Il consumatore si sente “senza tregua” e cerca relax e ricreazione
Fra le tendenze che WSGN con più insistenza segnala, e che esploderanno da qui al 2022, c’è il sentimento di ansia che caratterizzerà in modo crescente il consumatore. In effetti clima, disastri naturali, ambiente, ma anche, e sempre più, la tecnologia che azzera migliaia di professioni e ne muta profondamente la totalità, fa sentire il consumatore travolto e senza tregua: complice una informazione sempre più invasiva e personalizzata man mano che, inevitabilmente, acconsentiamo a fornire sempre più notizie di noi stessi al web in tutte le sue articolazioni.
Ci si sente quindi travolti dall’ondata di comunicazione verso la quale cresce la diffidenza (e quindi, di nuovo, l’ansia) per la difficoltà di discernere ciò che è verità da ciò che è fake.
Ne risulta così, un “senza tregua” come sentimento prevalente che fa sentire il consumatore impegnato anche quando non lavora per cui, quando reclama un più adeguato “work life balance” si riferisce non solo al lavoro in senso stretto ma a quell’intensità e a quella molteplicità di stimoli che, appunto, generano ansia e apprensione.
Ecco che, allora, per i brand si apre nei prossimi anni, a mio parere, una sfida nuova: passare dall’intensità e dalla frequenza di relazione col cliente che lo costringe a un ulteriore (e stancante) impegno di risposte e di adesione (che io in modo forse troppo spiccio definisco “stalkerare” il cliente) all’offerta di un’esperienza all’impronta del relax, del gioco, di una socialità nuova, di un’intimità e di una creatività libera dalla tecnologia. Più precisamente credo che il consumatore cerchi momenti di ri-creazione, non semplici momenti di libertà dall’ansia. E se ciascuno si ferma a scandagliare la dimensione naturale della propria esperienza di vita attuale può facilmente confermare questa esigenza, specie se è cliente “metropolitano”.
Forse occorre riflettere proprio su quello che alle elementari si chiamava ricreazione: ben più che un semplice intervallo o pausa! Sarà, in prospettiva, questa ricreazione ad accendere l’entusiasmo (clicca qui: Si cresce solo per entusiasmo) del cliente e a far crescere nuovi e vecchi brand che sapranno proporla.
Per quello che si è potuto vedere nella parte della fashion week milanese prima dello stop a causa del noto virus è già possibile rinvenire gli albori di questa nuova dimensione. Già ora, per chi come me segue sempre con interesse la rivista The Good Life (la prima rivista ibrida business e lifestyle) è possibile apprezzare questa nuova tendenza in quasi tutte le sezioni in cui essa articolata (good business, good art, good trips, good toys, good music, good design). Vedremo a giugno il Salone del Mobile, concentrazione di life style emergenti, e vedremo come, in un altro mercato, quello della ristorazione, i player più in voga raccoglieranno questo desiderio di “relax” del consumatore.
Va in questa direzione anche la socialità promossa dai nuovi uffici di Google a Silicon Beach (clicca qui). Attenzione quindi per tutti i brand a cogliere come opportunità questa nuova dimensione che il cliente desidera vivere e che – sostiene WSGN – suggerisce di investire, su intimità, su relazione non ansiogena, su coinvolgimento umano: le comunità stesse saranno percepite in modo positivo e andranno per la maggiore le esperienze di condivisione di spazi.
Proprio quello che questo virus – oggi – vorrebbe impedirci. Ma passerà e insieme al suo male lascerà in noi una rinnovata sensibilità a non dare nulla per scontato.
È proprio il non dare nulla per scontato, secondo Linda Hill nel suo “Il Genio Collettivo” (insieme al “partire dai dati” e alla capacità di “avere una visione d’insieme”) il pilastro su cui poggia l’innovazione che il consumatore attende sempre.