ZOOM TI ADORO… ANZI, TI ODIO!

Breve inchiesta sull’utilizzo delle piattaforme per videoconferenze: sono il futuro che speriamo?

Con lo scoppio della pandemia di Covid-19, l’utilizzo delle piattaforme di videoconferenza digitali è aumentato esponenzialmente in tutto il mondo. Tra le più note troviamo Microsoft Teams, Zoom, Google Hangouts Meet, Skype, Jitsi Meet. Zoom, in particolare, si è affermata tra le applicazioni più scaricate dagli utenti: se nei primi di febbraio il numero di download giornalieri si attestava intorno ai 171 mila, il 25 marzo se ne contavano ben 2,41 milioni, con una percentuale di crescita pari al 1.300% (dati di Apptopia, riportati da VentureBeat). Nel complesso Zoom è passato da avere circa 10 milioni di iscritti, ad oltre 200 milioni in soli tre mesi.

Distanziamento sociale, didattica online, smartworking, telelavoro: probabilmente ciascuno di noi può testimoniare di aver usato almeno una volta queste piattaforme per mettersi in contatti con colleghi, amici o familiari. Qual è il giudizio finale? Non possiamo più farne a meno? Oppure non vediamo l’ora di poterci liberare di questo strumento?

Abbiamo chiesto a due utenti di raccontarci la propria esperienza. Voi da che parte state?

ZOOM TI ADORO!

Michele (nome di fantasia), 38 anni, lavora in una grossa compagnia che organizza eventi, con partner in tutto il mondo e sede a Milano. Gli abbiamo chiesto di raccontarci la sua esperienza, durante il periodo del lockdown, con il lavoro in veste digitale.

Hai lavorato in smartworking durante questo periodo? Che strumenti hai usato?

Fin dall’inizio della quarantena il mio ufficio si è mobilitato per trovare modalità alternative di organizzare eventi e riunioni. Abbiamo tentato l’utilizzo di due o tre piattaforme differenti, finché non abbiamo scoperto Zoom e lo abbiamo adottato come strumento principale. Per chi organizza eventi è particolarmente importante trovare alternative valide agli incontri dal vivo, perciò abbiamo trovato utile questo strumento, che permette di gestire sia meeting (con numeri più ristretti) che webinar (con centinaia di persone collegate contemporaneamente).

Come utilizzi Zoom?

Sul lavoro ho imparato a gestire la piattaforma come host, cioè come organizzatore delle conferenze e degli incontri. È davvero molto intuitiva e offre strumenti adeguati per controllare nel dettaglio tutti gli aspetti di un evento di grandi dimensioni, gestendo gli imprevisti (microfoni lasciati aperti, ecc.). Comunque il primo approccio che ho avuto con Zoom è stato per motivi personali, infatti lo avevo usato qualche volta per salutare amici e familiari lontani. Successivamente l’ho proposto in ufficio.

Quindi mi pare di capire che per te sia uno strumento molto positivo.

Assolutamente. Inizialmente abbiamo avuto qualche problema di sicurezza (accessi non autorizzati, chiamate esterne…) ma sono stati presto risolti. Inoltre lo abbiamo scelto per la sua facilità di utilizzo! Permette davvero di ammettere e “controllare” moltissimi partecipanti, che nel mio caso è la cosa più importante. Abbiamo acquistato un abbonamento e ottenuto delle licenze e devo dire che, a fronte del costo, sono le migliori che abbiamo trovato sul mercato per i nostri scopi.

Qual è la cosa che apprezzi di più in questo stile di lavoro?

Proprio in questi giorni sto organizzando una conferenza con oltre 300 persone. La gestione di un evento del genere normalmente sarebbe molto complicata, tra gli inviti, la raccolta dei dati e delle adesioni… per non parlare dei costi e delle spese, tra viaggi e hotel. Con Zoom è bastato inserire l’evento in calendario, con tutte le sue specifiche. I partecipanti devono registrarsi e Zoom gestisce autonomamente la raccolta dei dati, che vengono inviati all’organizzatore. Poi si generano credenziali di accesso all’evento personalizzate che arrivano direttamente sulla mail dell’iscritto, scongiurando l’entrata di esterni. Un evento dal vivo rimane insostituibile, ma questa modalità è sicuramente più comoda e meno dispendiosa.

Credi che continuerete a usare Zoom anche al termine dell’emergenza?

Lo stiamo certamente prendendo in considerazione. Soprattutto per le riunioni operative con i nostri partner internazionali, o per quei meeting con big names provenienti da tutto il mondo, che sembravano irraggiungibili, e che invece così possono contribuire direttamente partecipando all’evento online.

 

…ANZI, TI ODIO!

Lucia (nome di fantasia), 36 anni, insegna presso una scuola secondaria di I grado a Milano. Le abbiamo chiesto di raccontarci la sua esperienza tra scuola e distanza, attraverso un’altra piattaforma digitale.

Le scuole sono stati i primi luoghi a essere chiusi. Come hanno reagito scuola e ragazzi con il lockdown? Come avete gestito la situazione?

Fortunatamente siamo stati fin da subito preparati a gestire l’emergenza. Nella mia scuola, già da tempo, utilizzavamo la piattaforma Microsoft Teams: tutti i ragazzi e i docenti erano muniti di un account personale, che utilizzavamo per fare qualche lavoro in ambito informatico trasversalmente alle discipline. Comunque molto sporadicamente… Questi account e la piattaforma sono stati subito utilissimi per riprendere i contatti tra professori e compagni di classe, abbattendo la distanza. Questo non ha tolto ovviamente la grande difficoltà di tutti noi, soprattutto dei ragazzini più piccoli, che non sapevano gestire questo strumento e che – fortunatamente – si sono subito resi conto che la scuola a distanza non si può fare davvero.

In che senso? Come utilizzate Teams per le lezioni?

Ci sono diversi canali separati per le varie materie in ogni classe, noi professori ci colleghiamo per qualche ora alla mattina, facendo l’appello e poi lezioni in diretta oppure videoregistrate e caricate per i ragazzi da guardare. Il problema è che la scuola è un rapporto tra persone, è da lì che passa l’educazione… Come faccio a educare i ragazzi, a stare in rapporto con loro, se ne vedo solamente quattro alla volta e parlare senza sovrapporsi l’uno all’altro è praticamente impossibile?

Insomma: Teams, non ti sopporto più! O sbaglio?

Non sbagli… Stare davanti a un computer per ore ed ore è stancante, me ne accorgo su di me ma lo vedo anche nei ragazzi, che non riescono a restare concentrati per molto tempo. Molti fanno ancora fatica a gestire l’aspetto tecnologico, fare test e verifiche direttamente online, svolgere i compiti (sempre appiccicati al computer), caricarli su un Blocco note condiviso con l’insegnante per farli correggere… Ultimamente Teams ha permesso di poter visualizzare fino a 9 partecipanti in contemporanea ed ha inserito la modalità “alzata di mano” per cercare di ordinare le lezioni, ma l’anno scolastico sta finendo e non siamo certo riusciti a lavorare quanto avremmo dovuto. Lo strumento non è male in sé, certamente è stato fondamentale e sono grata di aver avuto almeno questo, ma adesso non ne possiamo davvero più!

Quindi non vedi un futuro per la famosa DAD (didattica a distanza), grazie a Teams?

Innanzitutto spero che non ne avremo più bisogno e che potremo tornare a scuola a Settembre. So che alcuni vorrebbero continuare a fare riunioni e assemblee, compiti e verifiche, attraverso questo strumento, ma sinceramente non me lo auguro. La didattica si fa insieme alle persone, in presenza… L’educazione passa dalle spiegazioni e dalle lezioni in classe, ma anche dai gesti, dagli sguardi, da come si mangia la merenda insieme e come si gioca a pallone dopo la mensa. Questo non potrà mai accadere davanti a uno schermo!

Lavoro, educazione, riunioni, lezioni: insomma, rapporti. Il famoso distanziamento sociale ci ha, se non altro, aiutato a riscoprire l’importanza dei rapporti che ci costituiscono. Le piattaforme digitali ci hanno aiutato a non perderli, spesso ne hanno riaccesi alcuni che sembravano più difficili da mantenere, ci hanno permesso di continuare a vederci, a salutarci, a farci compagnia, addirittura ci hanno permesso di lavorare e fare scuola! Di questo non possiamo che essere grati. Eppure noi sappiamo bene che cosa significhi fare una riunione seduti attorno allo stesso tavolo, fare un viaggio di lavoro per visitare uno store lontano e incontrare le persone che lo gestiscono, andare a scuola e condividere la lezione con il compagno di banco che ti fa sbirciare gli appunti, poi uscire in cortile all’intervallo per finire la partita di pallone cominciata il giorno prima. I più giovani, quei bambini che hanno iniziato la scuola elementare e dopo pochi mesi si sono ritrovati a casa, potranno dire lo stesso? Siamo così sicuri che, se continuassimo a lavorare in questa modalità, tutti si ricorderebbero del perché incontrarsi faccia a faccia «è insostituibile»? Durante la quarantena ho telefonato spesso alla mia nonna (92 anni) e ci siamo anche potute vedere qualche volta (grazie Zoom!). Un giorno mi ha detto che questa situazione, per lei, era molto peggio della guerra: «…è vero, avevamo paura, c’erano gli allarmi e le bombe… Ma almeno ci potevamo vedere, stare insieme!». Ecco.

Consultant di Praxis Management, Contributor di News & Customer Experience e insegnante della scuola secondaria di primo grado. Classe 1992, si laurea in Filologia italiana a pieni voti con lode presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Dopo un periodo di insegnamento, ha fatto esperienza all'estero come collaboratrice a un progetto a sostegno dell'infanzia vulnerabile in Uganda per tutto il 2018, dedicandosi alla formazione dei docenti di una scuola locale. È appassionata di educazione, formazione, letteratura, arte e musica.