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ONLY THE BEST IS GOOD ENOUGH

La Lego insegna il Braille

A global force for Learning-through-Play è la Vision di Lego Group, l’azienda danese che dal 1932 produce i famosi mattoncini colorati.

Risponde proprio a questa promessa la nuova produzione – che a breve sarà venduta online – del gioco “Lego Braille Bricks”.

Si tratta della linea di mattoncini pensata per i bambini non vedenti – e non solo! – costituita da 287 mattoncini in 5 colori che hanno borchie appositamente create che corrispondono ai numeri e alle lettere del sistema Braille.

L’idea è quella che i bambini non vedenti possano imparare a leggere in Braille divertendosi insieme alla propria famiglia o agli amici. 

E’ questo un approccio nuovo a una inclusività non forzata ma che passa attraverso la semplicità e la forza attrattiva del gioco e del divertimento e la gioia di stare in compagnia, proprio come viene dichiarato nella brand promise dell’azienda.

Non per niente secondo il The Reptrak Company 2023, che stila la classifica delle 100 miglior aziende a livello di reputazione, posiziona la Lego Group al primo posto su scala mondiale.

Guarda qui il video.

“MA E’ LEGALE?!”

Luini e il giovane avvocato rampante 

Luini è il forno milanese per eccellenza. Lo è dal 1888 e sempre a Milano in via Santa Redegonda. 
Luini però è diventato Luini quando, nel 1949, Giuseppina Luini, arrivata dalla Puglia e trasferitasi a Milano ha rilevato il forno e ha iniziato a far conoscere i panzerotti, tipica specialità pugliese.
Così sono quasi 75 anni che, da Luini, i milanesi e i turisti nelle adiacenze del Duomo mangiano panzerotti impareggiabili. 
Meta di studenti che marinavano la scuola e che poi hanno tramandato – non raccontandola tutta – ai figli questa sosta per i panzerotti che, merenda aperitivo pranzo o cena che sia, sempre impareggiabili sono.
Non ci si lascia scoraggiare dalla lunghissima coda – per la precisione due, una per ciascun ingresso – perché (altra magia) la decina di addetti del forno sono velocissimi e smaltiscono il pubblico in un lampo mentre, dalle retrovie, il forno fa uscire bancali interi di panzerotti che arrivano al palato sempre bollenti ! 
Troppo buoni! Quando penso a una dipendenza da superare non mi viene in mente nè il fumo, nè l’alcool, nè strane pastiglie ma quel gusto di pomodoro, mozzarella a filamenti e impasto di farina dai quali è difficilissimo staccarsi! 
Martedì 25 luglio, nell’ accostarmi al forno, noto un assembramento più disordinato del solito: non più due lunghe code ordinate ma una quarantina di persone ammassate davanti all’ ingresso scomposte e vocianti …
Mi avvicino … e vedo il tremendo cartello “Luini chiuso per ferie fino al 25 agosto“ . Ma come? E noi? Già in ferie il 25 luglio?!? Ma la città chiude come al solito dopo l’ 8 agosto, come è possibile questa proditoria chiusura? 
La gente si guarda smarrita … forse a Luini conoscono bene l’animo umano e sanno che per farsi apprezzare occorre, ogni tanto e momentaneamente, negarsi: in amore vince chi fugge.
La cosa strana è che la gente, incredula, non se ne va: qualcuno guarda attraverso le inferriate se davvero è tutto chiuso e il cartello non mente. Anche io guadagno la prima fila proprio davanti allo “sciagurato“ cartello … 
Rimango qualche istante anche io come impietrito finché, dal dietro, arriva – vestito di tutto punto – un super elegante giovanotto, certamente un giovane avvocato rampante di qualche fondo d’investimento che ha la sede nei pressi. 
Mi guarda e, con un viso fra lo smarrito e l’indignato, pur avendo letto il cartello, mi chiede “È chiuso?” 
Con fare costernato gli rileggo il cartello: “chiuso per ferie fino al 25 agosto” , accompagnando col dito indice la mia lettura sulla scritta. Con aria seria di chi minaccia ritorsioni mi chiede:
“Ma è legale chiudere Luini al 25 luglio?”
Schermaglie d’amore in Via Santa Redegonda … forse arriverà lettera dell’avvocato … 
Grande Luini!
 
P.S.: chi è assiduo di queste colonne conosce che cosa sia il GLUE, ovvero il piccolo extra che fa crollare di gioia il cliente (stay tuned: a settembre l’uscita della pubblicazione “Chiedimi un GLUE!“). Luini ha trovato il modo di incollare ancor di più il cliente facendogli sentire la sua mancanza: genio!
 
 
 

MITILLA, LA COZZA DI PELLESTRINA

Federico Menetto: “Un Brand destinato ad espandersi ed estendersi”.

All’avvicinarsi dell’estate emergono sempre più vividi nella mente (soprattutto di chi ancora lavora) profumi, colori, sapori ed emozioni che il mare ci regala.

E allora per anticipare l’appagamento, che speriamo diventi reale a breve, in quelle sensazioni così fresche e genuine abbiamo intervistato Federico Menetto, partner di Lorenzo Busetto, fondatore del Brand Mitilla, la cozza di Pellestrina.

Un brand nato da poco che ha fatto della qualità e della tracciabilità gli elementi di forza.

Perché lo sapevate che le cozze non sono tutte uguali?

Tantissimi prodotti hanno dei parametri certificati che ne definiscono la qualità, pensate al vino o al prosciutto o ancora al formaggio, così anche la cozza ha delle caratteristiche specifiche che la possono rendere “ancora più cozza”.

Bastano pochi minuti per scoprirne il segreto:

D. Ma le cozze sono diverse?

R. E’ una illusione pensare che tutte le cozze siano uguali e che non ci sia possibilità di migliorare il processo di accrescimento. Un lavoro di conoscenza e di approfondimento, di ossessione e di test che è stato fatto in tanti settori agricoli (pensate al vino!) ma non nelle cozze!

Questo è il lavoro che abbiamo fatto a Pellestrina, fino a registrare un marchio nel 2019: Mitilla, la cozza di Pellestrina. Da allora 2 tesi, un sacco di riconoscimenti e premi, e soprattutto abbiamo riportato la cozza a tavola.

D. Da commodity la cozza è diventata Brand. Qual è stata la road map che avete seguito?

R. Il prezzo era diventato insostenibile, complice una importazione dall’estero. Abbiamo puntato tutto sulla sostenibilità e tracciabilità, garantendo un prodotto selezionato, superiore e salubre, che rappresenta un territorio. Lavorando proprio sulle tre variabili della sostenibilità economica, sociale e ambientale, spesso ritenute fuffa, sono tre elementi che gli stakeholder riconoscono e premiano. Oggi Mitilla è leader del mercato con il prezzo più alto, accompagnato da un alto standard di qualità, logistica e salubrità. Il lavoro fatto per Mitilla ha costruito valore per tutta la comunità (nel turismo come è stato rilevato in una tesi della Bicocca) e per gli altri produttori.

D. Quali i prossimi step?

R. Perseguire la vision: vogliamo essere, in Italia e in Europa, punto di riferimento della cultura e dell’eccellenza della cozza in primis e degli altri frutti di mare locali, per diventare leader dell’alta gamma creando opportunità per il litorale di Pellestrina di comunicazione e valorizzazione dei micro-produttori locali che conservano tutti i segreti della pesca tradizionale dei molluschi tipici della laguna e del mare. Un brand che potrà estendersi nell’abbigliamento tecnico, nei prodotti trasformati, nel turismo locale. Molto dipenderà dai partner che incontreremo per la nostra strada che ci aiuteranno ad interpretare al meglio la nostra leadership.

Ed è proprio in questa direzione che Mitilla si sta facendo sempre più riconoscere, grazie al coinvolgimento e alla valorizzazione del suo territorio.

Ne è un esempio l’evento che ha riempito la piazza di Malamocco, a Venezia, sabato 22 luglio, dove si è tentato di superare il Guinness World Records della preparazione, cottura e gratinatura al forno di 20.000 cozze.

E quali sono state le cozze in oggetto? Proprio quelle di Mitilla: 20.000+1, record battuto!

 

STARBUCKS E IL NUOVO HUB ECOSOSTENIBILE

Quando l’innovazione ha origine nella promessa ai clienti.

Starbucks, che possiede ad oggi oltre 35.000 negozi in tutto il mondo, continua a ispirare e nutrire lo spirito umano, una persona, una tazza e un quartiere alla volta (questa è la sua promessa) attraverso la definizione di un nuovo laboratorio di apprendimento e innovazione sulla sostenibilità.

Si tratta di un hub, che sarà realizzato alla fine di quest’anno, sviluppato in collaborazione con l’Arizona State University, nel quale si andranno a studiare nuove soluzioni sostenibili nell’economia agricola.

Lo stabile, l’Hacienda Alsacia, la fattoria di proprietà del colosso del caffè, sarà il luogo dove verranno testate nuove piante di caffè e dove verranno studiate e messe in pratiche soluzioni agricole sostenibili.

I primi studenti saranno proprio dipendenti di Starbucks e studenti dell’Arizona State University.

E’ così che la promessa di Starbucks, tazzina dopo tazzina, diventa sempre più credibile ed entusiasmante.

WATCHING IS GOOD, EATING IS BETTER

From screen to table.

Watching is good, eating is better l’abbiamo sempre pensato, (chi mai preferisce stare solo ad ammirare un piatto e non gustarselo?) ma quando a dirtelo è Netflix in persona, che ha fatto del “watching” un impero, allora diventa tutto ancora più reale.

Così reale che Netflix ha deciso di aprire a Los Angeles un ristorante nel quale si possono trovare i piatti (e gli chef) che si vedono nelle serie televisive o nei programmi culinari che trasmette.

Gli appassionati delle serie Iron Chef, Nadiya Bakes, Nailed It! e Chef’s Table possono ri-immergersi in una esperienza del tutto nuova, dallo schermo alla tavola, trovando i propri chef preferiti che preparano al momento ricette e cocktail conosciuti solo stando sul divano di casa.

E’ questa una trovata geniale che regala ai fan la possibilità di vivere un’esperienza davvero unica potendo ammirare il dietro le quinte dei programmi culinari.

Non a caso le parole utilizzate come slogan di Netflix Bite, Watching e eating, diventano più vive che mai.

Innovare partendo dalla propria promessa è fondamentale per poter continuamente incollare i fan al proprio Brand, e così Netflix, mantenendo la sua promessa – Entertain the world! – è riuscita a farlo.

 

 

 

… DOPO LE FERIE

Che cosa c’è davvero dietro questa frase che pronunciamo e ascoltiamo così spesso in questi giorni.

Ci siamo: la frase killer “questo lo vediamo dopo le ferie” inizia già a girare nei nostri luoghi di lavoro. Una volta la frase veniva pronunciata dopo il 15 luglio, ma da quando le vacanze sono “intelligenti” e scaglionate essa fa capolino già da qualche settimana.

Il numero di cose che rimandiamo a dopo la pausa estiva è davvero enorme e ha qualcosa di arcano che non sono mai riuscito a decifrare davvero.

Non si tratta infatti di una normale pianificazione di quando trattare un problema, una decisione, un progetto ma questo “dopo le ferie” porta con sé qualcosa che dovrebbe dare a quel problema, quella decisione o quel progetto una nuova visione, una nuova prospettiva … insomma un ingrediente che ci sarà “dopo le ferie” e non ora.

Ovviamente dopo le 2 settimane di ferie sono solo trascorsi 14 giorni e quel problema, quella decisione, quel progetto sono esattamente lì dove erano, non si sono spostati di un centimetro e ci aspettano con immutata insidia, solo più vecchi di due settimane (il che potrebbe anche rendere l’insidia ancor più incalzante).

Ma allora cosa è che attendiamo davvero da queste due imminenti (o quasi) settimane di ferie che ci dà la sensazione che il rimandare problemi, decisioni e progetti possa godere di questa pausa così breve?

Eppure, sappiamo bene che si tratta di soli 14 giorni, conosciamo bene quello che faremo, dove andremo, con chi e come trascorreremo il tempo: insomma, sappiamo già tutto e – sotto sotto – conosciamo l’amara verità che ritroveremo le cose esattamente come le abbiamo lasciate. Ma allora che cosa attendiamo con una vaga speranza?

Lo dice in modo sublime Eugenio Montale nella sua poesia “Prima del viaggio”.

Il poeta descrive minuziosamente i preparativi prima di un viaggio-vacanza durante i quali monta, nel suo animo, l’aspettativa che quegli stessi preparativi evocano per l’imminente avventura per poi chiedersi che cosa sarebbe stato – al ritorno- del suo viaggio … e conclude: “un imprevisto è la sola speranza”.

Ecco che cosa attendiamo e che ci fa rimandare “a dopo le ferie” problemi, decisioni, progetti: la speranza di un imprevisto!

Montale descrive benissimo tutti noi, prima di un viaggio, prima di un incontro, prima del lancio di un prodotto: giustamente pianifichiamo tutto, controlliamo, verifichiamo le nostre check list … ma qualcosa dentro di noi ci dice che un evento inaspettato è la sola speranza, un colpo di genio, un errore voltato a nostro vantaggio, solo questo ci salva dalla bolla del già conosciuto in cui siamo immersi!

In fondo, questo “dopo le ferie”, non è affatto l’odiosa pratica del rimandare a domani quello che si può far oggi, ma altro non è che lasciar spazio a questo imprevisto, così atteso eppur sconosciuto!

PIZZA HUT E I NINJA

Una consegna speciale

Il colosso statunitense Pizza Hut, che conta ormai più di 130.000 negozi in 110 Paesi, ne ha pensata un’altra per essere sempre al passo con i ritmi frenetici e innovati della grande mela.

In onore della prossima uscita, ad agosto, di “Teenage Mutant Ninja Turtles: Mutant Mayhem”, Pizza Hut ha deciso di promuoverne la campagna attraverso la consegna sottoterra della sua pizza.

Nella stazione metropolitana di Union Square a New York, per un periodo di tempo limitato, in quella che sembra una casa immaginaria delle formidabili Tartarughe Ninja, se si manda un messaggio a una linea dedicata con l’emoticon di una tartaruga, si riceve in pochi minuti una pizza calda e fumante direttamente dai ragazzi di Pizza Hut.

La partnership tra Pizza Hut e le tartarughe Ninja dura da tanti anni ormai, ma questa volta la creatività e l’innovazione hanno davvero sorpreso e fatto incollare gli appassionati della pizza americana, e non solo, al loro Brand. 

“Con questa nuova collaborazione, abbiamo voluto rendere omaggio alle origini delle Tartarughe e al loro amore per la pizza, infondendo anche punti di contatto moderni e una visione divertente e creativa delle consegne di pizza, nella vita reale e attraverso i giochi di realtà aumentata“, queste le parole di Lindsay Morgan, chief marketing officer di Pizza Hut.

Non solo la consegna underground ma sono stati anche inventati un packaging per la pizza, rigorosamente a tema cinematografico, e un innovativo gioco in realtà aumentata, chiamato Pizza Power.

Insomma, questa volta Pizza Hut ha voluto fare le cose in grande per le sue tartarughe!

Guarda qui il video dell’iniziativa.

LA TECNOLOGIA CHE RENDE IL PASSATO PRESENTE

Luci e droni ci riportano lo splendore del passato e l’essenza del presente.

 

La tecnologia può rendere il passato presente e riportare alla luce la potenza e lo splendore dei monumenti del passato? 

Qualcuno forse se l’è chiesto più di una volta, e qualcuno ha provato anche a rispondere in maniera pratica, realizzando disegni, rendering, studi, progetti…

Ma fino ad ora nessuno si era immaginato che la luce potesse essere la chiave di volta per riportare al presente il passato.

Nessun “profano” fino ad ora poteva immaginare che potesse esistere un sistema di piccolissimi droni che attraverso una maestrale regia facessero rivivere edifici antichi, come il Colosseo, con un gioco di luci incredibile.

E’ quello che sta facendo lo Studio Drift insieme a un team di scienziati: profilare il contorno di alcuni monumenti attraverso migliaia di droni in cielo che riflettono luce.

«Ricostruire un’opera con la luce è il nostro modo per mettere in dialogo passato e presente. Il nostro mondo frenetico non sa più apprezzare le manifatture che hanno reso immense le nostre città: Drift riporta un faro su dettagli che meritano un’attenzione speciale».

Un punto di luce uno a fianco all’altro e risorgono il Colosseo di Roma, la cattedrale di Notre-Dame a Parigi, distrutta dal fuoco pochi anni fa e la Sagrada Familia a Barcellona, rimasta incompiuta ancora dalla morte del suo architetto Gaudì.

Rendering dello studio Drift

E così non solo la luce fa riemergere dalle tenebre del buio il profilo di ciò che era ma ci fa ri-stupire e ri-immedesimare nell’origine della nostra cultura ri-portandoci all’ essere delle cose presenti.

Cosa c’è di più importante se non riprendere continuamente coscienza di sé per ripartire con più forza e determinazione nel presente?

Grazie Studio Drift per farci ristupire della magnificenza che è l’uomo.

MCDONALD’S VS BURGER KING

Un botta e risposta via ChatGpt

Ancora una volta i due principali player del fast food, McDonald’s e Burger King, utilizzano il “botta e risposta” per fare branding.

Il tutto è partito quando, in Brasile, una delle più famose catene di panini, McDonald’s, ha chiesto alla ChatGpt quale fosse il panino più famoso del mondo. E la pronta risposta è stata che il panino più conosciuto al mondo fosse proprio il Big Mac di McDonald’s.

Non solo, ha continuato, fornendo anche dati aggiuntivi, come ad esempio la ricetta del Big Mac, il numero di negozi che McDonald’s ha in tutto il mondo, altri tipi di panini che si possono trovare a menù.

Da qui l’idea di McDonald’s di proporre una campagna pubblicitaria che ricalcasse lo slogan I’m lovin’it con A.I. Lovin’it. (guarda qui)

Appena saputa la notizia i cugini Burger King non si sono fatti intimidire.

“ChatGpt, quale è il panino più grande al mondo?”

Ecco allora che la risposta non si fa attendere: “il panino più grande del mondo è il Whopper!”

E così, dopo poche ore, è apparso proprio di fianco al cartellone pubblicitario di McDonald’s quello di Burger King.

Questo è stato il primo caso di campagna pubblicitaria firmata direttamente a nome ChatGpt e che ha rinforzato entrambi i player nella loro strategia di branding.

Staremo a vedere se qualche altro marchio prenderà spunto da questa storia a suon di…chat!

IO STO CON GERRY!

L’innovazione di oggi è la tradizione di domani.

Non trovo un milanista – ma so che ci sono, seppur sottocoperta in questi giorni – disposto a spezzare una lancia in favore di Gerry Cardinale, da un anno appena presidente del Milan.

Lui vuole portare un nuovo metodo di gestione non solo della società ma anche – starebbe qui la lesa maestà – nell’area sportiva.

Una pessima caricatura del suo credo sostiene che Gerry vorrebbe affidarsi ad algoritmi e statistiche per costruire la squadra e decidere gli acquisti del calcio – mercato, l’evento estivo che appassiona milioni di tifosi nell’unico mese senza calcio “giocato”. L’aspetto pessimo della caricatura sta nel sottolineare una falsità, ovvero che tale metodo “scientifico” equivarrebbe alla decisione di escludere il fattore umano nella scelta dei giocatori generalmente affidati a esperti allenatori o ex campioni leggendari dotati di “occhio clinico”, “intuizione” ed “esperienza” che il metodo (l’hanno addirittura chiamato robot!) escluderebbe e sostituirebbe!

I riferimenti a questo metodo, utilizzato dalle migliori rappresentative di baseball (e non solo) americane (e addirittura diventate film da Oscar per i loro successi) non farebbero altro – per i detrattori – che certificare la sua inapplicabilità con la più banale delle obiezioni (“L’ America non è l’Italia e il calcio non è il baseball e quindi Gerry non può capirci nulla perché solo “noi” siamo abilitati a comprendere, conoscere e decidere).

A nulla varrebbe l’evidenza di come tale metodo sia con successo applicato nel più ambìto calcio europeo, quello inglese, e che alcuni calciatori (come l’attuale fortissimo centrocampista del Manchester City, De Bruyne clicca qui) utilizzano in proprio KPI che descrivono le loro prestazioni per negoziare di persona contratti con le squadre senza (altra grande innovazione!) l’assistenza dei tanto odiati dai tifosi mediatori – procuratori.

Il metodo scientifico tanto contestato non fa affatto a meno dell’esperienza e dell’intuizione dell’uomo ma – solo – lo fa partire da un livello assai più alto in quanto informato di dati oggettivi e confrontabili fra loro e che conducono a una platea di scelta più ampia e ad una visione d’insieme del “mercato” e non solo del proprio (inevitabilmente limitato seppur geniale) punto di osservazione.

E la visione d’ insieme evita davvero tanti tanti errori.

Questo filmato famoso del “The Guardian” mostra proprio come non avere una visione d’insieme conduce a una interpretazione della realtà non solo parziale ma proprio fuorviante.

E tanti errori nella scelta di atleti provengono proprio dalla mancanza di visione d’insieme e di dati confrontabili!

Insomma, se vogliamo andare lontano e molto in alto, è meglio che l’energia umana parta da dove la funivia arriva senza disperdere forza nel sobbarcarsi a piedi i primi 1000 metri di dislivello se c’è la possibilità di un mezzo di trasporto, proprio come sono i dati, le statistiche e gli “analytics” tanto contestati.

Vi è anche da far notare a coloro che gridano a Gerry in quanto calpesterebbe e non rispetterebbe la tradizione del glorioso Milan (chi scrive è uno sfegatato abbonato da oltre venti anni!!) che l’innovazione di oggi è la tradizione di domani.

La strepitosa tradizione del Milan, da Nereo Rocco ad Arrigo Sacchi, è sempre stata frutto di innovazione.

Anzi, senza innovazione nessuna tradizione va avanti ed è buona per i libri di storia ma non per il giornale che leggiamo tutti i giorni e nel quale noi milanisti vogliamo fortemente rimanere!

(Ricordo benissimo quando, appena arrivato Berlusconi e non rinnovato il contratto al grande Liedholm, ci fu una levata di scudi di chi contestava il credo del Presidente di voler portare una logica aziendale nella gestione del club e nella scelta dello sconosciuto Arrigo Sacchi. “Berlusconi? Il Milan non è una azienda e cosa ne capisce uno che al massimo ha fatto l’allenatore dell’Edilnord, la squadretta aziendale?” era la frase più gettonata riferito a quello che sarebbe diventato il Presidente più vincente di sempre).

Certamente il metodo utilizzato predispone a decisioni più collegiali in quanto, anche di fronte al “dato”, è importante il punto di osservazione dal quale lo si guarda e le diverse idee e opzioni di scelta che ne derivano.

Addirittura Linda Hill (inserita da anni fra i 30 migliori thinkers degli USA) ha trovato questo metodo, che ha poi battezzato del “genio collettivo”, fra le imprese che nel mondo hanno dimostrato di saper cambiare e innovare in continuazione inaugurando o rinnovando tradizioni spettacolose.

Ma forse anche Linda Hill, siccome è americana e non sa delle volate di Theo o delle girate di Giroud, non può essere ascoltata!

Davanti a un cambiamento significativo proposto con decisione, autorevoli studiosi, hanno documentato quali sono le fasi che occorre vivere per attuarlo davvero e con successo:

  • la prima è l’incredulità (nelle prime ore dall’annuncio di questi cambiamenti molti hanno addirittura pensato a una fake news);
  • la seconda fase è la “minimizzazione” (ma che novità sarebbe? I “dati” li utilizziamo già…);
  • la terza è l’aperta contestazione con obiezioni e ragioni valide e non solo “di pancia”;
  • la quarta è la prova del metodo e della sua validità ma sperimentato nell’ipotesi che porti valore (e non boicottandolo!) e finalmente poi arriva la fase del successo!

Alcuni, nell’ incedere di queste fasi scendono dalla barca e si attestano sulla riva del fiume.

Io no! L’innovazione di oggi è la tradizione (che vogliamo vada avanti) di domani.

Forza Milan!

(e forza Gerry, Furlani, Moncada…)

 

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