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WATCHING IS GOOD, EATING IS BETTER

From screen to table.

Watching is good, eating is better l’abbiamo sempre pensato, (chi mai preferisce stare solo ad ammirare un piatto e non gustarselo?) ma quando a dirtelo è Netflix in persona, che ha fatto del “watching” un impero, allora diventa tutto ancora più reale.

Così reale che Netflix ha deciso di aprire a Los Angeles un ristorante nel quale si possono trovare i piatti (e gli chef) che si vedono nelle serie televisive o nei programmi culinari che trasmette.

Gli appassionati delle serie Iron Chef, Nadiya Bakes, Nailed It! e Chef’s Table possono ri-immergersi in una esperienza del tutto nuova, dallo schermo alla tavola, trovando i propri chef preferiti che preparano al momento ricette e cocktail conosciuti solo stando sul divano di casa.

E’ questa una trovata geniale che regala ai fan la possibilità di vivere un’esperienza davvero unica potendo ammirare il dietro le quinte dei programmi culinari.

Non a caso le parole utilizzate come slogan di Netflix Bite, Watching e eating, diventano più vive che mai.

Innovare partendo dalla propria promessa è fondamentale per poter continuamente incollare i fan al proprio Brand, e così Netflix, mantenendo la sua promessa – Entertain the world! – è riuscita a farlo.

 

 

 

TRA FOGLIE DI MATCHA E TÈ NERO, SI TORNA A VIAGGIARE

«L’arte di riparare le ferite»

«L’arte di riparare le ferite» o anche quell’arte-terapia che in giapponese viene espressa con il termine kintsugi. Altro non è che una filosofia orientale che prende il suo significato dalla tecnica giapponese di riparare le ceramiche utilizzando frammenti di oro per rimettere insieme i pezzi rotti. Kintsugi significa letteralmente “riparare con l’oro” e rappresenta il biglietto da visita dell’omonima tea room a Torino.

Tra un dolce e una tazza di tè

Il progetto è quello di una ragazza che un paio di anni fa ha aperto una tea room unica nel cuore di Torino. Il nome scelto non è un caso, è l’augurio di potersi ritrovare e ricomporre nonostante tutto, magari proprio attraverso una tazza di tè in compagnia. Ispirandosi al Giappone e alle esperienze vissute, Francesca Alessio decide di portare un po’ di quei luoghi magici a Torino e lo fa, aprendo una tea room unica e dal sapore tutto orientale.

Le creazioni homemade, dai tipici mochi alle japanese cakes, sono delle deliziose espressione dell’arte giapponese.

La prima impressione è quella di aver appena preso l’aereo ed essere arrivato in Oriente, il tutto in soli cinque minuti. Entrando da Kintsugi and cakes si dimentica, per un istante, di essere ancora in Italia e di vivere una pandemia. L’aroma caratteristico del matcha ci accompagna fino al nostro posticino in mezzo al verde, ed ecco che stiamo di nuovo viaggiando senza preoccuparci di varianti e vaccini. Un piccolo mondo, una “ tana del bianconiglio” in cui poter staccare la spina e godersi, sorridenti, un tè caldo e un dolce. 

Matcha come vuoi tu

Il menù è estramemento vario e, a una prima occhiata, viene davvero voglia di provare tutto, soprattutto per chi come me appartiene alla categoria dolce-batte-salato. D’altronde si sa che gli zuccheri fanno tornare il buonumore. Sicuramente il matcha non poteva mancare nella mia scelta ed è per questo che ho scelto la torta al matcha e crumble di cioccolato, scoprendo poi che si tratta proprio del dolce simbolo del locale. Io ho scoperto il locale in inverno, quindi ho deciso di accompagnare la torta con un bel tè nero dello Yunnan aromatizzato con pesche dolci di montagna e rosmarino fresco. Esistono, ovviamente, anche varianti fredde come ad esempio il tè ghiacciato ai mirtilli o latte vegetale, butterfly pea tea, cardamomo e vaniglia Burbon.

Ogni nome sembra una formula magica, l’incantesimo di una creatura dei boschi come d’altronde un po’ tutto da Kintsugi and Cakes.

Ciò che davvero rende speciale questo locale è l’estrema cura per i dettagli, quel tocco delicato ma speciale che rende unico ogni singolo elemento nel menù. Non c’è dolce o bevanda che non sia caratterizzata da un tocco personale: dalle pagliuzze d’oro nella torta al matcha, al fiore rosso della black bonseki. Frutto di passione e amore, la tea room nel cuore di Torino è un luogo che ho avuto il piacere di scoprire perdendomi e, in tal modo, ritrovandomi.

Un piccolo angolo che rende queste giornate meno grigie.

“LA DIVIN RICETTA”

La cultura del cliente in cucina!

Non molto tempo fa lessi un articolo che diceva “ogni paese è come un brand e l’Italia è uno dei brand più importanti al mondo”.

Grazie al progetto “la Divin Ricetta” di Grana Padano quella frase mi è tornata alla mente e, solo oggi, sono riuscita a coglierne l’essenza profonda.

“La Divin Ricetta” è il progetto attraverso cui, l’azienda produttrice di una delle eccellenze culinarie più ricercate del nostro paese, ha voluto celebrare i 700 anni dalla morte del “padre della cultura italiana”, Dante Alighieri.

Si tratta di una miniserie di video che, sulle note di un jingle e di una voce narrante, racconta in terzine dantesche (quasi fossero delle vere e proprie poesie) le ricette di alcuni piatti cardine della cucina italiana, in cui il grana non può mancare.

Attraverso un amalgama di cultura e cucina Made in Italy, questi contenuti multimediali sono in grado di far risaltare, in un modo tutto nuovo, non solo Dante e il Grana Padano, ma la cultura del popolo italiano!

Cultura, si, perché anche il food fa parte della cultura di un popolo, tuttalpiù quando si parla dell’Italia!

Grazie a questi mini-video Grana padano ha trovato una modalità originale per raccontarsi un po’ a tutti: grandi, piccoli, mamme, studenti… e soprattutto ad emozionare, toccando corde del nostro vissuto che ci appartengono e ad esaltare le radici più profonde non di un semplice prodotto, ma di tutti coloro che quotidianamente lo portano sulle loro tavole!

Insomma, sarà per le note dantesche che ognuno di noi ha sentito riecheggiare almeno una volta sui banchi di scuola, o per il jingle di sottofondo e la voce narrante che rimanda ai cantastorie di tempi assai lontani, o semplicemente per la presentazione di piatti che fanno parte della nostra quotidianità… qualunque sia la ragione, dopo aver visto i video l’unica cosa che vien da fare è mettersi ai fornelli e preparare un delizioso piatto del Brand Italia, che abbia come protagonista il Grana Padano! 

 

#ITALIANFASTCASUAL

Interno Chipotle
Chipotle: interno di un locale

I media specializzati e gli addetti ai lavori iniziano a parlare di Fast Casual guardando le grandi catene d’oltreoceano, ma anche osservando i brand “medio-piccoli” per numero di negozi, ma estremamente efficaci nell’offrire una Customer Experience davvero coerente con i valori che propongono: l’offerta, di menu, di prodotto, di fascia oraria, di ambiente, etc. sta divenendo sempre più specifica. Così, oltre ai super big come Chipotle, Jimmy Johns, Panera Bread, Firehouse Subs, etc. spiccano brand come Lemonade, Modmarket, Elevation Burger, Twisted Root e tanti altri!

Panera Bread: Soba Noodle
Panera Bread: Soba Noodle

L’Italia guarda oltreoceano, ma probabilmente non si è del tutto accorta che il Fast Casual è arrivato anche qui e da diverso tempo. Il motivo è semplice: l’Italia ha nel sangue il Fast Casual. Perché?

Velocità, qualità e attenzione al cliente!

Innanzitutto il Fast Casual esiste in Italia da molti anni! Nel 1979 nasceva a Milano uno dei “top player” di questo segmento, Panino Giusto: il brand conta ora una trentina di locali tra Italia, Londra, Giappone e tra poco aprirà anche Stati Uniti.

Panino Giusto: il nuovo panino firmato dallo Chef Claudio Sadler
Panino Giusto: il nuovo panino firmato dallo Chef Claudio Sadler

La velocità, oggi, è un esigenza sempre più importante nelle zone urbane e nessun cliente si sognerebbe di passare 2 ore seduto ad un tavolo per un pranzo.

Qualità e attenzione al cliente sono il fiore all’occhiello della ristorazione italiana da sempre, si tratta ora di “aggiornarsi” conoscendo davvero il cliente finale e offrendogli una customer experience superiore e allineata ai valori del brand.

Senza un’offerta di customer experience superiore, al netto di un’offerta di menu e prodotti non superiori a quelli italiani, Chipotle non sarebbe un brand da 22 miliardi di dollari e Jimmy Johns non avrebbe le risorse e la forza necessarie per aprire un ristorante al giorno (contiamo 2.166 ristoranti al Marzo 2015)!

Molti brand italiani che, anche senza saperlo, fanno parte di questa rivoluzione veloce, di qualità e attenta al cliente, sono già innumerevoli e di alcuni abbiamo già iniziato a parlare, come Pisacco, Panini Durini, Vasiniko e Ham. Ne potremmo citare fin da ora innumerevoli, ma desideriamo valorizzare ciascuno di loro attentamente.

L’Italian Fast Casual è una vera e propria eccellenza italiana che è possibile valorizzare, sviluppare e portare nel mondo anche anticipando i colossi americani che hanno messo gli occhi sull’Italia.

Abbiamo lanciato l’hashtag #italianfastcasual

Leggete il nostro ebook “Aspettando Starbucks”, il primo studio italiano sul fenomeno del Fast Casual. Scaricatelo gratuitamente qui

THAT’S VAPORE: UN CESTINO PIENO DI NATURALEZZA

thatvaporelogoQuando si entra in That’s Vapore per la prima volta non si sa bene cosa aspettarsi. Le notizie che si sentono in giro, tra amici e conoscenti, ma anche online, parlano di “cestini di cibo cotto al vapore”. Insomma, roba non facilissima da “digerire”, in un mare magnum di offerte che spaziano dall’hamburger alla pizza, dal panino alla piadina, al sushi, ai cupcake e chi più ne ha più ne metta.

Quando si entra in That’s Vapore per la prima volta, però, si viene subito sopraffatti dalla quantità di “naturalezza” che riempie il locale.

Lo sguardo non sa dove posarsi, passando estasiato dalla frutta e la verdura esposta in prossimità del bancone bar dove vengono preparati frullati e centrifughe, ai fiori e piante che adornano l’intero locale, alla meravigliosa vetrina dove coloratissimi cestini ammiccano al cliente che si trova imbarazzato nel doverne scegliere uno tra tanti. Anche le grosse lavagne che riportano il menù, rigorosamente scritte a mano, abbozzando qua e là a un po’ di storytelling, danno un senso di naturalezza, di semplicità e di leggerezza. Ma anche di attenta cura e accurata ricercatezza.

WP_20151217_13_22_49_ProSi ordina al banco, prima di accomodarsi, ma si paga dopo: lo spiega una lavagnetta posta vistosamente sopra la cassa. Questo rende facile, per il cliente neofita, capire come muoversi. La coda per ordinare costeggia la vetrina dove sono riposti i cestini, pronti per essere cotti “a vapore a 104°C e per un tempo massimo di 2’30”. Il tempo speso nell’attesa dell’ora di punta non può che essere utile per studiare approfonditamente il menù proposto: pasta fresca, carne, pesce, riso, cereali, insalate. E se la composizione non fosse abbastanza chiara dalla vetrina, i cartellini elencano gli ingredienti di ogni singolo cestino, indicandone il prezzo. Insomma, si sceglie sapendo esattamente che cosa e come verrà presentato al tavolo.

WP_20151217_13_33_57_ProArrivati in cassa, ci travolge la naturalezza più disarmante: la ragazza che ci accoglie ci guarda dritto negli occhi, dandoci il benvenuto e chiedendoci che cosa abbiamo scelto. Il suo tono è caldo e gentile: in quel momento, lei sta badando a noi, solo a noi, proprio a noi. Poi, veloce ma delicata, ci indica un posto, non senza prima essersi assicurata che la posizione sia di nostro gradimento. Ci ricorda, intanto, sempre sorridente, che potremo pagare quando avremo finito. Abbiamo più volte detto di quanto un sorriso sincero possa fare la differenza quando si viene accolti in un locale (ma anche in un qualunque negozio). In questo caso, la naturalezza del gesto della ragazza ci coinvolge al punto da farci sentire una grande sensazione di libertà. Cosa, per altro, promessa da That’s Vapore.

Ci sediamo e non possiamo fare a meno di notare che l’atteggiamento della ragazza rimane invariato con ogni cliente, che viene da lei fatto sentire importante.

WP_20151217_13_35_39_ProUna volta seduti, il nostro ordine viene portato molto rapidamente: il cameriere, raggiungendoci dalle spalle (ci troviamo seduti nel bancone in vetrina) ci ricorda che cosa abbiamo scelto. Un bigliettino appeso al muro di fronte ci suggerisce di mescolare il contenuto del cestino, per poterlo assaporare meglio: un altro dettaglio che aiuta a rendere più facile e piacevole l’esperienza, soprattutto, appunto, per chi prova That’s Vapore per la prima volta. A metà del pasto, la stessa ragazza che prendeva le ordinazioni in cassa, trovandosi in un momento senza clienti in coda, si avvicina per chiedere – a noi e ai nostri vicini – se la cottura del cestino fosse adeguata.

A ogni cliente, alla fine del pasto, viene chiesto se è possibile ritirare il “piatto” e se è gradito qualcos’altro.

Al momento di pagare, poi, veniamo nuovamente accolti con simpatia e allegria da un ragazzo che, chiedendoci il tavolo al quale abbiamo mangiato, si assicura che tutto sia andato bene. Ricordandoci, poi, che cosa abbiamo consumato, ci informa del conto finale. Un saluto caloroso ci arriva al momento dell’uscita da tutto il personale che si trova “nei paraggi”.

La naturalezza, il calore e la gioiosità dei gesti del personale di That’s Vapore facilmente conquistano il cliente. A patto però che diventino un tratto distintivo e ricorrente della sua offerta, che lo faccia emergere o, quanto meno, differenziare da tutti gli altri.

Come in ogni azienda che abbia diversi locali, di proprietà o in franchising, infatti, è necessario che la Customer Experience proposta al cliente sia perfettamente replicabile nella sua coerenza con i valori del brand in ogni punto vendita e in ogni locale.

STARBUCKS E IL FRAPPUCCINO CHE FA PERDERE LE STAFFE

“Terribile esperienza: il 12 Maggio, 86-51 Broadway, Store Elmhurst, la direttrice Melissa sembra avere un problema di gestione della rabbia.

Ha preso il mio ordine per un “Frappuccino”. Non ho sentito il suo collega chiedermi il nome da scrivere sulla tazza in un primo momento perché stavo aprendo la app sul mio cellulare per pagare. Subito Melissa ha cominciato a gridarmi addosso, dicendo: “hey helloooo!” con atteggiamento molto sconveniente. L’unica cosa che ho detto lei è “Scusa, non avevo sentito, ma non c’è bisogno che urli!”.

Ho evidentemente aggravato la situazione. Lei ha preso e agitato lo scanner mentre stavo cercando di pagare poi mi ha detto di andarmene e non tornare. Stavo cercando di chiedere ad altri dipendenti di poter spiegare, ma la direttrice ha oltretutto iniziato a gridarmi di lasciare lì la cannuccia/biscotto (un prodotto Starbucks – n.d.a.) che avevo in mano accusandomi di volerla rubare!”.

La risposta tramite Facebook da Starbucks non si è fatta attendere:

“Signora Chen, questa esperienza non riflette il servizio che i nostri partner forniscono ai nostri clienti ogni giorno. Qualcuno dal nostro management la incontrerà al più presto per scusarsi e far valere le sue ragioni“.

Apprendiamo che pochi giorni dopo la dipendente che ha completamente perso le staffe è stata licenziata.

Un portavoce per il “gigante delle caffetterie” ha dichiarato alla NBC che il dipendente – che era un capoturno, non una store manager come indicato dalla cliente offesa – è stata licenziata non appena Starbucks è venuta a conoscenza della situazione.

Ruby Chen dice che Starbucks l’ha contattata per dirle che stavano “prendendo sul serio la sua denuncia su quanto accaduto”. La società le ha anche offerto una carta regalo dal valore di $100.

Sicuramente la cliente Ruby Chen non ha vissuto un’esperienza indimenticabile nello Starbucks incriminato; la dipendente che ha perso le staffe era uno dei punti di contatto più importanti tra cliente e brand all’interno del locale e ha scatenato un putiferio, causando un grosso problema di immagine a Starbucks, che è subito corso ai ripari cercando di gestire la situazione critica offrendo una pronta e immediata assistenza alla cliente danneggiata.

Il personale di un locale rappresenta la miglior risorsa per offrire una customer experience superiore e superare le aspettative del cliente: biosogna però chiedersi, darsi una risposta ed eventualmente intervenire, su alcune domande:

  • Quale esperienza il mio brand/locale/ristorante desidera offrire ai clienti?
  • Quali sono le promesse che il mio brand/locale/ristorante fa ai clienti?
  • I collaboratori sono tutti a conoscenza delle promesse del brand e dell’esperienza che desideriamo offrire?
  • I collaboratori sono adeguatamente formati per offrire una customer experience superiore ai clienti del brand/locale/ristorante?

Per intervenire su queste ed altre fondamentali domande e per conoscere come coinvolgere tutto l’ecosistema aziendale nell’offerta di customer experience davvero in linea con l’identità del brand e le promesse che il brand fa ai clienti, scrivi a press@newsandcustomerexperience.it

FOGO DE CHÃO E ALCUNE NOTE SU UNA CUSTOMER EXPERIENCE SUPERIORE

Riportiamo alcune note dell’esperienza esilarante fatta da Susan Payton, esperta di digital pr e web marketing, a cena presso Fogo de Chão, una churrascaria brasiliana con più di quaranta locali tra Usa, Messico e Brasile.

Posto che Susan non conosceva il posto, quindi non aveva particolari aspettative a riguardo, se non quella di farsi una “scorpacciata” di carne, ecco come si è trovata:

  • Accoglienza: un cameriere l’ha accolta sorridente, spiegandole come si sarebbe svolta la cena (buffet di antipasto prima, grigliata di carne e fiumi di ottimo vino, poi). Conclusione del cameriere: “Si metta comoda: questa è casa sua”.
  • Il cameriere oltre che averla fatta sentire a casa, ha dato a Susan l’impressione di essere la prima dei suoi clienti: chissà quante volte, quella sera, aveva ripetuto lo stesso ritornello? Chissà quante volte aveva ripetuto le stesse indicazioni? Eppure Susan ha avvertito in lui un tono allegro e spensierato, per niente appesantito dal lavoro.
  • Gioco di squadra: nell’illustrare lo svolgimento della cena, il cameriere ha mostrato a Susan tutti i suoi colleghi con i quali sarebbe venuta in contatto, dal responsabile buffet ai ragazzi alla griglia, a chiunque avrebbe potuto assisterla durante la sua permanenza. Anzi, in un’occasione, notando una collega al tavolo di Susan con in mano un vassoio, lo stesso cameriere le si è avvicinato per liberarla dal peso in modo che la sua assistenza potesse essere più efficiente ed efficace.
  • Qualità: tutta la cena consumata è stata un tripudio di sapori freschi e di qualità.
  • Congedo: il manager del locale si è avvicinato al tavolo di Susan per chiederle se la cena fosse stata di suo gradimento e se si fosse trovata bene. Un invito a tornare presto e un augurio di buona continuazione di serata, il tutto condito con un sorriso spontaneo e genuino, hanno definitivamente classificato l’esperienza come “outstanding”.

Le occasioni per impressionare positivamente il Cliente sono diverse (touchpoint). Per questo è importante creare una mappa dei momenti di contatto tra lui e il brand e progettare in ciascuno di essi (o, quanto meno, in quelli “strategici”) una Customer Experience superiore in linea con le promesse del brand stesso.

Il percorso proposto da Italian Customer Intelligence spiega come attraverso metodi, best practice, casi ed esempi.

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CUSTOMER EXPERIENCE PER CONTO PROPRIO..IN COMPAGNIA?

A chi non è capitato di spendere del tempo mandando email dal proprio laptop comodamente seduto al tavolino di un bar? Si tratta di un fenomeno che negli Stati Uniti hanno ribattezzato “Latte and Laptop”: l’ospite, il cliente o il viaggiatore che desidera e cerca un ambiente comune dove, paradossalmente, può svolgere attività personali.

Sono diversi i luoghi che si stanno adeguando a questa esigenza, sfruttando il “potere” di un’esperienza condivisa e il fatto che tale esperienza, essendo visibile da altri, porti sempre più persone a volervi partecipare.

Ristoranti, bar, fino alle palestre, tutti stanno attrezzandosi per rendere i propri spazi agevoli per questo tipo di “raggruppamento”.

Nel settore alberghiero, per esempio, David Rockwell, uno dei designer di hotel innovativi più famosi al mondo, commenta: “Sono in particolare i consumatori più giovani a volere spazi pubblici flessibili e layout aperti che gli consentano diverse opzioni di lavoro e socializzazione”.

umpqua bankAnche il banking retail si sta adeguando e un esempio arriva dalla Umpqua Bank, con filiali (da loro chiamate “store”) in tutta la costa pacifica degli Stati Uniti, fino alla California. I loro clienti, infatti, trovano lo spazio per effettuare le normali operazioni bancarie, ma anche per prendere un caffè o per mandare email.

Tutto per rimanere al passo con il consumatore sempre più esigente dell’Era del Cliente.

Per questo Italian Customer Intelligence propone un percorso per progettare e offrire una Customer Experience che superi le sue aspettative. Scopri di più:

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DE SANTIS: LA STORIA SI È FATTA PANINO

Se vi è capitato di passeggiare per il centralissimo Corso Magenta a Milano, vi sarete sicuramente imbattuti in un locale dal fascino retro, nel quale la storia si è fatta panino: Panini De Santis.

“Una rosa è una rosa è una rosa è una rosa” scriveva Gertrude Stein. Può darsi. Quello di cui siamo certi è che un panino non è un panino non è un panino non è un panino. Potrebbero assomigliarsi, stesi nella loro vetrina, ma c’è un panino con quel qualcosa in più che lo fa essere indimenticabile, raccontabile, digeribile, vogliosamente ripetibile”

cita il “Manifesto” appeso nella piccola saletta del locale e abbiamo deciso di andare a verificare se anche l’accoglienza che offre Panini De Santis “non è accoglienza non è accoglienza non è accoglienza” e sia davvero indimenticabile come la qualità dei loro panini.

L’insegna dal meraviglioso gusto anni ’80, scritta bianca su sfondo verde, rende ben visibile il piccolissimo locale, che presenta all’esterno un piccolo bancone con tre sgabelli su cui una famiglia si sta gustando il suo buon panino.

Lo sticker applicato all’ingresso “Da un piccolo posto…nasce il panino più buono del mondo” non fa che predisporci positivamente all’esperienza e caricarci di ottime aspettative.

Abbiamo la sensazione di entrare “in un pezzo di storia”: il legno scuro degli arredi, del bancone, i lampadari stile liberty, le travi di legno scuro sul soffitto, che contrastano con il bianco delle pareti, le mensole e le fotografie appese, ci trasmettono l’affascinante percezione che il locale ha una storia da raccontare e si capisce che quei panini hanno incontrato il palato di tantissime persone e tra poco sarà anche il nostro turno.

Appena varcata la porta d’ingresso, veniamo subito accolti da un caloroso e sorridente saluto da un ragazzo che prepara i panini al momento e questo ci riporta alla realtà e ci fa sentire “a casa”.

Sulla destra invece troviamo un bancone che percorre tutto il locale e sul muro troviamo un menu incorniciato con tantissimi panini divisi per ingrediente principale. Abbiamo l’imbarazzo della scelta, ma dopo una carrellata decidiamo da quale panino lasciarci deliziare e ci avviciniamo alla cassa per ordinare e pagare.

La ragazza in cassa mantiene un approccio discreto, ma professionale: la giusta complementarità dell’accoglienza è data dal ragazzo che ci ha salutato all’ingresso. Ha cercato subito spunti di dialogo simpatici con noi, per intrattenerci durante l’attesa della preparazione del panino, strappandoci qualche sorriso e predisponendoci positivamente all’esperienza.

Inoltre notiamo che saluta i clienti abituali per nome, scambiando con loro un dialogo estremamente cordiale.

La ragazza ci invita ad accomodarci in uno dei tavolini della saletta situata in fondo al locale e ci avvisa che ci avrebbe portato al tavolo il panino.

Ci accomodiamo sul tavolino che presenta solo un porta tovaglioli in metallo, anche questo in assoluta concordanza con lo stile del locale e notiamo che la bottiglia d’acqua è brandizzata. Un tocco di classe.

Mentre attendiamo il nostro panino, ci guardiamo intorno e siamo circondati da fotografie con dedica di artisti del calibro di Sofia Loren, Luciano Pavarotti e mi piace pensare che anche loro, un giorno, siano passati per questi metri quadri.

E come successo al momento dell’ingresso, mentre stavamo fantasticando sulla storia di questo locale magico, ecco che un’altra situazione positiva ci riporta alla realtà: ecco finalmente il nostro panino.

La cameriera ripete il nome del panino, appoggiandolo con grazia sul tavolo e augurandoci “Buon appetito”.

Tutte le nostre aspettative, hanno trovato la loro giusta soddisfazione: non solo la bontà del panino, ma il viaggio nella storia che abbiamo vissuto entrando in Panini De Santis non ha prezzo!

Panini De Santis racconta il suo passato mostrando se stesso, nella versione più vera e autentica.

Non solo il contesto e gli arredi immutati fa percepire al cliente di entrare nel “cuore” di Panini De Santis, dove tutto ebbe inizio, ma trasmette al cliente una sensazione di fiducia e di sicurezza non solo per la qualità dei panini, ma per tutta l’esperienza che andrà a vivere. Quell’esperienza “con quel qualcosa in più che la fa essere indimenticabile, raccontabile….e vogliosamente ripetibile”.

RESTAURANT EXPERIENCE & BRAND IDENTITY

We have recently walked a journey through the countless touchpoints a customer can meet during his relationship with a brand in the food service industry (read here). Touchpoints are those interactions between the brand and the customer: in its new effort for a Fast Casual brand, Italian Customer Intelligence has mapped about one thousand touchpoints!

These one thousand touchpoints are not only points of interaction the brand has to control but also are just as many opportunities for the brand itself to surprise and excite the customer. This way, he will go back to the store and become an ambassador of the brand starting out a positive word of mouth.

Today, those food service brands willing to succeed and grow must offer a customer experience aligned to their own identity and values in each touchpoint of each store around the world.

The customer wants a direct relationship with the brand, he loves to be engaged by it and, most of all, he wants the experience to be the real expression of the values that mark the brand he chooses as unique. Moreover, the customer expects this experience to be offered in the same way in each touchpoint of each restaurant of the brand.

Do you think your brand offers a Customer Experience aligned with its own values in every page, in every picture, in every indication on your website? Is your social media strategy aligned with your brand identity and values? What kind of experience do your clients live when ordering a delivery through your partner’s platform? Does your staff know, live and let the client live your brand values? And so much more…

Do you want to map and work on your brand’ strategic touchpoints? Email us at info@italiancustomerintelligence.it

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