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IL FALLIMENTO E L’ENTUSIASMO: CONTEMPORANEI STRUMENTI PER IL SUCCESSO

Alessandra Carrozza, founder e ceo di Whitebraind, conclude con un racconto davvero sorprendente il libro “Si cresce solo per entusiasmo”, per il quale ha cercato in tutto il mondo immagini suggestive ed evocative del percorso proposto.

Los Angeles, in una strada secondaria della Hollywood Boulevard, dove tutti sono occupati a passeggiare fra le stelle del Cinema, una decina di anni fa ho incontrato lo sguardo di un uomo che chiedeva l’elemosina.
Siamo soliti, in questa circostanza, percepire un susseguirsi di emozioni che vanno dalla rabbia, al dolore, al senso di colpa, al rancore, alla tristezza, all’amarezza, al fastidio.
Verso il mondo, verso la società, verso noi stessi, verso la persona che in quel momento ci fa sentire a disagio, perchè la nostra vita è diversa dalla sua.
Ma quel giorno, quell’uomo, mi ha fatto provare qualcosa di inatteso. Attraverso un gesto semplice mi ha donato un senso di condivisione, di appartenenza, di desiderio di farcela, di accettazione delle difficoltà della vita, della possibilità di sbagliare, della possibilità di ricominciare.
Quell’uomo, simbolo del fallimento, mi ha trasmesso entusiasmo.
Il fallimento e l’entusiasmo sono due contemporanei e complessi strumenti per il successo. È nel 2012 che nasce in Messico il movimento delle “Fuck up night” grazie al desiderio di alcuni giovani imprenditori di ribaltare l’interpretazione negativa del termine fallimento e diffondere l’idea che il fallimento sia uno strumento di apprendimento utile per evolvere.
D’altronde, ce lo hanno sempre detto, sbagliando si impara. Ma quanto il timore di fallire ci rende poco intraprendenti, timorosi, privi di coraggio.


E quanto l’entusiasmo al contrario favorisce la motivazione, la perseveranza, il coraggio.


L’entusiasmo sviluppa agilità emotiva, il cervello ha necessità di entusiasmarsi per alimentare lo stress positivo che limita la demotivazione. L’entusiasta sa che su dieci iniziative dieci falliscono, ma è creatore di possibilità e non si
ferma perché non vede il problema come un ostacolo, ma come una tappa fondamentale dell’apprendimento.
Chiediamoci dunque più spesso, dopo aver letto questo libro, quanto siamo capaci di entusiasmarci nelle nostre imprese e quanto ci limitiamo per timore di fallire.
Ringrazio Mario che mi ha regalato l’entusiasmo per scovare le immagini che ho selezionato per questo testo. Ho immaginato questo libro come uno spazio di edutainment, dove apprendere e riflettere con piacevolezza. Dove ogni riflessione è introdotta da una stanza vuota in cui soffermarsi ad osservare una fotografia che stimola e accompagna la lettura del testo al quale è associata.
Grazie al lettore che si è lasciato ispirare e ha dedicato il suo prezioso tempo all’esplorazione di un tema così controverso.


Questo libro è come quella foto, incolla, supporta, conforta, fa venir voglia di agire.
Mi piace pensare che quell’uomo ce l’abbia fatta a ricominciare.
E ogni mattina, quando esco, guardo la foto nel mio ingresso e sorrido.
Come dice Mario, la vita è una impresa che non fallisce ma fiorisce.

 

E’ possibile acquistare il libro in formato cartaceo e in formato digitale ed e-book.

 

P.H. Credits – Copertina: Alessandra Carrozza, Los Angeles, Apple IPhone 7plus

LA TECNOLOGIA CHE RENDE IL PASSATO PRESENTE

Luci e droni ci riportano lo splendore del passato e l’essenza del presente.

 

La tecnologia può rendere il passato presente e riportare alla luce la potenza e lo splendore dei monumenti del passato? 

Qualcuno forse se l’è chiesto più di una volta, e qualcuno ha provato anche a rispondere in maniera pratica, realizzando disegni, rendering, studi, progetti…

Ma fino ad ora nessuno si era immaginato che la luce potesse essere la chiave di volta per riportare al presente il passato.

Nessun “profano” fino ad ora poteva immaginare che potesse esistere un sistema di piccolissimi droni che attraverso una maestrale regia facessero rivivere edifici antichi, come il Colosseo, con un gioco di luci incredibile.

E’ quello che sta facendo lo Studio Drift insieme a un team di scienziati: profilare il contorno di alcuni monumenti attraverso migliaia di droni in cielo che riflettono luce.

«Ricostruire un’opera con la luce è il nostro modo per mettere in dialogo passato e presente. Il nostro mondo frenetico non sa più apprezzare le manifatture che hanno reso immense le nostre città: Drift riporta un faro su dettagli che meritano un’attenzione speciale».

Un punto di luce uno a fianco all’altro e risorgono il Colosseo di Roma, la cattedrale di Notre-Dame a Parigi, distrutta dal fuoco pochi anni fa e la Sagrada Familia a Barcellona, rimasta incompiuta ancora dalla morte del suo architetto Gaudì.

Rendering dello studio Drift

E così non solo la luce fa riemergere dalle tenebre del buio il profilo di ciò che era ma ci fa ri-stupire e ri-immedesimare nell’origine della nostra cultura ri-portandoci all’ essere delle cose presenti.

Cosa c’è di più importante se non riprendere continuamente coscienza di sé per ripartire con più forza e determinazione nel presente?

Grazie Studio Drift per farci ristupire della magnificenza che è l’uomo.

IO STO CON GERRY!

L’innovazione di oggi è la tradizione di domani.

Non trovo un milanista – ma so che ci sono, seppur sottocoperta in questi giorni – disposto a spezzare una lancia in favore di Gerry Cardinale, da un anno appena presidente del Milan.

Lui vuole portare un nuovo metodo di gestione non solo della società ma anche – starebbe qui la lesa maestà – nell’area sportiva.

Una pessima caricatura del suo credo sostiene che Gerry vorrebbe affidarsi ad algoritmi e statistiche per costruire la squadra e decidere gli acquisti del calcio – mercato, l’evento estivo che appassiona milioni di tifosi nell’unico mese senza calcio “giocato”. L’aspetto pessimo della caricatura sta nel sottolineare una falsità, ovvero che tale metodo “scientifico” equivarrebbe alla decisione di escludere il fattore umano nella scelta dei giocatori generalmente affidati a esperti allenatori o ex campioni leggendari dotati di “occhio clinico”, “intuizione” ed “esperienza” che il metodo (l’hanno addirittura chiamato robot!) escluderebbe e sostituirebbe!

I riferimenti a questo metodo, utilizzato dalle migliori rappresentative di baseball (e non solo) americane (e addirittura diventate film da Oscar per i loro successi) non farebbero altro – per i detrattori – che certificare la sua inapplicabilità con la più banale delle obiezioni (“L’ America non è l’Italia e il calcio non è il baseball e quindi Gerry non può capirci nulla perché solo “noi” siamo abilitati a comprendere, conoscere e decidere).

A nulla varrebbe l’evidenza di come tale metodo sia con successo applicato nel più ambìto calcio europeo, quello inglese, e che alcuni calciatori (come l’attuale fortissimo centrocampista del Manchester City, De Bruyne clicca qui) utilizzano in proprio KPI che descrivono le loro prestazioni per negoziare di persona contratti con le squadre senza (altra grande innovazione!) l’assistenza dei tanto odiati dai tifosi mediatori – procuratori.

Il metodo scientifico tanto contestato non fa affatto a meno dell’esperienza e dell’intuizione dell’uomo ma – solo – lo fa partire da un livello assai più alto in quanto informato di dati oggettivi e confrontabili fra loro e che conducono a una platea di scelta più ampia e ad una visione d’insieme del “mercato” e non solo del proprio (inevitabilmente limitato seppur geniale) punto di osservazione.

E la visione d’ insieme evita davvero tanti tanti errori.

Questo filmato famoso del “The Guardian” mostra proprio come non avere una visione d’insieme conduce a una interpretazione della realtà non solo parziale ma proprio fuorviante.

E tanti errori nella scelta di atleti provengono proprio dalla mancanza di visione d’insieme e di dati confrontabili!

Insomma, se vogliamo andare lontano e molto in alto, è meglio che l’energia umana parta da dove la funivia arriva senza disperdere forza nel sobbarcarsi a piedi i primi 1000 metri di dislivello se c’è la possibilità di un mezzo di trasporto, proprio come sono i dati, le statistiche e gli “analytics” tanto contestati.

Vi è anche da far notare a coloro che gridano a Gerry in quanto calpesterebbe e non rispetterebbe la tradizione del glorioso Milan (chi scrive è uno sfegatato abbonato da oltre venti anni!!) che l’innovazione di oggi è la tradizione di domani.

La strepitosa tradizione del Milan, da Nereo Rocco ad Arrigo Sacchi, è sempre stata frutto di innovazione.

Anzi, senza innovazione nessuna tradizione va avanti ed è buona per i libri di storia ma non per il giornale che leggiamo tutti i giorni e nel quale noi milanisti vogliamo fortemente rimanere!

(Ricordo benissimo quando, appena arrivato Berlusconi e non rinnovato il contratto al grande Liedholm, ci fu una levata di scudi di chi contestava il credo del Presidente di voler portare una logica aziendale nella gestione del club e nella scelta dello sconosciuto Arrigo Sacchi. “Berlusconi? Il Milan non è una azienda e cosa ne capisce uno che al massimo ha fatto l’allenatore dell’Edilnord, la squadretta aziendale?” era la frase più gettonata riferito a quello che sarebbe diventato il Presidente più vincente di sempre).

Certamente il metodo utilizzato predispone a decisioni più collegiali in quanto, anche di fronte al “dato”, è importante il punto di osservazione dal quale lo si guarda e le diverse idee e opzioni di scelta che ne derivano.

Addirittura Linda Hill (inserita da anni fra i 30 migliori thinkers degli USA) ha trovato questo metodo, che ha poi battezzato del “genio collettivo”, fra le imprese che nel mondo hanno dimostrato di saper cambiare e innovare in continuazione inaugurando o rinnovando tradizioni spettacolose.

Ma forse anche Linda Hill, siccome è americana e non sa delle volate di Theo o delle girate di Giroud, non può essere ascoltata!

Davanti a un cambiamento significativo proposto con decisione, autorevoli studiosi, hanno documentato quali sono le fasi che occorre vivere per attuarlo davvero e con successo:

  • la prima è l’incredulità (nelle prime ore dall’annuncio di questi cambiamenti molti hanno addirittura pensato a una fake news);
  • la seconda fase è la “minimizzazione” (ma che novità sarebbe? I “dati” li utilizziamo già…);
  • la terza è l’aperta contestazione con obiezioni e ragioni valide e non solo “di pancia”;
  • la quarta è la prova del metodo e della sua validità ma sperimentato nell’ipotesi che porti valore (e non boicottandolo!) e finalmente poi arriva la fase del successo!

Alcuni, nell’ incedere di queste fasi scendono dalla barca e si attestano sulla riva del fiume.

Io no! L’innovazione di oggi è la tradizione (che vogliamo vada avanti) di domani.

Forza Milan!

(e forza Gerry, Furlani, Moncada…)

 

NEW YORK: IL NEGOZIO DI BICI PIU’ PICCOLO DEL MONDO

20 secondi per rendere la vita in città più comoda e divertente

La Brompton è una delle più rinomate marche di biciclette, nata nel 1975 dall’idea di Andrew Ritchie, un giovane ingegnere londinese che voleva trovare il modo di muoversi in città in piena autonomia e libertà.

La caratteristica principale della bicicletta Brompton è quella che fin da subito è stata progettata in maniera tale da essere piegata in 3 parti (tra l’altro in meno di 20 secondi!), proprio per permettere una facilità di utilizzo e trasporto mai vista: può essere portata con facilità nella calca della metro, può essere riposta nel bagagliaio dell’auto, ed anche piegata per occupare poco spazio nei box, nelle cantine o ancora in casa.

Inoltre, ogni Brompton è costruita e saldata con brasatura dalle mani sapienti di esperti artigiani, che vengono formati presso la fabbrica madre con un percorso di 18 mesi: il che rende ogni bicicletta unica e resistente.

La Brompton ne ha fatta di strada: da quel piccolo laboratorio di South Kensington oggi è presente in 40 nazionalità e conta più di 800 dipendenti.

Nel 2016 la Brompton ha brevettato anche il suo primo motore elettrico apportando così un cambiamento significativo e precursore nella mobilità elettrica.

Ma la curiosità che da qualche giorno mobilita gli appassionati Brompton è proprio quella della nuova apertura a New York di un negozietto che ben esprime la brand promise dell’azienda: rendere la vita in città più comoda e divertente.

Due le caratteristiche principali: innanzitutto il nuovo negozio è piccolissimo, e questo testimonia ancora una volta che basta pochissimo spazio per posizionare la bicicletta (tra l’altro, i clienti lo hanno subito soprannominato “il negozio di biciclette più piccolo del mondo”); in secondo luogo offre un’esperienza nuova grazie a uno schermo digitale, che si trova all’interno del locale, attraverso il quale i visitatori possono esplorare, guidando una Brompton, il lungomare di Brooklyn o sfrecciare tra gli edifici di Manhattan.

Un’esperienza divertente che riflette la mission dell’azienda e che promuove una mobilità agile, comoda e “compatta”.

QUOTE BY HUBSPOT

 

“If you’re just doing your job you’re not doing your job”.

Grande verità trovata nella Culture of Deck di HubSpot, l’azienda statunitense che ha sede a Cambridge, nel Massachusetts, e che ha quasi 2000 dipendenti grazie allo sviluppo di una piattaforma di Business Automation che ha conquistato i clienti di tutto il mondo.

 

“LA DIVIN RICETTA”

La cultura del cliente in cucina!

Non molto tempo fa lessi un articolo che diceva “ogni paese è come un brand e l’Italia è uno dei brand più importanti al mondo”.

Grazie al progetto “la Divin Ricetta” di Grana Padano quella frase mi è tornata alla mente e, solo oggi, sono riuscita a coglierne l’essenza profonda.

“La Divin Ricetta” è il progetto attraverso cui, l’azienda produttrice di una delle eccellenze culinarie più ricercate del nostro paese, ha voluto celebrare i 700 anni dalla morte del “padre della cultura italiana”, Dante Alighieri.

Si tratta di una miniserie di video che, sulle note di un jingle e di una voce narrante, racconta in terzine dantesche (quasi fossero delle vere e proprie poesie) le ricette di alcuni piatti cardine della cucina italiana, in cui il grana non può mancare.

Attraverso un amalgama di cultura e cucina Made in Italy, questi contenuti multimediali sono in grado di far risaltare, in un modo tutto nuovo, non solo Dante e il Grana Padano, ma la cultura del popolo italiano!

Cultura, si, perché anche il food fa parte della cultura di un popolo, tuttalpiù quando si parla dell’Italia!

Grazie a questi mini-video Grana padano ha trovato una modalità originale per raccontarsi un po’ a tutti: grandi, piccoli, mamme, studenti… e soprattutto ad emozionare, toccando corde del nostro vissuto che ci appartengono e ad esaltare le radici più profonde non di un semplice prodotto, ma di tutti coloro che quotidianamente lo portano sulle loro tavole!

Insomma, sarà per le note dantesche che ognuno di noi ha sentito riecheggiare almeno una volta sui banchi di scuola, o per il jingle di sottofondo e la voce narrante che rimanda ai cantastorie di tempi assai lontani, o semplicemente per la presentazione di piatti che fanno parte della nostra quotidianità… qualunque sia la ragione, dopo aver visto i video l’unica cosa che vien da fare è mettersi ai fornelli e preparare un delizioso piatto del Brand Italia, che abbia come protagonista il Grana Padano! 

 

CREDO IN TE!

La voglia di investire in brand con i nostri stessi valori.

La nostra società è decisamente più attenta alle necessità e ai diritti di tutti. Si percepisce un crescente desiderio di celebrare le diverse sfumature dell’essere umano. Il mondo è fatto da un’infinità di colori, perché rappresentarne solo una parte?

Non è certo un segreto che i consumatori di oggi tendano molto di più a orientare i propri acquisti verso brand che rispecchino i propri valori e il proprio aspetto fisico.

Acquistare un determinato prodotto, ormai non è più solo per mera necessità. Il desiderio nasce dalla voglia di sentirsi appartenente a un determinato gruppo. Ma che accade se i tuoi brand dei sogni non fanno altro che escluderti?

Un po’ come se fosse una persona altezzosa, i brand a volte sembrano suggerirti “Non fai per i nostri prodotti”. Questo perché non si guarda al di là del solo aspetto esteriore. Non basta un bella estetica a vendere un brand, o almeno non oggi.

Ma come fanno a farti sentire escluso?

Nei modi più disparati. A partire dalle pubblicità, magari con soli modelli bianchi, oppure dal sito web con solo modelli molto alti e magri. Facendoci magari sentire “sbagliati” perché lontani esteticamente da quanto da loro proposto a modello.

Per questo motivo, ho sempre avuto il piacere di navigare in siti web come ASOS, nel quale sono presenti modelli in tutte le taglie, con smagliature in evidenza e tatuaggi. Una boccata di libertà!

Ma non è l’unica che in ambito moda si sta adattando a questa nuova necessità. Tra tutti si ricorda anche Zara, la più grande catena del fast fashion. Dopo le critiche ricevute nel 2017 per una campagna curvy, in cui venivano proposte modelle ancora troppo magre, sembra che il colosso si sia reso conto di dover cambiare. Di qui la scelta di assumere Jill Kortleve, modella di 25 anni scelta come prima testimonial curvy.

A confermare questa teoria Sonia Thompson Media Group, un’esperta Customer Experience Strategist. In un’intervista per Forbes afferma che, “per le persone è oggi prioritario spendere i propri soldi a supporto di brand che promuovono valori in cui credono davvero”.

Ritengo che un brand, soprattutto nell’ambito moda, possa fare molto anche per aiutare il diffondersi di messaggi importanti che possano evitare, o perlomeno non incitare, il diffondersi di disturbi alimentari o la cattiva percezione del proprio corpo. Si tratta di una grande responsabilità sociale, soprattutto per i brand che hanno come target i ragazzi più giovani.

QUAL È IL “CANALE” MIGLIORE PER ARRIVARE AI PROPRI CLIENTI?

Do you contact customer where “they” want to be contacted? È questo il titolo di un interessante articolo scritto da Brian Cantor tra le news  sulla customer experience del sito Call Center Iq (www.callcenter-iq.com)Cantor racconta che cosa è accaduto con la sua compagnia telefonica. Innanzitutto fa una premessa. Nei due anni passati con il suo operatore, gli unici contatti con la sua compagnia sono stati via web, dato che non sopporta messaggi e chiamate. Un giorno però inizia a ricevere telefonate dal gestore del suo abbonamento telefonico e non potendo rispondere gli vengono lasciati dei messaggi vocali nella segreteria telefonica dai contenuti poco chiari. Richiama e viene informato di un pagamento non andato a buon fine che necessita di essere ripetuto. Cantor paga immediatamente il conto, ma rimane molto stranito per il fatto di essere stato contattato telefonicamente, vista la modalità di interazione da lui scelta fino a quel momento. Forse, la compagnia telefonica di Brian non aveva dato molto peso a questo aspetto.

call centerPuò capitare che gli operatori mobili pensino di essere customer-oriented, informando o tenendo aggiornati i propri clienti con telefonate che li avvisano di nuove offerte o promozioni esclusive. «Ma spesso questa dimostrazione di consapevolezza può costituire una simultanea dimostrazione di inconsapevolezza». Già, perché oggi i canali con cui poter raggiungere i propri consumatori sono molti: email, chiamate, sms e via posta, un metodo ormai un po’ desueto, ma da qualcuno ancora utilizzato. La scelta del mezzo con cui raggiungere i propri consumatori non può quindi essere lasciata al caso o all’arbitrio dell’operatore. Al contrario, è sempre suggerita da come il cliente si comporta e interagisce con l’azienda. Prendiamo il caso di Cantor, se in due anni ha avuto contatti con il suo operatore telefonico unicamente via web, in che modo avrebbe voluto essere contattato?

CHI PUÒ INNOVARE PER IL CLIENTE? TUTTI, CON IL CUSTOMER INNOVATION TOOL!

È stata da più parti dimostrata la relazione fra innovazione per il cliente e redditività. Così come è stata ampiamente provata la relazione fra la customer experience, la frequenza d’acquisto, il valore medio di esso, la fedeltà del cliente e addirittura la capacità di attrarre investimenti.

Ma chi, all’interno dell’ecosistema azienda, può proporre innovazioni? Tutti dovrebbero poterlo fare ma, nella realtà, questo avviene di rado.

Per questo Italian Customer Intelligence mette a disposizione uno strumento facile, veloce e al contempo rigoroso per proporre “ai piani alti” la propria idea, la propria innovazione per il cliente e la sua customer experience.

Customer Innovation Tool foto

Attraverso dieci semplici domande lo strumento è in grado di far formalizzare al “proponente” una seria candidatura della propria idea di innovazione ai responsabili dell’azienda.

Recentemente, una bella azienda italiana decisa a mettere al centro di tutto l’ecosistema aziendale il cliente e la sua la Customer Experience, ha raccolto oltre 200 proposte di innovazione da parte dei propri dipendenti grazie a questo strumento.

11+1 RAGIONI PER COSTRUIRE UN CUSTOMER EXPERIENCE OFFICE

1) La Customer Experience vi fa superare la crisi.

2) Di chi è il cliente?

3) Ci vuole metodo.

4) Dall’orientamento al Cliente a mettere il Cliente al centro.

5) Il protagonista e la risorsa della Customer Experience.

6) Customer Experience e Net Promoter Score.

7) Customer Experience e riduzione della complessità aziendale.

8) Una cultura solida.

9) Dati, Big Data, CRM, …

10) Fedeltà e tradimenti.

11) Service, call Center e dintorni.

11+1) L’Era del Cliente.

 

Scopri di più nei prossimi giorni!

Per informazioni, scrivi a info@italiancustomerintelligence.it

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