Antonio Civita è C.E.O. e co-owner di un brand storico, nato nel 1979: Panino Giusto. Abbiamo conosciuto Antonio nel 2012 e fu proprio lui, per la prima volta, a parlarci della ristorazione Fast Casual. Già in quei giorni Antonio Civita prevedeva quella che, oggi, abbiamo chiamato “La bolla della ristorazione a Milano”; è sicuramente il più visionario e, allo stesso tempo, concreto imprenditore italiano nel settore del Fast Casual! Prova ne è lo sviluppo italiano e internazionale che ha saputo dare a Panino Giusto. Il grande sviluppo di Panino Giusto voluto da Antonio si è concretizzato in questi anni ed è tuttora in pieno svolgimento, nuove aperture internazionali sono previste anche per il 2018. Antonio ha certamente favorito e accompagnato questo sviluppo del brand portando innovazione e, soprattutto, un approccio al lavoro tutto orientato all’esperienza del cliente, che ha voluto e saputo instillare in ogni singolo ufficio della sua azienda.
N&CX: Antonio, pensa ci sia un bello in questa competizione?
Antonio Civita: innanzitutto la competizione c’è sempre quando emerge una prospettiva, una “promessa” positiva che tanti riconoscono tanto essa è evidente (e infatti in tanti si buttano per raggiungerla). La prospettiva positiva, nel caso del nostro mercato, è data dal fatto che mentre il mercato generale della ristorazione è super saturo, il segmento cosiddetto Fast Casual cresce proprio “mangiando quote” dalla ristorazione generale. Dove c’è la prospettiva, c’è anche la possibilità di ricchezza, cioè la possibilità di investire in persone, idee innovative e strutture per avere maggiori opportunità di competere bene. Dove c’è “ricchezza”, ci sono risultati, “margini”, investimenti, benessere, sviluppo, occupazione, lavoro, conoscenza, cultura e bellezza. Io ho una concezione di competizione come con-correnza! Cosa vuol dire con-correre? Vuol dire correre insieme! Correre insieme verso un obiettivo. Si corre insieme perché, guardandosi, emulandosi, “invidiandosi”, ci si migliora, si dà il meglio di se stessi a tutto vantaggio del cliente finale. Questo è davvero il bello, si tira fuori il meglio di sé.
N&CX: quindi possiamo dire che tutti i player, i brand vecchi e nuovi che competono, tirano fuori il meglio di loro stessi?
Antonio Civita: chi tira fuori il meglio di sé? Panino Giusto? Princi? Ca’puccino? Spontini? No. Le “aziende” non esistono; sono “finzioni”, sono muri, scrivanie, software. Esistono le persone! Panino Giusto siamo io, le ragazze e i ragazzi nei locali, i manager… Assieme, tiriamo fuori il meglio di noi per una sana con-correnza. Ecco perché guardiamo sempre con rispetto e in fondo con gratitudine ogni competitor. Per la portata di bene che può derivarne per ciascuno di noi. Certo… Mentre ci facciamo reciprocamente del bene… Si compete per la conquista del cliente!
N&CX: qual è l’opportunità che si nasconde dentro la fatica enorme che la competizione implica?
Antonio Civita: quando la competizione è forte, chi “ce la fa”, entra nella storia, “fa” la storia della ristorazione, fa qualcosa di storico e… Positivo! Questa è l’opportunità per il nostro brand e per le persone che ci lavorano.
N&CX: cosa è chiesto oggi a Panino Giusto?
Antonio Civita: a partire da me, noi di Panino Giusto sento che siamo chiamati ad entrare in una “nuova azienda”, a varcare un’altra porta, che ci fa entrare in un’azienda nuova nella quale dobbiamo cercare tutti di farci assumere. Certo tutto quello che abbiamo fatto in questi anni e imparato è un bel biglietto da visita per farci assumere, ma non è sufficiente. Dobbiamo, come tutti, imparare a competere.
N&CX: qual è il premio che questa competizione mette in palio ai brand che dimostrano resilienza?
Antonio Civita: è cambiato il mondo, il cliente, le tecnologie, le infrastrutture, la “concezione” del cibo, del pranzo, della giornata, del benessere: tutto è cambiato! Il premio a chi resiste è quello di chi sa dare il benvenuto a una novità e accoglierla, non difendersi, strafare e… Fallire. A livello di brand e, soprattutto, a livello personale, in un certo senso, impariamo a “stare al mondo” passando attraverso gli errori, guardando gli altri con umiltà, curiosità e desiderio di imparare (Steve Jobs la chiamava “fame”).