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Gaia Passarello

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Genovese, classe 1993. Responsabile della comunicazione, dell’organizzazione degli eventi e del back-office presso la Compagnia delle Opere Liguria. Parla correntemente cinque lingue e studia per impararne una sesta, il giapponese. Dopo il Liceo linguistico consegue a pieni voti una Doppia Laurea in Comunicazione Interlinguistica Applicata, alla Scuola Superiore di Interpreti e Traduttori di Trieste e alla Katholieke Universiteit Leuven– Faculty of Arts di Anversa, con una tesi sulla linguistica contrastiva tra italiano e neerlandese. Ottiene poi un master online in Global marketing, comunicazione e Made in Italy. Nel 2017 conosce quasi per caso la Compagnia delle Opere, dove scopre il complesso e sorprendente mondo dell’impresa. Nel tempo libero studia, legge, si allena, corre, oppure indossa giacca, casco, protezioni ed esce in sella alla sua Bmw!

NOMEN OMEN: UN NOME, UN DESTINO

L’omaggio di KFC alla cucina italiana

La KFC (letteralmente “Kentucky Fried Chicken”), nota catena fast food specializzata nel pollo fritto, ha recentemente fatto parlare molto di sé nel mondo dei social media.

Come ogni grande marchio che si rispetti, anche la KFC si impegna a innovare e studiare ricette e nuovi piatti da proporre ai propri clienti. Recentemente, la catena ha infatti saputo stupire con una novità, riservata per il momento – e per fortuna – al solo mercato vietnamita.

Si tratta dei KAGHETTI KFC, un omaggio alla cucina italiana e al piatto più consumato nelle case dello Stivale: gli spaghetti!

“Kaghetti è la combinazione perfetta della miglior pasta e autentica salsa di pomodoro italiana, e salsiccia di pollo guarnita con popcorn KFC o Zinger Hot & Spicy”.

Tralasciando l’aspetto poco invitante del piatto, che non corrisponde in alcun modo né alla soprastante descrizione ufficiale di KFC, né al nostro mitico piatto di pasta (ma siamo italiani, attaccati alla nostra – e ripeto nostra – tradizione gastronomica, diffidiamo delle imitazioni), siamo di fronte a un gigantesco errore di marketing.

Un grande player americano come KFC ha decisamente sottovalutato l’effetto a dir poco straniante che un termine come “kaghetti” – nato probabilmente dall’unione di “K” di KFC e “spaghetti” – porta con sé: nella mente dell’italiano questo grazioso neologismo non evoca specificatamente l’immagine di un buon piatto di pasta fumante, col sugo di pomodoro fresco e le foglie di basilico…

È vero, il piatto è stato proposto in Vietnam, e non in Italia, ma nel mondo odierno dei milioni di click al secondo le reazioni degli utenti italiani sui social media non si sono certo fatte attendere, dando peraltro grande popolarità ai Kaghetti KFC.

Fortunatamente, fra i portavoce del tricolore non emerge un sentimento di rabbia o indignazione per l’ennesimo abominio culinario, quanto più un’ondata virtuale di risate e ironia: a mo’ di esempio, si passa da “eat kaghetti to go directly to toeletti” a “un nome per un enorme sucCESSO” del cacciatore di bufale David Puente.

Alla fine il marketing ha vinto: anche i detrattori hanno reagito con il sorriso! Non ci resta che mangiare un buon piatto di kagh… cosa dico, spaghetti!

LA SCUOLA DELL’ACCIUGA

Un’esperienza centenaria capace di innovare

L’acciuga, in dialetto genovese “anciua”, è una delle massime espressioni della storia e dell’identità ligure. In Liguria lavorano numerose famiglie di pescatori che da centinaia di anni si tramandano i metodi e le lavorazioni del pesce azzurro, fra cui quella di Michele Senno.

Michele è un mastro acciugaio di Sestri Levante, meravigliosa località di mare del Levante ligure, in provincia di Genova. Dopo vent’anni di esperienza nella vendita del pesce, Michele decide di specializzarsi nella salagione delle acciughe, una delle attività più antiche e tradizionali, e di fondare nel 2014 il marchio L’Anciua.

Il lavoro fatto “come una volta” …

L’Anciua è una realtà piccolissima dove Michele lavora ancora come una volta: le materie prime sono tutte naturali, si usano acciughe del mar ligure, sale marino e olio di oliva extravergine (solo per determinati prodotti) e le lavorazioni sono completamente artigianali. Non si utilizzano in alcun modo conservanti chimici e, di conseguenza, le produzioni sono assai limitate, tanto che gli ordini si preparano settimanalmente o dopo alcuni giorni dalla ricezione degli stessi, per privilegiare al massimo la qualità del pesce e il suo gusto.

… diventa scuola!

Passione, tradizione, artigianalità, ma più di tutte la caratteristica che distingue Michele da qualsiasi altro bravo acciugaio è l’esperienza, intesa non tanto come conoscenza o capacità tecnica sue personali, quanto piuttosto nel suo significato più intrinseco: la parola deriva dal latino “experior” (“experiens”, “experientia”), che significa provare, tentare (puoi approfondire qui). In questo caso, infatti, l’esperienza interessante non è la sua, ma quella che fanno gli altri in quella che lui ha ideato e nominato “Scuola dell’Acciuga”.

Si chiama così perché consiste in una vera e propria scuola in miniatura, con banchi e cattedra. Ai numerosi eventi e alle iniziative cui aderisce per presentare il suo marchio e la sua attività – fra questi il noto Slow Food, dove ha riscosso un notevole successo – Michele dota i visitatori interessati di tutto l’occorrente per lavorare: banchetto, acciughe fresche, sale, guanti, grembiule. Tutti possono cimentarsi in prima persona nella tecnica di salagione delle acciughe e imparare a pulirle, sistemarle correttamente nel barattolo, apprenderne la conservazione. Il vasetto di acciughe è poi lasciato in regalo a chi se lo è auto-prodotto.

L’idea, tanto semplice quanto innovativa, nasce dal desiderio di Michele di trasmettere antichi saperi e sapori legati al mondo dell’acciuga, alla sua lavorazione e trasformazione in delizia gastronomica. Ha deciso di provare a farlo in modo coinvolgente, proprio come ha imparato lui stesso da bambino, quando aiutava il nonno nella pulitura delle acciughe.

Caro cliente, non ti dimenticherai di me!

Senza forse nemmeno saperlo questo acciugaio innovatore non ha solo dato vita a un’attività unica nel panorama ligure, ma è riuscito anche a centrare tre elementi fondamentali della customer experience:

  • IL CLIENTE AL CENTRO – Il cliente è il vero protagonista dell’attività e si fa nuovo portatore di una tradizione secolare: chi non racconterebbe ai propri amici di essere stato a Slow Food, aver indossato guanti e grembiule e aver imparato a salare le acciughe?
  • L’ESPERIENZA – Non si tratta semplicemente di comprare delle buone acciughe, ma di conoscerne la storia e le basi della salatura, realizzandone un vasetto con le proprie mani.
  • IL GLUE – Il cliente torna a casa con un piacevole extra inaspettato: un vasetto di ottime acciughe pulite e lavorate con le proprie mani.

L’Anciua, garanzia di qualità e artigianalità, grazie alla Scuola dell’Acciuga ha acquisito nel tempo anche un importante valore culturale e divulgativo. Con questo progetto Michele tramanda un sapere antico e genera nelle persone entusiasmo, gratitudine, soddisfazione e attaccamento al suo marchio, che celebra una tradizione secolare in modo rispettoso e originale.

DAI PASSEGGINI ALLE DUE RUOTE

Una corrispondenza inaspettata

“Per entusiasmare occorre ispirarsi”: lo abbiamo detto chiaro a Expandere Liguria – “Si cresce solo per entusiasmo! Benvenuti nell’Era del Cliente”, evento di punta dell’associazione Compagnia delle Opere Liguria, organizzato in collaborazione con il magazine News & Customer Experience. Notizie, esempi, osservazioni, relazioni con gli altri… Qualsiasi tipo di contaminazione potrebbe portare con sé un dettaglio inaspettato, da cui scoprire qualcosa di nuovo sul mondo, sulla propria azienda e, perché no, su se stessi.

È successo così a Gianni Landro, IRC Components, eccellenza ligure specializzata in accessori per moto sportive, che ha raccolto con grande serietà e intraprendenza la sfida lanciata al termine di Expandere: trovare un GLUE. Il G.L.U.E., acronimo di “Giving Little Unexpected Extra”, è quel particolare, quell’extra inaspettato che, in linea con la promessa dell’azienda o del brand, entusiasma e incolla a sé il cliente (non a caso, “glue” in inglese significa colla).

L’ispirazione è arrivata subito, il mattino dopo, e non per caso! La lampadina si è accesa consultando il magazine online News & Customer Experience, citato proprio in occasione di Expandere. In quei giorni di fine settembre, sul sito del magazine, figurava come notizia principale la nuova campagna di Prenatal, “Forever Young”, un progetto di supervalutazione dell’usato che, senza scendere nei dettagli, consente ai clienti di restituire carrozzine, culle e seggiolini – prodotti normalmente utilizzati per brevi periodi – e ricevere in cambio un rimborso fino al 50% in gift card. Con questo sistema virtuoso, Prenatal cede al proprio cliente un valore reale, rivende sul mercato un usato praticamente come nuovo, aiuta economicamente nuove famiglie e, non da ultimo, contribuisce a un riciclo di prodotti, dimostrandosi un brand attento alla tutela ambientale.

Una soluzione geniale che Landro decide di studiare e impiegare nel proprio mercato, adattandola al brand IRC. “In pratica nella fase di vendita viene associato al prodotto un coupon che permette al cliente, entro i 2 anni dall’acquisto, di restituire il prodotto acquistato”, spiega Landro. “Comprando un nuovo prodotto IRC gli viene riconosciuto uno sconto del 40% sul listino. In questo modo il vantaggio è duplice: da un lato il cliente è invogliato ad aggiornare i prodotti, dall’altro i prodotti restituiti possono essere reimmessi sul mercato, con garanzia certificata valevole per ulteriori due anni (quindi, come nuovi) al 50% del proprio valore.” Una nuova modalità che supera il concetto di rottamazione: “Fra i miei competitors si usa fare così, ma secondo me dà l’idea di rivendere prodotti vecchi. Invece così facendo garantiamo prodotti durevoli e di buona qualità” conclude Landro.

Per prendere buone decisioni bisogna curare le proprie relazioni. Ricercare luoghi dove lavorare insieme – anche e soprattutto fra soggetti di diversi settori – crea un valore sorprendente di scoperta reciproca, conoscenza della realtà, consapevolezza di sé. Lo dimostra Gianni Landro, che dopo aver ascoltato l’esperienza di un’azienda completamente diversa dalla sua – e per settore, e per dimensioni – ha rivoluzionato un aspetto del proprio lavoro. Ma lo dimostrano altre centinaia di imprenditori che, a partire da una curiosità, una domanda, o dal desiderio di rendere felici i propri clienti, hanno cambiato (in meglio) il loro modo di fare impresa.

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