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customer experience - page 11

CI VUOLE METODO

Le interazioni del cliente con il brand sono molto più numerose di quelle che si crede di solito.

Ci vuole metodo per rilevarle, metodo per valutare l’esperienza che il cliente vive in esse, metodo per paragonare tale esperienza con le promesse del brand, metodo per migliorare l’esperienza offerta nei touch point strategici.

Ci vuole il metodo del customer experience office!

 

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DI CHI È IL CLIENTE?

Il cliente è “del” brand, non del distributore, del rivenditore, della filiale, dello store, ecc..

Il cliente vive un’esperienza con il brand quando lo scopre, lo valuta, lo acquista, lo “utilizza” e quando chiede assistenza. Ogni soggetto terzo che non sia il brand avrà la sua fortuna tanto più aiuterà il brand a conoscere il cliente e a offrire una customer experience superiore. Al contrario, decreterà il fallimento proprio e del brand stesso se ritiene “suo” il cliente solo perchè ne gestisce l’esperienza d’acquisto.

 

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LAVORATORI DI TUTTO IL MONDO, UNITEVI! ALMENO IN NOME DELLA CUSTOMER EXPERIENCE

La peggiore delle customer experience è quando si trova chiuso!  Il messaggio è chiaro: “Torna quando ti è comodo, ma non in pausa pranzo o dopo le 19, ché la cena si avvicina”. Zero experience, quindi!

Anche gli esercizi commerciali son fatti da gente che lavora, che ha diritto alla pausa pranzo e di smettere il lavoro all’imbrunire. Proprio come il cliente che lavora e che può andare a comprare e vivere la sua esperienza di acquisto, guarda caso, solo in pausa pranzo o dopo il suo lavoro.

Così si taglia alla radice uno dei “must” della customer experience: rendere “facile” l’esperienza col brand (oltre che offrirla piacevole e davvero corrispondente al bisogno del cliente).

Si tiene chiuso: più facile di così! Ecco allora che vediamo brand che investono cifre da capogiro per rendere efficiente l’assistenza al cliente, che fanno investimenti considerevoli in logistica perché i propri scaffali siano carichi e assortiti nei negozi, uffici del prodotto che sviluppano ricerche per offrire novità e battere la concorrenza… Ma per i rivenditori tutte queste cose non valgono l’apertura in pausa pranzo o dopo le 19 per i clienti che lavorano.

Tranne poi farsi forti coi brand dicendo “Il cliente è del mio punto vendita e viene perché ci sono io e non per il tuo brand!” (Almeno dovrebbero precisare che viene “quando ci sono io“).

Oppure ci si lamenta che i centri commerciali starebbero distruggendo gli esercizi di vicinato con le loro aperture “selvagge” (in pausa pranzo e la sera). Dire “Il cliente è mio e non del brand che espongo”, giudicare “selvagge e sleali” le aperture dei centri commerciali sono le dichiarazioni di chi proprio non vuole entrare nell’Era del Cliente e si appresta a uscire dal mercato (dando, naturalmente, colpa alla crisi).

Ma chiudere durante la pausa pranzo o all’imbrunire, prima che una scelta “comoda”, è una scelta poco furba: è esattamente la gente che ha un lavoro quella che ha soldi in mano e proprio a costoro si chiude la saracinesca in faccia. Per non parlare delle corse che si fanno chiedendo al proprio capo di anticipare la pausa pranzo per fare un acquisto improrogabile (e sopportando il relativo mugugno) per raggiungere quel negozio prima della chiusura delle 13. Ma già alle 12.50 si trova la porta chiusa e si vedono gli addetti vendita che, mentre ilari conversano fra di loro, fanno ampi gesti al cliente deluso col naso sul vetro, indicando con la mano il “no” più ampio e ineluttabile.

Ecco che così si trova un autonoleggio a Rimini che chiude dalle 13 alle 15.30, una delle migliori farmacie omeopatiche lombarde che tiene chiuso il sabato, il punto vendita in franchising di uno splendido brand del fast fashion che, in Sicilia, chiude dalle 12.30 alle 16.30, lo show room per interni alla moda che nella frenetica Milano ferma sia in pausa pranzo sia davvero presto alla sera… e questo elenco potrebbe essere quasi interminabile!

“Ma il personale costa e tenere aperto in pausa pranzo o fino alle 20 non ne vale la pena per gli incassi che si fanno…”

Infatti gli incassi scenderanno sempre di più con questa mentalità, perché il cliente va altrove. A esempio, nel punto vendita dell’incredulo commerciante marchigiano che confessa di aver incassato il 20% in più tenendo aperto in pausa pranzo anche dopo aver terminato il periodo dei saldi.

Lavoratori di tutto il mondo unitevi!“, così termina il Manifesto di Karl Marx e Friedrich Engels. Almeno per far tenere aperti gli esercizi commerciali in pausa pranzo e un po’ di più alla sera. E prima di far diventare certi commercianti ex-lavoratori.

LA CUSTOMER EXPERIENCE VI FA SUPERARE LA CRISI

È stato dimostrato che offrire una Customer Experience superiore ai propri clienti conduce a innalzare la frequenza d’acquisto, il suo valore medio, la fedeltà del cliente e l’attrazione di investimenti.

 

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E-COMMERCE, FOTO E INDICI DI CONVERSIONE

Vendere tramite e-commerce è diventato determinante e importante per le aziende. Sia perché si tratta di un canale di vendita che permette di raggiungere velocemente ed economicamente le parti più lontane del pianeta (nel mondo, sono più di un miliardo gli acquirenti online), sia perché permette di ottenere informazioni e profilazioni dei nostri clienti che consentono di ottenere vantaggi strategici e operativi non indifferenti.

Sono tante le proposte di canali e-commerce che un e-shopper può trovare sul web e i vantaggi competitivi di uno rispetto a un altro si sviluppano in termini di qualità delle immagini, velocità di spedizione e, evidentemente, portata pubblicitaria della piattaforma.

Infinita Group e le immagini di prodotto
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La qualità delle immagini è sicuramente il tema più dibattuto oggigiorno: un acquirente online può essere trattenuto dal finalizzare l’acquisto perché non convinto che l’immagine proposta non sia fedele al prodotto. In fondo, è meglio provarlo, toccarlo, misurarlo… Oggi la tecnologia permette in un solo colpo di supportare le aziende nella creazione di immagini di altissima qualità a basso costo e di offrire all’e-shopper un’anteprima decisamente realistica e convincente del prodotto che vuole acquistare.

Lo sa bene Infinita Group, innovativo progetto di e-commerce totalmente dedicato ai prodotti Made in Italy, che si è già attrezzata in questo senso per offrire ai propri clienti un’ “e-customer experience” superiore e foto bellissime.

Si tratta di un macchinario di fattura Made in Italy, a oggi esistente sul mercato in solo poche unità, creato, da una parte, per ottimizzare e facilitare le imprese italiane nella diffusione dei loro prodotti e, dall’altra, per appagare persino il cliente più difficile e insoddisfatto d’Europa, quello italiano (leggi qui).

Un sistema quasi totalmente automatizzato permette di scattare fino a 24 foto di altissima qualità al minuto, riprendendo a 360° il prodotto che finalmente potrà essere visto, studiato e valutato dal cliente della piattaforma da ogni angolazione. Ma non solo, il processo di postproduzione è automatico e consente la celere correzione delle immagini e il diretto e istantaneo inserimento dell’immagine finalizzata sulla piattaforma, pronta per fare l’occhiolino a nuovi clienti.

macchinario

Si tratta, evidentemente, di un’apparecchiatura in grado di favorire le imprese, offrendo loro velocità, qualità, automatizzazione, a costi davvero competitivi, ma, soprattutto, in grado di contribuire significativamente a una “e-customer experience” superiore per l’e-shopper.

Una convincente “e-customer experience”, infatti, deve rispondere davvero alle esigenze e ai bisogni dell’acquirente online: deve essere facile e piacevole, elementi fondamentali per i famosi indici di conversione in acquisti delle pagine e-commerce visitate. La qualità delle foto è direttamente correlata ai fattori di valutazione della ”e-customer experience” da parte del cliente e quindi risulta decisiva alla finalizzazione dell’acquisto.

Per maggiori informazioni: info@italiancustomerintelligence.it

L’E-CUSTOMER EXPERIENCE PASSA PER LO SHOOTING

Nel mondo ci sono 7 miliardi e 200 milioni di persone. Di queste, più di un terzo sono abituali utenti di internet e sono ben 1 miliardo e 200 milioni gli  e-shopper, ossia coloro che comprano prodotti online. Usa, Cina e Gran Bretagna si spartiscono il 57% delle vendite B2C mondiali.

In Europa ci sono 816 milioni di persone. Di queste, più di due terzi sono abituali utenti di internet e sono ben 264 milioni gli e-shopper. Gran Bretagna, Germania e Francia si spartiscono il 61% delle vendite B2C europee.

E-shopper: chi è e come si comporta

Ma quali sono le caratteristiche di questo e-shopper? E in che modo è possibile attrarlo e farlo ritornare sulla nostra piattaforma? L’e-shopper di oggi è estremamente evoluto, è un consumatore in grado di destreggiarsi con agilità tra off-line e on-line, di attingere all’interno del web alle più disparate informazioni sul prodotto o servizio che vuole acquistare, ma, soprattutto, si aspetta di poter raggiungere in qualunque modo (smartphone, tablet o pc che sia) ciò di cui ha bisogno. E, ancor di più, è un consumatore che si aspetta di ottenere sempre lo stesso livello di servizio sui diversi canali, il migliore possibile (ricordiamoci che l’81% dei consumatori afferma di essere disposto a pagare di più per ottenere una customer experience soddisfacente, che il 70% dei consumatori non acquista più da un’azienda presso la quale non ha sperimentato una buona customer experience e che il 64% dei consumatori insoddisfatti si rivolgono ad un competitor per gli acquisti successivi).

Per attirarlo sul nostro e-commerce, quindi, è necessario che l’esperienza dell’utente sia soddisfacente, ossia che sia facile e piacevole, in tutti i touch point attraverso i quali si relaziona con la piattaforma.

Lo shooting può fare la differenza?

Una delle novità migliori in termini di “e-customer experience” è un’apparecchiatura che consente di scattare foto talmente belle e chiare dei nostri prodotti che il cliente online avrà la sensazione di poter finalmente toccare con mano anche gli “e-product”. Si tratta di un macchinario che, oltre che automatizzare, velocizzare, migliorare – e, quindi, snellire, anche economicamente – il processo di shooting, è in grado di produrre immagini così nitide che l’utente non vedrà l’ora di acquistare il prodotto ritratto, dimenticandosi dell’aspetto tattile che fino a oggi ha caratterizzato l’acquisto di prodotti di consumo.

Potendo fruire di un’immagine del prodotto a 360°, l’utente avrà modo di rendersi perfettamente conto della qualità del prodotto proposto e metterà finalmente da parte quelle titubanze che lo trattenevamo dal finalizzare l’acquisto perché non sicuro che l’immagine poi corrispondesse a realtà.

FACILE O DIFFICILE? /2

Sconti e promozioni, si sa, sono un fiore all’occhiello per molti brand che davvero offrono significativi vantaggi ai loro clienti che, non solo acquistano maggiormente, ma, trionfanti per l’affare, si trasformano in promoter del brand, innescando un passaparola virtuoso.

Specialmente quando, come in questo caso giunto in redazione, lo sconto è reale e riferito a prodotti perfetti, di qualità, rinomati e già con un buon rapporto qualità-prezzo prima dello sconto.

Ma è davvero importante che l’esperienza d’acquisto sia anche “facile” e non ci sia bisogno di una laurea in statistica o di essere dei fenomeni nei quiz per comprendere i termini dello sconto, cosa che certo non avviene con lo scontrino che ci è pervenuto.Buono Sconto

Ecco le condizioni proposte nel testo della promozione: “Per te uno sconto del 30% sui tuoi acquisti fino ad una spesa massima del doppio del primo acquisto”. L’esempio, per chiarire e semplificare, riporta calcoli con la virgola fino ai centesimi. Occorre che il cliente sviluppi questo calcolo:

[(34,90 X 2) X 30] : 100 =

[(69,80 X 30) : 100] =

(2.094 : 100) =

20,94.

Giusto! Ma vien voglia di cercare, per lo meno come primo acquisto, un capo con la cifra tonda….

Italian Customer Intelligence propone un percorso per progettare e offrire una Customer Experience che sia in linea con i criteri di facilità e piacevolezza richiesti dal cliente.

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KERRY BODINE SUGGERISCE I BUONI PROPOSITI PER IL 2015

In più occasioni, Kerry Bodine,  già Vice Presidente della Forrester Research, società di ricerca indipendente quotata al Nasdaq (Forr), e co-autrice del bestseller “Outside In”, ha ribadito che “la customer experience genera profitti se la si considera una disciplina di business”. D’altra parte, come ha ricordato anche in occasione del meeting “Outside In Telligence” organizzato da Italian Customer Intelligence dello scorso novembre, “happy customers lead to happy investors“. Ma la customer experience non è affatto un affare di poco conto: bisogna perderci tempo!

Anzi, in una “raccolta di idee per il 2015” (clicca qui per leggerla) che Kerry ha assemblato insieme a Lisa Linstrom, CEO della Doberman (www.doberman.se), “The 2015 Customer Experience Outlook“, viene sottolineato proprio che spesso gli sforzi effettuati in termini di miglioramento della customer experience sono vani a causa di una mentalità “a breve termine”.

Ecco quindi il buon proposito di Kerry per il 2015, e senz’altro un buon suggerimento per tutte le aziende che vogliono investire in modo intelligente nei loro “happy customers”:

It’s 2015: it’s time to start thinking long-term!“, è ora di pensare a lungo termine!

A PROPOSITO DI PROFITTI…

Cosa c’entra la Customer Experience con le performance? Se consideriamo gli ultimi tredici anni, chi ha investito 100 dollari sulle aziende con clienti soddisfatti, ha guadagnato 5 volte tanto!

 

(Kerry Bodine, Italian Customer Intelligence, meeting Outside In Telligence, Milano)

Quali sono i PROFITTI DELLA CUSTOMER EXPERIENCE?

Sì, puntare e investire sulla Customer Experience nell’Era del Cliente è davvero decisivo. I dati riportati da Italian Customer Intelligence durante il meeting Outside In Telligence dello scorso novembre (clicca qui per sapere di più sull’incontro) sono chiari: l’81% dei consumatori è disposto a pagare di più in cambio di una customer experience superiore, il 70% dei consumatori non acquista più presso un’azienda con la quale non ha sperimentato una customer experience soddisfacente e il 64% dei consumatori insoddisfatti si rivolgono successivamente ad un competitor.

D’altra parte, offrire una customer experience superiore ha un collegamento diretto a parametri ben precisi che definiscono un interessante ritorno economico per l’azienda: la frequenza d’acquisto, lo scontrino medio e la quotazione in borsa.

Su questa base, la Harvard Business Review riporta una ricerca che ha voluto indagare dei metodi per quantificare l’effettivo impatto della customer experience sull’andamento aziendale.

I dati della Harvard Business Review

Partendo da aziende con due modelli di revenue diversi, uno basato sulle transazioni e uno sulle iscrizioni, il criterio di analisi del ritorno è stato uno comune, valido e oggettivo per tutte le aziende: il feedback dei consumatori e la spesa futura per ogni cliente.

Le aziende “transaction-based” sono interessate a un ritorno in termini di frequenza e di spesa per visita, mentre quelle “subscription-based” sono più focalizzate sulla retention, il cross-selling e l’up-selling.

Il risultato è stato sorprendente: al netto di tutte le altre variabili che hanno, nei due casi, potuto influenzare positivamente un ritorno (come la necessità oggettiva di acquistare un determinato prodotto con una certa frequenza), è chiaro che una customer experience superiore è un fattore determinante nel generare profitti.

Nel primo caso, infatti, i clienti che hanno giudicato la loro customer experience passata ottima, hanno successivamente speso ben il 140% in più dei clienti che hanno giudicato la loro customer experience povera.

Nel secondo caso, invece, che misura il ritorno sulla base della fedeltà, si è rilevato che i clienti che hanno sperimentato una customer experience non soddisfacente hanno soltanto il 43% di probabilità di rinnovare la loro iscrizione all’anno successivo, mentre chi ha ottenuto un’ottima customer experience raggiunge il 74% di possibilità di rimanere.

Non solo: coloro che hanno dato un basso punteggio alla loro customer experience, e che hanno ugualmente rinnovato la loro iscrizione, sono rimasti per un solo anno in più. Al contrario di chi ha sperimentato una customer experience superiore che, non solo è rimasto, ma in media ha rinnovato il suo abbonamento per sei anni consecutivi.

Senza dimenticare, poi, che una customer experience superiore non solo porta a interessanti guadagni, ma riduce anche la spesa di costosi tentativi di riparare a sistematiche problematiche di clienti insoddisfatti che molto probabilmente non torneranno comunque a fare affari con la nostra azienda.

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