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Arianna Zanoni

Arianna Zanoni has 10 articles published.

Nata a Bergamo nel 1996 dopo aver vissuto cinque anni da studentessa fuori sede è tornata a casa ed ha intrapreso un percorso come stagista e-commerce Specialist presso Legami e come Contributor di News & Customer Experience. Appassionata di letteratura (in particolare di quella francese) si è trasferita a Milano presso il collegio di eccellenza Camplus Città Studi, lì ha potuto approfondire i suoi interessi e ha conseguito una laurea triennale in Lingue e Letterature Straniere all'Università Statale per poi proseguire il suo percorso in Lingue e Culture per la Cooperazione Internazionale presso il medesimo ateneo; si sta per laureare con una tesi sul linguaggio inclusivo in Francia. Si è avvicinata al mondo del Digital Marketing grazie ad un Master che le ha permesso di coniugare la sua vena umanistica con quella più commerciale: cerca la poesia ovunque.

NEL NOME DELLA ROSA

Il cielo azzurro, la luce che entra dalle finestre e il profumo dei fiori freschi, è questa l’immagine che appare nella mia mente ogni volta che mi imbatto in Au Nom de la Rose, una catena francese di boutiques sparse per Milano in cui – lo intuiamo dal nome – si vendono esclusivamente rose.

Ci è voluto davvero poco perché Au Nom de la Rose in piazza V Giornate diventasse il mio negozio preferito in assoluto: da appassionata di rose, letteratura e inguaribile romantica, non poteva essere altrimenti, e ora vi spiego perché!

L’ho scoperto per caso sei anni fa, in una delle mie passeggiate per la città, un caldo giorno di luglio in cui, finiti gli esami, avevo deciso di concedermi del tempo soltanto per me e perdermi per le viuzze più sconosciute e nascoste di Milano. Piazza V Giornate non rientra sicuramente tra queste, ma, passandoci, il mio occhio è stato subito catturato da un tappeto di petali color pastello sul marciapiede e, quando ho alzato lo sguardo, ho visto questa vetrina piena di rose di tutti i colori e tutte le dimensioni. Sarà che ho un debole per le rose, ma non ho resistito e sono entrata a dare una sbirciata a tutti gli esemplari in vendita: rose rosa, bianche, rosse, blu, a comporre mazzi, centrotavola, stabilizzate in elegantissimi vasi in ogni angolo di questo piccolo incanto nel pieno centro di Milano.

Entrare in Au Nom de la Rose mi ha fatto venire voglia di regalarmi una piccola attenzione, concedermi una coccola, tutta racchiusa in quella preziosa e bellissima gemma così delicata e allo stesso tempo così resistente. Mi sono comprata una rosa color crema dalle venature rosate che ho portato con me, a farmi compagnia, per tutta la giornata, mentre mi perdevo per le viuzze della città.

Da Au Nom de la Rose tutto ruota intorno ad una delle cose più semplici al mondo, così evanescente, ma allo stesso tempo unica: un piccolo scrigno di bellezza temporanea di cui prenderci cura, da regalare o da regalarci come gesto di cura per chi amiamo o per noi stessi, credo sia meraviglioso.

Le attenzioni che ho respirato all’interno della boutique mi hanno fatto ripensare al Piccolo Principe, così ho deciso di regalarmi una rosa che fosse unica per me come lo era la sua per lui.

Sì, entrare da Au Nom de la Rose mi ha fatta reimmergere tra ai miei studi di letteratura: da Umberto Eco con “Il Nome della Rosa”, al “Roman de la Rose” del XIII secolo, dalle opere classiche fino a quelle contemporanee e – perché no? – anche alla storia de “La Bella e la Bestia”, ricordandomi come le rose siano da sempre protagoniste della nostra cultura per l’elevatissimo valore simbolico che racchiudono, tra la fermezza delle loro spine e la meravigliosa dolcezza dei loro petali.

Da Au Nom de la Rose tutto questo simbolismo l’hanno colto con la stessa semplicità con cui hanno colto i fiori in vendita, e ne hanno fatto il loro tratto distintivo.

Acquistare una rosa qui è davvero un’esperienza unica, preziosa.

LINEAVERDE A NATALE: TRA FAVOLA E MAGIA

In provincia di Bergamo – proprio vicino ad uno dei più importanti scali aeroportuali italiani – esiste un negozio che ogni anno si trasforma in un incantato villaggio di Natale: per i bergamaschi (ma non solo per loro) visitarlo ogni Dicembre è ormai una vera e propria tradizione natalizia!

LineaVerde (questo è il nome di questo piccolo angolo di Lapponia) nel periodo che precede le festività stupisce i suoi clienti con allestimenti sfarzosissimi che cambiano di anno in anno e vende addobbi di ogni genere e per ogni gusto.

Durante il resto del tempo invece vengono esposti articoli di arredo per il giardino.

Naturalmente, da bergamasca DOC anche quest’anno non ho saltato il mio appuntamento e al primo giorno libero mi ci sono fiondata piena di curiosità per quello che mi avrebbe atteso questa volta… ammetto che le mie aspettative, anche a questo giro, non sono state deluse!

Entrando ci immergiamo in una nuvola, o meglio in un tunnel pieno di morbide nuvole di cotone e alberi bianchi in cui un candido Babbo Natale ci accoglie in compagnia di una serie di orsacchiotti in viaggio su una slitta dorata. Superato il tunnel, tre enormi orsacchiotti di peluche immersi da cascate di lucine ci danno il benvenuto nella zona espositiva.

Lo spazio è suddiviso in ambienti diversi caratterizzati da un colore e un tema dominante: all’inizio troviamo l’ala per i bambini con lucine colorate, tende da indiani, e alberi di natale decorati con colori pastello e soggetti come dinosauri, renne, ballerine (rigorosamente glitterate) e giostre che, difficile da credere per come l’ho descritto, ci appaiono decisamente natalizie! Quello che più mi colpisce maggiormente però è una enorme mezzaluna argentata, che, con i suoi cristalli cangianti la fa da padrona nella sala, dandoci davvero la sensazione di essere dentro una favola… magari quella dello schiaccianoci che vedo in lontananza?

Mi dirigo proprio in direzione di un grande schiaccianoci quando il mio occhio viene colpito da un ambiente questa volta prevalentemente rosso: in un angolo Babbo Natale è seduto accanto al camino e legge le letterine che i bambini gli hanno lasciato, alle sue spalle una enorme ghirlanda piena di lucine fa da sfondo ad un folto gruppo di elfi intenti ad aiutare il grande signore barbuto. Il clima qui è quello del Natale più classico, più familiare e forse anche più retrò, il calore dell’atmosfera ci fa sentire a casa e risveglia i miei ricordi di bambina: rivedo i Natali passati dalla mia nonna e le tradizioni da lei tramandate.

Improvvisamente, svoltando l’angolo, ci ritroviamo in una foresta: il colore dominante è il marrone caldo, gli alberi di Natale sono addobbati con decorazioni boschive come foglie e ghiande brillantinate che fanno da cornice ad una serie di casette di legno contornate da cervi fatti di legnetti ed altri elfi. Questo ambiente è sicuramente frutto di un’idea molto originale e, per quanto bizzarra, davvero d’effetto perché evoca la bellezza della natura.

Cambiando sala dal caldo del marrone passiamo ad un bianco ghiaccio: un ponte giapponese circondato da orsetti polari ci conduce ad un gazebo in ferro battuto bianco in cui ruota un enorme Babbo Natale. Indovinate? Ovviamente anche lui bianco. Cascate di palline simili a fiocchi di neve e lucine dalle tonalità freddissime danno quel tocco in più che ci fa davvero sentire in mezzo ai ghiacci!

In ultimo, non dimentichiamo di essere a Bergamo, l’albero di Natale dell’Atalanta (seppur discutibile, ammettiamolo) ovviamente non può mancare!

A fine tour ho il cuore pieno e gli occhi luccicanti, naturalmente tra le mani reggo anche un sacchettino con qualche decorazione nuova che non mi sono lasciata sfuggire nonostante la mia mente, in quel momento, fosse tutto fuorché concentrata sullo shopping.

LineaVerde è quel posto in cui assaporare la magia del Natale a tutte le età!

PAPERELLE, CHE PASSIONE!

Non sapete come dire “ti amo” alla vostra persona? Ditelo con una paperella, ovvio!

Qualche settimana fa, durante una gita a Venezia, il mio sguardo improvvisamente è stato catturato… non dal ponte di Rialto, non dalle gondole, ma da delle paperelle da bagno che risplendevano dalle vetrine di un negozio che non avevo mai visto prima. Sì, proprio quelle che facciamo galleggiare nella vasca quando i bambini fanno il bagnetto!

In realtà, in un primo momento, la mia curiosità è stata attratta non tanto dall’arcobaleno in vetrina, ma dalla quantità di gente che attorniava (e riempiva) quel negozio così surreale. Evidentemente, una vetrina fatta di scaffali pieni di paperelle da bagno diverse non solo passa difficilmente inosservata, ma riesce anche a farti entrare nello store e – difficile da credere – fartene comprare almeno una!

Oltre a quelle gialle classiche che tutti noi abbiamo in mente, al Duck Store (questo giustamente è il nome che gli hanno dato) infatti troviamo davvero paperelle di ogni genere: da quelle in versione personaggi famosi, a quelle unicorno, a quelle natalizie o che brillano al buio (“Glow in the Duck”) fino addirittura alle cosiddette “Luxury”.

Se acquistare oggetti completamente in gomma può far storcere il naso ai più eco-friendly di noi, sappiate poi che Duck Store ha pensato davvero a tutto per tentarci, creando anche un’intera collezione di paperelle in gomma naturale, per soddisfare anche i clienti più attenti.

Insomma, una persona entra per curiosità, si guarda intorno divertita e poi, improvvisamente, adocchia proprio la paperella che sembra essere stata creata per lei o per un’occasione importante che – guarda caso – sta per celebrare: praticamente senza che ce ne si renda conto, ci si ritrova con in mano un sacchetto e una paperella di gomma nuova di pacca (se non più di una, visto che potrebbe tranquillamente decidere di fare il presepe interamente di paperelle per il prossimo Natale)!

Ma attenzione, i prezzi di questi originalissimi soprammobili vanno dai 9 ai 95 euro, quindi meglio non farsi prendere troppo la mano! Io ho dovuto resistere solo perché la paperella che mi ha rubato il cuore, quella silver coi diamantini, costava la bellezza di 95€! Decisamente poco sobria… non che le altre possano essere definite tali, ma forse è proprio questo che le rende così irresistibili: sono originali, personalizzate, simpatiche e ci trasmettono un caldo sentore amarcord.

Non bisogna infatti farsi ingannare dalle apparenze: il Duck Store è evidentemente un negozio di giocattoli per bambini…cresciuti! È un posto in cui senza accorgerci il “fanciullino” che abbiamo dentro di noi riemerge ricordandoci che nella vita non è necessario prenderci troppo sul serio.

Troviamo coppie di papere marito e moglie, papere professori, dottori, avvocati e inconsciamente li guardiamo con gli occhi dei bambini. Duck Store è decisamente un luogo in cui sentiamo di poterci concedere un po’ di sana leggerezza, il suo segreto è tutto qui!

Che il business delle paperelle di gomma funzioni, me lo ha confermato la scoperta che Duck Store non si trovi solo a Venezia, ma anche a Milano, Roma, San Marino, Firenze, fino ad Amsterdam, città che ha visto nascere il primo store, e ad altre capitali europee: li immagino anch’essi pieni di adulti dagli sguardi trasognati che le bramano come bambini in un negozio di caramelle. Ma chi abita lontano da questi centri turistici non deve disperare! Naturalmente, essendo al passo con i tempi, Duck Store dispone anche di un e-commerce fornitissimo.

Se siete alla ricerca di regali di Natale originali e divertenti ora sapete dove trovarli!

LONDRA A… MILANO!

Sapevate che una o due domeniche al mese un piccolo angolo di Milano si trasforma in un quartiere super cool di Londra? Se ci siete già stati avrete sicuramente capito a cosa mi riferisco… Parlo di East Market in via Mecenate!

All’interno ed all’esterno di una ex fabbrica aeronautica, in un’atmosfera industrial, si sviluppa un mercato in cui si può trovare davvero di tutto: dagli oggetti di antiquariato, alle borsette firmate Prada, ai dischi in vinile fino ad oggetti di modernariato colorati, stravaganti e (diciamocelo) un po’ kitsch. Insomma, chiunque vada ad East Market troverà sicuramente almeno una cosa che vorrà acquistare, anche se poi magari non lo farà, vista la cifra di alcune delle chicche esposte!

Posso dirlo per certo dopo essermi innamorata di un paio di occhiali da sole vintage di Trussardi, una camicetta dorata di Chanel e un paio di Levi’s per uscire poi a mani vuote, col portafogli che sorrideva sicuramente più di quanto facessi io dopo tutte quelle rinunce. Effettivamente, la maggior parte delle persone aveva in mando almeno una borsetta, a riprova che resistere alla tentazione è davvero difficile!

Ammetto di aver fatto molto caso alle persone che mi circondavano perché credo siano realmente fondamentali nel creare l’atmosfera che si respira ad East Market: l’arcobaleno di personalità e stili che popolano il mercato ha dell’incredibile: sembra davvero di passeggiare per Londra.

A rendere l’esperienza completa poi ci pensa il food market che ci accoglie appena accediamo ad East Market: i migliori street food e ristoranti di Milano infatti offrono una scelta ampissima di pietanze da tutte le parti del mondo per stuzzicare nel tempo di una breve pausa tra una bancarella e l’altra oppure per un vero e proprio pranzo o cena.

L’ultima volta che ci sono stata, qualche settimana fa, ho optato per fare il tour completo del mercatino per concludere poi con una fresca birra alla spina ed un assaggio di un taco, ma confesso che sono stata indecisa fino all’ultimo tra il messicano e gli invitanti roll di Temakinho.

Ovviamente non ci sono tavoli, ad East Market si mangia rigorosamente in piedi o sui bancali sparsi per il cortile e si chiacchiera, si chiacchiera tantissimo.

Everything old is new again”. È questo il motto dell’esposizione, lo vediamo a formare una parete all’ingresso e scritto con i led nel capannone principale, e non avrebbero potuto trovare frase migliore per spiegare cosa è East Market: quel posto in cui il vecchio si mischia con il nuovo, riprende vita immerso in un’atmosfera vibrante in cui masse di giovani e giovanissimi provano affascinati cappotti risalenti ai tempi dei loro nonni.

Insomma quello che mi sono portata a casa questa volta da East Market non sono oggetti, ma sono i profumi dei cibi, i colori di tutte le stravaganze esposte, il brusio delle persone unito alla musica di sottofondo e va benissimo così.

Dopo tanto tempo sono tornata a Londra per qualche ora, senza prendere un aereo!

GOOGLE MAPS, GREEN EXPERIENCE

“Hey Google, portami a casa in modo green”

Tra qualche mese potremo contare su un nuovo alleato! O meglio, un alleato di vecchia data ormai: Google Maps. Siamo stati abituati ad interpellarlo per arrivare alla destinazione desiderata attraverso il percorso più breve, tra un po’ ci dirà anche quello più green.

Grazie al contributo dell’intelligenza artificiale e al confronto con i dati forniti da Dipartimento dell’Energia degli USA, infatti, la piattaforma saprà calcolare, in base alle caratteristiche della strada, al consumo di carburante e al traffico, quale sia il tratto a minor impatto ambientale.

Chiaramente all’inizio la funzione sarà disponibile solo negli States, ma il piano è quello di diffonderla progressivamente su scala mondiale. Ma come si svilupperà nella pratica? Il percorso più green verrà indicato attraverso l’icona di una fogliolina verde; questo verrà selezionato in automatico dal sistema quando il tempo di arrivo stimato sarà simile a quello del percorso normale, oppure verrà proposto come opzione facoltativa.

Ma c’è dell’altro: proprio nell’ottica di incentivare comportamenti più ecosostenibili, i mezzi di trasporto alternativi come biciclette o treni verranno inseriti direttamente tra le alternative di percorso senza bisogno di scrollare da una scheda ad un’altra, evitando di catalogarli implicitamente come mezzi “di serie B” e dandogli quindi la visibilità necessaria per garantirgli una maggiore presa in considerazione.

L’ottimizzazione di Google Maps rientra in un progetto più ampio messo in atto dal colosso statunitense che già a settembre 2020 aveva annunciato la sua completa transizione verso un totale utilizzo di energia senza emissioni di carbonio entro il 2030 insieme ad una serie di iniziative con le città e diversi partner digitali per promuovere una maggiore coscienza ecologica tra la popolazione mondiale.

A GIUGNO ARRIVA IL PARADISO

Dante… Magnum

Ve lo vedete Dante che si sgranocchia un gelato mentre fa il suo tour tra Inferno, Purgatorio e Paradiso?

Dev’essere così che se lo è immaginato il team creativo di Magnum, alla ricerca di un’idea per celebrare il 700esimo anniversario dalla morte del Sommo Poeta.

La proposta della casa produttrice di gelati, già molto attiva sui social, è proprio ripercorrere il viaggio di Dante nell’Aldilà, non attraverso i suoi celebri versi – o almeno, non solo – ma attraverso il senso del gusto.

Insomma, se dovessimo analizzare questa nuova campagna da un punto di vista letterario diremmo che è la figura retorica della sinestesia a farla da padrona.

Magnum infatti ha creato una limited edition “X Dante” composta di 3 stecchi, uno per ognuno dei regni dell’oltretomba, che ha lanciato proprio ai primi di marzo. Al momento in commercio, e per tutto il mese di aprile, troviamo il gelato Inferno: il gusto forte e prepotente, traduzione della tentazione infernale, è reso dal connubio tra un cioccolato amaro extra fondente, una nota acidula di lampone ed un tocco, inaspettato, di salato. L’associazione tematica è senza dubbio azzeccata… la sensazione al palato è tutt’altro che infernale, garantisco!

Il bimestre maggio-giugno sarà poi dedicato a Purgatorio ed infine per l’estate assisteremo al lancio di Paradiso, i cui ingredienti sono ancora top secret.

Se quest’ultimo me lo immagino particolarmente dolce e delicato, ammetto che, dopo aver provato Inferno, la curiosità di scoprire cosa si saranno inventati per il Purgatorio è davvero tanta. Come rendere ciò che sta tra la voragine infernale e il regno dei cieli, e tutte le sue contraddizioni, all’interno di un gelato? Sono aperte le scommesse!

L’originalità dell’iniziativa di Magnum però non si limita a stimolare la fantasia dei clienti nell’ipotizzare gli ingredienti dei due futuri stecchi e ad accompagnarli per i prossimi sei mesi in questo tour che passa per via preferenziale dalle papille gustative, ma si propone come una vera e propria esperienza crossmediale.

Realtà aumentata e logica della gamification fanno da cornice al viaggio, tutto digital, nel mondo di Magnum Inferno: accedendo al sito ed attivando la fotocamera infatti ci si trova catapultati in una fitta nebbia rossa, a cui fa da sottofondo una melodia – ovviamente – da oltretomba. Ruotando il telefono si possono scorgere dei simboli: le istruzioni spiegano che vanno trovati tutti, ma a cosa condurranno?

Semplice: ai versi più celebri del Canto dell’Inferno!

In effetti se l’idea di riprodurre l’ascesa al Paradiso di Dante attraverso il gusto può peccare di blasfemia – ricordiamoci che il canto VI dell’Inferno è proprio dedicato al girone dei golosi, le cui anime per la pena del contrappasso vengono ridotte a brandelli da Cerbero, il cane a tre teste – l’omaggio all’opera del Poeta può ritenersi nel complesso innovativo, ma anche puntuale: quale metodo migliore per far conoscere e rivivere i versi della Divina Commedia se non attraverso una User Experience accattivante adatta proprio a chi l’opera per il momento l’ha studiata solo a scuola?

Il target di una campagna di questo genere è giovane, attratto dal gaming da un lato e social addict dall’altro: sempre attraverso il sito infatti è anche possibile scaricare un filtro dedicato da usare su Instagram, una strategia ormai adottata da moltissimi brand che sembra sempre dare buoni risultati a livello di engagement.

Insomma, quella di Magnum x Dante si propone come un’esperienza del gelato non solo gustosa, ma anche divertente, ingaggiante e in grado di dare davvero il proprio contributo alla valorizzazione del nostro patrimonio culturale.

L’obiettivo del gioco è chiaro: non limitiamoci a scoprire il gelato, scopriamo la poesia!

LA PRIMA VOLTA… CON L’ALTA MODA

Folgorata da Chez Maison Valentino

Chez Maison Valentino è una sezione del sito web che ho scoperto quasi per caso, non la stavo cercando e non ne avevo mai sentito parlare, mi ci sono imbattuta e sono letteralmente rimasta folgorata: quello che appare è un’illustrazione di Palazzo Mignanelli, corredata da una serie di animazioni colorate dal tetto, alle finestre, fino alla piazza. Lo stile del disegno è semplice, moderno ma al contempo vintage, l’effetto complessivo è una brezza di pura eleganza.

A realizzarlo è stata l’illustratrice Joana Avillez, il suo tocco – magico – è inconfondibile: come in ogni suo disegno ci immergiamo anche questa volta in un microcosmo nuovo e dinamico caratterizzato da contorni marcati, figure stilizzate e colori vivaci.

La cura al particolare è millimetrica, niente è lasciato al caso e tutto mi parla di Valentino, dai cappelli indossati dagli spettatori del cinema alle shopper all’interno dello store online, che in realtà qui ha l’aspetto di una sofisticata Boutique.

Iniziamo il nostro tour dalla prima finestra in alto a sinistra, quella con l’animazione del libro che si apre. Evidentemente non ci ritroviamo in passerella, ma dentro ad una biblioteca: lì sono “archiviate” tutte le collezioni Valentino degli ultimi anni pronte per essere esplorate!

Cliccando poi sulla seconda finestra accediamo agli ateliers: tra merletti, tessuti, forbici, manichini e modellini abbiamo l’imbarazzo della scelta tra una serie di giochi interattivi come il quiz o il “couture test” per imparare i segreti della Maison in modo attivo e simpatico… possiamo esserne certi: così non dimenticheremo più quale personaggio famoso ha indossato un abito Valentino per il proprio matrimonio!

La nostra visita prosegue verso la sala cinema dove assistiamo ai film – rigorosamente incorniciati da un sipario rosso porpora – selezionati direttamente dal direttore creativo di Valentino, Pierpaolo Piccioli.

Dal cinema ci catapultiamo poi in uno studio di registrazione pronti a godere della selezione musicale scelta “dagli amici della maison”.

Ci basta un clic per scoprirci all’interno di un museo: in esposizione le opere dei creatori che hanno collaborato con il brand aiutandolo a rafforzare i propri “values”.

Mi accorgo che i valori costituiscono un tema ricorrente di questo coinvolgente tour: esplorando il “Pierpaolo’s Studio” per esempio, oltre agli approfondimenti sul mondo della moda e della storia della Maison, ne scopriamo anche i principi ispiratori: l’empatia e l’inclusività.

Ce li illustrano dei video, ma li riconosciamo nel corso di tutta la nostra esperienza virtuale: li percepisco soprattutto nelle coppie che mi fanno compagnia dentro e fuori da Palazzo Mignanelli, sono coppie di ogni tipo, anziane, giovani, dello stesso sesso, di sessi diversi. L’enfasi è tutta sull’amore, quello universale, che in Chez Maison Valentino si traduce in una rappresentazione degna della purezza di un bambino: una tempesta di cuori e cuoricini, sguardi e sorrisi.

Ma c’è dell’altro.

Vedo l’arte protagonista in tutte le sue espressioni.

Vedo la coerenza tra come io immagino Maison Valentino e come si propone ai miei occhi; vedo lo sforzo nel trasmettere la passione che guida chi ci lavora; vedo la volontà di includere un pubblico vastissimo in un viaggio che va ben oltre la pubblicità al proprio brand. Vedo una storia. E io adoro le storie.

Mi sembra di tornare bambina, a quando giocavo con le Barbie: il microcosmo che creavo si faceva talmente tangibile ai miei occhi da percepirmi io stessa al suo interno.

In Chez Maison Valentino mi sento io parte della narrazione: mi vedo lì con gli altri personaggi. Il dinamismo che pervade la scena travolge anche me, mi perdo nell’immaginare la storia di ogni singola persona che grazie alla sua presenza contribuisce a dare vita all’immagine, proprio come facevo con tutte le mie Barbie.

Forse è proprio questo che sono rapita: Chez Maison Valentino mi arriva attraverso un linguaggio che è quello diretto e semplice dell’infanzia e non può che suscitarmi empatia.

È così che vivo la mia esperienza Valentino.

È così che scopro Valentino.

A questo punto vi posso svelare un segreto: io di alta moda non mi ero mai interessata prima!

IL PIACERE DI ASPETTARE (CHE LA PASTA SI CUOCIA)

Barilla e la playlist che esalta l’attesa

7 minuti o un’infinità? Quando si aspetta che la pasta cuocia, il tempo sembra non trascorrere mai. Barilla ha trovato la soluzione per rendere l’attesa più piacevole: è tutta questione di serotonina e dopamina!

Pochi giorni fa ha fatto la sua apparizione su Spotify la Playlist Timer firmata Barilla: è questa la strategia che il colosso della pasta italiana ha scelto per rispondere al dibattito – ormai da mesi in corso sui social – legato alla difficoltà di scovare il tempo di cottura sulle confezioni di pasta. Già altri brand si erano cimentati nell’impresa, ma questa volta non ci sono dubbi: la Playlist Timer ha sbaragliato la concorrenza in quanto ad originalità e a reazioni suscitate.

In breve: ad ognuno dei principali tipi di pasta Barilla è stato associato un brano la cui durata è la stessa del loro tempo di cottura. Il concept “cuoci la pasta a tempo di musica” parla chiaro: si buttano gli spaghetti, i fusilli o i maccheroni ad inizio canzone e li si scola al termine, nel frattempo ci si gode l’atmosfera.

@Barilla

Oltre ad aver ovviamente molto fatto parlare di sé, il connubio di musica e carboidrati si rivela vincente anche da un punto di vista biologico e psicologico. La pasta e la musica sono due antidepressivi naturali. La prima stimola la produzione di serotonina, una sostanza nota anche come “l’ormone del buonumore”, riconosciuta per le sue proprietà antistress; la seconda invece rilascia dopamina nel cervello, che incrementa il senso di benessere della persona. È così che l’attesa della cottura della pasta si trasforma in vero e proprio piacere… soprattutto per i nostri neuroni! Se poi a questa ricetta magica aggiungiamo che entrambe favoriscono una naturale regolazione del sonno e che sono fonte di prevenzione dalle malattie neurodegenerative, la Playlist Timer non può che apparirci come un toccasana.

Ma c’è di più.

La musica diventa così il preludio perfetto, vero strumento di sublimazione della pietanza che ci aspetta: essa accompagna i minuti dell’attesa e li riempie di valore. L’inizio della musica dà il “la” all’avventura della pasta. Grazie a questa playlist, pensata e dedicata a lei, l’attesa della cottura non è più solo “pregustare”, bensì “gustare” a tutti gli effetti; assaporare; godere, non soltanto del risultato, ma dell’intero percorso di preparazione.

Barilla non ci sta più solo dando una confezione di maccheroni o di linguine, ci sta offrendo un’esperienza: sensoriale, affettiva ed emotiva. Sappiamo tutti come i suoni, orecchiabili ed ascoltati a ripetizione siano in grado di rimanere impressi nella memoria anche per anni. Ad ogni riproduzione riviviamo un momento, rivediamo un’immagine, riproviamo un sentimento. È un po’ come la madeleine per Proust. La musica attiva la nostra memoria involontaria e ci riporta indietro nel tempo. È così che ogni volta che risentiremo le musiche della playlist, potremo rivivere l’esperienza della pasta, o meglio, tutte le esperienze della pasta: le farfalle al ragù della nonna, gli spaghetti alla carbonara alle quattro di notte dopo la discoteca; le prime linguine alle vongole nella casa nuova. Riassaporeremo i profumi dei sughi, rivedremo i colori delle tavole, risentiremo i rumori delle risate o semplicemente il suono dell’acqua che bolle. Ripenseremo a tante cose: tra queste, sicuramente anche a Barilla.

Insomma, non sappiamo se chi ha creato la Playlist Timer si fosse prefigurato tutto questo; quello di cui siamo certi è che, per un motivo o per l’altro, ascoltarla ci farà bene, e non solo perché non mangeremo mai più pasta scotta!

QUANDO LE PAROLE FANNO LA DIFFERENZA

Dal nostro inviato in un (bel) Customer Service

Vi siete mai chiesti che faccia abbia e cosa faccia nella vita chi risponde alle vostre domande nei form dedicati al Servizio Clienti sui vari siti online?

Io sì e quando, tra i diversi ruoli che mi hanno assegnato al lavoro mi hanno chiesto anche di gestire questo aspetto, mi sono finalmente data una risposta. A quel punto però la curiosità è diventata ancora maggiore: e i clienti che assisto tutti i giorni invece che faccia hanno?

Durante gli anni dell’università, per potermi concedere qualche vizio in più, ho lavorato come commessa in un negozio, abituandomi ad un tipo di relazione diretta con i clienti, immediata e di persona. Dal Customer Service mi aspettavo tutto il contrario, ma mi sbagliavo!

Innanzitutto anche qui si creano situazioni decisamente divertenti: ripenso per esempio a quel cliente terrorizzato perché al posto di “Torino” nell’indirizzo di spedizione aveva scritto “Tortino”.

Ma è anche molto di più.

È tutta questione di parole: mai come in questo caso sono proprio loro a fare la differenza. Sì perché la distanza, il non sapere chi ci risponderà rischia di farci dimenticare che dall’altra parte c’è una persona con dei bisogni e dei desideri. L’impegno che si pone nell’interpretarli può trasparire anche attraverso delle email, il cliente lo percepisce e le reazioni che ne conseguono hanno spesso dell’incredibile, dimostrazione del legame che queste parole sono in grado di intessere tra il brand e la propria customer base. Potrei argomentare ulteriormente fornendo l’esempio di Amazon che ha da sempre fatto del Servizio Clienti uno dei propri cavalli di battaglia, ma preferisco, per questa volta, cambiare prospettiva.

Circa un mesetto fa ci scrisse una signora per avere delle informazioni e dare dei consigli su alcuni prodotti; capire il tono attraverso delle mail con un numero limitato di caratteri non è sempre facile ed io, devo ammetterlo, il suo non l’avevo proprio compreso: inaspettatamente infatti quella che sembrava essere una semplice corrispondenza con una cliente più insistente delle altre, si è trasformata in un momento per me incredibilmente gratificante, non solo a livello lavorativo ma anche personale. Dopo una serie di messaggi in cui mi sono premurata di risolvere tutte le perplessità della signora, lei mi ha risposto qualcosa di simile a: “Carissima Arianna, lei è una persona deliziosa! Il suo nome è pura poesia. Mi scuso se mi sono permessa di darvi i miei suggerimenti, è stata per me anche un’occasione per parlare un po’”. Non so chi fosse questa donna, non conosco la sua vita e lei non conosce la mia, eppure è bastata qualche mail del Customer Service per far nascere in entrambe una sensazione di appagamento e benessere: ero riuscita a soddisfare i suoi bisogni, quelli da acquirente e quelli da persona.

Il Servizio Clienti è aiutare qualcuno a realizzare il proprio desiderio: che sia la bambina che vuole regalare ai suoi compagni di classe 25 righelli per il suo compleanno, ma online ne trova solo 11; oppure l’imprenditore che vuole ampliare il proprio catalogo e si propone per una partnership; o ancora la ragazza vegana felice di sapere che l’articolo che le hanno regalato è stato prodotto nel pieno rispetto degli animali.

Il Servizio Clienti è anche questo, è trasmettere i propri ideali attraverso piccole attenzioni che per qualcuno si rivelano essere grandi. Significa imparare a conoscere i propri clienti, le esigenze che hanno e dimostrargli che anche se a distanza, anche senza vedersi in faccia, quel rapporto di cura è reale. Sarà proprio questa cura poi a fidelizzare il cliente.

Dare una voce al brand, farlo comunicare, dargli vita va oltre il fornire delle semplici informazioni.

Insomma, ispirandoci a Cyrano de Bergerac potremmo definire il Servizio Clienti come “un apostrofo roseo tra una vendita e l’altra”?

 

PER FAVORE BASTA NEWSLETTER…ANZI NO!

Quella dell’Estetista Cinica non si può perdere!

Basta poco per fare la differenza, ce lo insegna l’Estetista Cinica: a partire dalle sue Newsletter.

Una newsletter empatica

“Arianna, ci manchi”

Non è il messaggio d’amore di qualche ammiratore, né una lettera della mia nipotina: è la newsletter dell’Estetista Cinica! Dopo qualche mese senza accedere al mio account personale Veralab questo è il messaggio che mi sono ritrovata nella posta, niente a che vedere con le solite call to action per convincermi a visitare il sito, solo una frase semplice, dolce, umana. Tre parole da un messaggio automatico sono riuscite non solo a strapparmi un sorriso, hanno fatto di più: mi hanno stupita. Ci stupiamo davanti ad un tramonto, ad un bel quadro, chi mai penserebbe di stupirsi di fronte ad una newsletter?

Una su mille ce la fa

Ammettiamolo: ogni giorno apriamo la mail e veniamo tartassati da newsletter tutte uguali che non leggeremo mai e che finiranno dritte nel cestino! Probabilmente ci eravamo iscritti per la percentuale di sconto sul primo acquisto o chissà, neanche ce lo ricordiamo più. In effetti il tempo è poco e le newsletter sono tante, anche volendo sarebbe impossibile leggerle tutte, eppure io quelle della Cinica non me le perdo mai!

La formula magica dell’Estetista Cinica

Ma cos’hanno di così speciale? Innanzitutto si distinguono nettamente dalle altre: non sono dei semplici aggiornamenti o degli inviti ad acquistare, sono dei discorsi. Ricordano vagamente una corrispondenza di altri tempi, leggendole ci si immagina Cristina (la Cinica) al computer mentre sorseggia un gin tonic (chi la conosce sa che è la sua passione) e pensa a cosa scrivere nella sua prossima newsletter. Forse è proprio questo il maggior valore aggiunto: l’umanità.

Non c’è un “oscuro copywriter” alle spalle, ma una persona, che ha scelto di trasformare uno strumento di marketing ormai abusato in un momento di cura da dedicare alle proprie Fagiane (è così che chiama le sue clienti).

Nessuna forzatura però, nelle newsletter dell’Estetista Cinica a prevalere è la trasparenza: “tu penserai che questa sia la solita mail automatica che le aziende mandano per il compleanno. In effetti in parte lo è.” Segue una GIF dal tono ironico e continua: “Ma solo in parte, perché questa l’ho scritta io (la Cinica) […] e qui vicino a me c’è Otto che sta scodinzolando per te.” Segue GIF della coda di Otto in fermento accanto ad un ginocchio avvolto negli inconfondibili pantaloni rosa dell’Estetista Cinica.

Impossibile non gradire dei simili auguri, anche se sì, sappiamo tutti che sono mail automatiche, ma non c’è bisogno di fingere che non lo siano, ci piacciono lo stesso, anzi di più. Ironia, semplicità e schiettezza, i tre tratti distintivi di Cristina Fogazzi, fondatrice del brand Veralab, si ritrovano anche all’interno delle sue newsletter, facendole apparire coerenti con il concept ed irresistibili. Queste diventano una fonte di intrattenimento, un modo efficace di creare un senso di community che forse in questo particolare momento è più necessario che mai.

Leggendo le sue newsletter non ci sentiamo clienti, ci sentiamo persone. Se poi si aggiunge qualche GIF e qualche battuta su Ryan Gosling e sulla cellulite il gioco è fatto: è proprio questa quotidianità che ci ingaggia.

Insomma nessun effetto speciale! Questo la rende speciale.

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