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CUSTOMER EXPERIENCE VS COMPLESSITÀ

La semplicità è una complessità risolta

Constantine Brâncuși

Lo sanno bene sempre più aziende in tutto il pianeta che hanno scoperto che la semplicità può spingere la propria impresa a una crescita a doppia cifra o il gran potere che essa ha nel tirar fuori dai guai la propria organizzazione, così affannata in processi produttivi, distributivi, di vendita e, alla fine, decisionali troppo complessi.

Nell’Era del Cliente, però, i leader sono davvero coloro che con energie e carisma hanno fatto una lotta senza quartiere, nella loro azienda, contro la complessità – la dimensione “complessa” o, per dirla con Brâncuși, “non risolta” – che aumenta “da sola” nell’impresa, come esito quasi naturale dello sviluppo e alla quale spesso segue una smisurata crescita organizzativa, di livelli gerarchici, di comunicazione, di riunioni infinite…

La semplicità non è affatto facile e per conquistarla occorre lavorare sodo: la semplicità, infatti, non è il risultato di semplici “semplificazioni”.

Le aziende cliente centriche, che puntano sulla Customer Experience e che coinvolgono tutto l’ecosistema aziendale nella centricità dell’esperienza del Cliente, nei touchpoint nei quali più si realizzano le promesse del brand, diventano aziende “semplici”, anche se di grandi dimensioni.

Perché?

Semplice… è il cliente stesso che cerca “spasmodicamente” la semplicità nelle risposte al suo bisogno/desiderio, nella facilità ad accedere all’offerta che ad esso risponde, nella piacevolezza che, senza semplicità, sarebbe negata.

Il lavoro per offrire ai propri clienti una Customer Experience superiore porta, in dote, questo splendido regalo: la semplicità. E con essa crescita a volte strepitosa.

L’importanza delle soluzioni alternative: VORREI, MA NON POSSO… PERÒ…

Vi abbiamo da poco scritto dell’importanza e del potere di una cultura del “sì” all’interno dell’azienda e in tutto il suo ecosistema (leggi qui).

Siamo sicuri che molti di voi, leggendo, saranno stati combattuti tra un’attitudine – irrimediabile – da clienti, per la quale “Accidenti, sarebbe bello sentirsi dire sempre di sì” e un’altrettanta irrimediabile inclinazione da chi sta dall’altra parte a pensare che “Bè, dire sempre di sì, però, è davvero impossibile”.

Bene, è vero. O meglio, dire sempre sì, a volte, è davvero impossibile. Ma, come in ogni situazione, “c’è modo e modo”. E c’è sempre un “ma”. Quando la cultura dell’azienda è impregnata dall’attitudine a “La risposta è sì, ora, qual è la tua domanda?”, anche quando effettivamente non c’è modo di rispondere positivamente, si può trovare una soluzione che accontenti il Cliente. Qualcosa come “Ci dispiace enormemente, non è possibile, ma… possiamo fare in questo altro modo!”.

virgin hotel chicagoEcco quello che è successo a un cliente del Virgin Hotel di Chicago, affamato proprio in quelle poche ore che il ristorante dell’albergo chiude (a causa di una legge della città che impedisce ai ristoranti di rimanere aperti 24/24ore). Alla domanda se Miss Ricky’s (il nome del locale) fosse aperto, la risposta DEVE per forza essere no. Per legge, pure. MA… Ecco la risposta dell’addetto al cliente: “Mi dispiace, ma Miss Ricky’s non riaprirà prima delle 6. In ogni caso, ho una lista di spuntini che possono essere preparati in qualunque momento del giorno e della notte dalla nostra cucina. Posso farglieli portare direttamente in camera, o, se preferisce mangiare seduto, posso aspettarla nella lobby e prepararle un tavolino”.

Quando la risposta non può che essere no, una soluzione alternativa e delle sincere scuse possono sicuramente attutire il colpo e creare nel cliente la sensazione che la sua esperienza sia davvero al centro dell’attenzione dell’azienda.

CULTURA DEL “SÌ” E CUSTOMER EXPERIENCE

Come clienti, siamo spesso abituati a sentirci rispondere, a specifiche richieste, con un sonoro, deciso e inappellabile “no”: “Non ce ne occupiamo in questo reparto!”, “Qui non funziona così!”, “Purtroppo non possiamo aiutarla…”, “Non è di nostra competenza!”… e così via.

Bene, la verità è che, invece, rispondere sempre “sì” va a vantaggio di una Customer Experience superiore. Sicuramente si tratta di una questione di cultura del brand: deve essere nelle sue corde, nella sua stoffa.

Quando un brand ha in sé la cultura del sì, sarà oltretutto più facile, per quei dipendenti che – generalmente – trovano sempre una scusa per dire “no”, essere affascinati dai colleghi “sì”, tanto da volerli imitare.

Un breve esempio raccontato da un dipendente dell’hotel ristorante a cinque stelle The Inn at Little Washington (a Washington, Virginia): una coppia di giovani sposi arriva all’hotel per festeggiare l’anniversario per un weekend lungo. Lei si accorge di aver dimenticato a casa la valigia con l’abito che aveva scelto per la cena, a otto ore di auto di distanza. Senza essere interpellato, un altro dipendente dell’hotel si presenta all’entrata su un’auto, pronto a partire per la città degli ospiti, ritirare il bagaglio e riportarglielo in tempo per la cena. Nessuno gli aveva chiesto niente: semplicemente aveva fatto talmente sua la cultura del servizio della sua azienda che non aveva avuto la minima esitazione nel trovare una soluzione al problema degli sposini.

Inutile parlare della loro sorpresa e gioia all’udire di tanta inaspettata e inusitata disponibilità.

L’episodio raccontato viene più volte citato dal dipendente-testimone del fatto il quale, tanto colpito dal gesto, lo prese come esempio da seguire.  Il suo lavoro migliorò così tanto che fece velocemente una brillante carriera, ma questo è un dettaglio.

Una cultura del “sì” impegna ciascuno, nell’ecosistema aziendale, a mettere al centro del proprio lavoro il Cliente e la sua concreta esperienza quando si relazione con il brand.

Se rispondere “sì” non è possibile non dimenticate di proporre soluzioni alternative come vi spieghiamo qui

IL CLIENTE DEL CLIENTE AL CENTRO… ANCHE IN ASCENSORE!

Immaginate questo scenario:

Una spiaggia di finissima sabbia bianca, l’oceano infinito più blu, un meraviglioso hotel affacciato sul mare dove state passando le vostre meritate e sudate vacanze. Dopo una lunga giornata visitando i dintorni, rientrate alla base. La giornata è stata incredibile, avete avuto una giornata splendida, avete scoperto angoli di mondo che mai avreste immaginato, siete anche riusciti a mangiare pesce fresco in un localino tipico che vi ha dato l’occasione di immergervi nella cultura locale. Fuori fa caldo e arrivando in albergo una sorridente receptionist vi offre una limonata fresca per dissetarvi. L’aria piacevolmente condizionata della hall vi ritempra dall’affanno del calore esterno. Improvvisamente, vi accorgete di avere urgente necessità di rientrare nella vostra stanza, che sta al dodicesimo piano del grattacielo dell’albergo. Vi avvicinate all’ascensore: ce ne sono due. Schiacciate il pulsante di chiamata e guardate impazientemente l’indicatore del piano. Vedete che uno dei due ascensori è fermo al quarto e che l’altro sta iniziando la sua discesa verso di voi dall’ultimo, facendo lunghe pause ad ogni piano. Iniziate a essere un po’ nervosi, perché avete decisamente urgenza di rientrare (aspettate una telefonata, dovete andare in bagno, avete un appuntamento…). Ma l’ascensore sembra non volersi affrettare, nonostante il vostro continuo schiacciare il pulsante di chiamata. Intanto l’altro, che prima era fermo, inizia la sua risalita fino all’ultimo piano…

Il disagio creato in questo frangente, a seconda delle conseguenze che può generare, può rovinare una giornata fin lì perfetta in ogni dettaglio. E l’unico responsabile che additerete è proprio l’hotel!

Il punto è che la Customer Experience è affare di tutto l’ecosistema aziendale.

Citando il nostro glossario, leggiamo: “L’ecosistema aziendale è la complessa rete di relazioni che unisce i dipendenti e i partner di un’azienda e che determina la qualità di tutte le interazioni con i Clienti. Front Office, Back Office, fornitori, consulenti, partner contribuiscono a fermare, influenzare, migliorare (o peggiorare?) la Customer Experience del Cliente”.

Sicuramente, fanno parte dell’ecosistema aziendale dell’hotel (o, più presumibilmente, dell’azienda titolare della catena alberghiera) anche l’installatore e/o il manutentore dei suoi ascensori. Quello che si è qui verificato è una mancanza di allineamento tra l’uno e l’altro sul tipo di esperienza che l’ospite dovrebbe vivere e che, certo, non prevede attese così lunghe. Una più precisa sincronia degli ascensori avrebbe probabilmente evitato la seccatura a voi e a chissà quanti ospiti del vostro albergo. Attività che, però, non può essere svolta se non c’è una coerenza di sguardo e di obiettivi da parte dell’azienda e di questa specifica parte dell’ecosistema.

Agenzie di comunicazione, stampatori, logistica, softwaristi: sono tutte attività generalmente “delegate” all’esterno. Anche loro devono essere coinvolti e farsi coinvolgere su quello che è l’obiettivo finale dell’azienda loro cliente: la progettazione di una Customer Experience coerente e soddisfacente per il cliente finale. Solo così entrambi potranno avere successo nell’Era del Cliente.

AAA PERSONE INFLUENZABILI CERCASI

Ci sono delle persone che, assai più di altre, sentono come si sentono gli altri!

È come se avessero una tale capacità di immedesimarsi che sembrano davvero vivere l’esperienza degli altri fino quasi a vedere, sentire, giudicare come loro: come se avessero gli stessi pensieri, la stessa visione del mondo, gli stessi amici, la stessa età…

recitazione..Succede all’attore che vive il suo personaggio non solo quando recita, ma anche nei mesi nei quali deve entrare nella parte; succede all’imprenditore che soffre quando vede nella propria azienda qualcosa che è fatta male per il proprio cliente; succede al cameriere che sa fare la proposta giusta quasi conoscesse i nostri gusti e il nostro livello di fame; succede al maestro che davvero sa quello che vive il discepolo e succede soprattutto e clamorosamente agli innamorati: “Solo chi ama conosce”, diceva Sant’Agostino. Solo chi ama sa, davvero, dell’altro.

Proprio qui sta il punto! Questa capacità di immedesimazione non è solo, per così dire, tecnica (“Conosco i fattori che caratterizzano l’esperienza di un’altra persona”), ma è adesiva, cioè davvero si attacca, vuol tenere in conto l’esperienza dell’altro e agire di conseguenza. Si tratta di persone impressionabili, che lasciano, cioè, che l’esperienza dell’altro si attacchi a sé. Sono disponibili a lasciarsi influenzare dall’esperienza dell’altro, sono disponibili a farsi imprimere dentro di sé qualcosa per cui creare, agire, risolvere!

Questa disponibilità a lasciarsi influenzare (come gli innamorati sanno benissimo) è proprio il motore della conoscenza dell’esperienza dell’altro. Insomma, senza questa colla, dell’altro (cliente incluso) si comprende…poco!

La profondità di comprensione che queste persone hanno di noi, ci fa sentire, davanti a loro (che si tratti del cameriere, del maestro o dell’imprenditore) come vinti, piacevolissimamente vinti. Cosicchè questa capacità di immedesimarsi, questa impressionabilità, questa disponibilità a lasciarsi influenzare vince, ci vince, ci conquista. Persone così diventano i leader della Customer Experience: sentendo sulla propria pelle l’esperienza che il cliente vive, sanno lavorare per offrire una Customer Experience superiore. La Customer Experience è in effetti un affaire di metodo e immedesimazione.

Il metodo è quasi ingegneristico: rigorosità nel formalizzare le promesse del brand, ricerche per conoscere il cliente, individuazione dei touchpoint e di tutte le occasioni di relazione cliente-brand, analisi dei bisogni e desideri e realizzazione facile e piacevole dell’offerta per rispondervi.

Ma questo non basta: occorre, appunto, immedesimazione affinché la qualità di questo lavoro ingegneristico conduca davvero all’effetto di una Customer Experience superiore.

Ecco la novità di questa Era del Cliente: l’immedesimazione non avviene con un cluster, ma proprio con l’esperienza concreta che vive il singolo cliente.

Così, come nell’Era del Marketing e dell’Informazione, quella che secondo la Forrester Research ci siamo ormai lasciati alle spalle (approfondimento), era importante la rigorosità della definizione delle caratteristiche che contraddistinguevano varie classi di clienti per segmentare adeguatamente l’offerta, nell’attuale Era del Cliente, caratterizzata dalla possibilità di accesso a un’offerta quasi infinita e multicanale, la leva vincente è proprio l’esperienza viva e concreta del cliente quando si relaziona con il brand.

Ecco che, allora, questa capacità di immedesimarsi diventa un fattore di selezione decisivo non solo per chi si occupa di Customer Experience o per ruoli di vendita o di servizio vicino al cliente, ma per tutti i protagonisti dell’ecosistema aziendale, compreso il back office, che deve agire secondo un approccio Outside in (approfondimento), ovvero cliente-centrico.

Certamente questa capacità di immedesimarsi con il cliente dipende da molti fattori di esperienza, di educazione, di cultura, di personalità e temperamento. Moderne generazioni di test permettono con un’affidabilità davvero sorprendente di predire e misurare questa attitudine immedesimativa sempre più importante nelle nostre aziende.

Mario Sala


INTERVIENI ANCHE TU SUL TEMA DELL’IMMEDESIMAZIONE LANCIATO DA MARIO SALA:

SCRIVI A press@newsandcustomerexperience.it

Gli interventi:

– Gabriele Mancosu, esperto di Fast Casual:

Piatti più buoni e veloci se cuoco e cliente di guardano…

– Luca Castagnetti, commercialista e advisor di iniziative imprenditoriali:

Se anche il commercialista dice che l’influenza fa bene…

– Teddy500, la scuola d’impresa del Gruppo Teddy:

Fast Fashion: la competizione si gioca su relazione, immedesimazione e fattore umano


Italian Customer Intelligence, in collaborazione con il neuroscienziato Professor Giovanni Sartori dell’Università di Padova e Demetrio Macheda, autore di “Il modello Skill View. Valutazione e sviluppo dei talenti” (edito da CUI nel 2014), propone un test per la valutazione della capacità immedesimativa e delle skills a essa correlate che, in forma ridotta e gratuita, è disponibile per i lettori di News & Customer Experience.

UNITED AIRLINES: UN’AMICIZIA A SENSO UNICO

Ancora una volta, oggi, vogliamo ribadirvi l’importanza di offrire ai propri clienti una Customer Experience coerente con le promesse che il Brand, in modo implicito o esplicito, veicola. Questa coerenza è “affare” di tutti i reparti dell’ecosistema aziendale che, se non sono fra loro allineati nell’obiettivo comune di offrire al cliente un’esperienza superiore alle sue aspettative, rischiano, addirittura, di rendere quella stessa esperienza disastrosa.

Vediamo il caso di una recente campagna della United Airlines, compagnia aerea degli Stati Uniti.

Gli attori di questa vicenda sono: il reparto marketing, le hostess di volo, il customer service e una passeggera con titolo di “Frequent Flyer”.

Ma andiamo con ordine.

United Airlines lancia la campagna, una rivisitazione di una precedente, “Fly the friendly Skies”, letteralmente “Vola i cieli amichevoli”. La campagna, rivolta ai cosiddetti 1K, ossia quei passeggeri che volano ogni anno almeno 1000 miglia, viene promossa, tra le altre cose, via email. Ecco il testo:

Dal decollo all’atterraggio, ti mettiamo al primo posto.

Stiamo lavorando duro per darti il prodotto e il servizio che desideri, offrendoti l’esperienza di viaggio che ti aspetti e che ti meriti. È questo nostro impegno che ci ha ispirato nel reinterpretare il nostro famoso motto “Fly the friendly Skies”. “Friendly”, “amichevole”, oggi significa molto più di quanto non abbia mai significato. Significa essere “user-friendly”. In altre parole, “flyer-friendly”. Ti offriamo un ineguagliabile network globale con una vasta offerta di prodotti, la migliore tecnologia e, ovviamente, il miglior customer service”.

L’email viene ricevuta da una passeggera Frequent Flyer che, proprio quel giorno, parte per un viaggio (un volo da una parte all’altra degli Stati Uniti). La passeggera, quando viaggia, ama rilassarsi. Una volta salita a bordo, memore dell’email appena ricevuta, chiede a una hostess di poter avere una copertina per non prendere freddo. Dopo averle chiesto dove fosse seduta, la hostess comunica alla passeggera che le coperte sono riservate ai viaggiatori in business class. La passeggera prova a far presente alla hostess che la United le aveva promesso ben altro trattamento, dal momento che è una Frequent Flyer, ma tutto ciò che ottiene è l’impegno ad abbassare l’aria condizionata.

L’aereo non è ancora partito e la passeggera, indispettita, prova a contattare telefonicamente il customer service a lei dedicato. Spiegata la problematica all’operatrice, quest’ultima le chiede di poter parlare direttamente con la hostess. Il risultato? Da una parte, la passeggera ottiene la coperta, dall’altra, il personale di bordo si dimostra estremamente scocciato dall’episodio, tanto da evitare la signora al momento del passaggio con le bevande. “Bell’amicizia..!”, verrebbe da dire!

Il problema in questo caso è una mancanza di allineamento tra i vari reparti dell’organizzazione di United Airlines. Ne consegue che uno di essi (il personale di volo), non avendo le informazioni necessarie (ma neanche i mezzi – non avendo neanche abbastanza coperte per soddisfare tutti i  passeggeri), non mantiene le promesse della compagnia, disattendendo le aspettative dei suoi passeggeri e instaurando una serie di conseguenze a cascata deleterie per l’azienda (un passaparola negativo o il passaggio a un competitor, solo per citarne un paio).

Come rendere le promesse del brand chiare all’interno dell’ecosistema aziendale in modo che ogni reparto si senta coinvolto nell’offerta di una Customer Experience superiore? Te lo illustra Italian Customer Intelligence all’interno del seminario “Offrire ai propri clienti una Customer Experience superiore: 6 mosse in 6 mesi“, la seconda edizione del quale inizierà ad Aprile. Clicca qui per più informazioni.
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CUSTOMER EXPERIENCE OFFICE: COERENZA DI PENSIERO, PROPOSITI E AZIONE

Sostenere il proprio pubblico è difficile. È una cosa che richiede coerenza di pensiero, propositi e di azione in un lungo periodo di tempo.

Bruce Springsteen

 

Era del Cliente. Era della Customer Experience intesa come l’unico strumento in mano delle aziende e dei brand per conquistare i clienti, la loro fedeltà e il loro passaparola.

Customer Experience che oggi non può essere forte solo in negozio: con la possibilità di connessioni 24 ore su 24, tutti i giorni, il cliente ha costante accesso al brand in maniera sempre più facile e rapida. Le aspettative del cliente di trovare una flessibilità e una chiarezza nell’esperienza che vive, che essa inizi per strada passeggiando, in un negozio, attraverso uno spot in radio o in tv, su internet o con una app, sono sempre più alte.

Perché il cliente ottenga quello che si aspetta è necessario che l’intero ecosistema aziendale giochi nella stessa squadra. Marketing, commerciale, IT, legal, finance, operation, HR, logistica, assistenza pre e post vendita: tutti devono assicurarsi di essere in linea con le promesse del brand e insieme di essere coerenti l’un l’altro.

L’ecosistema aziendale, quindi, ha l’imperativo di analizzare e di svolgere le proprie mansioni considerando la prospettiva del cliente all’interno del proprio reparto, prima, e, poi, in allineamento con gli altri componenti dell’azienda. Da qui l’importanza di un Customer Experience Office, “condotto” da chi in azienda possa avere una visione generale di tutte le operazioni, che riunisca nella stessa stanza tutti i responsabili di divisione con il fine di condividere strategici piani cliente-centrici in linea con l’identità e le promesse del brand.

Ricordando che “la Customer Experience è un viaggio, non una destinazione”.

Una tappa del percorso proposto da Italian Customer Intelligence per offrire una Customer Experience superiore sarà dedicata proprio alla creazione in azienda di un Customer Experience Office.

Scopri di più sul percorso

IL VERBO TO ENGAGE E L’ARGENT DI PEGUY!

Ogni azienda è, in fondo, un ecosistema. E come tutti gli ecosistemi aperti si regge su un equilibrio dinamico. Il grado di apertura dell’ecosistema (e un’azienda è per sua natura un sistema aperto al mercato) influisce sulla dinamicità dell’equilibrio necessario alla sua stessa esistenza.

Divertitevi ad andare in un negozio e a segnare su un foglio tutto quello che il cliente può vedere, toccare, ascoltare, sentire…

In breve supererete le 150 cose. Ogni cosa che, quindi, il cliente vede, tocca, ascolta, sente è generata, fatta, prodotta da un numero di persone che spessissimo il cliente non vede (e viceversa!). Per ogni cosa potete ricostruire l’ecosistema aziendale che, a volte assai inconsapevolmente, la produce e la sovraintende (si trattasse di un profumo nell’aria del negozio, di una T-shirt, di uno sconto, di un display, di uno specchio, di una vetrina, della dicitura della privacy per ottenere il consenso a mandare mail…bè…arrivate a 150!)

Quanto più riuscirete a dar visibilità all’esperienza del cliente presso l’ecosistema aziendale che la influenza, tanto più potrete aprire al cliente il vostro ecosistema aziendale, coinvolgendolo in un approccio davvero outside in.

Strisce

L’operazione non è sempre semplice per vari motivi:

a) I commerciali spesso si ritengono gli unici depositari dell’esperienza e della voce del cliente e vogliono essere loro a comandare l’ecosistema e non lasciarlo fare al cliente, ritenendo spesso di capire meglio del cliente che cosa “davvero” desideri.

b) Non si ha chiarezza sui touchpoint del cliente con l’azienda in tutte le tappe del suo viaggio: quando il cliente scopre il brand, quando valuta qualcosa, quando acquista, quando utilizza quello che ha comprato e quando chiede assistenza. Ciascuna “tappa” ha decine e decine di touchpoint spesso trascurati e influenzati più o meno consapevolmente da reconditi pezzi di ecosistema aziendale.

c) Non è facile coinvolgere le persone nell’esperienza del cliente. Spesso i “capi” chiedono attenzione verso se stessi piuttosto che verso ciò a cui loro dovrebbero soprattutto guardare e pensare: al cliente.

Questo “problema” del coinvolgimento delle persone è molto sentito: addirittura esiste un’associazione “Engage For Success” parecchio seguita. E il verbo to engage è diventato di moda nella parlata dei manager. Come se occorresse “farla tanto lunga” per coinvolgere, chiedere impegno, energia, forza, creatività, si…in una parola …per lavorare!

Già Peguy, nel 1914 si lamentava con se stesso di farla troppo lunga, nel bellissimo pezzo della sedia tratto da “L’ Argent” (http://praxismanagement.it/praxis-management-likes/). Ma è questo lo spirito che tanti sanno vivere e suscitare ancor oggi.

SE LO SCONTO NON PASSA IN CASSA…

Immaginate di aver trovato un bel coupon per uno sconto nel vostro negozio preferito su una rivista. Immaginate di aver aspettato tutta settimana che arrivasse il weekend quando, con tutta tranquillità, avreste potuto recarvi allo store per fare un po’ di meritato shopping ristoratore. Immaginate una bella giornata di sole e la prospettiva di un’oretta da passare tra scaffali e grucce alla ricerca del capo che meglio vi sta indosso.

È tutto perfetto: il negozio è in ordine, le commesse sono allegre e sorridenti, trovate moltissime novità tutte molto graziose, c’è la vostra taglia e i capi indosso vi stanno un incanto. In più, il vostro coupon vi consente di non dover fare dolorose scelte tra un capo e l’altro perché con lo sconto ve li potete tranquillamente permettere tutti. Tutto fila liscio e siete davvero molto contenti. Anche in cassa non c’è coda!

Ma quando vi avvicinate per pagare e porgete il coupon, l’orrore! Un’espressione interdetta della cassiera vi fa comprendere al volo che c’è qualcosa che non va: non riconosce lo sconto. Non conosce la promozione promessa, non è informata. E non è una questione di errore, perché il coupon è chiaro: sconto del 50% da utilizzare su acquisti effettuati proprio in quel weekend. La cassiera è davvero dispiaciuta, si confronta con le colleghe, ma non c’è niente da fare. Lo sconto è sconosciuto e quindi non può essere applicato. Non c’è neanche da prendersela con lei che, molto affabilmente, promette di informarsi con l’azienda non appena riaprono gli uffici il lunedì.

E così, un’esperienza che era stata davvero perfetta, se non addirittura superiore alle vostre già molto rosee aspettative, crolla inesorabilmente quando ormai il gioco sembrava fatto.

Il tutto a causa di un mancato allineamento dell’ecosistema aziendale che, non si sa ancora per quale motivo, ha mancato di informare tutti i reparti coinvolti nella tappa “acquisto” del viaggio del cliente della nuova promozione.

Ecosistema aziendale non allineato e promesse del brand non mantenute: due delle maggiori cause di delusione – spesso irrevocabile – delle aspettative dei clienti. Ricordando che l’80% dei consumatori non tornerà più dal brand che non l’ha soddisfatto, rivolgendosi, nel 64% dei casi, a un competitor.

Italian Customer Intelligence ti aiuta a individuare il modo migliore per allineare il tuo ecosistema nell’offerta di una customer experience che risponda alle promesse del tuo brand. Scrivi a info@italiancustomerintelligence.it

SE CALANO I PROMOTER CALA ANCHE LA CUSTOMER EXPERIENCE (E VICEVERSA)

A livello globale la percezione della customer experience è ancora calata fra i clienti delle banche: è il secondo anno consecutivo. Lo attesta l’attesissimo World Retail Banking Report 2015 pubblicato da Capgemini ed EFMA.

Il report ricalca, per alcuni aspetti rilevanti, quello delle assicurazioni (leggi qui). Anche fra i clienti delle banche, infatti, la generazione Y è quella che guida la richiesta di cambiamenti, dimostrandosi la più propensa a cambiare banca nei prossimi sei mesi, spesso a vantaggio di concorrenti non bancari come per esempio operatori della grandi distribuzione, crowdfunding, finanziatori peer-to-peer.

L’offerta di una customer experience “poor” ha come drastica conseguenza il calo dei “promoter”, cioè di quei clienti entusiasti e affidabili che innescano un passaparola virtuoso, efficace e assai più influente delle comunicazioni “istituzionali” (approfondisci qui).

Addirittura, i clienti che non si sentono di raccomandare la propria banca sono saliti del 9,7% nel 2014 rispetto all’anno precedente nell’Eurozone e l’improbabilità di acquistare un secondo prodotto della propria banca è cresciuta del 29%.

Un altro fattore problematico è risultato quello della difficoltà/capacità delle filiali bancarie e del loro personale di indirizzare i clienti verso canali con un costo più competitivo. La difficoltà di coinvolgere tutto l’ecosistema aziendale nell’esperienza del cliente (approfondisci qui) risulta essere al contempo l’ostacolo più rilevante e il settore più meritevole di investimenti a favore dell’esperienza del cliente.

“Customer Experience is not for free!” (ma genera profitti e abbatte costi: leggi qui)

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