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IL BOOM DEL VINTAGE IN GERMANIA (E NON SOLO)

Dietro una tendenza si nasconde molto di più

Esplorando un po’ le strade di Monaco di Baviera, mi sono ritrovata ad osservare la vetrina di un grazioso negozietto di abbigliamento di seconda mano. Super colorato, ma raffinato: a primo impatto non avrei pensato di trovarmi davanti ad un negozio dell’usato. È sufficiente, però, soffermarsi quel secondo in più per capire che si tratta di capi vintage, termine che negli ultimi tempi amiamo tanto utilizzare, una tendenza, ormai, da cui ci sentiamo spesso attratti.

Mi basta svoltare l’angolo e raggiungere la strada parallela per incontrare un altro negozio simile. Scatta la curiosità. Cellulare alla mano, una rapida ricerca “Secondhandshop” su Maps rivela che solo nel quartiere di Schwabing ci sono circa una ventina di boutique dell’usato. Prendendo in considerazione per la ricerca una zona più grande, faccio conoscenza di una nuova realtà: quella di una Monaco gremita di negozi dell’usato.

Un vero e proprio trend, a quanto pare, che, però, non riguarda solo Monaco e non solo l’abbigliamento. La Germania, infatti, sembra aver sposato la causa del vintage. Negozi e mercati di seconda meno si trovano ovunque nel paese e interessano i più svariati settori, tra questi l’abbigliamento, la tecnologia e l’arredamento. Un mercato così fiorente e in espansione, quello dell’usato, che anche alcune grandi catene hanno deciso di investirci. Tra queste, per esempio, C&A, che l’anno scorso ha avviato una collaborazione con Carou, azienda online per l’abbigliamento di seconda mano, aprendo a giugno un pop-up store Carou nella sua filiale di Amburgo-Altona: il vecchio accanto alle collezioni dell’ultima moda. Tantissime le iniziative come questa.

Cosa succede poi quando qualcosa diventa un trend? Succede che arriva anche online. In questo caso prospera online. Chi non ha la possibilità o la voglia di spulciare negozi o mercatini, può comodamente consultare il sito web di molti negozi di seconda mano e ricevere gli articoli direttamente a casa. Curioso come, in questo caso, la ricerca del gusto rétro avvenga attraverso gli strumenti dell’innovazione determinando un interessante ossimoro che mi piacerebbe chiamare “vintage à la page”, oppure, per non allontanarci dall’italiano, “vintage all’avanguardia”.

Ci sentiamo “chiamati” dal vintage?

Che si tratti di ricerca dell’usato online o nei negozi, tante sono le persone ad essere affascinate dal vintage, i giovani in particolare. L’usato può esercitare il suo fascino in diversi modi, rispondendo a molte esigenze. In primis, il risparmio. Tutto ciò che è di seconda mano diminuisce drasticamente di prezzo, per cui è possibile trovare anche capi firmati e come nuovi a prezzi stracciati, con conseguente entusiasmo di alcuni per essere riusciti a scovare un vero e proprio tesoro (“Ma questo è uno Chanel!”). In secondo luogo, l’usato sposa perfettamente gli ideali ambientalisti di riciclo e sostenibilità. Ultimo, ma non da meno, rétro fa stile. Siamo tutti capaci di seguire una moda, di comprare la stessa giacca indossata da un’attrice famosa alla première di un film, di farci piacere l’outfit consigliato dall’influencer di turno su Instagram. È facile e di tendenza. Ma non risultano forse più interessanti quelle persone che sanno indossare qualcosa che spicca? Non necessariamente perché questo qualcosa sia appariscente, ma perché diverso, originale e, soprattutto, personale. Ed è molto più probabile che l’articolo che stiamo cercando e che riflette quel tratto unico della nostra personalità si trovi tra gli scaffali di un negozio dell’usato che non tra quelli di un negozio di qualche grande catena.

Tutto qui. O forse no. Lo charme del vintage risiede solo nel risparmio, nel riciclo e nello stile o c’è qualcosa di più? Perché sono i giovani, per esempio, ad essere quelli che più subiscono questo fascino, pur non avendo, di fatto, vissuto gli anni da cui provengono la maggior parte degli oggetti e vestiti vintage? Da giovane, proverò a rispondere a questa domanda raccontando la mia esperienza.

Qualche mese fa ho visitato un mercatino delle pulci (un “Flohmarkt”, come dicono qui). Alla fine del mio giro, avevo comprato un anello (la cui pietra color rubino ed il taglio mi ricordavano tanto la pietra filosofale), due fumetti della Marvel e un libro di fiabe (tutti in tedesco, con ogni probabilità non li leggerò mai). Non avevo, obiettivamente, bisogno di quelle cose; tuttavia, mi sono sentita in qualche modo “chiamata” da questi oggetti, perché appartenevano proprio a me. E probabilmente risiede qui la differenza tra il comprare qualcosa di nuovo e qualcosa di usato. In questo periodo di grande incertezza che ci ritroviamo a vivere e conseguenti enormi dubbi riguardo il futuro, qualche sicurezza o, se vogliamo, un senso di conforto, può venire dal passato. Un oggetto vintage funziona come una vera e propria macchina del tempo, o, forse, come un’àncora. Ci sono tanti modi per cercare di afferrare il senso del passato (e di conseguenza del presente) e non andare alla deriva. I libri di storia, i film e i documentari sono tra questi; nutrono la nostra voglia di sapere e ci erudiscono, ma il filo che tessono tra noi e i tempi andati ci rimane in ogni caso invisibile, mentre cerchiamo di districarci tra quelle che sembrano infinite timelines. Appropriarsi di un oggetto proveniente dal passato può essere, invece, un modo concreto per cercare di afferrare il tempo, perché ora quel frammento di realtà è proprio tuo e ha parlato solo a te. Lo puoi vedere, toccare, annusare, gli puoi dare nuova vita. Facendo una piccola deviazione, non è forse questo il motivo per cui andiamo a vedere i musei? Che altro non sono che grandi collezioni di pezzi vintage, molto vintage nella maggior parte dei casi. Tutto risponde a quel bisogno di dare forma e concretezza a qualcosa di sfuggente come il tempo. Questo il desiderio che accomuna collezionisti, antiquari (sarebbe una lista lunghissima) e, infine, i fruitori del mercato vintage. Difficile che qualcosa di nuovo sappia raccontare altrettanto bene storie, la Storia – quella con la s maiuscola – no?

AMAZON STYLE (O L’ALGORITMO IN CAMERINO)

Apre in California il primo fashion store fisico di Amazon: la sfida, l’entusiasmo e… l’algoritmo

Amazon Style, il primo negozio di abbigliamento, scarpe e accessori sia per donna che per uomo, aprirà entro l’anno presso The Americana at Brand, un centro lifestyle a Glendale, in California. Pensato per far vivere una esperienza di shopping high-tech, l’assortimento proverrà da centinaia di marchi, ovviamente scelti dai feedback forniti da milioni di clienti che acquistano su Amazon.com

 La maggior parte dei prodotti sarà fuori dalla vista del cliente e conservata nel retro del negozio perché solo un campione di ogni articolo verrà esposto sul piano di vendita: questo consentirà ad Amazon Style di proporre assai più del doppio del numero di articoli dai negozi di abbigliamento delle sue dimensioni.

Il cliente dovrà “per forza” scaricare e utilizzare l’app Amazon Shopping perché è l’unico modo – attraverso la scansione del codice QR dell’unico campione dell’articolo esposto – di conoscere taglie e colori disponibili, oltre che “la storia e le caratteristiche tecniche dell’articolo” e le immancabili valutazioni dei clienti che hanno già avuto esperienza dell’articolo in questione.

Un semplice click consentirà al cliente di trovare l’articolo scelto – nella taglia e nel colore selezionato – in camerino per la prova o direttamente in cassa (in realtà un banco ritiro appositamente predisposto).

L’esperienza di acquisto continuerà in camerino, grazie a un touch screen, attraverso il quale il cliente potrà provare ulteriori taglie o colori ma, soprattutto, apprezzare ciò che istantaneamente, a partire da ciascuna scelta, l’algoritmo di Amazon suggerisce come ulteriori opzioni in abbinamento o in alternativa.

Amazon Style si aggiunge agli altri store fisici di Amazon (Amazon Go, Whole Foods Market, Amazon Books, Amazon 4-star, Amazon Fresh e Amazon Pop Up stores) che rappresentano la scommessa, a detta di molti “impossibile”, di duplicare veramente l’esperienza di acquisto online in un negozio fisico.

Raggiante, Simoina Vasen, General Manager di Amazon Style, nella presentazione del nuovo store, parla di una finalmente perfetta integrazione che “combina il meglio dello shopping su Amazon.com con l’impareggiabile valore di toccare e provare gli articoli per mettere alla prova una perfetta vestibilità ”.

È forse questo un altro punto di non ritorno che sfiderà i retailer dell’abbigliamento globali a inseguire Amazon che crea delle abitudini di acquisto al cliente che poi egli “pretende” vedere in tutti gli altri brand che preferisce.

La piramide della Customer Experience, proposta da Bodine e Manning nel loro best seller Outside In, ricapitola in soli tre cluster le infinite sfumature con il quale i clienti valutano la loro esperienza con un brand: la pertinenza dell’offerta al bisogno o al desiderio del cliente, la facilità con la quale il cliente può interagire col brand nel suo customer journey e la piacevolezza. Se oggi, forse, Amazon è il re worldwide del cluster “facilità”, con questa iniziativa “fisica ”, lancia la sfida anche sulla piacevolezza proprio nel settore, quello della moda, dove l’aspettativa del cliente è altissima.

 

EXPRESS STYLE EDITOR: TRA BRAND AMBASSADOR E COMMUNITY COMMERCE

“Become an Express Style Editor, create cool looks and earn commissions for your sales”

Questa la nuova idea di Express, retailer di abbigliamento americano con oltre 500 negozi tra Stati Uniti e Puerto Rico, che fa della community e del community commerce il pilastro base del suo business. Già da diverso tempo, Express coinvolge i suoi clienti, diventati una vera e propria “style community“, nel processo di progettazione e creazione dei capi che poi verranno proposti in store.

La novità che ha recentemente proposto Express, con un progetto pilot partito a Luglio 2021, è quella di far intervenire i suoi clienti anche in fase di vendita. Superando il concetto tradizionale di “ambassador” e “influencer“, Express propone ai suoi clienti un vero e proprio programma di vendita sociale diversificato e inclusivo per farli diventare “Style Editors”.

Come funziona? Gli Style Editors sfuttano le loro capacità e competenze di styling per vendere capi Express al proprio network e guadagnando commissioni sulle vendite. Attraverso una piattaforma dedicata e supportati da un training sul prodotto e il brand, ma anche strategie di vendita e personal coaching, gli style editor creano look con i capi Express, li promuovono con contenuti social e li vendono. Ma non è finita qui: gli editors possono creare eventi personalizzati instore per coinvolgere la loro community in uno spazio che da digitale si trasforma in fisico.

A capo di questo programma, Express ha scelto la global fashion influencer Rachel Zoe.

Ecco qui sotto il video di presentazione del programma.

Photo and Video Credit: Express

DIRNDL À L’AFRICAINE

Quando la tradizione bavarese incontra quella africana

Se vi siete avventurati in qualche pub o partecipato a qualche evento tradizionale in Baviera, Austria o Tirolo, vi sarà certo capitato, tra una birra e l’altra, di ritrovarvi ad ammirare i bellissimi costumi indossati dalla popolazione locale. Per bellezza e raffinatezza, spicca tra questi il Dirndlkleid, il tipico costume femminile composto da una gonna corredata di grembiule, un bustino e una camicetta. L’evento in cui è possibile osservare una grande varietà di Dirndlkleider è sicuramente l’Oktoberfest a Monaco di Baviera, festa che ha reso l’elegante vestito noto in tutto il mondo. Durante i festeggiamenti, la popolazione locale si aggira per le strade in costume, magari in direzione di qualche Biergarten, dove poter banchettare in compagnia. Da nuova abitante della città, ho avuto modo di vivere in prima persona l’atmosfera della festa e mi sono spesso fermata ad ammirare i bellissimi Dirndl indossati dalle ragazze, tanto da desiderarne uno anch’io.

Okstoberfest

Guardandosi un po’ intorno, però, è facile notare come non ci sia quasi nessun Dirndl che si faccia notare, in quanto questi sono tutti uguali e si differenziano per pochi particolari e soprattutto per il diverso colore a tinta unita. Questi abiti sono espressione dell’identità bavarese, e in quanto, appunto, “tradizione” risulta anche normale che ci sia uniformità nel modo di vestire. L’abito tipico, come una sorta di divisa, contribuisce a costruire l’identità ed è fattore di coesione. I giorni di festa sono il momento in cui tale identità viene ricostruita e rammentata, non solo a sé stessi, ma anche agli innumerevoli turisti che affollano la città. E qui sta il bizzarro paradosso. Sebbene indossare una divisa abbia come risultato quello di generare uniformità, i Dirndl (come anche i Lederhosen, l’abito tradizionale maschile) vengono indossati, con ogni probabilità, per il motivo opposto: farsi notare, facendosi manifestazione vivente di una cultura, davanti ai forestieri (che altro non aspettano che farsi immortalare in una foto insieme ai locali in costume) e agli altri concittadini, che magari hanno deciso, sì, di vivere la festa, ma senza vestirsi.

Risaltare nella folla: il nuovo Dirndlkleid “à l’Africaine”

Se uno degli obiettivi è, dunque, quello di farsi guardare, perché non farsi notare sul serio? In questo caso, indossando un capo che, pur rispettando la tradizione, è sicuramente qualcosa di mai visto prima. A portare un tocco di colore e di fantasia in più ci hanno pensato, infatti, le proprietarie del negozio Noh Nee di Monaco. Originarie del Camerun, Marie Darouiche e Rahmée Wetterich offrono ai clienti qualcosa di veramente speciale: il gusto tipicamente bavarese si unisce a pregiatissime e coloratissime stoffe provenienti dall’Africa in un nuovo e originale “Dirndl à l’Africaine”. Il costume tradizionale si veste di un dinamismo nuovo, quello dei colori sgargianti e delle fantasie degli abiti camerunesi, risultando, in questo modo, svecchiato e calato nella realtà odierna.

Grazie ai Dirndl di design, Noh Nee offre al cliente la possibilità di indossare un abito tradizionale, ma, allo stesso tempo, incredibilmente innovativo: entrando nel loro negozio e uscendone con uno dei loro abiti, non si è più una persona qualunque che indossa un abito tipico; si sfoggia, bensì, l’unione tra due culture sugellata con ago e filo, dimostrazione che le tradizioni possono essere ripensate, le barriere culturali abbattute e che non c’è limite a ciò che la fantasia può creare. Non un semplice Dirndl, ma uno che, oltre alla canonica storia delle sue origini, ha una in più da raccontare.

Le idee di Noh Nee sono così apprezzate dalla clientela, che nel 2013 le proprietarie hanno deciso di allargare la collezione. Per cui, è possibile arricchire il proprio guardaroba con cappotti, gonne, vestiti, camicie, pantaloni e altro ancora, tutti rispecchianti il concept ideato dalle artiste. Il risultato più prezioso di tale sperimentazione su stoffe e colori rimane, tuttavia, proprio il “Dirndl à l’Africaine”, capo d’abbigliamento che dà all’indossatore la possibilità di spiccare tra la folla con qualcosa di inimitabile. L’inimitabile sta nella possibilità, data al cliente, di far emergere la propria individualità e personalità nella massa, facendosi modello sulla grande passerella che è il mondo, dove ormai le culture, grazie alla globalizzazione, non sono più dei compartimenti stagni. Vestire un Dirndl Noh Nee non significa necessariamente rovesciare un paradigma. Infatti, la tradizione rimane e risulta semplicemente arricchita, dando, inoltre e per la prima volta, spazio al singolo.

Un abito che non è solo un abito, ma che diventa per il cliente possibilità. Quali? Quella di indossare la tradizione esprimendo, in primo luogo, se stessi, e, soprattutto, un messaggio di modernità: in un mondo in continua trasformazione, la compenetrazione di culture non è una minaccia; può essere, piuttosto, arricchimento. Tutto questo in un Dirndl, innovativa testimonianza e metafora di come le culture non siano mai così distanti.

200 ANNI DI VUITTON

Un anniversario di esperienze!

Creativo, intraprendente, attento al cliente e con lo sguardo sempre rivolto al futuro: così viene raccontato Louis Vuitton, il fondatore di uno dei 6 marchi più famosi al mondo che il 4 agosto ha celebrato il suo duecentesimo compleanno.

Per l’occasione, il Brand Vuitton ha voluto celebrare in grande stile il suo fondatore mettendo a punto un programma dal nome “Louis 200”.

Louis 200 è costituito principalmente da cinque iniziative che si traducono in un viaggio esperienziale e multicanale che durerà fino al 2022 e avrà come protagonisti principali spettatori e collaboratori.

Le due iniziative con le quali Vuitton ha esordito sono state il “The Louis Game” e “The Visionaries”.

Grazie al “The Louis Game”, il Brand ha trovato un modo “nuovo” e divertente per raccontarsi anche alle generazioni più giovani, che si sa, sono sempre più legate al digitale.

Si tratta di un gioco online, scaricabile sia su app che Android, in cui il giocatore nei panni di Vivienne, la mascotte di Vuitton, intraprende un viaggio in 7 città diverse alla ricerca delle 200 candeline da soffiare sulla torta. Ogni candelina è legata a delle carte che conferiscono nuove skills al personaggio o svelano aneddoti sulla storia, le collaborazioni artistiche e le vicende del Brand nella storia. Oltre a queste, lungo il percorso, si potranno provare outfit esclusivi e accumulare nel portafogli online fino a 10 gettoni digitali, da consumare entro la fine dell’anno!

Se il gioco online di Louis parla alle generazioni presenti, “The Visionairies”, si rivolge a quelle future: l’iniziativa, che ha visto coinvolti 200 creativi dai più svariati settori, prevedeva la rivisitazione dell’iconico baule LV.

Le creazioni emerse da questo lavoro sono state esibite non solo nelle vetrine dei negozi offline, ma anche sul profilo Instagram dell’azienda e per ognuna di loro il Brand investirà 100.000 euro, che andranno a organizzazioni senza scopo di lucro impegnate nella scoperta di giovani creativi provenienti da Paesi svantaggiati.

Infine, gli altri tre punti del programma, dall’approccio più tradizionale, prevedono: un trittico di Louis, dipinto da Alex Katz, uno dei più importanti artisti degli Stati uniti, un romanzo e un Docufilm, che incuriosiranno lo spettatore e/o il lettore nelle vicende di Vuitton con aneddoti, fatti e vicende ancora sconosciuti.

Insomma: innovazione, ascolto al cliente, divertimento e anche qualcosa in più… il Brand “senza tempo” che mantiene saldi i principi del suo passato ma con lo sguardo sempre rivolto al futuro, festeggerà un anniversario in grande stile, che vedrà al centro lo spettatore stesso e saprà coinvolgerlo, farlo divertire, entusiasmare e stupire!

TRY-ON VIRTUALE: DIETRO IL MAKE UP C’È DI PIÙ

Una proposta potente e implicita

Scegliere il prodotto make-up che si adatti alla propria carnagione, che si intoni al colore dei nostri occhi e con quello dei capelli, che faccia sentire chi lo indossa sicuro di sé, non è mai stato semplice. Prima di comprare un prodotto, ci si interroga più e più volte se la resa finale sarà all’altezza delle aspettative.

Molti brand, tra cui i famosi L’Oréal Paris, Nyx Professional e Maybelline, hanno reso possibile la prova anche da remoto.
Il Try-on virtuale attraverso il riconoscimento facciale brevettato da ModiFace e la tecnologia di simulazione del prodotto in realtà aumentata, consente di provare online e in maniera immediata i prodotti. Ma la grande novità sarà la possibilità di farlo anche sul proprio canale social preferito, Instagram. Infatti, questa realtà ormai presente da un anno sui siti web dei brand, si sta da poco trasferendo anche sui social, data la recente opzione di Instagram e Facebook di poter comprare direttamente dalla loro vetrina.


A seguito della pandemia ci si è dovuti adattare a un nuovo modo di fare shopping, soprattutto per il mondo del make-up dove non è stato possibile mettere a disposizione della clientela i campioncini per motivi di sicurezza igienica.
In quest’ottica, nasce l’idea di trasferire l’iniziativa sui canali social, in maniera tale da poter raggiungere il più ampio pubblico possibile.È piacevole l’idea di sapere di star effettuando la scelta giusta e al contempo è un attività anche divertente. Si possono sperimentare i look più pazzi, dando anche il coraggio di cambiare il classico modo di truccarsi ed esprimersi in maniera differente.
Dietro al “divertimento“ c’è in realtà la voglia di cambiare!
È questa la proposta implicita e potente. Proprio mentre tutti abbiamo l’impressione che il post pandemia ci stia facendo entrare in una nuova era, la moda ha sempre anticipato le caratteristiche dell’era che segue catastrofi indicando i nuovi driver nei quali riconoscersi e grazie ai quali poter ‘ripartire’!
E la ‘ripartenza’ è sempre caratterizzata dal desiderio di cambiare che prende il posto della paura di cambiare .
Naturalmente il “come ci vediamo” e il “come desideriamo vederci” è il “come desideriamo che ci vedano” necessita di … sperimentazione!
E fare questo passaggio, delicato e profondo, è forse il proponimento di questa nuova tecnologia che desidera quasi “confonderci” con la sua facilità e immediatezza di utilizzo. Cambiare non è facile e – parafrasando Cesare Pavese -” cambiare stanca “.

Ma tutto con try on sembra più facile e possibile: il divertimento spinge al coraggio.
Forse non basta ma… è desiderabile crederlo!

Questo permetterà, inoltre, una maggiore interazione del cliente con la propria community online. Ad esempio, ci si potrà provare diversi lipstick e chiedere ai propri follower quale preferiscono. Un momento quindi anche di condivisione e di socialità virtuale
Dunque un’esperienza alternativa per il cliente che potrà, anche comodamente seduto sul proprio divano, provare il prodotto in maniera completamente igienica e realistica.
Inoltre, è possibile confrontare il prima e il dopo. In questo modo i clienti vivranno un’esperienza personalizzata. Quasi come se ci fosse una beauty guru al tuo fianco ad aiutarti.

Una coccola attraverso lo schermo che faciliterà la scelta di molti clienti, soprattutto i più indecisi.

CHE STAGIONE SEI?

Come Yoox ha migliorato la sua User Experience Design utilizzando una delle tendenze più amate dai clienti!

Nel nome Yoox, il codice binario è circondato dalla x e dalla y dei cromosomi, ad indicare l’unione tra la dimensione online e i destinatari dell’e commerce. Un nome originale, quasi quanto la brillante intuizione di Federico Marchetti, suo fondatore, che il 21 marzo del 2000 fonda in Italia un’azienda nel settore di vendita online di beni di moda, lusso e design. Ad oggi, la Yoox Net-A-Porter Group S.p.A., appartiene al Gruppo Richemont ed è leader globale nel luxury fashion online con un fatturato di quasi 2 mld l’anno, 4.3 mln di clienti in 180 paesi.

Yoox si avvale di una tecnologia che vuole garantire ai propri clienti un’esperienza di acquisto piacevole, reiterabile e di alto livello, e, per questa ragione, riesce a posizionarsi come leader in un mercato molto competitivo. Supera le aspettative dei propri clienti, fornendo una nuova categorizzazione dei prodotti per armocromia e si configura come un’azienda costumer oriented, in cui lo slogan “what our costumers desire” si trova al centro.

Citata per la prima volta nel libro Arte del colore del pittore Johannes Itten, l’armocromia studia il rapporto tra i colori, creando quattro palette che portano i nomi delle stagioni, divise per sottotono, intensità, valore e contrasto. Sapere a che stagione si appartiene permette a chiunque di definire la propria ideale tabella di tonalità al fine di migliorare la propria immagine ed esaltare la sua specifica unicità. Il cliente è più consapevole e opera acquisti mirati a valorizzare la propria figura, riuscendo a instaurare armonia tra le proprie caratteristiche cromatiche e la palette di riferimento.

L’armocromia è la tendenza del momento: in Italia ogni influencer, make-up artist o vip si è chiesto almeno una volta “Che stagione sono?” e ha iniziato ad applicare i principi dell’armocromia ai propri outfit. Non si può parlare di armocromia senza citare Rossella Migliaccio, image and color expert e autrice del bestseller Armocromia. Il metodo dei colori amici che rivoluziona la vita e non solo l’immagine, oggi il massimo punto di riferimento in Italia in questo campo. Navigando nella sezione Happy Hues del sito Yoox, si trova una divisione in quattro categorie: Winter Magic, Spring Breeze, Splash Into Summer e Autumn In Love. Per ogni categoria vi è una breve descrizione che permette al cliente di orientarsi secondo la palette più adatta a lui, per poi seguire la classica divisione in filtri, tramite cui si sceglie il prodotto desiderato.

Queste categorizzazioni, semplici e intuitive, sono fondamentali per costruire una positiva user experience design, volta ad aumentare la soddisfazione e la fedeltà del cliente verso Yoox, grazie alla facilità d’uso del sito e alla corrispondenza tra la propria ricerca e l’organizzazione di quest’ultimo.  Infatti, è proprio inserendo questa ulteriore categorizzazione che si aumenta anche l’inclusività del multibrand, che riesce velocemente a valorizzare le caratteristiche cromatiche di ogni utente, coerente alla sua mission nel progetto Infinity di essere People Positive.

Yoox, con la sezione Happy Hues, è la dimostrazione che spesso nei piccoli accorgimenti si racchiudono dei grandi risultati, che, a lungo termine, riescono senza alcun dubbio a migliorare l’usabilità di un sito, fornendo al cliente un ulteriore supporto nei propri acquisti.

BOTTEGHE RINASCIMENTALI… NO!

E’ una bottega moderna, che lavora gli occhiali come i grandi artisti del Rinascimento

Attraversando le vie del centro storico di Treviso scorgo tra le vetrine un negozio. Il concept dello store richiama subito la mia attenzione. È tutto molto luminoso, arioso e si coglie immediatamente quale sia il vero protagonista: è l’occhiale!

La terra veneta ha già una distinta fama nel mondo dell’occhialeria, è infatti lì che è nata Luxottica ed il Cadore è un vero e proprio distretto che sforna maestranze eccellenti. La bottega ottica In Barberia si ritaglia un piccolo spazio all’interno di un contesto ultra-competitivo ed internazionale puntando sulla qualità e sull’artigianalità.

Marco e Antonio sono due professionisti e vivono lo store interagendo con esso; il loro stesso style li rende affascinanti! Che cosa ha di davvero così straordinario questo luogo? Non è solo l’occhiale, anche se ogni pezzo è fatto rigorosamente a mano e prende forma traendo ispirazione ad esempio dai grandi film, come quello di Ocean’s Eleven indossato da Elliott Gould.

Ci sono anche occhiali particolarissimi, come quello prodotto con la seta al suo interno, oppure l’occhiale che con il suo effetto sembra essere stato ripescato dal fondale marino (che io ho “battezzato” l’occhiale “Damien Hirst”, come se appartenesse ad uno degli oggetti della famosa mostraTreasures from the wreck of the unbelievable” tenutasi nel 2017 a Venezia)… no non è nemmeno questa unicità a rendere così straordinario il tutto.

Ciò che rende davvero unica la bottega ottica In Barberia è la vetrina accanto, in pieno centro, all’interno della quale è visibile il laboratorio di produzione degli occhiali. Non solo vediamo gli occhiali finiti e disposti elegantemente in vetrina, ma osserviamo il luogo in cui vengono sapientemente costruiti e forgiati. Una maestria da demiurgo incolla il passante alla vetrina ed essa, inevitabilmente, sviluppa una forza attrattiva potente come una calamita. Impossibile restare inermi… conoscere il prodotto, sapendone l’unicità e comprendendone l’origine conquista in modo totalizzante i clienti.

La trasparenza, la manualità, il “ti faccio entrare nella mia bottega” è un segno di fiducia che ha un impatto positivo e rende tremendamente desiderabile ciò che stai per comprare.

Non deve essere facile esporsi così tanto, lavorare sapendo che tutti ti guardano. Eppure, è come se tutti i giorni il maestro degli occhiali andasse al lavoro salendo su un palcoscenico e quando inizia il giorno dicesse: “che lo spettacolo abbia inizio!”.

L’ALTA MODA SORPRENDE ANCORA

GucciFest: festival online di moda e cinema per presentare la nuova collezione

Nel mese di Maggio Alessandro Michele – direttore creativo di Gucci – comunicava, in una lettera pubblicata sui canali social della casa di moda dal titolo “ Notes from the Silence ”, la sua intenzione di abbandonare i vecchi schemi e proporre nuove proposte.

Questo presente consegna ad ognuno di noi delle responsabilità importanti. Ciascuno può esercitarle, rispetto al proprio ruolo e al proprio agire, per contribuire a una costellazione di cambiamenti molecolari e diffusi […]. È in questa rinnovata consapevolezza che sento l’esigenza di un tempo mio, svincolato da scadenze etero – imposte che rischiano di mortificare la creatività. Un tempo capace di sostare in attesa, di attraversare con lentezza anche il dono dell’inoperosità. Un tempo che sappia far respirare la promessa di un’epifania e che sappia indugiare sul sogno, sul gioco, sulla prefigurazione. Un tempo quanto mai necessario per costruire nuove e più potenti narrazioni. Per questo ho deciso di costruire un percorso inedito, lontano dalle scadenze che si sono consolidate all’interno del mondo della moda e, soprattutto, lontano da una performatività ipertrofica che oggi non trova più una sua ragion d’essere. È un atto di fondazione, audace ma necessario, che si pone l’obiettivo di edificare un nuovo universo creativo. [….] Ci incontreremo solo due volte all’anno, per condividere i capitoli di una nuova storia. Capitoli irregolari, gioiosi e assolutamente liberi, che saranno scritti mescolando regole e generi, nutrendosi di nuovi spazi, codici linguistici e piattaforme di comunicazione”.

La lettera, di cui sopra è condiviso un piccolo estratto, intendeva preannunciare velatamente l’attesissimo evento promosso pochi giorni fa dall’azienda: il GucciFest, un festival online di moda e cinema per presentare la nuova collezione, durante il quale sarà visibile “Ouverture Of Something That Never Ended“, una miniserie in sette episodi diretta dal regista pluripremiato Gus Van Sant e Alessandro Michele.

In occasione del festival, brevi cortometraggi celebreranno, inoltre, il lavoro di 15 artisti emergenti selezionati dal direttore creativo.

 

L’azienda aveva già voluto differenziarsi in occasione della sua ultima sfilata fisica, An Unrepeatable Ritual (Un Rito Che Non Ammette Repliche), svelando la fase preparatoria, il dietro le quinte.

An Unrepeatable Ritual

Un esperimento ben riuscito e conclusosi in occasione della prima edizione della Milano Digital Fashion Week, con “Epilogue (Epilogo), presentando la collezione tramite una diretta streaming di 12 ore che aveva totalizzato oltre 35 milioni di visualizzazioni.

Epilogue

La miniserie “Ouverture Of Something That Never Ended” racconterà una storia ambientata a Roma, la cui protagonista è l’attrice, artista e performer Silvia Calderoni che potremo osservare – sullo schermo del nostro computer o cellulare di casa – impegnata in una surreale quotidianità in diversi scenari della città, ricca di incontri con talenti internazionali, vicini all’azienda.

Come preannunciato dal programma pubblicato sul sito dell’evento, nel primo episodio – Lunedì 16 Novembre – Silvia sarà impegnata in una eccentrica routine mattutina nel suo appartamento di Roma, prima dell’arrivo di un visitatore inaspettato. Nei giorni seguenti, la protagonista ci porterà al bar del quartiere, in coda all’ufficio postale dove ascolta senza volere le conversazioni dei presenti, particolarmente ben vestiti; Giovedì andremo con lei in teatro per un’audizione accompagnata da un amico che la incoraggia, conosceremo i suoi vicini di casa, proveremo vestiti in un negozio vintage e, infine, Domenica 22 Novembre, nell’episodio conclusivo, seguiremo Silvia mentre passeggia per Roma di notte, quando si ritrova in una situazione al limite del sogno, protagonista un vestito! Un incontro casuale condurrà a una svolta decisiva, dove le prospettive muteranno svelando la realtà. In questo modo Gucci svelerà, giorno per giorno, la nuova collezione, resa pubblica e accessibile in esclusiva su canali e siti dedicati.

Alessandro Michele utilizza un nuovo linguaggio artistico destinato ad accorciare le distanze globali, avvicinandosi anche ad un pubblico usualmente lontano dalle passerelle. Una nuova definizione di “settimana della moda” di cui Gucci sarà unica protagonista e noi il pubblico diretto. Potremo tutti lasciarci coinvolgere dalla quotidianità di Silvia e, eventualmente, appassionarcene!

Di quale messaggio la protagonista sarà ambasciatrice?
Alessandro Michele ha saputo creare attesa, curiosità, aspettativa.
Adesso non resta che…goderci lo spettacolo!

TOMMY BAHAMA TRASFORMA LA VITA IN UN WEEKEND DI RELAX

tmlA Settembre, il rientro dalle ferie è sinonimo di preoccupazioni, stress, traffico, smog, impegni che si sovrappongono, mancanza di tempo. Spesso, l’unica àncora di salvezza è rappresentata dagli ultimi weekend di fine estate, dove non si esita a ri-abbandonare la città alla ricerca dell’ultimo posticino al sole per rinvigorire la tintarella e riossigenare i polmoni, proprio mentre sui social si scatena la fantasia di chi cerca di “sdrammatizare” la situazione.

tommybahaLo stesso (tremendo) pensiero lo hanno avuto anche due coppie di amici negli anni Ottanta quando, alla vigilia del rientro alla “normal-life” dopo una splendida estate in riva al mare alle Keys (Florida), riflettono su quanto sarebbe bello non dover mai abbandonare la spiaggia, il mare, i tramonti, il mojito e le cene di pesce fresco. Per distrarsi, Tony Margolis e Bob Emfield con le rispettive mogli si inventano Tommy Bahama, un leggendario personaggio conosciuto per il suo fascino, il suo umorismo, la sua perenne tintarella e che incarna la vita isolana. Viaggiatore intrepido, Tommy parla fluentemente nove lingue ed è in grado di flirtare in almeno un’altra dozzina. Una volta è riuscito a pescare un tonno da 200 libbre usando solo il guscio di una noce di cocco, un paio di occhiali da sole rotti e il cordino dei suoi bermuda.

Il gruppetto di amici fantastica spesso su che cosa indosserebbe Tommy e sui dettagli della sua vita idilliaca. Questo li porta, qualche anno dopo, a fondare un brand di abbigliamento che ha la sua essenza proprio nello stile di Tommy, un brand la cui promessa è quella di “ispirare il mondo a rilassarsi, trasformando la vita in un lungo weekend”.

flyoQuello che era iniziato con qualche maglia in seta stampata e qualche pantalone, in breve tempo è diventato un brand che propone un vero e proprio stile di vita, allargandosi a una gamma completa di oggetti e accessori per la casa e per la persona fino a ristoranti (a oggi 16 e tutti aperti a fianco dei principali store), all’organizzazione di eventi privati o aziendali e al lancio di un proprio marchio di rum (con due linee, una light e una dark) per una “total island life style experience”.

Palme, sabbia bianca, mari cristallini, cieli sconfinati, fiori esotici, aperitivi a bordo di favolose piscine, tavole da surf e barchette a vela ispirano il mood, l’immagine e le azioni di tutto il brand in un vero e proprio life-style “alla Tommy Bahama” al punto che, come si legge sul sito, “le decisioni importanti sono influenzate dalla domanda: che cosa farebbe Tommy Bahama?”.

Il primo store Tommy Bahama ha aperto nel 1991 a Seattle, dove oggi c’è la sua sede principale. Il brand (160 negozi e 16 ristoranti) ha ricavi di oltre 630 milioni. Dal 2003 fa parte del gruppo Oxford Industries e nel 2009 ha aperto un Tommy Bahama Bar presso lo Yankee Stadium.

404-errorAncora una volta, si capisce la fondamentale importanza per un brand di avere ben chiare ed esplicitamente espresse le proprie promesse, non solo a parole o a immagini, attraverso la comunicazione, o attraverso i propri prodotti, ma anche – e soprattutto – attraverso la proposta di un vero e proprio modo di fare, di essere e di vivere che i propri clienti possono sperimentare, facendone parte e identificandosi in esso (a lato, una pagina di errore creata sul sito ufficiale del brand: Sembra che ti abbiamo portato un po’ fuori rotta… Dev’essere colpa dei mojito).

E chi, infondo, non ha un po’ di Tommy Bahama dentro di sé, soprattutto in questo periodo?

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