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COME UN FIORE INATTESO

Pubblichiamo la prefazione di Alessandro Bracci, ceo di Teddy, a “Si cresce solo per entusiasmo”, di Mario Alessandro Sala

 

Quello che ho imparato lavorando con Mario sul tema dell’entusiasmo del cliente è, paradossalmente, una cosa che non c’entra con il cliente.

C’entra con me stesso e corrisponde a questa domanda: cosa veramente mi entusiasma?

Questa è la domanda cruciale, tipica dell’imprenditore in senso lato, cioè di colui che nella vita, qualsiasi cosa faccia, vuole “menare le mani”,  lasciare un segno nel pezzettino di storia che gli è dato di vivere: vuole che il desiderio di infinito con cui è nato possa trovare almeno un inizio di realizzazione in qualcosa che esca dall’opera delle sue mani o del suo tempo.

E allora si butta nella mischia perchè sente che è lì che infuria la battaglia per la sua felicità:  prende la realtà di petto per trasformarla, disegnarla, renderla adeguata rispetto ai suoi sogni e ai suoi desideri di grandezza, bellezza e di giustizia.

Credo che nessuna impresa sia nata senza la trazione di questa spinta e quindi credo che nessuna impresa possa vivere e crescere se non curando questa trazione soprannaturale di cui alcuni imprenditori sono particolarmente dotati e che sono di esempio per tutti gli altri.

L’entusiasmo del cliente arriva come un fiore inatteso che sboccia da questo entusiasmo dell’imprenditore e di tutte le persone che, con lui, sposano la causa dell’impresa.

Ecco perchè consiglio di leggere questo libro a tutti gli imprenditori…perchè parla innanzitutto a loro.

E’ possibile acquistare il libro in formato cartaceo e in formato digitale ed e-book. 

Ph.Credits – Copertina: Fida Kettunen

 

ONLY THE BEST IS GOOD ENOUGH

La Lego insegna il Braille

A global force for Learning-through-Play è la Vision di Lego Group, l’azienda danese che dal 1932 produce i famosi mattoncini colorati.

Risponde proprio a questa promessa la nuova produzione – che a breve sarà venduta online – del gioco “Lego Braille Bricks”.

Si tratta della linea di mattoncini pensata per i bambini non vedenti – e non solo! – costituita da 287 mattoncini in 5 colori che hanno borchie appositamente create che corrispondono ai numeri e alle lettere del sistema Braille.

L’idea è quella che i bambini non vedenti possano imparare a leggere in Braille divertendosi insieme alla propria famiglia o agli amici. 

E’ questo un approccio nuovo a una inclusività non forzata ma che passa attraverso la semplicità e la forza attrattiva del gioco e del divertimento e la gioia di stare in compagnia, proprio come viene dichiarato nella brand promise dell’azienda.

Non per niente secondo il The Reptrak Company 2023, che stila la classifica delle 100 miglior aziende a livello di reputazione, posiziona la Lego Group al primo posto su scala mondiale.

Guarda qui il video.

MITILLA, LA COZZA DI PELLESTRINA

Federico Menetto: “Un Brand destinato ad espandersi ed estendersi”.

All’avvicinarsi dell’estate emergono sempre più vividi nella mente (soprattutto di chi ancora lavora) profumi, colori, sapori ed emozioni che il mare ci regala.

E allora per anticipare l’appagamento, che speriamo diventi reale a breve, in quelle sensazioni così fresche e genuine abbiamo intervistato Federico Menetto, partner di Lorenzo Busetto, fondatore del Brand Mitilla, la cozza di Pellestrina.

Un brand nato da poco che ha fatto della qualità e della tracciabilità gli elementi di forza.

Perché lo sapevate che le cozze non sono tutte uguali?

Tantissimi prodotti hanno dei parametri certificati che ne definiscono la qualità, pensate al vino o al prosciutto o ancora al formaggio, così anche la cozza ha delle caratteristiche specifiche che la possono rendere “ancora più cozza”.

Bastano pochi minuti per scoprirne il segreto:

D. Ma le cozze sono diverse?

R. E’ una illusione pensare che tutte le cozze siano uguali e che non ci sia possibilità di migliorare il processo di accrescimento. Un lavoro di conoscenza e di approfondimento, di ossessione e di test che è stato fatto in tanti settori agricoli (pensate al vino!) ma non nelle cozze!

Questo è il lavoro che abbiamo fatto a Pellestrina, fino a registrare un marchio nel 2019: Mitilla, la cozza di Pellestrina. Da allora 2 tesi, un sacco di riconoscimenti e premi, e soprattutto abbiamo riportato la cozza a tavola.

D. Da commodity la cozza è diventata Brand. Qual è stata la road map che avete seguito?

R. Il prezzo era diventato insostenibile, complice una importazione dall’estero. Abbiamo puntato tutto sulla sostenibilità e tracciabilità, garantendo un prodotto selezionato, superiore e salubre, che rappresenta un territorio. Lavorando proprio sulle tre variabili della sostenibilità economica, sociale e ambientale, spesso ritenute fuffa, sono tre elementi che gli stakeholder riconoscono e premiano. Oggi Mitilla è leader del mercato con il prezzo più alto, accompagnato da un alto standard di qualità, logistica e salubrità. Il lavoro fatto per Mitilla ha costruito valore per tutta la comunità (nel turismo come è stato rilevato in una tesi della Bicocca) e per gli altri produttori.

D. Quali i prossimi step?

R. Perseguire la vision: vogliamo essere, in Italia e in Europa, punto di riferimento della cultura e dell’eccellenza della cozza in primis e degli altri frutti di mare locali, per diventare leader dell’alta gamma creando opportunità per il litorale di Pellestrina di comunicazione e valorizzazione dei micro-produttori locali che conservano tutti i segreti della pesca tradizionale dei molluschi tipici della laguna e del mare. Un brand che potrà estendersi nell’abbigliamento tecnico, nei prodotti trasformati, nel turismo locale. Molto dipenderà dai partner che incontreremo per la nostra strada che ci aiuteranno ad interpretare al meglio la nostra leadership.

Ed è proprio in questa direzione che Mitilla si sta facendo sempre più riconoscere, grazie al coinvolgimento e alla valorizzazione del suo territorio.

Ne è un esempio l’evento che ha riempito la piazza di Malamocco, a Venezia, sabato 22 luglio, dove si è tentato di superare il Guinness World Records della preparazione, cottura e gratinatura al forno di 20.000 cozze.

E quali sono state le cozze in oggetto? Proprio quelle di Mitilla: 20.000+1, record battuto!

 

WATCHING IS GOOD, EATING IS BETTER

From screen to table.

Watching is good, eating is better l’abbiamo sempre pensato, (chi mai preferisce stare solo ad ammirare un piatto e non gustarselo?) ma quando a dirtelo è Netflix in persona, che ha fatto del “watching” un impero, allora diventa tutto ancora più reale.

Così reale che Netflix ha deciso di aprire a Los Angeles un ristorante nel quale si possono trovare i piatti (e gli chef) che si vedono nelle serie televisive o nei programmi culinari che trasmette.

Gli appassionati delle serie Iron Chef, Nadiya Bakes, Nailed It! e Chef’s Table possono ri-immergersi in una esperienza del tutto nuova, dallo schermo alla tavola, trovando i propri chef preferiti che preparano al momento ricette e cocktail conosciuti solo stando sul divano di casa.

E’ questa una trovata geniale che regala ai fan la possibilità di vivere un’esperienza davvero unica potendo ammirare il dietro le quinte dei programmi culinari.

Non a caso le parole utilizzate come slogan di Netflix Bite, Watching e eating, diventano più vive che mai.

Innovare partendo dalla propria promessa è fondamentale per poter continuamente incollare i fan al proprio Brand, e così Netflix, mantenendo la sua promessa – Entertain the world! – è riuscita a farlo.

 

 

 

… DOPO LE FERIE

Che cosa c’è davvero dietro questa frase che pronunciamo e ascoltiamo così spesso in questi giorni.

Ci siamo: la frase killer “questo lo vediamo dopo le ferie” inizia già a girare nei nostri luoghi di lavoro. Una volta la frase veniva pronunciata dopo il 15 luglio, ma da quando le vacanze sono “intelligenti” e scaglionate essa fa capolino già da qualche settimana.

Il numero di cose che rimandiamo a dopo la pausa estiva è davvero enorme e ha qualcosa di arcano che non sono mai riuscito a decifrare davvero.

Non si tratta infatti di una normale pianificazione di quando trattare un problema, una decisione, un progetto ma questo “dopo le ferie” porta con sé qualcosa che dovrebbe dare a quel problema, quella decisione o quel progetto una nuova visione, una nuova prospettiva … insomma un ingrediente che ci sarà “dopo le ferie” e non ora.

Ovviamente dopo le 2 settimane di ferie sono solo trascorsi 14 giorni e quel problema, quella decisione, quel progetto sono esattamente lì dove erano, non si sono spostati di un centimetro e ci aspettano con immutata insidia, solo più vecchi di due settimane (il che potrebbe anche rendere l’insidia ancor più incalzante).

Ma allora cosa è che attendiamo davvero da queste due imminenti (o quasi) settimane di ferie che ci dà la sensazione che il rimandare problemi, decisioni e progetti possa godere di questa pausa così breve?

Eppure, sappiamo bene che si tratta di soli 14 giorni, conosciamo bene quello che faremo, dove andremo, con chi e come trascorreremo il tempo: insomma, sappiamo già tutto e – sotto sotto – conosciamo l’amara verità che ritroveremo le cose esattamente come le abbiamo lasciate. Ma allora che cosa attendiamo con una vaga speranza?

Lo dice in modo sublime Eugenio Montale nella sua poesia “Prima del viaggio”.

Il poeta descrive minuziosamente i preparativi prima di un viaggio-vacanza durante i quali monta, nel suo animo, l’aspettativa che quegli stessi preparativi evocano per l’imminente avventura per poi chiedersi che cosa sarebbe stato – al ritorno- del suo viaggio … e conclude: “un imprevisto è la sola speranza”.

Ecco che cosa attendiamo e che ci fa rimandare “a dopo le ferie” problemi, decisioni, progetti: la speranza di un imprevisto!

Montale descrive benissimo tutti noi, prima di un viaggio, prima di un incontro, prima del lancio di un prodotto: giustamente pianifichiamo tutto, controlliamo, verifichiamo le nostre check list … ma qualcosa dentro di noi ci dice che un evento inaspettato è la sola speranza, un colpo di genio, un errore voltato a nostro vantaggio, solo questo ci salva dalla bolla del già conosciuto in cui siamo immersi!

In fondo, questo “dopo le ferie”, non è affatto l’odiosa pratica del rimandare a domani quello che si può far oggi, ma altro non è che lasciar spazio a questo imprevisto, così atteso eppur sconosciuto!

PIZZA HUT E I NINJA

Una consegna speciale

Il colosso statunitense Pizza Hut, che conta ormai più di 130.000 negozi in 110 Paesi, ne ha pensata un’altra per essere sempre al passo con i ritmi frenetici e innovati della grande mela.

In onore della prossima uscita, ad agosto, di “Teenage Mutant Ninja Turtles: Mutant Mayhem”, Pizza Hut ha deciso di promuoverne la campagna attraverso la consegna sottoterra della sua pizza.

Nella stazione metropolitana di Union Square a New York, per un periodo di tempo limitato, in quella che sembra una casa immaginaria delle formidabili Tartarughe Ninja, se si manda un messaggio a una linea dedicata con l’emoticon di una tartaruga, si riceve in pochi minuti una pizza calda e fumante direttamente dai ragazzi di Pizza Hut.

La partnership tra Pizza Hut e le tartarughe Ninja dura da tanti anni ormai, ma questa volta la creatività e l’innovazione hanno davvero sorpreso e fatto incollare gli appassionati della pizza americana, e non solo, al loro Brand. 

“Con questa nuova collaborazione, abbiamo voluto rendere omaggio alle origini delle Tartarughe e al loro amore per la pizza, infondendo anche punti di contatto moderni e una visione divertente e creativa delle consegne di pizza, nella vita reale e attraverso i giochi di realtà aumentata“, queste le parole di Lindsay Morgan, chief marketing officer di Pizza Hut.

Non solo la consegna underground ma sono stati anche inventati un packaging per la pizza, rigorosamente a tema cinematografico, e un innovativo gioco in realtà aumentata, chiamato Pizza Power.

Insomma, questa volta Pizza Hut ha voluto fare le cose in grande per le sue tartarughe!

Guarda qui il video dell’iniziativa.

QUOTE BY HUBSPOT

 

“If you’re just doing your job you’re not doing your job”.

Grande verità trovata nella Culture of Deck di HubSpot, l’azienda statunitense che ha sede a Cambridge, nel Massachusetts, e che ha quasi 2000 dipendenti grazie allo sviluppo di una piattaforma di Business Automation che ha conquistato i clienti di tutto il mondo.

 

COME AMAZON, MEGLIO DI AMAZON

È iniziata la corsa per la consegna in giornata

I retailer hanno davvero grandi piani per la consegna in giornata: sembrano assolutamente decisi a colmare questo divario col colosso di Seattle, la più grande Internet Company del mondo.

È questa, in sostanza, la notizia che si desume da un rigoroso e completo sondaggio fra 500 Retailers di “2022 Bringg Barometer: State of Retail Delivery & Fulfillment” condotto negli Stati Uniti, nel Regno Unito, in Canada, in Germania, in Francia e in Italia.

Ben il 99% dei Retailer intervistati afferma che ha avviato piani e investimenti per effettuare consegne in giornata entro i prossimi tre anni, rispetto al 35% in grado di farlo oggi.

I retailer che attualmente non offrono la consegna in giornata affermano, per il 36%, di non avere ancora la tecnologia adeguata, citando la visibilità dell’ordine in tempo reale come ostacolo più rilevante, mentre il 24% cita l’oggettiva distanza dei propri magazzini.

I retailer sono quindi in corsa per una rilevante maggior agilità e fiduciosi di raggiungere significativamente il traguardo della consegna in giornata, considerato ormai irrinunciabile per competere con le proprie reti e non retrocedere in rischiose posizioni marginali.

Guy Bloch, Ceo di Bringg, indica come vero fattore al contempo critico e vincente, ancor più che l’innovazione tecnologica, la capacità di stringere coi fornitori partnership sempre più forti e coese.

La tremenda profezia per la quale tutti, dal giornalista all’artigiano, alla fine lavoriamo tutti per Amazon e Google trova con questa “promessa” di 500 retailers … una, spesso gradita, smentita!

AMAZON STYLE (O L’ALGORITMO IN CAMERINO)

Apre in California il primo fashion store fisico di Amazon: la sfida, l’entusiasmo e… l’algoritmo

Amazon Style, il primo negozio di abbigliamento, scarpe e accessori sia per donna che per uomo, aprirà entro l’anno presso The Americana at Brand, un centro lifestyle a Glendale, in California. Pensato per far vivere una esperienza di shopping high-tech, l’assortimento proverrà da centinaia di marchi, ovviamente scelti dai feedback forniti da milioni di clienti che acquistano su Amazon.com

 La maggior parte dei prodotti sarà fuori dalla vista del cliente e conservata nel retro del negozio perché solo un campione di ogni articolo verrà esposto sul piano di vendita: questo consentirà ad Amazon Style di proporre assai più del doppio del numero di articoli dai negozi di abbigliamento delle sue dimensioni.

Il cliente dovrà “per forza” scaricare e utilizzare l’app Amazon Shopping perché è l’unico modo – attraverso la scansione del codice QR dell’unico campione dell’articolo esposto – di conoscere taglie e colori disponibili, oltre che “la storia e le caratteristiche tecniche dell’articolo” e le immancabili valutazioni dei clienti che hanno già avuto esperienza dell’articolo in questione.

Un semplice click consentirà al cliente di trovare l’articolo scelto – nella taglia e nel colore selezionato – in camerino per la prova o direttamente in cassa (in realtà un banco ritiro appositamente predisposto).

L’esperienza di acquisto continuerà in camerino, grazie a un touch screen, attraverso il quale il cliente potrà provare ulteriori taglie o colori ma, soprattutto, apprezzare ciò che istantaneamente, a partire da ciascuna scelta, l’algoritmo di Amazon suggerisce come ulteriori opzioni in abbinamento o in alternativa.

Amazon Style si aggiunge agli altri store fisici di Amazon (Amazon Go, Whole Foods Market, Amazon Books, Amazon 4-star, Amazon Fresh e Amazon Pop Up stores) che rappresentano la scommessa, a detta di molti “impossibile”, di duplicare veramente l’esperienza di acquisto online in un negozio fisico.

Raggiante, Simoina Vasen, General Manager di Amazon Style, nella presentazione del nuovo store, parla di una finalmente perfetta integrazione che “combina il meglio dello shopping su Amazon.com con l’impareggiabile valore di toccare e provare gli articoli per mettere alla prova una perfetta vestibilità ”.

È forse questo un altro punto di non ritorno che sfiderà i retailer dell’abbigliamento globali a inseguire Amazon che crea delle abitudini di acquisto al cliente che poi egli “pretende” vedere in tutti gli altri brand che preferisce.

La piramide della Customer Experience, proposta da Bodine e Manning nel loro best seller Outside In, ricapitola in soli tre cluster le infinite sfumature con il quale i clienti valutano la loro esperienza con un brand: la pertinenza dell’offerta al bisogno o al desiderio del cliente, la facilità con la quale il cliente può interagire col brand nel suo customer journey e la piacevolezza. Se oggi, forse, Amazon è il re worldwide del cluster “facilità”, con questa iniziativa “fisica ”, lancia la sfida anche sulla piacevolezza proprio nel settore, quello della moda, dove l’aspettativa del cliente è altissima.

 

FEDEX E LA PROGETTAZIONE DI UNA CUSTOMER EXPERIENCE SUPERIORE NEL PUNTO VENDITA

Lo store è un punto focale nell’esperienza che il brand vuole offrire al proprio cliente. Tradizionalmente il luogo fisico dove cliente e brand si incontrano, oggi, nell’Era del Cliente, il punto vendita è sottoposto a continue rivoluzioni per adattarsi alle esigenze di un cliente sempre più esigente e difficile da stupire.

Nell’Era del Marketing, terminata, secondo la Forrester, poco più di 5 anni fa, la forza di chiunque avesse un retail stava nel saper comunicare in modi sempre più innovativi e creativi la propria offerta attraverso (anche) la progettazione di negozi sempre più sorprendenti. Oggi, nell’Era del Cliente, sono il cliente e la sua esperienza che devono essere usati come criterio per la realizzazione dei layout e dei percorsi all’interno degli store.

Vediamo un esempio che potrà chiarire questo punto fondamentale.

FedEx spedisce circa 3,5 milioni di pacchi al giorno. Il lavoro dell’azienda è organizzato tutti intorno ai suoi poli logistici: l’aeroporto internazionale di Memphis, dove l’azienda ha la sua sede centrale, vede passare nel giro di un mese circa 5.000 aerei FedEx, 12.000 dipendenti e quasi 500 chilometri di nastro trasportatore. Le “braccia” dei poli logistici sono i World Service Center e i punti vendita Fedex Office, ai quali i clienti si rivolgono per spedire i loro pacchi.

Alla FedEx erano tutti convinti che la loro importante struttura logistica fosse motivo di soddisfazione per i clienti, ma i sondaggi sulla Customer Satisfaction indicavano che non era proprio così.

FedEx decise così di approfondire la problematica, intervistando i clienti su come percepissero il processo di spedizione nella sua interezza e osservandoli mentre spedivano i loro pacchi.

Grazie a questa analisi, FedEx individuò diverse tipologie di clienti, in base al livello di preparazione del pacco quando il cliente arriva al punto di ritiro e all’assistenza richiesta al dipendente FedEx. Il “gruppo” più interessante per FedeEx risultò il cosiddetto “Confermatore”: un cliente informatissimo sulle operazioni da svolgere per la spedizione (incartamento pacco, tempi di spedizione, ecc.), ma estremamente timoroso che qualcosa potesse andare storto. Analizzando questo timore, si scoprì che il cliente, consegnato il pacco all’addetto, lo vedeva riporre in cima a una catasta disordinata di pacchi (chiamata internamente la “torre pendente dei pacchi”). Sulla base di un semplice indizio visivo, il cliente si convinceva che l’intero processo sarebbe stato difettoso (cosa che, di fatto, non accadeva). Questo timore portava molti dei clienti a preferire i concorrenti di FedEx, magari meno “attrezzati” logisticamente, ma più “affidabili” alla percezione.

Venne così escogitata una soluzione, semplice ed elegante, che tranquillizzava sensibilmente il cliente: l’addetto in ufficio ritirava il pacco dalle mani del cliente, lo ringraziava con un sorriso, si girava verso un nuovo pannello di pre-smistamento che era stato posto alle spalle del bancone e infilava il pacco in una delle finestre del pannello. Questo rendeva il cliente tranquillo del fatto che il suo pacco fosse già instradato verso la meta finale. Incredibilmente, dietro il pannello, rimaneva la torre pendente!

Nell’Era del Cliente, la Customer Experience è il modo in cui i clienti percepiscono l’interazione con un brand o un’azienda. Diventa fondamentale, quindi, nella progettazione e nell’offerta dell’esperienza tenere conto della voce del cliente, non assumendo di conoscerla già. Infatti, come afferma Kerry Bodine, già Vice Presidente della Forrester Research,

“Ciò che pensate di sapere sul Cliente è probabilmente sbagliato.

PENSARE di sapere cosa vuole il Cliente è rischioso.

SAPERE cosa vuole permette di cambiare in meglio la sua Customer Experience”.

FedEx, prima di avviare una riqualificazione dei suoi punti vendita, ha dovuto ascoltare i propri clienti, scoprendo informazioni che mai avrebbe immaginato. Solo così ha potuto trovare una soluzione davvero cliente-centrica.

Italian Customer Intelligence propone un percorso che mette l’azienda in grado di progettare e offrire una Customer Experience davvero cliente-centrica.

Scopri di più cliccando l’immagine qui sotto:

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