Coinvolgimento, millennials e Chesterton
Il coinvolgimento sembra essere il problema del secolo nelle aziende medie e grandi. Sta quasi diventando un’ossessione dei manager, che non perdono occasione di ricordare a consulenti e collaboratori di “partire dal basso”, di condividere visioni, di far sembrare decisioni già prese frutto di dialogo, allineamento e, naturalmente, confronto. La paura è che, senza un reale coinvolgimento, la portata realizzativa di progetti, azioni e innovazioni sia risibile, dando quella terribile sensazione di aver sempre idee giuste, ma di non essere capaci di “scaricarle a terra”. Sembra così che il coinvolgimento sia strumentale a una utilità realizzativa: ti coinvolgo se no non sei utile al fine che mi propongo (mi viene in mente il titolo infelice di un convegno sull’essere genitori di ragazzini delle scuole medie: “dare amore per ottenere disciplina”).
Questo “do ut des”, ovviamente, non funziona! Il problema del “coinvolgimento” è planetario e non è un caso che una delle associazioni più ascoltate e diffuse sia “Engage 4 success” che propone iniziative e stili di relazione adeguati a coinvolgere.
Ma anche questo non sembra bastare perché il “coinvolgimento fino a un certo punto” è proprio il primo desiderata dei millennials che, super intervistati da Università, Istituti di ricerca, società di consulenza, mettono sempre al primo posto nella scelta del lavoro il “good work/life balance”. Tuttavia, non sembrano migliorare il coinvolgimento nemmeno scelte che vanno in questa direzione, come ad esempio lo smart working o servizi aziendali per il benessere extra lavorativo. Queste iniziative spesso migliorano la vivibilità in azienda, ma non promuovono di per sé quel coinvolgimento “esagerato” che hanno appunto aziende speciali e che fanno rimanere i loro clienti a bocca aperta.
È inutile nascondersi che questa “esagerazione”, che ovviamente non può essere pretesa, è il motore dei successi più rilevanti. Tutti gli amanti sono esagerati perché è proprio vero che “chi ama esagera” e, ovviamente, chi ama è coinvolto e vibra di passione. Però il coinvolgimento, come l’amore e la passione che ne sono quasi sinonimi, sono come il coraggio di Don Abbondio: “se uno non ce l’ha, non se lo può dare!” Non è quindi sufficiente avere più tempo libero per sentirsi più coinvolti nel tempo occupato: il problema infatti non è avere più tempo libero, ma proprio liberare il tempo occupato, cioè renderlo pieno di libertà, fascino e interesse.
Chesterton diceva che la differenza fra un prodotto e un’opera d’arte non sta nell’estetica finale: il prodotto inizia ad essere interessante quando è finito, l’opera d’arte fa star bene mentre la si fa. Lo spettacolo di vedere operai maestri nel loro lavoro di costruzione di un palazzo o impegnati in uno scavo, ci tiene incollati e coinvolti MENTRE lavorano, non solo a opera ultimata. Così la centralinista che MENTRE risponde al telefono alla reception sa simultaneamente sorridere all’ospite che si avvicina per avere il badge d’ingresso mentre – sempre nel frattempo – sta magnetizzando quello dell’ospite precedente e risponde alla mail inviatale dai piani alti… Tutte cose davanti a cui il cliente, interno o esterno che sia, rimane incantato e incollato!
Ma come fanno a essere così queste persone? Chi hanno davanti a loro? Che cosa li sostiene nella loro costruzione “artistica”? Val la pena, con semplicità e curiosità, chiederglielo!
1- continua