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Da Spotify a Tim, i nuovi trend per coinvolgere il cliente

Spotify è uno dei più importanti e famosi portali di musica on demand. L’idea nasce nel 2006, ma viene lanciata nel 2008 da una startup svedese: Spotify AB. In pochi anni ha un successo incredibile e si colloca come una delle migliori piattaforme dove poter ascoltare musica. Ciò che ci spinge a parlare di Spotify è la campagna lanciata nel 2019: Spotify Wrapped.

Qualcuno se lo ricorda? In diversi social hanno incominciato a girare immagini, screenshot, sulle statistiche personali di ciascun utente. Quali brani avevamo ascoltato di più? Quale genere musicale ci rappresentava meglio?  E così via… un vero e proprio regalo che Spotify faceva ad ogni utente.

Un regalo che in fondo diffondeva consapevolezza ed emozioni. Perché le statistiche, soprattutto per i primi iscritti, riuscivano a raccogliere dati fino ai dieci anni precedenti. Questa campagna è stata un successo ed è diventata un modo interessante di concepire la pubblicità. Infatti, rivedere le canzoni che erano piaciute significava rivivere dei momenti della vita. Era un ritornare a galla di avvenimenti sedimentati e spesso dimenticati. Perché l’ascolto della musica dipende da uno stato d’animo, perciò quando ci si confronta con dati di questo genere è possibile rivedere i momenti che sono accaduti in passato. Non è un bel regalo questo?

L’inaspettato: l’esperienza della sorpresa

Che cosa rende straordinaria questa campagna? La sorpresa, ciò che emerge dai dati sorprende, lascia le persone senza parole. Si fa l’esperienza dell’inaspettato. Ciò che non attendiamo, e ci si pone davanti in tal modo, permette di vivere emozioni profondissime che ci legano in modo viscerale alla notizia che apprendiamo. Possiamo essere sorpresi, stupiti, possiamo rimanerci male, possiamo addirittura arrabbiarci, perché l’informazione che recepiamo ci stona. È come se ci stessimo ri-guardando allo specchio dopo tanto tempo. Dobbiamo fare i conti con un’immagine di noi stessi che non conoscevamo, ma che può restituirci qualcosa in più di noi, qualcosa che ci può far stare meglio. Ecco che conoscere i dati non è solo un’informazione neutra, ma è un’informazione estremamente carica di significato. Abbiamo vissuto decenni in cui i dati subivano la massificazione. Oggi i dati più rilevanti sono quelli che riescono a descrivere al meglio le caratteristiche che rendono speciale la singola persona.

Molti temono che la personalizzazione dei dati possa essere un fattore negativo, che violi la libertà della persona. Eppure, i dati personalizzati possono essere in grado di sostenere i nostri io frammentati nella massa rendendoci unici, speciali, esattamente in contrasto con l’idea di un’omologazione che relativizza il consumatore. I dati sono fondamentali per creare un legame più stretto e diretto con il cliente.

Viviamo sempre di più la necessità di comprendere il bisogno, la domanda customizzata del cliente. Non possiamo sottostare all’omologazione perché il cliente chiede e desidera sempre di più.

Conoscere i dati e rendere il consumatore più consapevole permette di creare ed istituire un rapporto di fiducia maggiore con il cliente/consumatore. Questo stile di pubblicità fatto ad hoc si sta via via diffondendo, prendendo diverse forme. Anche la Tim sta cercando di rendere i propri clienti consapevoli attraverso pubblicità che condividono dati. Anche se non ancora in una forma personalizzata ad hoc.

Tim insegue i dati

Infatti, se si passa dalla stazione Centrale di Milano si osservano sui mastodontici tabelloni elettronici le pubblicità della Tim. È da poco terminato il Festival di Sanremo, ed ecco che compaiono immediatamente le classifiche, i tweet e le instagrammate più popolari. La cultura dei dati si diffonde, non solo per rendere più efficaci le strategie delle imprese, ma per coinvolgere il cliente, che da spettatore diventa, in questo modo, più protagonista.

Che cosa accadrà in futuro? È quello che ci stiamo chiedendo tutti. Probabilmente le imprese utilizzeranno i dati non più solo per definire le strategie, ma per fidelizzare, per rendere unico e speciale il proprio cliente. Così come ha fatto Spotify, probabilmente un giorno vedremo la stessa cosa replicata in altri settori. Siamo pronti a scoprire le novità che emergeranno in un futuro sempre più vicino.

Andrea Telesca

Consultant di Praxis Management e Contributor di News & Customer Experience. Studia l’applicazione della Customer Experience nel settore dell’Arte, della Cultura e della Comunicazione. Nasce a Venezia nel 1994, frequenta il Liceo Classico, si laurea nel 2016 presso l’Università Bocconi in Economia. Affronta il mondo della comunicazione e del marketing con esperienze trasversali in diversi media (Web TV, Radio, Giornalismo). Inoltre, fonda una delle associazioni studentesche più attive in università: “BFood-Bocconi Students Food Association”. Prosegue gli studi magistrali in Storia dell’Arte presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano ottenendo il massimo dei voti con lode con una tesi intitolata: “Arte Contemporanea Africana, nelle mostre internazionali e nei mercati dell’Arte: il ruolo del critico Okwui Enwezor e l’opera di El Anatsui”. Si avvicina al mondo dei mercati dell’Arte grazie ad una breve esperienza di formazione presso il Sotheby’s Institute of Art di Londra ed in seguito presso la sede milanese della Casa d’Aste Wannenes. mail: andrea.telesca@praxismanagement.it