enorme successo andando a toccare certe corde sensibili che tutti noi conosciamo bene.

Niente di ordinario

Un Black Friday straordinariamente “ordinario”, come il nome del brand più conosciuto sul sito di Deciem. The Ordinary è un marchio di cui si parla tanto, dai prezzi competitivi e dalle mille formule. Io, che con la skincare sono passata da atea a convinta seguace, mi sento un po’ piccolo chimico mentre seleziono i prodotti e costruisco un set adatto alle mie esigenze. Acido ialuronico, niacinamide, peptidi e retinolo non sono più nomi a caso all’interno di una lezione di chimica ma formulazioni che ho imparato a conoscere, apprezzare e fare mie.

Ho imparato in questo modo a mettere in pausa “il logorio della vita moderna” anche solo per cinque minuti, circondata da boccette come nell’antro di una strega. Il signor Tempo a volte mi bussa perentorio dicendo che devo sbrigarmi, che sto perdendo attimi preziosi ma per cinque minuti in più non si muore mica. State tranquilli.

VERO O FALSO?

Si chiama Dupe culture (dupe sta per “inganno” ma anche per “credulone”) ed è il nuovo fenomeno socioculturale della Generazione Z. Ne avrete quasi sicuramente sentito parlare ma non sapete bene di cosa si tratti. Ha preso rapidamente piede negli Stati Uniti, spopolando tra balletti e hack su Tik Tok, e si sta facendo pian piano conoscere in tutto il mondo anche se, a onor del vero, il fenomeno è ancora tutto da decifrare.

Lo si potrebbe definire un copia-incolla ma di tipo educato.

Secondo la compagnia inglese Money, sarebbero i giovanissimi, i cosiddetti Zoomer a dare voce a questa nuova clientela 2.0 che veste falso e non si fa problemi a mostrarlo al mondo. Sulla piattaforma Tik Tok spopolano infatti hashtag come #fakeRolex #fakeGucci o #VuittonDupe, utilizzati per aggirare quella trappola delle piattaforme social stesse che impedirebbero la vendita di prodotti falsi dall’app. Meccanismo che in realtà è servito a ben poco dato che sono stati registrati oltre 32 miliardi di dollari per acquisti in app su Tik Tok relativi a questi prodotti dupe.

La moda-sosia della generazione Z

Ma quindi che cosa si intende per dupe culture? Si tratta per lo più di accessori come borse, orologi ma anche di make up e scarpe che vengono fin da subito presentati come omaggi e rifacimenti a brand ben più famosi. Esistono delle piccole imprefezioni, delle differenze anche evidenti che giustificano la differenza di prezzo ma che non rendono, per questo motivo, il prodotto in sé meno appetibile. Ad aver dato la spinta a questo fenomeno sono stati proprio i giovani, quella generazione Z che si osserva come un animale esotico e il loro habitat per eccellenza, Tik Tok appunto. E così, attirata anche io come un orso con il miele, ho deciso di provare a dare un’occhiata a questo fantomatico mondo dupe. Impersonati i panni di Alice sono quindi scesa nella tana del bianconiglio e ho dato giusto una sbirciatina.

Dupes Beauty

Io, che la Z non c’è né nel nome né nel cognome, ho cercato di capirci qualcosa di questo “caso fantasma”, che chiamo in questo modo perché ne parlano in tanti ma nessuno sembra vederlo davvero. Di dupe ho sentito parlare per la prima volta su Youtube. Mentre guardavo un video la parola veniva ripetuta più volte ma ci ho messo un po’ per capire a cosa si stesse facendo riferimento. La youtuber in questione teneva in mano una palette di ombretti affermando come quel dupe facesse senza dubbio la concorrenza al prodotto corrispettivo ben più famoso e costoso di Huda Beauty. Il marchio è conosciuto in tutto il mondo e deve la sua fama, in special modo, per il costo di alcuni suoi prodotti iconici (una palette si aggira sui 70€) tanto da diventate il simbolo per eccellenza di una linea di makeup notoriamente high end. Proprio di Huda Beauty, come ho scoperto dopo quello e altri video, sono quindi nati diversi prodotti dupe provenienti da altri marchi meno rinomati ma che attirano il denaro di numerosi acquirenti. E sì, devo ammetterlo, anche il mio.

Volendo rimanere nell’ambito della metafora di prima, non mi sono più limitata a dare una sbirciatina ma ho raccolto rose a piene mani dal giardino della Regina di Cuori.

Dietro il fenomeno della dupe culture non c’è una scelta di ego, come ho avuto modo di capire io in prima persona. Il brivido dell’accessorio costoso è assente, sostituito da una sensazione rassicurante. Il punto è che a questa generazione Z non interessano più i canoni di quella moda haute couture. Il dupe è una altro tipo di moda più ragionato, modesto ed economicamente fattibile (il mio portafogli mi ha personalmente stretto la mano e ringraziata) e per questo piace. Non è poi un caso che non si faccia di tutti i dupes un fascio, dato che solamente determinati prodotti e, a guardare più attentamente, solamente alcuni brand sono oggetto di questo fenomeno.

In fin dei conti, quello che ho compreso è la dupe culture non è neppure un copia-incolla ma un lavoro di bricolage.

Una vita “All in One”

«Il tempo è denaro».

«Il tempo è denaro». Si tratta di una frase che sentiamo molto spesso e che probabilmente siamo i primi a dire, rispondendo a quel bisogno assillante di fare tutto, di provare tutto o, meglio ancora, di essere tutto. Si, perché in una società in cui il motto è ormai quello di “appareo ergo sum”, ogni istante di questo prezioso tempo è rivolto alla piena affermazione del sé. Un mostrare noi stessi che, il più delle volte, tiene maggior conto della quantità che della qualità.

Parola d’ordine? Minimalism

Qualcuno potrebbe affermare, senza tra l’altro sbagliarsi del tutto, che la necessità di riduzione derivi, anche, da una maggiore attenzione al Pianeta, agli sprechi e al superfluo. Una chiamata al minimalismo che abbraccia molteplici campi d’interesse, dalla skincare ai viaggi, e che rifiuta i fronzoli e tutto ciò che risulta in più. Un minimalismo che ambisce alla funzionalità, senza perdere l’efficacia, ma che rischia sempre più di spersonalizzarsi. Eliminare ciò che è in più, però, significa anche eliminare ciò che distingue un prodotto da un altro o un’esperienza da un’altra cadendo così vittima dell’omologazione.

La contraddizione è dietro l’angolo, dato che viviamo in tempi in cui la personalità viene quasi idolatrata ma poi non se ne distingue l’una dall’altra. 

Come abbiamo già detto sono efficacia e funzionalità le neccessità principali dietro le formule all-in-one. Dal prodotto e/o dall’esperienza si richiede che dia il massimo ma sotto una veste compattata, che sia una crema viso e primer o un pacchetto vacanze all-inclusive. Ne deriva quindi che, il terzo elemento principale che si accompagna ai primi due sopracitati, non può che essere la velocità. Se il tempo è denaro, allora tutto deve essere subito.

Dalla skincare ai viaggi passando per Netflix

Se da un lato la skincare routine occidentale degli ultimi mesi è sempre più influenzata dal famoso modello coreano (il quale prevede ben 10 step da seguire meticolosamente secondo l’dea di sovrapposizione), dall’altro la volontà al minimalismo si fa prepotentemente avanti. Ecco quindi, per esempio, che nel panorama skincare spuntano fuori i prodotti «ibridi», in grado di assolvere a molteplici funzioni: creme viso miracolose in grado di liftare, illuminare e fare anche da primer; sieri viso formulati con diversi ingredienti al loro interno; blush che fanno anche da rossetti, che fanno anche da ombretti.

L’idea è quella di un beauty case multitasking in cui siano presenti pochi prodotti, chiamati ad assolvere diverse funzioni, ma fino a che punto?

Del resto questa è solo la punta dell’iceberg. La formula all-in-one è molto più evidente in chi ha spianato la strada nel suo ambito, ovvero Netflix. La piattaforma streaming più famosa al mondo rappresenta l’emblema stesso di quella urgenza impellente dell’avere tutto nel minor tempo possibile. Sono finiti i tempi in cui si aspettata l’episodio settimanale, in cui si decideva magari il film da andare a vedere al cinema (tranne per quella fetta di immortali nostalgici), adesso la scelta è a portata di click. Mai come durante la pandemia, Netflix ha mostrato la sua influenza su questa frenetica e insaziabile società. Le serie tv non si guardano, si binge-watchano, addirittura la nuova funzione della piattaforma è quella di riproduzione casuale in base alla tue preferenze.

Eccoci, quindi, distesi comodamente sul divano mentre mangiamo il nostro piatto pronto, davanti a un televisore che decide per noi cosa guardare. Magari potremmo pensare a dove andare questo Capodanno, tra i pachetti all-inclusive a disposizione si capisce. 

TRA FOGLIE DI MATCHA E TÈ NERO, SI TORNA A VIAGGIARE

«L’arte di riparare le ferite»

«L’arte di riparare le ferite» o anche quell’arte-terapia che in giapponese viene espressa con il termine kintsugi. Altro non è che una filosofia orientale che prende il suo significato dalla tecnica giapponese di riparare le ceramiche utilizzando frammenti di oro per rimettere insieme i pezzi rotti. Kintsugi significa letteralmente “riparare con l’oro” e rappresenta il biglietto da visita dell’omonima tea room a Torino.

Tra un dolce e una tazza di tè

Il progetto è quello di una ragazza che un paio di anni fa ha aperto una tea room unica nel cuore di Torino. Il nome scelto non è un caso, è l’augurio di potersi ritrovare e ricomporre nonostante tutto, magari proprio attraverso una tazza di tè in compagnia. Ispirandosi al Giappone e alle esperienze vissute, Francesca Alessio decide di portare un po’ di quei luoghi magici a Torino e lo fa, aprendo una tea room unica e dal sapore tutto orientale.

Le creazioni homemade, dai tipici mochi alle japanese cakes, sono delle deliziose espressione dell’arte giapponese.

La prima impressione è quella di aver appena preso l’aereo ed essere arrivato in Oriente, il tutto in soli cinque minuti. Entrando da Kintsugi and cakes si dimentica, per un istante, di essere ancora in Italia e di vivere una pandemia. L’aroma caratteristico del matcha ci accompagna fino al nostro posticino in mezzo al verde, ed ecco che stiamo di nuovo viaggiando senza preoccuparci di varianti e vaccini. Un piccolo mondo, una “ tana del bianconiglio” in cui poter staccare la spina e godersi, sorridenti, un tè caldo e un dolce. 

Matcha come vuoi tu

Il menù è estramemento vario e, a una prima occhiata, viene davvero voglia di provare tutto, soprattutto per chi come me appartiene alla categoria dolce-batte-salato. D’altronde si sa che gli zuccheri fanno tornare il buonumore. Sicuramente il matcha non poteva mancare nella mia scelta ed è per questo che ho scelto la torta al matcha e crumble di cioccolato, scoprendo poi che si tratta proprio del dolce simbolo del locale. Io ho scoperto il locale in inverno, quindi ho deciso di accompagnare la torta con un bel tè nero dello Yunnan aromatizzato con pesche dolci di montagna e rosmarino fresco. Esistono, ovviamente, anche varianti fredde come ad esempio il tè ghiacciato ai mirtilli o latte vegetale, butterfly pea tea, cardamomo e vaniglia Burbon.

Ogni nome sembra una formula magica, l’incantesimo di una creatura dei boschi come d’altronde un po’ tutto da Kintsugi and Cakes.

Ciò che davvero rende speciale questo locale è l’estrema cura per i dettagli, quel tocco delicato ma speciale che rende unico ogni singolo elemento nel menù. Non c’è dolce o bevanda che non sia caratterizzata da un tocco personale: dalle pagliuzze d’oro nella torta al matcha, al fiore rosso della black bonseki. Frutto di passione e amore, la tea room nel cuore di Torino è un luogo che ho avuto il piacere di scoprire perdendomi e, in tal modo, ritrovandomi.

Un piccolo angolo che rende queste giornate meno grigie.

TRAGEDIA GRECA EXPERIENCE

Al teatro greco di Siracusa si vivono le tragedie di ieri per ripartire dopo quella di oggi

Due cose ricordo ancora oggi della prima volta che mi sono recata all’antico teatro greco di Siracusa per assistere a una delle famose rappresentazioni: la prima era il caldo infernale del pomeriggio sulle gradinate bianche che mi ha fatto rimpiangere di non essermi portata un ombrello per ripararmi dal sole; la seconda è come io mi sia dimenticata subito del caldo una volta che il sole è sceso e lo spettacolo ha avuto inizio.

Quell’attesa pomeridiana, su scalini scomodi e sotto il sole cocente, è diventata sempre meno stancante e più un conto alla rovescia dolce amaro. Un tempo che si assottigliava pian piano prima dell’inizio della tragedia, in cui la storia antica torna a bussare magicamente alle porte di noi moderni desiderosa di essere ascoltata.

La grandiosità del teatro greco porta con sé un’immensa meraviglia, rappresentando il luogo d’incontro tra passato e presente.

Un presente che di tragedie ne conosce abbastanza, una su tutte quella che ci accompagna ormai da più di un anno e di cui aspettiamo ardentemente il finale. La “tragedia” della pandemia viene qui messa da parte, dimenticata anche se per poche ore in favore di qualcosa di pur sempre tragico ma anche d’intrattenimento.

Le tragedie ci parlano ancora 

Incorniciato dalle rocce bianche siracusane, il parco archeologico e il suo teatro greco si rianimano ogni estate riportando in vita quelle tragedie, partimonio della classicità, che hanno ancora molto da dire. Ricordo perfettamente la Medea che vidi parecchi anni fa, in cui un teatrante dipinto di nero si aggirava tra le rocce come una bestia. Ero così presa da ciò a cui stavo assitendo che per un momento ho dimenticato si trattasse di uno spettacolo e non di qualcosa di reale. O ancora le Baccanti con il deus ex machina che irrompeva sulla scena a bordo di un carro dorato, le Rane reintepretate in chiave moderna da Ficarra e Picone, il suggestivo adattamento hard boiled delle Coefore di quest’anno.

Ogni anno, le opere di Eschilo, Sofocle ed Euripide trovano un nuovo modo per essere raccontate trasmettendo con estrema potenza i loro messaggi originari.

E l’emozione che ti assale a tragedia conclusa è una sensazione strana da descrivere. Così come rapidamente il teatro prende vita sotto la luce delle stelle, così torna a dormire in attesa del prossimo spettacolo. Un’esperienza che ìnizia nel momento in cui si mette piede nel teatro, quasi come se per una sera stessimo viaggiando nel tempo e prendessimo parte alla storia antica. In quella forza catartica risiede anche la speranza di un nuovo inizio che ponga fine alla tragedia reale e fittizia.

PICCOLA MA POTENTE

Se è vero che non bisogna farsi ingannare dalle apparenze, allora non c’è dubbio che la “piccola” Xbox Series S rappresenti proprio questo detto.

 Xbox Series S stuzzica tutti

La console ha fatto il suo debutto l’anno scorso, presentandosi piccola, compatta e abbastanza maneggevole. Un prodotto decisamente diverso rispetto ad altri dispositivi videoludici del settore come la sorella Xbox Series X e l’avversaria PS5, perché, per la prima volta, siamo di fronte a una console che unisce potenza ma anche praticità. Ed è d’altronde per questo motivo che la Xbox Series S si presenta come un dispositivo in grado di avvicinare tutti, anche chi non è un pro-gamer ma solo un appassionato soft, come me.

Ho acquistato questa versione della mitica console di casa Microsoft perché da tempo accarezzavo l’idea ma, non essendo una gamer incallita né tantomeno giocando per professione, non mi ero decisa ancora a compiere questa spesa. Ai piani alti della Microsoft devono avermi letta nel pensiero, perché l’anno scorso ha fatto il suo debutto una console piccola e dal prezzo competitivo ma che prometteva di conservare le stesse caratteristiche di sempre.

L’estetica elegante unita al catalogo ricco e in continua espansione sono i due assi vincenti che rendono la Xbox Serie S un gioiellino da non sottovalutare.

L’universo dentro una scatolina bianca

Acceso il dispositivo e una volta compiuti tutti i passaggi del caso, estremamente facili e guidati, ci si immerge nel mondo colorato e vivido della Xbox Series S. Il controller è morbido sotto le dita, particolarmente recettivo e pronto a guidarti come il timone di una nave. Che tu sia un marinaio un po’ inesperto o un pirata dei sette mari ti lasci trascinare dalle onde. Nel mio caso, mi ritengo un mozzo con l’ambizione da capitano, ho navigato con estrema facilità e sono approdata su lidi sicuri: giochi di nuova generazione adatti ai gusti di tutti; Xbox Game Pass per ottenere diversi titoli gratuitamente e per accedere a un cataolgo continuamente riaggiornato; immagini straordinare e colori brillanti.

E oltre alla dimensione videoludica, la console permette di scaricare il meglio delle piattaforme streaming. In questo modo è possibile decidere con tranquillità se passare una serata giocando a Hollow Knight o Halo, oppure rilassarsi di fronte a una serie tv direttamente dal catalogo di Netflix, Amazon Prime Video o Disney Plus.

Insomma, play and game or netflix and chill.

Xbox Series S è un dispostivo pensato per tutti, più adatto sicuramente a chi, come me, gioca per divertimento ma in maniera più sporadica che continua. Inoltre, la comodità e la fruibilità della console possono avvicinare anche chi, per diversi motivi, non si è mai interessato al mondo dei videogiochi. Sicuramente le dimensioni e il prezzo ridotto, invogliano molti a salpare verso mari sconosciuti.

Le linee delicate della Xbox Series S e la ricchezza dei contenuti rendono questa console una sorella minore che non ha davvero nulla da invidiare alla maggiore. Ahoy!

 

A PLEIS UER FUD IS A GIORNEI

Dalla carne d’asina di Chiaramonte alla provola dolce delle Madonie, FUD porta in tavola la Sicilia in modo unico

In una delle vie principali della “movida” catanese, nasceva qualche anno fa FUD: un locale moderno e diverso che si proponeva come un nuovo modo di intendere la cucina siciliana adattandola alla modernità. Oggi FUD è diventata ormai un’istituzione, un luogo in cui ogni catanese è andato almeno una volta e che anche i turisti, provenienti da ogni dove, hanno imparato a conoscere e apprezzare. Proprio il successo della prima bottega, ha portato alla nascita di un franchise con sedi a Milano e Palermo ma quale è il segreto di FUD? Lo stesso sito, con cui il locale si presenta al pubblico, ci tiene a precisare che sono tre i pilastri portanti sui quali la bottega si fonda. Tre fattori strettamente legati tra loro che FUD promette di adempiere a pieno e, in effetti, lo fa.

Componente umana, sicilianità dei prodotti ed eco-friendly

All’interno del locale si respira un’aria conosciuta, quella del fritto tipicamente siciliano misto a un aroma familiare che sa di casa. Io, che siciliana lo sono fin dentro le ossa, ho sempre ritrovato all’interno del FUD l’atmosfera tipica della cucina di mia nonna, unita a un sapore diverso che sa di modernità.  Lo staff e tutto il personale riescono a mettere il cliente, anche il più esigente, a proprio agio dimostrandosi sempre molto affabili e pronti a dare consigli per orientarne la scelta. Nemmeno le promesse di sicilianità e bio vengono meno.

Da un lato, è possibile ritrovare nei panini, nelle pizze e negli hamburger ingredienti provenienti da tutto il territorio siculo con annotazioni specifiche. Un esempio? Il Porc Burgher, ovvero un panino con carne di suino nero dei Nebrodi, cipolla di giarratana in agrodolce e verdure selvatiche saltate in aglio rosso di Nubia. Insomma un panino da leccarsi i baffi con una presentazione che aumenta l’hype del consumatore. Dall’altro lato, non manca l’attenzione per la terra e infatti FUD mantiene la sua promessa nel portare al consumatore prodotti legati alla terra ma allo stesso tempo rivolti alle generazioni di oggi.

FUD “vo fa l’ammmericano”

Una realtà che cerca di unire la tradizione dei prodotti con il gusto fresco delle nuove generazioni e la loro continua voglia di qualcosa di diverso e unico. Ecco perché la vera chicca di FUD sta nella presentazione dei suoi piatti, i cui nomi inglesi vengono “sicilianizzati” in maniera simpatica e geniale.

Sicuramente è questo il primo elemento che colpisce il consumatore e lo spinge, per curiosità più che altro, a voler provare la bottega. Una mossa che ha spinto me in primis a voler assaggiare i piatti di FUD che non mi hanno lasciata, quasi mai, delusa: dallo Shek Burger al Dabol Burgher fino a quello che è diventato in breve tempo il mio panino preferito vale a dire il Big Bab.

La possibilità oggi di trovare locali simili è decisamente aumentata rispetto al passato, eppure è in quella voglia di ironizzare e di sperimentare che è possibile trovare il vero gusto di FUD.

UN TUFFO IN UNA PENTOLA DI TÈ

Una bottega da scoprire nella “Dotta, Grassa, Rossa, Turrita” Bologna

Nascosta nel cuore di Bologna, a pochi metri da Piazza Maggiore esiste una bottega piccina picciò che promette di regalare, però, grandi emozioni. Immergendosi, infatti, tra i portici e i vicoli della città rossa è possibile capitare di fronte a un negozio chiamato La Pentola del Tè. Gli appassionati bolognesi conoscono il luogo e ve lo consiglieranno in men che non si dica, voi date loro ascolto e provate le esperienze che questa bottega ha da offrire.

Ce n’è per tutti i gusti

Dopo aver sentito parlare di questo negozio da altri, ho deciso di provare io stessa questo negozio così amato. Situata in una stradina chiamata via Caduti di Cefalonia, La Pentola del Tè probabilmente non attirerebbe le attenzioni del passante casuale. Incastrata tra altri negozi e pub, la bottega appare piccola e a un primo sguardo poco allettante ma è quello che nasconde al suo interno il vero tesoro. Ad accogliermi sono stati una varietà vastissima di tè e tisane, ognuna delle quali protette e conservate dentro appositi contenitori: coppi ricolmi di infusi che in fila indiana ti “osservano” da alti scaffali, in attesa di essere scelti. Di fronte a così tante opzioni, è normale rimanere interdetti ed ecco perché un valido aiuto viene offerto dalle due proprietarie che con domande specifiche riescono a individuare i sapori più adatti a te.

Dal difficile tè nero, al sofisticato tè bianco, dagli infusi alla frutta al tè verde fino ai tè specifici per la mente, l’anima e il corpo.

E se non volete arrivare del tutto impreparati, sul sito trovate elencati tutti i tè a disposizione, in base alle vostre preferenze personali. Questa grandissima varietà ma soprattutto la cura nel dettaglio rappresenta il punto di forza di una bottega apparentemente anonima. L’intento di La Pentola del Tè è quello di aiutarvi passo, passo nella scelta di un prodotto che non deluda le vostre aspettative e, soprattutto, rispecchi a pieno i vostri gusti.

Non solo tè

All’interno della bottega, inoltre, potete trovare molto altro: specialità alimentari, dolci, spezie e tante idee regalo per gli appassionati del tè e non solo. Sono molte le proposte che La Pentola del Tè offre anche a chi, magari, non è appassionato della bevanda. Come ho detto c’è un angolo appositamente dedicato alle spezie provenienti da tutte le parti del mondo. Anche i dolci sono molto apprezzati, infatti a dicembre, durante il periodo natalizio, era possibile assaporare una cioccolata calda preparata al momento e arricchita di cannella a piacere.

La Pentola del Tè è una piccola bottega ma non fatevi ingannare. Fermatevi un momento a esplorarla all’interno, prendetevi il vostro tempo e potreste scoprirvi degli appassionati.

IL CREPITIO DI MONDI DA ESPLORARE E MOMENTI DA CONDIVIDERE

Yankee Candle: tantissimi profumi a portata di naso

Se è vero che per viaggiare basta la fantasia allora una buona candela profumata aiuta senza dubbio a rendere il viaggio più gradevole. Le candele donano sempre un particolare tocco magico, oltre a essere un accessorio molto presente negli ambienti domestici moderni. E trattandosi di candele, la maggior parte di voi avrà senza dubbio sentito parlare delle Yankee Candle, uno dei brand oggi più famosi e diventato, ormai, una vera e propria istituzione. Facciamo un breve ripasso. Yankee Candle è un’azienda americana nata addirittura nel 1969, il cui intento è stato, da sempre, quello di produrre profumazioni quanto più autentiche possibili utilizzando oli essenziali ed estratti naturali. Esistono diversi formati: le giare dalla triplice dimensione, le tarts da bruciaessenza, i lumini … insomma ce n’è davvero per tutti i gusti! Con il passare del tempo, inoltre, il brand si è ancor più specializzato, creando delle edizioni speciali imperdibili.

La scelta particolare dei nomi è un dettaglio che ha reso ancora più intrigante il brand Yankee Candle. Ogni singola candela, infatti, si chiama in maniera diversa e ciascun nome cerca di richiamare alla mente l’essenza stessa della candela, della sua profumazione specifica. Non solo Yankee Candle tenta di associare un nome a un aroma ma ci riesce perfettamente ed è proprio da quei nomi sulla famosa etichetta che ci lasciamo incuriosire, fin da subito. La mia scelta, per esempio, è stata guidata dal nome della candela prima ancora che dalla sua profumazione.

Aromi che sanno di casa e di ricordi

Un giorno, mentre facevo un giro all’interno di un negozio mi sono imbattuta in uno scaffale interamente adibito al noto marchio. Da amante di lunga data delle candele e avendo ascoltato, quasi fino allo sfinimento, mirabolanti recensioni sulle Yankee Candle ho deciso anche io di provare. Il formato per il quale ho optato è stato inizialmente quello della giara piccola e che io ho scelto nella profumazione Candlelit Cabin. Le note di fragranza aleggiano mentre la candela si consuma: noce moscata, pepe nero, magnolia e persino nocciola.

Profumi che si mescolano tra loro in perfetta armonia, regalando un momento di puro relax, magari in compagnia di un buon libro e un bicchiere di vino. E non solo quello.

Negli aromi delle candele Yankee Candle ho ritrovato i profumi della mia infanzia, ricordi speciali nascosti sotto la superficie della mia memoria e che una piccola giara di vetro è stata in grado di risvegliare. Candlelit Cabin mi ha ricordato le domeniche in montagna, l’odore intenso dei pini attorno e quello meno tangibile del freddo invernale. La seconda candela che ho deciso di prendere è stata Vanilla Cupcake. La candela in questione è considerata un vero e proprio must e presto anche io ho capito perché: glassa alla vaniglia e zucchero per dolci si mescolano al cacao mentre, più lievemente, è possibile percepire le delicate note del limone. Una profumazione che mi ha riportato alla mente i dolci preparati insieme a mia nonna nella sua cucina, il gelato in riva al mare, le candeline accese sulle tante torte di compleanno, i pomeriggi passati al cinema con qualche caramella di troppo. È proprio qui che si cela il vero punto di forza della compagnia di candele più famosa al mondo.

 Tradizione estetica per un’esperienza sensoriale unica

Ogni Yankee Candle è un’esperienza sensoriale unica, in cui la fantasia vola ad ali spiegate e ci trasporta verso mete nuove o solo da riscoprire.

Sono candele che regalano momenti di pura serenità da passare da soli o in compagnia ed è divertente vedere come a ognuno di noi rimandino a qualcosa di diverso. La pecca è che si le Yankee Candle non sono esattamente un prodotto low cost, potete considerarla quella coccola extra che ci si può concedere ogni tanto. Ciò che contraddistingue le Yankee Candle da una qualsiasi altra candela profumata è il connubio tra valore estetico e valore percettivo. Le classiche giare tradizionali nascondono poi profumazioni variegate, adatte davvero a tutti. Lasciatevi avvolgere anche voi dai mille profumi che queste candele hanno da offrire.

 

 

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