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L’esperienza di PATRIZIA CARACCIOLO E LA VILLE LUMIÈRE SUL DIVANO DI CASA

Patrizia CaraccioloL’intervista a Patrizia Caracciolo fa parte dell’iniziativa CX AND THE CITY

Come ha scoperto il brand e il luogo dove ha effettuato l’acquisto?

Conosco il brand da molto tempo perché è piuttosto noto in tutta Italia. L’ho acquistato in un punto vendita a Milano perché, tra tutti quelli presenti, è abbastanza vicino al mio luogo di lavoro.

Nel decidere di acquistarlo ha confrontato il prodotto con altri o lo ha scelto perché ha catturato la sua attenzione all’improvviso?

Sono partita dall’idea di acquistare un pigiama e ne cercavo uno di quella marca. Poi, una volta entrata nel negozio, ne ho provati diversi, di differenti modelli, e ho scelto quello che mi piaceva di più e che mi stava meglio.

Quale suo personale bisogno o quale desiderio il prodotto che ha acquistato prometteva di soddisfare?

La comodità: cercavo qualcosa per stare in casa e so che, tra i prodotti di quel brand, posso trovare sempre qualcosa di carino. Così è stato!

Quando e come ha usato il prodotto acquistato?

L’ho indossato la sera stessa, appena arrivata a casa, dopo aver cenato. Ormai è diventato un gesto automatico infilarmelo quando voglio trascorrere un po’ di tempo sentendomi a mio agio, magari sul divano mentre guardo la tv. La prima volta che l’ho tirato fuori dal sacchetto mi è venuto da sorridere perché mi sono ricordata delle risate scambiate con la commessa che mi ha assistito durante l’acquisto: in modo sorprendente, iniziando a discutere dei vari modelli di pigiama che stavo provando, ci siamo messe a parlare di aspetti anche intimi della nostra vita familiare e non capita spesso… quando compro, di solito, presto attenzione anche all’aspetto relazionale attraverso cui ti viene proposto un prodotto e posso dire che quell’acquisto, da questo punto di vista, è stato davvero formidabile!

Il prodotto acquistato ha soddisfatto in pieno il bisogno iniziale per cui l’aveva comprato, magari superando addirittura ogni aspettativa?

Direi di sì, corrisponde a quello che stavo cercando.

Un motivo per cui rifarebbe questo acquisto?

La comodità: l’ho già indossato parecchie volte!

Se questo pigiama fosse una città, quale sarebbe?

Ah… Parigi: il pigiama è di un rosa delicato e decorato con alcune trame di pizzo sul davanti di ispirazione romantica, proprio come la Ville Lumière.

SIX DEGREES E IL CLIENTE AL CENTRO

Six Degrees è una serie tv americana che sviluppa la sua avvincente trama della teoria sociologica dei sei gradi di separazione.

sixdegrees

Nella prima puntata vengono presentati alcuni dei protagonisti che entrano in contatto con le altre persone attraverso, appunto, relazioni che erano in comune a loro insaputa cosicché le vite di questi sconosciuti si intrecciano e si influenzano a vicenda: si tratta niente di meno che di Jay Hernandez, Erika Christensen, Hope Davis, Campbell Scott, Bridget Moynahan e Shiri Appleby.

at the "The Woodsman" Special Screening at the 2004 AFI Fest, Pacific Arclight Theatres, Hollywood, CA 11-05-06Quindi, secondo la teoria alla quale si ispira la serie, voi che leggete questo articolo siete collegati a qualsiasi altra persona del pianeta, a esempio il Presidente Obama, attraverso una catena di conoscenze, con non più di sei intermediari.

Furono tre studenti dell’Albright College in Pennsylvania a elaborare, a metà degli anni ’90, questa teoria. I tre ragazzi, sulla scorta delle dichiarazioni dell’attore Kevin Bacon (nella foto), che affermava di aver lavorato con chiunque a Hollywood, collegarono ogni attore della “creme” hollywoodiana allo stesso Bacon attraverso un numero di link che in nessun caso superava i sei!

Linkedin stesso ha optato per i sei gradi di separazione per costruire il nuovo servizio “how you’re connected”.

Ecco che, nell’ecosistema aziendale, il primo passo per mettere al centro della propria mansione il cliente e di farsi “influenzare” la vita professionale è quello di “mettere in fila” i contatti in comune col cliente: si tratta, al massimo, di sei persone!

Chi è il GRANDE ASSENTE delle nostre riunioni?

Closeup of executive writing notes during business meetingUna importante e dinamicissima azienda del fast fashion ha iniziato un bel percorso “Outside In” e, per coinvolgere tutto il proprio ecosistema nella centralità del cliente finale, ha lanciato un basket per raccogliere idee e innovazioni dai dipendenti: il tutto per offrire una customer experience superiore. Fra le oltre 200 idee proposte, vi è anche quella di inserire, nel format in uso per i verbali delle riunioni, un “item” che chiede di specificare quali argomenti trattati e quali decisioni siano state prese in favore del miglioramento dell’esperienza del cliente. Sarà così “obbligatorio”, dalle riunioni del board a quelle più operative dell’IT, della logistica o dell’amministrazione, riflettere già nel corso della riunione se il cliente è al centro di quel meeting o altro prende il sopravvento.

IMG_0114Come ha riportato Kerry Bodine al kick-off di Italian Customer Intelligence, è stato stimato che, mediamente, il 95% del contenuto delle riunioni in azienda non riguarda il cliente ma problematiche orientate all’organizzazione dell’azienda stessa. Ancor più acutamente, però, è stato osservato che anche quando il cliente è assente da discussioni e soprattutto da decisioni aziendali, in realtà si ha ugualmente un impatto indiretto sul cliente: negativo! Insomma, il grande assente delle nostre riunioni è proprio il cliente, forse impegnato a cercare alternative alla nostra impresa.

In ogni ecosistema, e quello aziendale lo è, il cambiamento anche di un solo elemento porta all’adattamento di tutti gli altri con gioia, o dolore, per il cliente.

Occorre quindi essere ben consapevoli della relazione tra ciò che il cliente vive e vede e le parti “invisibili” dell’ecosistema aziendale che le generano. Ma se è normale che il cliente non “veda” tutto l’ecosistema aziendale, non è affatto normale il contrario!

Outside In Telligence E L’ERA DEL CLIENTE

I risultati del Customer Index Report della Forrester Research, osservatorio americano indipendente quotato in Borsa (Forr), stilato per la prima volta quest’anno per l’Italia, hanno suscitato scalpore fra i partecipanti al meeting “Outside In Telligence”, svoltosi ieri nella pittoresca cornice del Centro Congressi del Palazzo delle Stelline.

Secondo l’indagine, effettuata su un campione di migliaia di consumatori italiani, delle 31 aziende con le quali essi si interfacciano più spesso nel loro quotidiano, la metà offrono ai loro clienti una customer experience “molto povera”. Nessuna azienda offre una customer experience “eccellente”, e soltanto una (per altro non un’azienda italiana, ma la branch italiana di un’azienda internazionale) offre una “buona” customer experience.Slide

Kerry Bodine, intervenuta all’incontro promosso da Italian Customer Intelligence, ha messo sull’attenti i partecipanti che numerosi sono accorsi al meeting: professionisti rappresentanti di prestigiosi brand del Made in Italy. Passate l’era della produzione, quella della distribuzione e quella dell’informazione, siamo ormai approdati definitivamente (e la ricerca della Forrester ne è la dimostrazione) all’era del Cliente, l’era in cui il cliente ha davvero grande potere di scelta, possibilità di comparazione e tendenza al tradimento del brand al quale era fedele da anni.

mariosalaEcco quindi l’avvertimento di Mario Sala, partner di Praxis Management, promotore dell’incontro e del brand Italian Customer Intelligence: in tempi di crisi, chi non solo sopravvive, ma decolla, è chi ri-conosce il proprio cliente, offrendogli davvero una customer experience superiore. I dati parlano chiaro, e Kerry li mostra: l’81% dei consumatori è disposto a pagare di più per ottenere una customer experience migliore. Ma non solo, il 70% dei consumatori non acquista più prodotti o servizi da una azienda con la quale hanno sperimentato una customer experience non soddisfacente, e il 64%, di conseguenza, si rivolge a un competitor per gli acquisti successivi.

Ma le notizie cattive sono finite: un modo efficace per offrire una customer experience degna dei nostri clienti c’è. E Kerry Bodine ci dà qualche incoraggiante suggerimento che vi sveleremo nei prossimi giorni. Seguite tutti gli aggiornamenti attraverso l’hashtag #outsideintelligence!

CX and the city

Che si tratti di un gioiello, un pezzo unico d’arredo, una vacanza o una T-shirt, nell’esperienza che precede e che segue a un acquisto, giace nascosto un vero e proprio tesoro: CX and the city vuole scoprirlo e raccontarlo.

TCDSEAN EC036Ogni nostro acquisto, infatti, svela al mondo qualcosa di noi di davvero personale: giudizi, scelte, sentimenti, pensieri ed emozioni. È proprio questo il tesoro che fa gola a ogni azienda che vuole trasformare in dati e contenuti preziosissimi queste informazioni e questi racconti perché, nell’era del cliente, è la Customer Experience l‘unico vero giudice che determina la fedeltà della relazione al brand. E la fedeltà è un bene “economicamente“ decisivo perchè determina la frequenza d’acquisto, il suo valore medio, finendo con l’influenzare, alla fine di una complessa catena, perfino le quotazioni in borsa: si tratta di miliardi di dollari e di milioni di posti di lavoro!

NEWYORK DENTROIl problema è che autorevoli ricerche avvertono che la cliente italiana è stata anticipatrice, ed è tutt’ora massima espressione, della tendenza planetaria all’infedeltà al proprio brand, facendo anzi di questa “libertà dai legami“ un tratto distintivo e divertente del proprio profilo. Proprio come Miranda, Charlotte, Samantha e Carrie di Sex and the City con le loro altalenanti situazioni sentimentali vissute in simbiosi con la quinta protagonista della fortunata serie: la city, che con le sue molteplici offerte diventa attrice influente anche della nostra customer experience.

CX and the city è quindi un divertissement – “scientifico “.

È un divertissment perché si tratta di un‘intervista divertente alla scoperta dell’esperienza che, personaggi in vista (ovvero influencer nel loro ambiente), hanno realmente vissuto quando hanno scoperto un brand, valutato, comprato qualcosa di recente e poi “ vissuto “ il loro acquisto.

Scientifico perché le domande poste tengono conto di ricerche durate quindici anni osservando le pratiche di conoscenza del cliente di brand che hanno saputo offrire una customer experience decisamente superiore.

media interviewInsomma, CX and the city è una intervista che ogni azienda dovrebbe fare a ciascun suo cliente, perché, come dice Kerry Bodine, forse oggi la più autorevole studiosa di questi temi, ”ciò che pensate di sapere sul cliente è probabilmente sbagliato, pensare di sapere cosa vogliono è rischioso. Sapere cosa vogliono permette di cambiare in meglio la customer experience”. Certo, conoscere ogni cliente come fosse il protagonista delle nostre interviste è impossibile. Impossibile e indispensabile.

Italian Customer Intelligence c’è per questo!

Contact Centre Canada Summit 2014: IL FUTURO DEI CONTACT CENTER

A Toronto, dal 2 al 5 dicembre, si terrà la decima edizione del Contact Centre Canada Summit, uno tra gli eventi più significativi in ambito internazionale sulle tematiche legate ai “contact center”, “customer service” e “customer care”. Al summit saranno presenti i più importanti responsabili dei customer service di tutto il mondo. Mancano ormai solo poche settimane all’evento e sul sito dell’organizzazione che promuove questa iniziativa è possibile trovare alcune slide che danno qualche anticipazione sui temi e contenuti che verranno trattati quest’anno.

Le aspettative dei consumatori del futuro

Una di queste è intitolata “The Contact Center of the Future”. Questo studio si sofferma a presentare quali sono le aspettative dei consumatori nei confronti dei Contact Center del prossimo futuro. Vengono riassunte in sei punti con una postilla finale.

Contact us background1. Disponibilità 24 ore su 24 per 365 giorni all’anno

2. Operatori competenti

3. Risposte veloci alle richieste di assistenza

4. Raggiungere un operatore semplicemente premendo un numero della tastiera

5. Possibilità di essere richiamati

6. Conoscere il reale tempo di attesa

Inoltre i consumatori si aspettano di trovare “consistency” e “personalization” in tutti i canali che hanno a disposizione per entrare in contatto con il servizio assistenza dell’azienda.  Sono quindi questi gli aspetti su cui le aziende dovranno lavorare se vorranno essere customer-oriented oltre che continuare a offrire una customer experience superiore.

Proprio per scoprire come imparare a conoscere le esigenze dei clienti, il prossimo 20 novembre, Italia Customer Intelligence ha invitato a Milano Kerry Bodine, autrice del bestseller Outside In e massima esperta di customer experience.

Per saperne di più e partecipare all’evento scrivi a info@italiancustomerintelligence.it

NET PROMOTER SCORE E I SERVIZI D’ASSISTENZA AL CLIENTE

Il Net Promoter Score si sta sempre più affermando come indice internazionalmente riconosciuto del “tasso” di passaparola del proprio brand. Inoltre il conoscere i propri promoter (e avere il loro indirizzo mail!), è il primo passo per progettare e offrire una customer experience superiore in ogni tappa del viaggio del cliente. Ascoltando in presa diretta i  “fanatici” del proprio brand infatti, si può raggiungere una credibile certezza su bisogni, desideri e giudizi sulla facilità di interazione e sulla piacevolezza dell’esperienza di chi, essendo appunto affezionato, conosce molto bene il brand ed è quindi, anche in eventuali critiche, assai affidabile.

Punto cruciale: i centri di assistenza

newe13.11dentroUna rigorosa ricerca del IQ Center ha documentato come i centri di assistenza al cliente siano in grado di influenzare fino al 45% del punteggio Net Promoter Score, quindi, dell’indice di passaparola e, indirettamente, di fedeltà al brand. Quando il cliente chiede assistenza è quindi uno dei momenti nei quali si può offrire una esperienza che lo conquisti completamente e inneschi una spinta positiva del passaparola. Viceversa può essere un’esperienza disastrosa e far passare un cliente da promoter a detractor in un lampo.

In particolare la ricerca ha evidenziato come il cliente che chiede assistenza – in genere – valuta la sua esperienza in base a tre fattori:

  • velocità con la quale si risolve il suo problema
  • personalizzazione della relazione
  • competenza dell’operatore

Questi dati corrispondono adeguatamente anche con l’esperienza di P.I.N. (Praxis Intelligence Network) nella rilevazione del Net Promoter Score di aziende italiane che sviluppano questo primo passo per offrire una customer experience superiore.

Gloria Guidi: QUANDO I CLIENTI SI RISCOPRONO IMPRENDITORI

La storia di Gloria Guidi inizia 5 anni fa, quando scopre di essere celiaca, patologia che la obbliga a fare una dieta con prodotti senza glutine. I supermercati italiani, che non sono ancora sufficientemente forniti di questo genere di alimenti, la “costringevano” a far la spesa in farmacia. Finché non ha scoperto “La favola senza glutine”, un negozio di Forlì dedicato interamente a chi necessita di prodotti senza glutine.

Grocery storeEsempio di customer experience senza glutine

«Finalmente potevo fare la spesa tra gli scaffali pieni di alimenti e non di medicinali», racconta Gloria.

Nel negozio di Forlì ha trovato una scelta davvero varia ed eterogenea di articoli, oltre che un titolare disponibile e paziente nel suggerire i prodotti migliori e le ricette con cui cucinarli. Inoltre “La favola senza glutine” è diventato nel tempo anche un punto di incontro per tutti coloro che soffrono di celiachia.

Questo piccolo negozio mette indubbiamente i suoi clienti al centro, cercando di garantire loro un’ottima customer experience. E sembra proprio aver molto bene in mente quella che la Forrester Research presenta nel libro Outside In come la piramide della customer experience, ovvero i tre criteri con i quali i clienti giudicano la propria esperienza:

  • riposta alle esigenze
  • facilità
  • piacevolezza

Gloria e La favola senza glutine a Ravenna

«Ho capito così che anche io volevo gestire un negozio come quello, per dare l’opportunità a sempre più persone di ritrovare la serenità e la tranquillità nel fare la spesa senza glutine», spiega Gloria. E così succede che il cliente più assiduo, più affezionato e soddisfatto del servizio offerto diventi egli stesso imprenditore di quello stesso servizio.

Infatti, sabato 8 novembre, Gloria Guidi aprirà il secondo punto vendita de La favola senza glutine a Ravenna.

Ci sono clienti che riescono a immedesimarsi così bene in quelle che sono le esigenze e i bisogni dei consumatori di oggi che quasi naturalmente sono spinti a “mettersi in proprio” e iniziare una nuova avventura imprenditoriale che sia “customer-centric”.

Il prossimo 20 novembre, Italian Customer Intelligence ha invitato a Milano Kerry Bodine per un’importante meeting che ha a tema proprio la customer experience.

Per saperne di più e partecipare all’evento scrivi a info@italiancustomerintelligence.it

ITALIAN SOUNDING: IL BAROLLO NON È BAROLO

Parmigiano falsoSi chiama “Italian Sounding” ed è un fenomeno che ha preso piede negli Stati Uniti e che si sta espandendo anche oltre confine. Si tratta dell’utilizzo di denominazioni geografiche, immagini e marchi che evocano l’Italia per promozionare e commercializzare prodotti che di fatto non sono riconducibili al Bel Paese. Prodotti con un “sapore” italiano, dal nome italianeggiante e con il tricolore sbandierato sul packaging invadono i supermercati internazionali, rubando grosse fette di mercato al vero Made in Italy. Solo negli Stati Uniti il volume di prodotti “Italian Sounding” venduti è di 24 miliardi di dollari). Il Parmigiano, per esempio, si trasforma magicamente in Parmesan negli Stati Uniti, Parmesao in Brasile o Regianito in Argentina. Prodotti che – per qualità e sapore – non hanno niente a che vedere con il nostro Parmigiano Reggiano.

Wine: "Barolo Italia" CorkA fronte di questa generale “confusione” in merito a cosa sia davvero “italiano doc”, il nostro settore agroalimentare segna percentuali di export sempre molto interessanti. Segno che moltissimi consumatori stranieri riconoscono e preferiscono ancora l’italianità genuina dei nostri prodotti. In particolare, il settore vitivinicolo, nonostante la concorrenza di diversi Paesi oltreconfine, negli ultimi anni registra trend sempre positivi nella crescita delle sue esportazioni. Il vino italiano da sempre va a imbandire le tavole straniere, soprattutto quelle degli americani, che si classificano i primi consumatori di vino. Solo qualche dato: nel 2012 il 30% delle importazioni statunitensi di vino provenivano dall’Italia. L’anno successivo la percentuale è aumentata e l’Italia è diventato il top provider di vino in Nord America. E ancora, nel 2014 gli Stati Uniti prelevano da soli ben il 20% dell’esportazione vinicola italiana.

È il momento giusto, quindi, che il nostro Barolo tolga spazio sugli scaffali al Barollo, che il Valpolicella venga scelto invece del suo “concorrente” Vinoncella e che il Monticino venga riconosciuto come storpiatura del molto più buono Brunello di Montalcino.

È il momento giusto per ribadire il true italian e verificare la possibilità di portare oltreoceano il nostro prodotto.

Italian Customer Intelligence, tramite Instant Market, propone un servizio rapido ed efficace per conoscere le prospettive potenziali della tua azienda negli States insieme a esperti e professionisti nel settore del food & wine disponibili a rispondere a precisi quesiti strategici e commerciali.

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I BIG DATA AIUTANO A “METTERE IL CLIENTE AL CENTRO”

Siti, social network, blog e forum costituiscono un pozzo senza fondo dal quale poter ricavare dati e informazioni che le aziende possono utilizzare per conoscere meglio le aspettative, i gusti e i desideri dei propri clienti. In sostanza i Big Data non sono altro che un’enorme massa di notizie ricavate dalle interazioni e dalle visite che i propri clienti compiono nei portali sopracitati.

Blond woman coming out of clothes shopQuest’opportunità, se ben impiegata, è quindi in grado di offrire innumerevoli vantaggi a chi sceglie di farne uso. Già, perché sono ancora in molti a non sfruttare quest’opportunità. Qualche settimana fa, Il Sole 24 Ore ha organizzato a Milano due importanti incontri proprio su questo tema: Big Data Forum e Digital Customer Experience Forum. Al termine dei lavori due dati hanno maggiormente colpito i presenti in sala: la metà delle imprese europee non avrebbe ancora adottato soluzioni di questo genere, a cui andrebbe sommato un altro 15% di aziende che non sa di cosa di che si tratta quando viene citata la parola Big data.

C’è una formula, il paradigma delle 4V, che riassume l’impatto dei Big Data sulle aziende:

  • Volume (la quantità di dati raccolta può essere davvero spaventosa)
  • Varietà (i dati raccolti spaziano da file audio, video, fotografici oltre che testuali)
  • Velocità (è brevissimo il tempo con cui vengono raccolti i dati)
  • Valore (occorre saper individuare i dati più significativi rispetto agli altri)

Sono proprio queste peculiarità – e quindi i vantaggi che ne derivano – a spingere le aziende a utilizzare queste immense raccolte dati. Per esempio, eBay ha 20 statistici che lavorano full time su queste informazioni con lo scopo di poter offrire ai loro clienti servizi e prodotti sempre più profilati. Ma alla profilazione del cliente si possono aggiungere anche altri vantaggi. È possibile infatti scoprire nuovi flussi di entrate ed elaborare nuovi approcci originali per incrementare la produttività e ridurre i costi.

Siamo nella “era” del cliente, e conoscere maggiormente i propri consumatori, oltre che adottare uno sguardo outside in, rappresenta un obiettivo di primaria importanza. Per approfondire questo tema e scoprire tutte le novità a riguardo, il prossimo 20 novembre, Italian Customer Intelligence ha invitato a Milano Kerry Bodine, esperta mondiale di customer experience.

Per saperne di più e partecipare all’evento scrivi a info@italiancustomerintelligence.it 

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