PER ASPERA AD ASTRA, LÀ DOVE CI COMPETE!

La Brand Promise del Milan, dopo quella dell’essere invincibili della Juventus

Ci sono alcune cose, nella vita, di cui siamo certi per fede. Eppure quando questa certezza è direttamente verificata e provata dall’evidenza della realtà, pieni di stupore, urliamo silenziosamente a noi stessi: “Lo sapevo, lo sapevo, lo sapevo!
È quello che mi sono detto, pieno di gioia e di gratitudine verso mia mamma, domenica 22 maggio 1966, quando – già al 4’ del primo tempo – Angelo Benedicto Sormani (brasiliano naturalizzato italiano, splendido centravanti di manovra, che ora chiamerebbero “falso nueve”)  ha segnato su punizione il primo dei 4 gol personali in un Milan-Catania 6–1 alla 34 esima giornata (capitano Pelegalli, in campo – fra gli altri – Maldini papà, Rivera, Trapattoni e Schnellinger). Gratitudine verso mia mamma che – su suo amorevole e indiscutibile consiglio – mi fece diventare rossonero all’età di quattro anni.

Quel giorno, allo stadio, ero “a manina” di papà, molto moderatamente interista…
Il Milan ha sempre mantenuto la promessa fatta al mio cuore o – come si dice ora nell’era della customer experience – la sua Brand Promise (Clicca qui). Sí, l’ha sempre mantenuta, sia quando abbiamo fatto anni sul tetto del mondo – giudicati la più forte squadra della storia del calcio (Uefa, Milan 1988-1990 la squadra più forte di tutti i tempi Clicca qui) – sia quando per meschinità o incompetenza abbiamo calcato stadi della serie B allestiti per pochissime migliaia di spettatori.
La nostra Brand Promise si basa sulla nostra storia, una storia di sofferenze e di gioie indicibili. E sulla certezza che possa ripetersi. Mai arroganti. Il rosso e il nero non sono colori arroganti! Sono i colori del fuoco che forgia e della terra che nutre. Il cammino può essere lungo, ma il sacrificio paga sempre. Per aspera ad astra, là dove ci compete! 
Sacrificio, sofferenza, pazienza, umiltà e gioia, in alto fino alla cima!
Non c’è caduta, per noi milanisti, che non faccia parte ineluttabile di un cammino che sappiamo, con la stessa certezza della fede di cui sopra, vedrà la splendida meta. Ed è ciò che tutti noi pensiamo anche quando le nostre labbra sono intrise del sapore della polvere che accompagna il rovescio che ci mette a terra, nel calcio come nella vita, in attesa di quella meta splendida e che ci compete della quale la caduta e l’ostacolo che viviamo sono passaggi dolorosi, ineluttabili e importanti: è nel laboratorio della sconfitta che si prepara la grande vittoria.
Il “tipo umano” incompatibile col Milan, ma non potrebbe essere diverso con la brand promise che amiamo, è quello che a Milano chiamano “il piangina”: quello che si lamenta sempre e ogni poco grida a ingiustizia o complotti. Noi infatti sappiamo che il Milan – ovvero tutti noi – dobbiamo essere “più forti dell’invidia, della sfortuna, dell’ingiustizia”, perché sappiamo che prima o poi ritorna sempre quel “Lo sapevo, lo sapevo, lo sapevo!
Il Milan è quindi la metafora della vita per eccellenza, dove fra gioie e sconfitte “indicibili”, quelle che segnano qualsiasi traiettoria umana, sappiamo che non per la distruzione, ma per la resurrezione e per la luce siam fatti, quella meravigliosa – appunto – delle stelle!
Vorrei completare questo articolo con qualche giudizio personale e quindi discutibile , dato che quanto argomentato fin qui è oggettivo…
La vittoria più importante: Milan-Steaua Bucarest a Barcellona. (Dopo la semifinale 5-0 con il Real Madrid, con El Pais che il giorno dopo titolerà a nove colonne “La noche más triste!“): l’inizio della primavera dopo l’inverno di anni.

La vittoria più bella: finale Milan – Juventus a Manchester, dopo la semifinale con l’Inter… Il rigore di Sheva…
Di Van Basten non posso ancora scrivere… È passato troppo poco tempo da quel giro di campo a San Siro in cui ci ha salutati e l’emozione è ancora troppo forte: la vita e il Milan si intrecciano sempre, PER ASPERA AD ASTRA, LÀ DOVE CI COMPETE!

Daniele Sacco, Direttore del Personale e Organizzazione del Gruppo Mondadori. Qui è approdato coronando una carriera, sempre nelle direzioni HR, di Gruppi multinazionali: Hewlett-Packard, Kraft, Ferrero, Rio Tinto, terza società mineraria (anglo-australiana) più grande del mondo. Da qualsiasi parte del mondo si trovasse ha sempre seguito il "suo" Milan, del quale è diventato tifoso dall’età di quattro anni e che ora, lavorando in Italia, può seguire di persona a "San Siro", come lui continua a chiamare lo Stadio Meazza.