INSTAGRAM, UN DECENNIO DI ESPERIENZE

Come Instagram ha plasmato il nostro modo di relazionarci al mercato?

Nell’ottobre 2010 Kevin Systrom e Mike Krieger, due visionari trentenni americani, lanciano una nuova applicazione chiamata Instagram (IG), ignari del fatto che la loro creatura avrebbe segnato un punto di discontinuità nella recente storia dei social network. Sono passati poco più di due lustri da quel giorno e il successo di questa piattaforma non accenna a diminuire.

Su Instagram si è già scritto molto, specialmente in quest’anno, e trattare questo social come un caso di studio è probabilmente un cliché.  Perciò, quello che vorrei fare oggi è parlarne mettendomi nei panni di un affezionato utente della piattaforma che cerca di rispondere ad una semplice domanda: come IG ha plasmato il nostro modo di relazionarci al mercato? In altre parole, come ha influenzato l’esperienza che noi consumatori facciamo del mercato e dei suoi prodotti?

Dalla riflessione su questo tema sono emerse tre considerazioni:

  • L’utilizzo delle immagini: Instagram è nato dall’intuizione, più o meno consapevole, che le immagini avrebbero costituito il futuro della comunicazione. Questo aspetto, figlio probabilmente di una tendenza culturale avviatasi dopo la nascita della fotografia digitale, è andato rafforzandosi in questo decennio proporzionalmente alla facilità con cui condividere un’immagine è diventata alla portata di tutti. Anche sugli altri social, che nel 2010 erano già affermati (primo tra tutti Facebook), era possibile condividere fotografie, ma ciò che mancava era, appunto, il mettere l’immagine al centro, dando la possibilità ai propri utenti di comunicare attraverso essa, e relegando i testi ad un ruolo didascalico. Le immagini, complici forse anche la pigrizia e la superficialità di molti utenti appartenenti alla società del XXI secolo, riescono ad essere immediate, evocative, non hanno bisogno di traduzione e permettono di comunicare un ampio spettro di emozioni, concetti e valori.

Risultato: il mondo oggi ragiona per immagini. E noi, come consumatori, non siamo da meno.

  • Il ruolo degli influencer: notoriamente un’idea buona diventa grande quando qualcuno nel mondo capisce che con quella ci si può pagare l’affitto a fine mese. L’affermarsi di IG ha dato avvio al nascere di nuove professioni, prima tra tutte quella degli influencer, e questo ne ha rafforzato e consolidato il successo. Infatti, queste nuove figure hanno fatto della cura dei propri profili su questo social network una vera e propria professione, e questo ha determinato un aumento della qualità dei contenuti, con un conseguente inevitabile impatto positivo sul numero di utenti della piattaforma. Oltre a ciò, mentre Facebook è nato soprattutto per tenersi in contatto con i propri amici, su Instagram si è via via accentuata la dimensione “aspirazionale” dell’utente medio rispetto alle persone famose.

Risultato: gli influencer, specialmente su alcune categorie merceologiche, sono diventati il filtro tramite il quale si scopre il mercato, la nuova vetrina dove scovare la novità.

  • Chi si ferma è perduto: Instagram, in questi anni, è diventato un organismo vivente a tutti gli effetti. Negli anni abbiamo infatti assistito all’introduzione di un’innovazione dopo l’altra, alcune delle quali originali, altre meno… ma diciamo, tutte “liberamente” ispirate a quello che già facevano i competitors. Dopotutto, come diceva Picasso: “I grandi artisti copiano… i geni rubano”. Nei suoi dieci anni di vita, IG non ha mai aspettato che i suoi utenti arrivassero ad annoiarsi: prima di ciò, aveva già introdotto una nuova funzionalità, un nuovo filtro, una nuova eccitante innovazione. Questo denota come l’applicazione abbia compreso e assecondato un’altra caratteristica della platea di utenti di questo secolo: la costante sete di novità.

Risultato: IG, tramite la sua logica e le sue innovazioni, ha alimentato questa sete di novità. Dopotutto, ogni volta che si apre l’applicazione c’è sempre qualche cosa di nuovo ad attenderci.

Con queste mie riflessioni non vanto certo la presunzione di avere esaurito l’analisi dell’impatto sul nostro modo di relazionarci al mercato, che, per ovvi motivi, segue dinamiche e leggi molto più complesse. Ma ho trovato interessante soffermarmi a riflettere su questa piattaforma che, specialmente ora, nell’epoca del social distancing (ammetto che a livello personale assorbe almeno 20-30 minuti della mia giornata), sta diventando il filtro con cui guardiamo il mondo, per viaggiare, per sognare e, perché no, anche per vivere un po’ al di fuori di casa nostra. Mi sbaglio? Con questa provocazione mi congedo… ma ne riparleremo. ByeBye

Cosimo Locatelli

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