Ho trovato l’operaio di Peguy, lavora alla Q8
Ad ottobre, “Worker”: un meeting su chi ci entusiasma per imparare ad entusiasmare
Charles Peguy diceva – nel suo ARGENT – che “un tempo” gli operai non erano servi e lavorando coltivavano un onore … e la “La gamba di una sedia doveva essere ben fatta.
Era naturale, era inteso. Era un primato.
Non occorreva che fosse ben fatta per il salario, o in
modo proporzionale al salario.
Non doveva essere ben fatta per il padrone,
né per gli intenditori, né per i clienti del padrone.
Doveva essere ben fatta di per sé, in sé, nella sua stessa natura…
E ogni parte della sedia che non si vedeva era lavorata con
la medesima perfezione delle parti che si vedevano.
Secondo lo stesso principio delle cattedrali… “
L’operaio di Peguy l’ho incontrato. Lavora come uno degli addetti alla pompa di benzina Q8, sulla SP 35 a Cormano (Milano). Mentre, terminato il rifornimento, mi ha indicato la cassa all’interno del piccolo store per pagare, senza dirmi nulla, ha approfittato della mia breve assenza per avvicinarsi al vetro dell’auto e lavarlo. L’ho seguito con lo sguardo – non visto – mentre ero in coda per il pagamento dall’interno dello store. Guardava il vetro come un chirurgo guarda la parte da sanare, concentrato su ogni particolare, alternava ampi gesti per tutta l’estensione del vetro ad altri con cui insisteva su una particolare zona, che passava e ripassava con cura e con una energia più veemente. Riprendeva repentinamente gli ampi gesti con una concentrazione solenne, come se tutto il mondo lo guardasse, o come se fosse un’atleta alle Olimpiadi, nella preparazione del salto vincente. I suoi gesti erano – non so come dire – “competenti”: osservandolo, mi è apparso chiaro che di lavare un vetro dell’auto così, io non sono capace e che, anzi, nessuno è capace come lui. Ci vuole studio, educazione e una concezione del mondo e della vita che viene da lontano, secondo Peguy da “una tradizione, un onore, risaliti (ecco il verbo giusto!) dal profondo della storia“.
Mi sono attardato un poco dall’interno del vetro dello store per ammirare quello spettacolo, quei gesti, quella concentrazione.
Mentre, uscito, mi stavo avvicinando all’auto pensando alle parole per ringraziare l’operaio di Peguy, lui, repentinamente, si è mosso verso un altro cliente da servire.
Non mi aveva aspettato nemmeno per la mancia che, in ogni caso, altro non può essere che un segno del valore impagabile di un lavoro fatto bene. Davvero lui aveva lavorato “non per l’intenditore, né per il cliente, né per il padrone, né per il salario, né in modo proporzionale al salario…“.
Naturalmente, non ho mai ammirato un vetro pulito così e, all’entrata in auto, la sorpresa di vederci così bene è stata unica.
Che onore aver incontrato una persona così, che bene, sconosciuto operaio di Peguy, mi hai fatto!
Chissà come sono tua mamma, tuo papà, i tuoi compagni delle elementari … chissà da quale magnifica profondità sei “risalito”.
Noi, che ci occupiamo di customer experience, ci dilunghiamo, giustamente, sul tema della relazione col cliente: lui non mi ha rivolto praticamente la parola ed è una settimana che a quella persona penso; certamente è in relazione con me attraverso quei gesti e quel vetro che vedo ogni mattina. Ci sono infatti molti modi di “entrare in relazione” con il cliente.
Voglio assolutamente rivederti, caro operaio di Peguy e almeno sfiorarti perché un po’ di te passi anche in me.
Se mi chiamano per chiedermi con che probabilità – da 0 a 10 – consiglierei Q8, direi 10 e lode (clicca qui).
Ma oggi ho voluto dire perché!
P.s.: C’è un meeting ad ottobre, a Modena, che si chiama “Worker”: lì si va per raccontare ciò che ci entusiasma nella nostra esperienza di clienti, perché occorre riflettere su ciò che ci entusiasma per entusiasmare. Stay tuned…