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customer experience - page 6

STARBUCKS E IL FRAPPUCCINO CHE FA PERDERE LE STAFFE

“Terribile esperienza: il 12 Maggio, 86-51 Broadway, Store Elmhurst, la direttrice Melissa sembra avere un problema di gestione della rabbia.

Ha preso il mio ordine per un “Frappuccino”. Non ho sentito il suo collega chiedermi il nome da scrivere sulla tazza in un primo momento perché stavo aprendo la app sul mio cellulare per pagare. Subito Melissa ha cominciato a gridarmi addosso, dicendo: “hey helloooo!” con atteggiamento molto sconveniente. L’unica cosa che ho detto lei è “Scusa, non avevo sentito, ma non c’è bisogno che urli!”.

Ho evidentemente aggravato la situazione. Lei ha preso e agitato lo scanner mentre stavo cercando di pagare poi mi ha detto di andarmene e non tornare. Stavo cercando di chiedere ad altri dipendenti di poter spiegare, ma la direttrice ha oltretutto iniziato a gridarmi di lasciare lì la cannuccia/biscotto (un prodotto Starbucks – n.d.a.) che avevo in mano accusandomi di volerla rubare!”.

La risposta tramite Facebook da Starbucks non si è fatta attendere:

“Signora Chen, questa esperienza non riflette il servizio che i nostri partner forniscono ai nostri clienti ogni giorno. Qualcuno dal nostro management la incontrerà al più presto per scusarsi e far valere le sue ragioni“.

Apprendiamo che pochi giorni dopo la dipendente che ha completamente perso le staffe è stata licenziata.

Un portavoce per il “gigante delle caffetterie” ha dichiarato alla NBC che il dipendente – che era un capoturno, non una store manager come indicato dalla cliente offesa – è stata licenziata non appena Starbucks è venuta a conoscenza della situazione.

Ruby Chen dice che Starbucks l’ha contattata per dirle che stavano “prendendo sul serio la sua denuncia su quanto accaduto”. La società le ha anche offerto una carta regalo dal valore di $100.

Sicuramente la cliente Ruby Chen non ha vissuto un’esperienza indimenticabile nello Starbucks incriminato; la dipendente che ha perso le staffe era uno dei punti di contatto più importanti tra cliente e brand all’interno del locale e ha scatenato un putiferio, causando un grosso problema di immagine a Starbucks, che è subito corso ai ripari cercando di gestire la situazione critica offrendo una pronta e immediata assistenza alla cliente danneggiata.

Il personale di un locale rappresenta la miglior risorsa per offrire una customer experience superiore e superare le aspettative del cliente: biosogna però chiedersi, darsi una risposta ed eventualmente intervenire, su alcune domande:

  • Quale esperienza il mio brand/locale/ristorante desidera offrire ai clienti?
  • Quali sono le promesse che il mio brand/locale/ristorante fa ai clienti?
  • I collaboratori sono tutti a conoscenza delle promesse del brand e dell’esperienza che desideriamo offrire?
  • I collaboratori sono adeguatamente formati per offrire una customer experience superiore ai clienti del brand/locale/ristorante?

Per intervenire su queste ed altre fondamentali domande e per conoscere come coinvolgere tutto l’ecosistema aziendale nell’offerta di customer experience davvero in linea con l’identità del brand e le promesse che il brand fa ai clienti, scrivi a press@newsandcustomerexperience.it

ILARIA CHIARA LA MALFA E UNA MERENDA NELLA CASA DELLE BAMBOLE

IlariaDa brava calabrese, Ilaria Chiara è sempre stata una buona forchetta. E da brava trapiantata a Milano ha affinato un gusto molto internazionale. I dolci sono il suo punto debole e non ha paura di esplorare e di scoprire le novità che il capoluogo lombardo non manca mai di proporre. Un passato da “Nanny” (ha visto Matilde crescere e le loro avventure sono una leggenda tra i suoi amici) e un presente nell’organizzazione di eventi, Ilaria ha un gusto raffinato e decisamente esigente. Oggi racconta a CX and the City, la rubrica che raccoglie, direttamente dalla voce dei protagonisti, storie di esperienze di acquisto memorabili, perchè è così entusiasta di Vanilla Bakery, il locale-bomboniera che in questi giorni festeggia i tre anni di apertura, specializzato in american food di qualità.

CX AND THE CITY

Come ha scoperto il brand di Vanilla Bakery e il suo locale?

vanilla1Cercavo un posto carino dove andare a fare merenda con Matilde e, sfogliando una rivista, trovai un’intervista a Cristina Bernascone che raccontava del locale che aveva appena aperto. L’articolo era corredato da bellissime foto di quello che sembrava proprio una casetta delle bambole: il posto perfetto per un pomeriggio con la bambina.

Nel decidere di optare per Vanilla Bakery, lo ha confrontato con altri o lo ha scelto perché ha catturato la sua attenzione all’improvviso?

Cercavo qualcosa di speciale. Da qualche mese non ero più la Nanny di Matilde, ma eravamo rimaste in contatto. Ci sentivamo spesso ma non riuscivamo a vederci di frequente. Quel pomeriggio, dopo tanto tempo, volevo coccolarla un po’ e, non appena “scoperto”, Vanilla Bakery mi è sembrato davvero il posto perfetto. Era totalmente “fuori zona”, ma ci andammo comunque.

Quale suo personale bisogno o quale desiderio prometteva di soddisfare Vanilla Bakery?

Doveva essere un posto speciale. Divertente, accogliente, carino. E poi Matilde, che a Milano frequenta una scuola americana, va matta per cheesecake, cupcake, pancake e doughnut. Conoscevo altri locali che avevano quel tipo di dolci, ma Vanilla Bakery sembrava davvero adorabile.


Quando è andata da Vanilla Bakery e come si è trovata?

vanilla bakerySiamo andate una domenica pomeriggio. Il locale aveva aperto proprio da poco ed era più piccolo di quanto non sia adesso. Per questo era piuttosto pieno. Matilde e io ci siamo accomodate su un bancone con “vista cucina”. Abbiamo preso un sacco di dolcetti deliziosi. Era incredibile la varietà di scelta che avevamo a disposizione. I nostri preferiti? I cupcake gusto bounty, quello al mars, quello con la crema di pistacchio e agli oreo (un biscotto molto famoso negli Stati Uniti, ndr).

L’esperienza da Vanilla Bakery ha soddisfatto in pieno il bisogno iniziale per cui vi si era recata, magari superando addirittura ogni aspettativa?

Assolutamente. Oltre a colpirmi l’estrema varietà e qualità dell’offerta, sono rimasta affascinata da tutto l’aspetto visual del locale. Un posto splendido, accogliente, curato nei minimi dettagli. Un posto che sembrava (e sembra tuttora) una casa per le bambole. Oltretutto, ricordo molto piacevolmente l’ospitalità e la gentilezza della titolare, Cristina. L’ho riconosciuta nel locale perché avevo appena letto la sua intervista. Era lì con quelle che credo fossero le sue bimbe e ha avuto un occhio di riguardo anche per Matilde.


Un motivo per cui tornerebbe?

vanillaAndare da Vanilla Bakery mi ricorda quando da piccola prendevo il tè con le mie bambole. È una sensazione splendida. È un posto molto “girlish” e io vado matta per questo genere di cose. È tutto così squisitamente femminile e l’atmosfera è molto gioiosa. Da Vanilla Bakery sembra di vivere una favola, che siano bambole, Hansel e Gretel o Alice nel Paese delle Meraviglie. E ci torno molto spesso.

Se Vanilla Bakery fosse una città, quale sarebbe?

Parigi. Un posto fuori dal tempo dove le sale da tè nelle quali gustare deliziosi pasticcini sono un’istituzione.

TEMPO: SINCRONIA E COERENZA TRA PROMESSE DEL BRAND E MARKETING

Da qualche giorno impazza sul web una presa in giro della cantante Adele, prossima a un tour in Italia e star della colonna sonora del discussissimo episodio Skyfall della saga di 007.

La colpa di Adele è quella di cantare canzoni – a detta del popolo dei social media – troppo tristi e strappalacrime.

Chi ne ha approfittato, dimostrando una perfetta sincronia e coerenza del proprio ufficio marketing rispetto alle promesse del brand, è Tempo, nota azienda di fazzoletti di carta.

Questo il post che Tempo ha pubblicato nella pagina dedicata al tour di Adele, in mezzo a tante altre meme divertenti:

tempo

In un’ora dalla sua pubblicazione il post ha guadagnato più di 9000 like e quasi 500 condivisioni (in meno di 24ore i like superano i 27.000 e le condivisioni sono state quasi 2.000), al grido di “Per fortuna potete contare su Someone Like Us” (che fa il verso a uno degli struggenti brani dell’artista inglese).

Il marketing è una delle parti più rilevanti nell’offerta di una Customer Experience superiore, in quanto è quello che suggerisce al cliente le promesse del brand, stabilendone così le aspettative.

Diventa quindi fondamentale, evidentemente, che il marketing abbia ben chiara l’identità del brand e le sue promesse, per poterle comunicare coerentemente (ne avevamo già scritto qui).

Italian Customer Intelligence propone un percorso che in sei mosse favorisce l’importazione in azienda delle best practice per coordinare Brand Identity, Customer Experience e Marketing in modo che il Cliente sia davvero soddisfatto.

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FACILE O DIFFICILE? /1

Nell’era del cliente occorre focalizzarsi sulla concreta esperienza che ciascun cliente vive in ogni interazione con la vostra azienda. L’esperienza che proponete in ogni touch point è direttamente correlata con frequenza d’acquisto, “scontrino” medio, fedeltà e, addirittura, attrazione di investitori.

In ogni touch point, l’esperienza che il cliente vive viene giudicata “facile” se risponde ai bisogni e ai desideri del cliente, se è piacevole, se è in linea con la promessa che comunica il brand e se il tutto avviene in modo, appunto, facile.

Quindi, è facile o difficile fare affari con voi?

Ecco alcuni dei motivi più ricorrenti che rendono difficili e confuse le relazioni con i vostri clienti e che li fanno propendere per la concorrenza:

  • Li si perde nel vostro sito o nel vostro negozio;
  • Non sanno dove trovare quello che stanno cercando;
  • Non capiscono prezzi, sconti, promozioni;
  • Troppa scelta;
  • Troppe informazioni;
  • Informazioni scarse;
  • Incoerenza tra quello che il brand promette e quello che trovano;
  • Non percepiscono la differenza tra il vostro prodotto o servizio e quello del competitor;
  • Non comprendono la differenza tra i vari prodotti o servizi della vostra offerta.

Ma questo è solo un primo elenco…..

Italian Customer Intelligence propone un percorso per progettare e offrire al proprio clienteuna Customer Experience che lo conquisterà. Scopri di più:

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BUY…BYE BYE!

Customer experience e shopping experience. La tentazione, per l’innata dote che tutti noi abbiamo nel trovar scorciatoie per giungere alla soluzione dei problemi quotidiani, è considerarle sinonimi, due modi di dire la stessa cosa.

Ma non è così! In realtà basterebbe soffermarsi un secondo sopra entrambe le parole per capire che si riferiscono a due tipi di esperienze profondamente diverse.

Shopping: è il momento in cui il cliente scopre il brand perché si imbatte in un punto vendita (nella via della città o nello store digitale), valuta l’offerta e acquista il prodotto/servizio.

Customer: il cliente, colui che, per restare in piedi, avere successo e prosperare nell’era del cliente, siamo tutti chiamati non solo a considerare, ma davvero a mettere al centro della nostra azienda, protagonista di ogni reparto, mansione e ruolo. La Customer Experience (con le iniziali maiuscole perché il successo è garantito solo a chi la offre “superiore”) è l’insieme delle percezioni che il cliente prova in ogni interazione con la nostra azienda. Vi siete mai svegliati dentro un negozio di un brand sconosciuto e iniziato immediatamente a visitarlo e fare acquisti? No, perché la relazione tra brand e cliente inizia ben prima e finisce ben dopo!

Oggi, la tendenza è quella di prestare molta attenzione alla shopping experience: quanti sforzi per farsi scoprire attraverso insegne scintillanti, vetrine impeccabili, banner nei social network e un posizionamento SEO da far invidia ai più grandi marchi mondiali! Quanti sforzi, quante ore di formazione per assicurarci che in tutti i nostri punti vendita il visual, esterno ed interno, sia impeccabile! Tutto corretto, anzi, correttissimo. Questi sono aspetti fondamentali per esistere, nell’era del cliente.

Ma il cliente non smette di pensare al brand con cui ha appena interagito un attimo dopo aver strisciato la carta di credito. No, il cliente pensa al brand anche molto dopo la conclusione della shopping experience. Per questo motivo vanno assolutamente pensate, progettate, misurate e controllate tutte le percezioni che il nostro protagonista, il cliente, potrà provare mentre accede al nostro prodotto, mentre lo usa e quando, prima o poi capiterà a tutti, chiederà assistenza.

bye byeProviamo a immaginare di essere in un’agenzia di viaggi e aver appena comprato, dopo un colloquio illuminante con un’operatrice davvero preparata, un pacchetto per un romantico viaggio per due persone da condividere con la nostra metà. Un viaggio nel Mar Rosso, magari nel periodo di Natale. Immaginiamo di tornare a casa e svelare il regalo alla fortunata o al fortunato cui abbiamo regalato il viaggio. Immaginiamo che questa persona, pur con imbarazzo, confessi di aver visitato il Mar Rosso almeno quattro volte negli ultimi dieci anni e, perché no, vorrebbe godersi un Natale a Parigi. Correremo fiato in gola all’agenzia di viaggi, per cambiare il pacchetto vacanza. Una volta arrivati, lo sgomento! L’agenzia non c’è più, al suo posto solo vetrine chiuse, saracinesche abbassate…

Questa è la sensazione che facciamo provare ai nostri clienti quando non offriamo una Customer Experience superiore, ma curiamo solo la shopping experience.

Come ha detto Kerry Bodine al meeting “Outside In Telligence” lo scorso 20 Novembre a Milano, molto spesso quello che le aziende fanno ai propri clienti si può tradurre in questa cinica sentenza: caro cliente… “BUY…BYE BYE!”.

BUY… BYE! BYE!

Customer experience and shopping experience. The temptation, due to the natural tendency of all human beings to adopt shortcomings in order to find solutions to everyday problems, is to consider those two terms as synonyms, two alternative ways to describe the same entity.

But it is not! Actually, it’s sufficient to stop just one second on those two words to understand that they refer to completely different types of experiences.

Shopping: it’s the moment in which the customer discovers the brand because he encounters a point of sale (close to the street where he lives or online), he evaluates the offer and she purchases the product or the service.

Customer: the client, the center of our company, the protagonist of all departments, jobs and roles. In the Age of the Customer we are all called to consider this human being the center of our business in order to survive and boost our performance. The Customer Experience (with capital letters since success is granted only to those entities that offer an “ultimate” experience) is the combination of perceptions that the client feels each time he relates to our company. Have you ever woken up in an unknown store and started to visit the facility and purchase something right after? No, since the relationship between brand and customer starts long time before the purchase and finishes later!

Today, the trend is to focus substantially on the shopping experience: how much effort to catch the attention of buyers with shining stores’ signs, impeccable shop windows, banners on social networks and SEO strategies that compete with the best brands in the world! How much effort, how many hours of training to be sure that internal and external visuals of our points of sale are smooth and flawless!  Everything is correct, very correct. In the Age of the Customer, those are important elements to survive on the market.

However, the customer does not stop to think about the brand he interacted with few seconds after he swiped the credit card. No, the client keeps on thinking about the brand even long time after he concludes his shopping experience. For this reason, it’s very important to consider, design, measure and control all perceptions that our protagonist, the client, might fell while he enters in contact with our product, while he uses it and when, sooner or later, he will ask for assistance.

Let’s pretend to be in a travel agency, we have just purchased, after an enlightening conversation with an experienced operator, a romantic tour for two people to share with our love. Specifically, a tour in the Red Sea during Christmas holidays. Let’s imagine to go back at home and reveal the surprise to our better half. Let’s imagine that this person confesses, with some embarrassment, that she has already visited the Red Sea four times in the last years and she would like to spend Christmas break in Paris. We would run back to the travel agency in order to change the tour. By the time you get there, you realize with consternation that the travel agency is not there anymore, everything is shut down.

This is the sensation our clients feel when we do not offer a superior Customer Experience but we take care of the shopping experience alone.

As Kerry Bodine stated during the meeting “Outside In Telligence” in Milan, what most companies do to their clients can be summarized with this cynic sentence: my dear customer… “BUY…BYE BYE!”.

GIORGIO PASINI E UN GIN FUORI DAL CORO

Giorgio Pasini lavora in Regione Lombardia ed è un grande appassionato di spirit e cocktail “ben fatti”. Viaggia molto e ogni trasferta è una scusa per andare a caccia dei drink migliori.

Oggi ci racconta di come, senza andare troppo lontano, sia approdato alla fiera TuttoFood, la Fiera dell’Alimentare per Eccellenza che si tiene. Invitato da amici, Giorgio ha scoperto Fred Jerbis, un gin che lo ha totalmente conquistato.

CX AND THE CITY

Come ha scoperto il brand Fred Jerbis e il luogo dove ha effettuato l’acquisto?

All’evento TuttoFood a Milano, ho acquistato il prodotto direttamente dal produttore che ho avuto il piacere di conoscere all’evento e con il quale sono tuttora in contatto.

Nel decidere di acquistare il gin Fred Jerbis, lo ha confrontato con altri o lo ha scelto perché ha catturato la sua attenzione all’improvviso?

Ho avuto modo di confrontarlo con altri Gin Italiani e le peculiarità del Fred Jerbis hanno colto la mia attenzione.

Quale suo personale bisogno o quale desiderio il gin Fred Jerbis prometteva di soddisfare?

Il desiderio di un Gin differente dai prodotti già disponibili sul mercato.

Quando e come ha utilizzato Fred Jerbis?

Liscio, con la tonica e anche in alcuni cocktails.

Il gin Fred Jerbis ha soddisfatto in pieno il bisogno iniziale per cui lo aveva comprato, magari superando addirittura ogni aspettativa?

Si, ha soddisfatto le mie aspettative di ricerca di un prodotto ‘fuori dal coro’.

Un motivo per cui rifarebbe questo acquisto?

Perché è un Gin particolarmente aromatico e interessante, da gustare anche liscio.

Se Fred Jerbis fosse una città, quale sarebbe?

Lhasa, la principale città del Tibet, unica come il Fred Jerbis, e immersa nelle montagne (si trova a 3650 metri di altitudine nella valle del Kyi Chu) come le terre da dove proviene il Gin 43.

ELENA TRAVAINI TOZZONI E UN ABITO PER TUTTE LE STAGIONI

IMG_5870Si capisce subito di che pasta è fatta la signora Elena, non appena entra nella nostra Redazione per raccontarci una sua personale esperienza d’acquisto. È una bella donna, elegante ma semplice, dal passo e dal portamento deciso e sicuro. Una vita passata nel mondo della finanza fino ad approdare a Prada, grande viaggiatrice, mamma e appassionata di arte e scrittura. E di moda. “Quando una cosa mi piace, lo capisco subito e difficilmente cambio idea”, ci dice. E subito ha capito che nel brand Orsetta Mantovani (che indossa nella foto a fianco) c’era qualcosa di speciale, tanto che, di capi, ne ha acquistati diversi da quando, per la prima volta, si recò in quel “salotto al femminile” nascosto in un cortile di Corso Magenta a Milano.

CX AND THE CITY


Come ha scoperto il brand e il luogo dove ha effettuato l’acquisto?

logo_orsettamantovani_1È stato tanti anni fa, grazie a un passaparola. Avevo visto un capo addosso a una persona e mi era subito piaciuto così mi sono recata all’Atelier di Corso Magenta. Trovandosi all’interno di un cortile non avrei potuto incontrarlo “per caso”.

Nel decidere di acquistare il capo, lo ha confrontato con altri o lo ha scelto perché ha catturato la sua attenzione all’improvviso?

Quando mi sono recata per la prima volta all’Atelier, ero andata per curiosare, ma sapevo già che mi piaceva lo stile, dal momento che lo avevo già visto addosso a qualcun altro. Ne sono uscita con un abito con spilla color azzurro che avevo adocchiato non appena entrata. Orsetta ha provato a propormi altri colori, ma io avevo già scelto.

Quale suo personale bisogno o quale desiderio il prodotto che ha acquistato prometteva di soddisfare?

I capi di Orsetta ti permettono di sentirti semplice, elegante e a posto in ogni situazione e circostanza, dalla mattina alla sera, per un meeting di lavoro, un caffè, un cocktail con le amiche o per una cena. Sono capi che hanno personalità e quando li indosso mi sento esattamente me stessa.

Quando e come ha usato il capo acquistato?

Uso i capi di Orsetta sempre. Come ho detto, sono perfetti per ogni occasione.

I capi acquistati hanno soddisfatto in pieno il bisogno iniziale per cui li aveva comprati, magari superando addirittura ogni aspettativa?

Assolutamente sì. Tanto soddisfatta che appena ho l’occasione consiglio il brand di Orsetta a tutti, un po’ parlandone io stessa, un po’ facendo parlare i capi che indosso.

Un motivo per cui rifarebbe questo acquisto?

Non solo lo rifarei, ma già lo faccio continuamente. Anzi, spesso acquisto lo stesso capo in “serie”. Oltre a farmi sentire perfettamente a mio agio e alla loro innegabile bellezza e qualità, devo dire che fare acquisti presso l’Atelier di Orsetta Mantovani è sempre un momento piacevole, una sorta di appuntamento in un bel salotto, dove fare due chiacchiere. Un appuntamento al quale dedico volentieri del tempo. Orsetta, oltretutto, è molto attenta e rispettosa della sua cliente, proponendole quei capi che sa che possono piacerle e starle bene. Questa non è solo una questione di talento o creatività, ma soprattutto di empatia: sa sempre fin dove può spingersi nella sua proposta. Anzi, vi dirò di più: grazie al suo occhio, al suo estro e alla sua attenzione, Orsetta arriva addirittura a rimodellare capi già acquistati seguendo il passare di mode e stagioni. Per tutto questo continuo e continuerò a comprare capi di questo brand e a spingere amiche e conoscenti a fare altrettanto.

Se questo acquisto fosse una città, quale sarebbe?

Sicuramente una città cosmopolita, una città capace di valorizzare e di adattarsi alle personalità più accese e differenti, una città frenetica e cangiante ma che sa adeguarsi a ogni situazione e condizione. Ecco, Orsetta Mantovani, i suoi capi e l’esperienza che si fa nel suo salotto potrebbero proprio essere New York! Una città che consiglierei a tutti di visitare! Proprio come l’Atelier di Orsetta!

L’EMAIL DI AMAZON E LA BORSA DELLA SPESA

Il cliente compie un viaggio con il nostro brand/prodotto/servizio composto da diverse tappe. Sappiamo che la percezione che il cliente ricava dall’esperienza che vive in ogni touchpoint in ogni tappa del viaggio è la Customer Experience.

Il 2014 è stato l’anno in cui la Customer Experience è approdata sulle scrivanie dei dirigenti e dei professionisti di moltissime aziende (l’Italia è ancora purtroppo in ritardo). Molti studi confermano che nel 2015 molte aziende si sono concentrate sempre più nel perfezionare un’offerta di Customer Experience superiore.

Oggi scriveremo però di un’azienda che cura la Customer Experience da sempre: Amazon.

Lo spunto ci viene offerto non dall’introduzione dei droni per le consegne o da altre innovazioni tecnologiche, ma da una mail, una semplicissima mail che ci è stata segnalata.

Amazon Logo

Il lettore che ce l’ha inoltrata aveva ordinato sul famoso store online un gadget elettronico da regalare a una persona cara: come al solito l’esperienza d’acquisto online si era rivelata veloce e semplice; sottolineando sopratutto la velocità con cui è possibile modificare l’indirizzo di consegna del pacchetto (non poteva farsi arrivare a casa il regalo facendosi scoprire!). La data di consegna prevista da Amazon era fissata per Mercoledì 17.

Ma Lunedì 15 riceve questa mail:

“Gentile Cliente,

Siamo spiacenti di informarti che, a causa di un inaspettato ritardo, il tuo ordine “171……” o parte di esso potrebbe essere consegnato con un ritardo di 1-2 giorni lavorativi rispetto alla data prevista.
Per maggiori informazioni su come tracciare il tuo ordine, guarda il nostro video: https://www.amazon.it/traccia_il_tuo_ordine_video
Siamo consapevoli che attendevi tale articolo per la data di consegna prevista, pertanto, potresti voler richiedere un reso dovuto al ritardo. Se desideri effettuare un reso del tuo ordine, ti chiediamo di visitare il nostro Centro resi online per conoscerne le modalità: https://www.amazon.it/resi
Per maggiori informazioni sulle nostre politiche dei resi, consulta la nostra pagina d’aiuto: https://www.amazon.it/politica-resi
Siamo spiacenti per i disagi arrecati.
Servizio Clienti
Amazon.it

Dopo averla letta, il suo stupore è stato davvero grande. Infatti, non stava assolutamente pensando all’acquisto fatto qualche giorno prima…ed essere avvertiti in anticipo di un possibile ritardo (1 o 2 giorni lavorativi) non capita davvero tutti i giorni!

In questo caso Amazon sta “gestendo” bene una tappa fondamentale, e spessissimo oscura del viaggio del cliente: il momento in cui accede, ovvero tutto ciò che accade tra l’acquisto e l’utilizzo del prodotto. Le percezioni che il cliente vive in questi momenti sono decisive per la sua valutazione e, nell’era del cliente, per farlo restare con noi per acquisti futuri e convincerlo ad essere uno dei nostri Promoter.

Avete mai riflettuto su cosa accade nella mente e nella pancia del nostro cliente dopo che ha comprato il prodotto, ma prima che lo utilizzi? Provate a pensare a quanti avvenimenti influenzano la nostra esperienza al ristorante nei momenti tra l’ordine e l’arrivo delle pietanze. Quanti pensieri ci passano per la testa tra l’acquisto di un biglietto aereo online e la fine del volo acquistato con l’uscita dall’aeroporto? Quante borse abbiamo maneggiato prima di indossare finalmente la maglietta o le scarpe comprate da poco? Le borse erano comode? Erano troppo appariscenti? Etc.

Il primo passo da compiere per non tralasciare questa importantissima tappa del viaggio che il nostro cliente compie è sicuramente identificare tutti i vari punti (touchpoint) che la compongono, dopodichè si potrà pensare a come migliorare l’esperienza vissuta dal cliente in quei momenti.

Sembra banale, ma tantissime opportunità si aprono davanti ai nostri occhi non appena li volgiamo verso ciò che prima semplicemente stavamo ignorando.

DE SANTIS: LA STORIA SI È FATTA PANINO

Se vi è capitato di passeggiare per il centralissimo Corso Magenta a Milano, vi sarete sicuramente imbattuti in un locale dal fascino retro, nel quale la storia si è fatta panino: Panini De Santis.

“Una rosa è una rosa è una rosa è una rosa” scriveva Gertrude Stein. Può darsi. Quello di cui siamo certi è che un panino non è un panino non è un panino non è un panino. Potrebbero assomigliarsi, stesi nella loro vetrina, ma c’è un panino con quel qualcosa in più che lo fa essere indimenticabile, raccontabile, digeribile, vogliosamente ripetibile”

cita il “Manifesto” appeso nella piccola saletta del locale e abbiamo deciso di andare a verificare se anche l’accoglienza che offre Panini De Santis “non è accoglienza non è accoglienza non è accoglienza” e sia davvero indimenticabile come la qualità dei loro panini.

L’insegna dal meraviglioso gusto anni ’80, scritta bianca su sfondo verde, rende ben visibile il piccolissimo locale, che presenta all’esterno un piccolo bancone con tre sgabelli su cui una famiglia si sta gustando il suo buon panino.

Lo sticker applicato all’ingresso “Da un piccolo posto…nasce il panino più buono del mondo” non fa che predisporci positivamente all’esperienza e caricarci di ottime aspettative.

Abbiamo la sensazione di entrare “in un pezzo di storia”: il legno scuro degli arredi, del bancone, i lampadari stile liberty, le travi di legno scuro sul soffitto, che contrastano con il bianco delle pareti, le mensole e le fotografie appese, ci trasmettono l’affascinante percezione che il locale ha una storia da raccontare e si capisce che quei panini hanno incontrato il palato di tantissime persone e tra poco sarà anche il nostro turno.

Appena varcata la porta d’ingresso, veniamo subito accolti da un caloroso e sorridente saluto da un ragazzo che prepara i panini al momento e questo ci riporta alla realtà e ci fa sentire “a casa”.

Sulla destra invece troviamo un bancone che percorre tutto il locale e sul muro troviamo un menu incorniciato con tantissimi panini divisi per ingrediente principale. Abbiamo l’imbarazzo della scelta, ma dopo una carrellata decidiamo da quale panino lasciarci deliziare e ci avviciniamo alla cassa per ordinare e pagare.

La ragazza in cassa mantiene un approccio discreto, ma professionale: la giusta complementarità dell’accoglienza è data dal ragazzo che ci ha salutato all’ingresso. Ha cercato subito spunti di dialogo simpatici con noi, per intrattenerci durante l’attesa della preparazione del panino, strappandoci qualche sorriso e predisponendoci positivamente all’esperienza.

Inoltre notiamo che saluta i clienti abituali per nome, scambiando con loro un dialogo estremamente cordiale.

La ragazza ci invita ad accomodarci in uno dei tavolini della saletta situata in fondo al locale e ci avvisa che ci avrebbe portato al tavolo il panino.

Ci accomodiamo sul tavolino che presenta solo un porta tovaglioli in metallo, anche questo in assoluta concordanza con lo stile del locale e notiamo che la bottiglia d’acqua è brandizzata. Un tocco di classe.

Mentre attendiamo il nostro panino, ci guardiamo intorno e siamo circondati da fotografie con dedica di artisti del calibro di Sofia Loren, Luciano Pavarotti e mi piace pensare che anche loro, un giorno, siano passati per questi metri quadri.

E come successo al momento dell’ingresso, mentre stavamo fantasticando sulla storia di questo locale magico, ecco che un’altra situazione positiva ci riporta alla realtà: ecco finalmente il nostro panino.

La cameriera ripete il nome del panino, appoggiandolo con grazia sul tavolo e augurandoci “Buon appetito”.

Tutte le nostre aspettative, hanno trovato la loro giusta soddisfazione: non solo la bontà del panino, ma il viaggio nella storia che abbiamo vissuto entrando in Panini De Santis non ha prezzo!

Panini De Santis racconta il suo passato mostrando se stesso, nella versione più vera e autentica.

Non solo il contesto e gli arredi immutati fa percepire al cliente di entrare nel “cuore” di Panini De Santis, dove tutto ebbe inizio, ma trasmette al cliente una sensazione di fiducia e di sicurezza non solo per la qualità dei panini, ma per tutta l’esperienza che andrà a vivere. Quell’esperienza “con quel qualcosa in più che la fa essere indimenticabile, raccontabile….e vogliosamente ripetibile”.

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