MADE WITH CARE, WORN WITHOUT

Fatte con cura, indossate senza: è uno stile di vita (irresistibile) quello a cui invita Adidas con le sue nuove sneakers

Incomprensibili condizionamenti

Il fenomeno del condizionamento pubblicitario mi ha sempre lasciata sgomenta. Credo sia capitato a tutti di vedere pubblicizzato un nuovo modello di scarpe, piuttosto che una nuova linea di un capo di abbigliamento, e di pensare: “Non mi piace questa nuova moda, io questo modello non lo comprerò mai!”. Poi, però, succede di frequente che si concretizzi un meccanismo inaspettato: quel determinato capo o modello di nuova tendenza capita sempre più spesso sotto i nostri occhi e, mentre all’inizio non era di nostro gusto, giorno dopo giorno, reclamizzato nelle pubblicità, indossato da un numero sempre maggiore di persone, conoscenti e non, sponsorizzato sui social, pian piano inizia a suscitare il nostro interesse. Fino a che non ammettiamo che in effetti non è male. Poi, trascorso ancora qualche tempo, capitoliamo sul fatto che ci piace da morire e ci decidiamo ad acquistarlo. E poi, quando la decisione è presa, se non riusciamo ad averlo nel giro di breve diventiamo matti!

A me la dinamica appena descritta è capitata diverse volte, ma quella accadutami qualche giorno fa a New York ha avuto uno svolgimento temporale fulmineo: neanche 24 ore!

L’esperienza nello store Adidas

Il mio albergo si trovava a pochi metri dallo Store della Adidas in Fifth Avenue. Pur non essendo nei miei piani, dunque, sono capitata lì per caso, complice la vicinanza.

Appena varcata la soglia, mi ha colpito subito l’esagerazione con la quale veniva proposto un nuovo modello di sneakers, le “Supercourt”, che a Milano non mi era ancora capitato di vedere né pubblicizzato e né, tanto meno, indossato.

 

 

 

 

 

 

 

Il piano terra, in concomitanza con l’ingresso, era in predominanza dedicato a questo particolare modello. Decine di paia della stessa scarpa si trovavano collocate su numerosi scaffali e in diverse posizioni: tutte uguali, in pelle bianca con i profili in nabuk beige.

Le ho guardate con attenzione, anche perché non si poteva certo mancare di osservarle tanto erano invadenti nella loro presenza! Ho pensato: “A me non piacciono proprio, non le prenderei mai” e mi sono chiesta: “Ma come è possibile che qui a New York vada così di moda questo modello?”

Sono uscita dal negozio nella ferma convinzione che non vi avrei più fatto ritorno. Ma il tarlo si era insinuato.

La scoperta della promessa

La sera, in hotel, curiosando su Google, sono andata ad esaminare, per curiosità, il sito della Adidas. In primo piano, la nuova collezione “Home of Classics” che, da una parte, rivisita nella colorazione predominante del bianco e del beige i modelli più classici e conosciuti del brand (i must have come le Superstar, le Stan Smith – clicca qui,) e, dall’altra, lancia una nuova creazione, le “Supercourt”. Slogan della nuova collezione è: “Made with care, worn without”, per sottolineare che queste sneakers non debbono essere lasciate intonse, ma vanno vissute, e quindi sporcate. Davvero incisivo, perché mentre lo leggi ti viene voglia di comprarle anche solo per il gusto di logorarle con l’uso!

Tra i diversi modelli di scarpe proposti, ho individuato facilmente quello che anche lo Store da me visitato aveva messo in primo piano, il modello principale della collezione, le “Supercourt”: queste sneakers, con la loro linea un po’ retrò, rielaborano il design pulito delle classiche scarpe da tennis in uno stile moderno, reso irresistibile dai profili in nabuk. Anche in questo modello, come in tutti quelli dell’Adidas, non mancano le tre strisce parallele e disposte in modo obliquo che, quale segno distintivo del marchio, compaiono da sempre nei loghi dell’azienda che si sono susseguiti nel tempo.

Il “trifoglio”, dal 1972 al 1997, poi Logo di Adidas Originals

 

 

Logo creato nel 1949

 

 

 

Logo attuale, dal 1991

Nel caso delle “Supercourt”, le tre righe sono state create ai lati della scarpa con piccoli fori, e ciò non solo quale segno distintivo, ma anche per garantire traspirabilità ai piedi. Questa è la promessa dell’azienda, insieme a quella della qualità della pelle utilizzata, nonché della suola in morbida gomma.

La scoperta delle origini

Leggendo qua e là, ho colto l’occasione per approfondire l’interessante storia della nascita di questo brand, che ha origini molto lontane, risalenti al 1924. In quell’anno, un certo Adolf Dassler, figlio di un calzolaio, aveva cominciato a produrre scarpe da calcio nella lavanderia della madre, in una cittadina della Baviera. Quello stesso anno, insieme al fratello Rudolf, fondarono la Fabbrica di Scarpe dei Fratelli Dassler, che ottenne subito un gran successo. Nel 1947, poi, a causa di dissapori, i due fratelli si divisero: Rudolf fondò una sua azienda, che chiamò inizialmente “Ruda” (da RUdolf DAssler), oggi nota come Puma; Adolf, invece, chiamò la sua azienda “Adidas” (da ADI – il suo soprannome – e DASsler).

L’escalation del colosso tedesco Adidas, che dalla produzione delle originarie scarpe da tennis si è prima estesa alle calzature per una vasta gamma di sport e poi ampliata alle divise da gioco e, più in generale, a tutto l’abbigliamento e agli accessori sportivi anche per il tempo libero, è fatto notorio.

Nel mondo del calcio, Adidas “la fa da padrone”: è fornitore dei palloni utilizzati nei campionati mondiali di calcio, è sponsor di molte squadre importanti (Juventus, Real Madrid, Bayern Monaco, Arsenal, per citarne alcune) e di diverse nazionali (Argentina, Germania, Spagna, Giappone), ha contratti di sponsorizzazione con alcuni tra i più famosi e pagati calciatori del mondo. E’ anche il maggiore produttore di abbigliamento sportivo in Europa ed il secondo nel mondo. Con un fatturato sempre in crescita che, nel 2018, ammontava a 21,92 miliardi di Euro.

Dall’ottobre 2016, la guida dell’azienda è stata assunta dal danese Kasper Rorsted, il quale ha da subito puntato con successo su un forte investimento negli Stati Uniti, sull’aumento delle percentuali di vendita dell’online e sulla semplificazione delle procedure. Recentemente, si è detto molto soddisfatto dei risultati dell’ultimo trimestre; ed infatti, ha annunciato che nel corso dell’anno i ricavi sono aumentati del 9% in termini di euro, spingendosi ad affermare che il 2019 sarà un anno record per l’azienda.

Beh, questa notizia ha avuto un effetto dirompente sulla sottoscritta: non sarei di certo potuta essere io a disilludere le aspettative di crescita del brillante CEO dell’azienda!

L’epilogo

E così, la mattina dopo, ormai appassionata delle sneakers modello Supercourt della Adidas (che conoscevo da poche ore, ma che avevo la sensazione di conoscere da una vita), mi sono recata nel vicino Store per andare a provare il prodotto, certa della qualità promessa sul sito.

All’ingresso, il GLUE (clicca qui) decisivo: un simpatico ragazzo mi ha consegnato un buono che mi avrebbe garantito uno sconto fino a 90 dollari!! Mi ha spiegato che andava grattato un quadrato e sotto sarebbe comparso il numero della sorte. Mi si sono illuminati gli occhi. Ho pensato fosse un segno del destino: considerato che le Supercourt costavano 90 dollari, avrei potuto averle gratis!

La sorte, invece, ha scelto per me uno sconto più contenuto, di 20 dollari, che mi sono comunque sembrati una grande fortuna in quanto superiori a 0 e a 10 dollari. A questo punto non mi sentivo di disilludere né il CEO Rorsted con le sue apprezzabili aspettative di ricavi e né tanto meno l’azienda che mi aveva offerto quello sconto!

Mi sono recata al piano di sotto, nel reparto donna, dove ho provato le ormai bramate Supercourt, trovandole effettivamente morbide, comode e bellissime!

Il risultato di una promessa ben fatta

Chi lo avrebbe mai detto che mi sarei potuta entusiasmare così velocemente per un modello di scarpe che solo poche ore prima non avevo trovato di mio gusto?

Sicuramente mi hanno influenzato diversi fattori: la rilevanza data a quel modello nel negozio, il fatto che andassero di moda a New York prima ancora che a Milano, la storia che ho letto sul sito circa la nascita e l’evoluzione del brand, la descrizione della nuova collezione e soprattutto quella del modello Supercourt, il richiamo ai classici della Adidas.

Ma, su tutto, ciò che mi ha fatto “crollare” non è stato il prodotto in sé, ma la promessa che Adidas mi ha fatto. Mi sono fatta letteralmente catturare dallo storytelling sul sito: la promessa di una scarpa morbida e comoda, che va vissuta ogni giorno, fino a che non si rovini perché logorata dall’uso, mi ha creato un desiderio reale di volerla indossare.

E questo è il segno che la bellezza è tale quando se ne coglie il significato grazie alla promessa dell’esperienza che viene fatta.

Adidas è riuscita, con la sua promessa, a trasformarmi da cliente indifferente a cliente entusiasta nel giro di poche ore… complimenti!

La disciplina della customer experience è nata e si è sviluppata negli Stati Uniti dove la concezione del cliente è sostanzialmente di tipo giuridico. Occorre promettere ex ante al cliente uno standard e realizzarlo davvero in ogni "touchpoint" pena: immediato rimborso! Francesca unisce la dimensione dei suoi studi giuridici con quella di appassionata osservatrice del lifestyle in molte sue espressioni: questo mix fa di lei un'esigente e al contempo entusiasta storyteller del customer journey.