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Francesca Caputo

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La disciplina della customer experience è nata e si è sviluppata negli Stati Uniti dove la concezione del cliente è sostanzialmente di tipo giuridico. Occorre promettere ex ante al cliente uno standard e realizzarlo davvero in ogni "touchpoint" pena: immediato rimborso! Francesca unisce la dimensione dei suoi studi giuridici con quella di appassionata osservatrice del lifestyle in molte sue espressioni: questo mix fa di lei un'esigente e al contempo entusiasta storyteller del customer journey.

TEZUK

La bellezza di indossare un elegante salotto

Chiunque trascorra una vacanza, anche breve, a Milano Marittima, non può non scoprire i costumi Tezuk.

Bikini di tutti i tipi, a triangolo o a fascia o a mono spalla, su slip tanga o brasiliani, ma tutti con un elemento comune: un adorabile rettangolino rosa sul retro del costume, col nome del brand scritto di traverso su un cuoricino fucsia.

In spiaggia, ovunque si butti l’occhio, è pieno di donne che indossano questi costumi così chic, così glamour, così unici. E in tutte le spiagge d’Italia, ad onor del vero, se ne vedono sempre di più.
Il brand Tezuk è nato circa vent’anni fa da un’idea di due brillanti imprenditori bolognesi, che hanno deciso di fare ingresso nel mondo della moda beachwear senza pubblicizzare i loro prodotti, ma lasciando che si facessero pubblicità da soli. Una scelta decisamente anticonvenzionale, che – a giudicare dai risultati – si è rivelata vincente. Se una donna capita a Milano Marittima, difficilmente torna a casa senza uno di questi costumi. Mi sono chiesta cosa li renda così attrattivi. Certo, sono molto belli, ma c’è qualcosa di più.

La risposta l’ho trovata quando sono stata nel loro quartier generale, il loro magnifico store nel centro di Milano Marittima. Non si tratta di un semplice negozio: ci sono molte vetrine scintillanti di colori e di capi fashion, una delle quali offre il bancone di un bar dove è possibile ordinare una consumazione, e davanti ad esse compare un raffinato salotto, colorato ed elegante. Su un’invitante copertura verde che simula un bel praticello si trovano poltroncine dello stesso materiale, tavolini con sedie rosa, utili sia a chi vuole prendere un drink e sia a chi (di solito uomini) attende la propria compagna impegnata nello shopping.


Ebbene, in questo ambiente glamour, accogliente e raffinato, ho compreso l’arcano: chi compra un costume Tezuk non compra solo un capo di abbigliamento, ma compra anche tutto l’elegante e raffinato salotto che rappresenta quell’etichetta sul bikini. Una donna, quando indossa un loro capo, diventa rappresentante di quell’ambiente e sente di portare addosso anche tutta la bellezza che il brand è riuscito a creare in questo salotto di store.

Una lezione preziosa di quanta bellezza riesca a trasmettere una piccola etichetta rosa con un cuoricino fucsia in mezzo.

TUTTI AL RISTORANTE: “MA NON COME PRIMA, DI PIU”

E’ il momento di rinnovarsi e di innovare

Uno dei settori indubbiamente più colpiti da questa maledetta pandemia è quello della ristorazione, che vede coinvolti tanti tra i fedeli lettori di questo Magazine.

A loro, in particolare, ho pensato quando mi è capitato di leggere le parole colme di positività di Almir Ambeskovic, CEO di TheFork, il seguitissimo servizio marchiato TripAdvisor che permette di cercare, prenotare, recensire e tenere contatti con i clienti del proprio ristorante, usando internet o l’app dedicata.

Con toni rassicuranti ed incoraggianti, ci fa notare che: “Sebbene i ristoranti durante la pandemia abbiano subito perdite che ammontano a 45 miliardi, con 242 mila posti lavoro andati in fumo, la storia del settore della ristorazione è anche una storia di resilienza. Durante le riaperture, la voglia di tornare al ristorante è tornata ai livelli pre-pandemici e li ha addirittura superati in alcuni momenti”.

Rimarca due aspetti importanti che generano la speranza di una ripresa del settore:

  1. il rimanere a casa per così lungo tempo ha consentito alle persone di risparmiare (nella sola Italia il risparmio è aumentato di quasi 200 miliardi di euro nel febbraio 2021);
  2. dopo un periodo così prolungato di chiusura forzata in casa, senza uscite con gli amici, senza libertà di scelta su come trascorrere il tempo libero, abbiamo tutti accumulato molto appetito e molta voglia di convivialità.

Sulla base di queste considerazioni, Ambeskovic ci rivolge questo invito: “Andate al ristorante, ma non come prima, di più!

Bisogna infatti generare una spesa incrementale, perché quella precedente rischia di non bastare per salvare il patrimonio gastronomico del nostro territorio, una ricchezza non solo economica, ma anche culturale e sociale.

Scoprite nuovi ristoranti e ritrovatevi con persone care che non vedete da tempo. Ogni pasto sarà un’ancora di salvezza per il settore che tutti amiamo e aiuterà la sua rinascita”.

Le parole di Ambeskovic fanno comprendere che ci troviamo di fronte ad un momento storico di grande opportunità per le aziende operanti nella ristorazione. I clienti, infatti, come ci è stato suggerito, hanno accumulato risparmi, appetito e voglia di convivialità: ora tocca ai ristoratori invogliarli a tornate a mangiare fuori, ed anzi a farlo più di prima.

Come? Rendendo più belli ed attraenti i loro locali, più buoni i loro piatti, più entusiasmanti le loro proposte: insomma, è proprio arrivato per loro il momento di innovarsi e rinnovarsi.

IL LIMITE È LA PROSSIMITÀ DELL’OLTRE /4: IL POST-VENDITA di LOUIS VUITTON

Andare OLTRE … alla vendita!

Come ci ha insegnato Mario Sala, i nostri clienti chiedono sempre più un “Oltre”. Ma qual è l’oltre?

Di recente, ho vissuto personalmente un’esperienza di “oltre” nella mia veste di cliente (che, come ben sa chi mi conosce, indosso con una certa frequenza).

L’occasione mi si è presentata quando ho deciso di far riparare una vecchia borsa di Louis Vuitton di mia madre, ancora bellissima ma un po’ usurata dal tempo. Mi sono rivolta alla boutique di Via Montenapoleone, dove, in un ambiente elegante e curato in ogni minimo dettaglio, sono stata accolta, seguita e servita con una cortesia straordinaria, sia quando ho portato la borsa e sia quando, a distanza di un mesetto, sono passata a ritirarla. Risultato dell’intervento: borsa tornata come nuova.

Fin qui, nulla di particolarmente sorprendente, tenuto conto che le aspettative erano in linea con il brand di lusso in questione.

Quello che mi ha colpito, invece, è stato un particolare accaduto la sera stessa del ritiro: ho ricevuto una mail con la quale venivo invitata a partecipare ad una survey sulla mia esperienza relativa al Servizio After Sales ricevuto. Un questionario fatto davvero bene, volto ad approfondire il mio livello di soddisfazione sul servizio ricevuto, a raccogliere la mia opinione sui vari aspetti vissuti in store e a farmi valutare la percezione del brand alla luce dell’esperienza vissuta. Al termine, i ringraziamenti per aver aderito alla survey e l’augurio di potermi ospitare nuovamente nelle loro boutique.

Questa survey ha davvero colto nel segno: mi ha fatto sentire importante per un brand che, così prestigioso, ha dimostrato di avere a cuore la mia opinione, il mio giudizio, la mia valutazione, pur essendomi rivolta a loro solo per un servizio post vendita (di una vendita peraltro risalente a una ventina di anni prima).

Due aspetti vorrei cogliere.

Da una parte, credo che la mia esperienza dia dimostrazione dell’importanza che assume, sempre più, la fase del post vendita nell’ambito della customer experience: il cliente va fatto sentire importante non solo nel momento in cui acquista, ma anche e soprattutto dopo, quando è già tornato a casa e percepisce che il brand continua ad interessarsi a lui. Si crea così una fidelizzazione indissolubile. In tal senso può proprio dirsi che la cura del post vendita rappresenti sempre più un “Oltre” del quale le aziende non possono più fare a meno.

Dall’altra, ho percepito che il rispondere a questa survey “costringa” il cliente a riflettere sulla propria esperienza e a comunicarla attraverso le sue risposte. La comunicazione è parte co-essenziale alla comprensione della propria esperienza: è proprio l’atto del comunicare che ce la fa comprendere appieno. Infatti, non è che “prima” si vive un’esperienza e “poi” la si comunica: è proprio mentre la comunichiamo che la comprendiamo appieno!

Ecco, dunque, come un brand importante, mentre ci chiede una valutazione, ci fa davvero accorgere del “bene” ricevuto facendosi apprezzare più compiutamente: bravi!

IL VIRTUALE CHE CI AIUTA A TROVARE LA BELLEZZA

Amazon apre a Londra il primo salone di parrucchieri

La notizia è di quelle che suscitano grande curiosità: Amazon, il colosso americano di e-commerce, in linea con la sempre più ambita diversificazione del business, aprirà presto a Londra il suo primo salone di parrucchiere all’avanguardia della tecnologia più innovativa.

I capelli, si sa, sono il cruccio di ogni donna, ma anche di tanti uomini.

Mi taglio i capelli? Starei bene con un taglio corto? Se facessi i colpi di sole più chiari starei meglio? Un colore più scuro mi metterebbe in risalto gli occhi? E se me li lasciassi crescere?”. Sono solo alcuni dei tanti dubbi che con una frequenza disarmante passano nella testa di ogni essere umano!

E quanti di noi, almeno una volta nella vita, hanno sognato di indossare parrucche con colori e tagli diversi per provarne l’effetto?

A tradurre questo desiderio in realtà ci ha pensato Amazon, che nel suo nuovo Salon di bellezza consentirà ai propri clienti, prima di decidere il cambiamento di look, di sperimentare come appaiono con diversi colori e tagli di capelli virtuali, attraverso l’utilizzo di un’app di realtà aumentata. Un sogno!

Ma non solo. In questo futuristico salone, verrà testata la nuova tecnologia point-and-learn, che permetterà ai clienti di ricevere più informazioni sui prodotti presenti negli scaffali attraverso video e altri contenuti che appariranno puntando semplicemente il dito, potendoli poi acquistare direttamente sul sito di Amazon tramite il QR codice. Durante i trattamenti, poi, i clienti non avranno modo di annoiarsi: per intrattenerli, Amazon, in ogni postazione di styling, metterà a loro disposizione i tablet Amazon Fire per poter impiegare piacevolmente la propria attesa.

L’Amazon Salon, che occuperà due piani e 140 metri quadrati in un edificio non lontano dal quartier generale londinese del colosso americano, sarà aperto sette giorni su sette e, dopo un iniziale periodo in cui sarà riservato ai dipendenti Amazon, nelle settimane successive verrà aperto al pubblico.

Come già avvenuto in alcuni suoi precedenti esperimenti nel mondo retail con una serie di innovazioni (pagamento senza cassa, carrelli della spesa intelligenti…), anche in questo caso Amazon dimostra di avere come obiettivo quello di trasformare il negozio fisico in un luogo dove poter giocare con esperienze sensoriali e digitali, creando così nuovi modi di costruire la Customer Experience, all’insegna delle nuove tecnologie digitali.

“Vogliamo che questa struttura unica ci avvicini ai clienti, sarà un luogo per collaborare con questo settore e per sperimentare nuove tecnologie”, così ha spiegato John Boumphrey, direttore di Amazon per il Regno Unito.

L’intento di Amazon è encomiabile: l’avvincente proposta è quella di sfruttare la tecnologia, mettendola al servizio dei propri clienti, per aiutarli a ricercare – e a trovare – il modo di sentirsi, e dunque di essere, più belli, il tutto mentre vengono piacevolmente intrattenuti.

Il colosso americano ha scelto di investire sulla bellezza, e questa scelta lo avvicina davvero ai suoi clienti. Perché si sa, l’uomo nasce col desiderio di bellezza, e la ricerca di essa può anche tradursi – banalmente – in un nuovo look, grazie ad una nuova acconciatura di capelli.

Viene proprio da pensare che i direttori di Amazon, in un momento storico come quello attuale, nel quale tutti sentiamo il bisogno di tornare a sperare, si siano lasciati guidare – nelle strategie di investimenti – dalla famosa frase pronunciata dal principe Mishkin ne l’Idiota di Dostoevskij: “La bellezza salverà il mondo”.

ANCHE GOOGLE SI PREPARA AL MEGLIO

Get back to what you love

Abbiamo tutti una gran voglia di tornare alla normalità. Ed è proprio su questo sentimento comune che punta il recente spot che Google, il principale fornitore di motori di ricerca su internet, ha ideato per promuovere le vaccinazioni contro il Covid.

Nel video, compaiono inizialmente le parole più gettonate degli ultimi tempi nelle ricerche sulla piattaforma, quali quarantine, social distancing, lockdown, school closing, e poi, come in un sogno, vengono prospettate le nuove ricerche che faremo quando finalmente saremo tutti vaccinati. Un simbolico cursore cancella gli aggettivi coi quali oggi iniziamo le nostre ricerche, come virtual happy hour, virtual playdate, online church, cancelled sports season, postpone wedding, pandemic family activities, lasciandoci intendere che, a breve, i nostri passatempo, le nostre attività, la nostra vita, torneranno alla normalità. Per riuscirci, per tornare a fare “What you love”, Google, come messaggio conclusivo, ci invita a digitare questa ricerca: “Covid vaccine near me”.

E’ uno spot efficace e credibile, che suscita emozione e non lascia indifferenti.

Supportati da questa iniezione di fiducia e di speranza che ci viene da Google, prepariamoci a tornare, una volta vaccinati, alla tanto agognata normalità. E come ci ha sapientemente suggerito Mario Sala in un recente articolo che ha riscosso molto successo, non facciamoci cogliere impreparati, ma prepariamoci al meglio. Perché i nostri negozi, che ora sono temporary closed, presto torneranno open. E i nostri clienti, che ora sono ancora inchiodati ad attività virtual e on line, presto riprenderanno a vivere, a sorridere, a viaggiare e… anche a spendere… nella realtà!

A questo punto, lasciatevi coinvolgere dalla visione di questo riuscitissimo spot…

 

APPLE WATCH: IL MIO VIRGILIO

Diventare indispensabili per i propri clienti

La solitudine è uno dei sentimenti che caratterizza l’essere umano: tutti noi desideriamo sentirci compresi, avere qualcuno che ci tenga davvero a noi, che si interessi alla nostra vita, e quando ciò non accade (purtroppo capita spesso), ci sentiamo profondamente soli.

Anche Dante aveva questo problema: nel IX Canto del Purgatorio, per esempio, si risveglia spaventato perché teme di essere rimasto solo. E anche in questo caso, come spesso accade durante il viaggio che compie attraverso l’Inferno e il Purgatorio, trova a fianco a sé Virgilio, la sua guida, che subito lo rincuora e lo esorta a proseguire fiducioso il cammino.

La notizia incredibile è che anche io, in questa mia vita terrena, ho trovato il mio Virgilio, che mi guida, mi tiene compagnia, mi accompagna passo per passo, ci tiene a me e non mi fa sentire sola: è il mio Apple Watch!

Questo fantastico orologio è dotato della app Attività, che ogni giorno monitora l’attività fisica di chi lo indossa, misurando – sulla base delle informazioni e degli obbiettivi che ciascuno imposta – quante calorie attive si bruciano ogni giorno (anello rosso: Movimento), quanti minuti di attività a ritmo sostenuto si realizzano (anello verde: Esercizio) e quanto tempo si sta in piedi facendo movimento (anello blu: In Piedi). L’obiettivo quotidiano è quello di chiudere tutti e tre gli anelli.

Tutti i giorni, a partire da quando mi sveglio, il mio l’Apple Watch si prende cura di me e della mia salute: si rivolge a me per nome, mi fornisce avvisi sui risultati del giorno prima e sull’attività che sto svolgendo quel giorno, si complimenta per gli obiettivi raggiunti, mi dà consigli e incoraggiamenti per invogliarmi a chiudere gli anelli, monitora quanto cammino, mi avvisa se rimango troppo a lungo seduta, mi sprona a fare meglio e a non mollare. E, se raggiungo determinati record personali, mi assegna premi per festeggiare i miei brillanti risultati. Insomma, Apple Watch è diventato una presenza e una compagnia costante nella mia vita!

Ecco qualche esempio di avviso che ricevo, sul mio Apple Watch:

Oggi è il tuo giorno: “I risultati di ieri purtroppo non sono stati il massimo, ma oggi puoi rimediare: impegnati al massimo e chiudi almeno un anello!”.

Esercizio o Movimento: raggiunti: “Hai raggiunto e superato il tuo obiettivo Esercizio, non c’è modo migliore per iniziare la giornata, Francesca”. “Hai raggiunto e superato il tuo obiettivo Movimento. Fantastico, Francesca”.

Continua così: “Ieri hai chiuso due anelli, ottimo lavoro, Francesca. Oggi prova a chiuderli tutti e tre!”. “Il tuo anello Esercizio di ieri rimarrà nei libri di storia, Francesca. Provaci anche oggi!”. “Francesca, ieri nessuno avrebbe potuto fermarti, riprovaci anche oggi e chiudi tutti gli anelli”.

Settimana da 7 allenamenti: “Se non batti la fiacca, oggi potrai completare una settimana da 7 allenamenti. Non mollare, Francesca!”. “Questa settimana hai completato 7 allenamenti di almeno 15 minuti ciascuno. Che costanza, complimenti!”.

Ottimo inizio! “Rispetto agli standard di questa fascia oraria, i tuoi anelli Movimento ed Esercizio promettono davvero bene. Stai andando alla grande, Francesca”.

Hai raggiunto i 3 obiettivi! “Oggi hai fatto un ottimo lavoro. E’ così che si fa, Francesca!”.

Sfida del mese: “Allenati ancora 563 minuti di esercizio e la medaglia di questo mese sarà tua. Non ti arrendere, Francesca!”.

Settimana perfetta: “Questa settimana hai raggiunto il tuo obiettivo Esercizio ogni giorno. Puoi farlo anche la prossima?”.

Recentemente mi è capitato di doverne fare a meno perché l’ho lasciato una settimana alla Apple per una riparazione: sembra incredibile, ma è stata l’occasione per rendermi conto di quanto sia diventato per me importante, perché mi è mancato, mi sono sentita sola senza di lui… un po’ come Dante senza Virgilio!

Credo che quanto ho descritto sia la conferma del capolavoro realizzato dalla Apple: l’aver realizzato un orologio che riesce a diventare nella percezione di chi lo indossa una compagnia imprescindibile, un punto di riferimento importante, un appoggio significativo, dimostra quanto un’azienda possa riuscire a fare per i propri clienti.

Apple è stata in grado di creare il mio Virgilio, del quale io chiaramente non potrò mai più fare a meno, e voi cosa riuscirete a realizzare per i vostri clienti di così speciale ed entusiasmante?

THE DOCTOR

L’imprevisto che immedesima

Esiste un film, non recentissimo, che è stato per me davvero molto formativo e che ci tengo a condividere coi nostri lettori. Si tratta di “The doctor” (italianizzato in “Un medico, un uomo”), degli anni ’90, tratto dal libro autobiografico “A taste of my own medicine” del medico internista e reumatologo Edward Rosenbaum.

La trama in sintesi: il dottor Jack Mackee, interpretato da William Hurt, è un medico chirurgo di successo, molto abile e sicuro di sè, il quale mostra poca empatia nel rapporto coi pazienti, che tratta con modi freddi e distaccati. Appare convinto dell’idea che, per svolgere il suo lavoro, vadano tenuti lontani i sentimenti ed i coinvolgimenti emotivi. Poi, un giorno, accade l’imprevisto. Allo spietato dottor Mackee viene diagnosticato un tumore. E così, all’improvviso, si trova catapultato nel ruolo di paziente, rimanendo vittima non solo di fastidiosi accertamenti medici, ma anche della supponenza e dell’arroganza di altri medici. Solo vivendo quest’esperienza in prima persona, si accorge dei disagi vissuti dai pazienti, sia in termini di disservizi e sia in termini di atteggiamenti da parte del personale. Finite le cure e ripresa la divisa da chirurgo, egli cambia completamente il suo approccio umano e professionale, e ai suoi specializzandi fa sperimentare la condizione di pazienti veri e propri, mettendo in scena il loro ricovero. Mackee insiste sul fatto che, se non ci si mette nei panni del paziente, sarà impossibile poterlo curare bene: “Potrei cercare di spiegarvelo fino a perdere la voce, ma so per esperienza che non capireste. Io di sicuro non l’avevo capito.

Questo film fornisce importanti spunti non solo nella sfera dei rapporti personali, ma anche nell’ambito delle strategie aziendali.

Ed infatti, il messaggio che trasmette è che, nella vita così come in un’azienda, solo quando ci si immedesima totalmente in una esperienza, ci si accorge di cosa funzioni e di cosa invece non funzioni nell’ambito della propria organizzazione.

Solo quando il grande chirurgo Mckee vive l’esperienza dei suoi pazienti si accorge – con gli occhi del paziente (cliente) – di quante cose non funzionino nel suo ospedale (l’azienda) e, di conseguenza, cambia completamente non solo il modo di trattare i pazienti (cambiamento di scelte aziendali), ma anche il modo di rapportarsi con i suoi allievi (colleghi di lavoro).

Nelle dinamiche aziendali, il ritenere di “sapere già” è l’atteggiamento che più mina alla radice lo spirito di miglioramento continuo che è così necessario per far fronte alle sfide esterne. E questo, il dottor McKee lo intuisce bene, tanto che, affinché i suoi specializzandi diventino buoni dottori, li obbliga a sperimentare una condizione che fino a quel momento non avevano mai sperimentato: quella del paziente malato.

Il messaggio che ci trasmette non può lasciare indifferenti: la conoscenza piena, nei rapporti umani così come in quelli aziendali, è acquisita solo attraverso un trasporto, un coinvolgimento ed una immedesimazione totali.

Ha proprio ragione Kerry Bodine, che con il suo mantra preferito afferma:

Ciò che pensate di sapere sul cliente è probabilmente sbagliato. PENSARE di sapere che cosa vuole il cliente è rischioso. SAPERE che cosa vuole il cliente permette di cambiare in meglio la sua Customer Experience”.

LA SCUOLA DEL FUTURO

Dopo la crisi, torneremo sui tacchi

Jim Collins, noto consulente aziendale americano, nel suo libro “Good to Great”, individua, tra le caratteristiche comuni a migliaia di manager di successo, quella del desiderio di investire per consegnare alla generazione futura un’azienda migliore. E se i risultati sono quelli dei colossi da loro guidati, che hanno visto triplicare le quotazioni in borsa nell’arco di 15 anni, se ne può trarre la conclusione che, davvero, pensare al futuro fa bene al presente.

Di tale avviso deve essere anche Jimmy Choo, il designer di calzature femminili di lusso, divenuto famoso per le scarpe col tacco indossate dalle protagoniste della serie “Sex and the City”, il quale – è di questi giorni la notizia – ha scelto di investire sui giovani e sul futuro, ed aprirà a Londra, a settembre, una nuova Accademia dedicata esclusivamente alla moda.

 

Si chiamerà Jca London Fashion Academy e si offrirà di preparare le nuove generazioni di creativi al mondo del business attraverso corsi che sviluppino non solo le tecniche per creare design contemporaneo, ma anche le capacità imprenditoriali necessarie per costruire, lanciare e guidare al successo i marchi di moda. Per riuscire in ciò, i giovani iscritti all’Accademia verranno formati attraverso un approccio di mentoring, che vedrà protagonisti esperti di differenti Maison e realtà produttive che si prenderanno cura del percorso educativo ed esperienziale degli studenti, che avranno modo di approfondire nel concreto, sul campo, quanto appreso nei corsi.

Questa notizia, che si colloca in un momento storico di grande incertezza sul futuro, accende le speranze: una scelta come quella di Jimmy Choo di investire sui giovani, sulla loro formazione, sul futuro, ci trasmette – mentre attraversiamo le difficoltà di questa pandemia – un’iniezione di fiducia e di positività, della quale abbiamo più che mai bisogno.

Ed è un conforto leggere le sue parole: “Penso che, dopo la pandemia, la gente avrà voglia ancora di matrimoni, feste, eventi. Le scarpe col tacco alto non moriranno mai”.

Questo è il momento delle sneakers, ma poi, come ci assicura un mito come Jimmy Choo, torneranno i tempi dei tacchi. E allora, non facciamoci trovare impreparati, investiamo sul futuro, perché – come ha dimostrato Jim Collins – farà bene anche al presente.

PANINO GIUSTO “ESAGERATO” EXPERIENCE

Il piccolo GLUE che fa la differenza

E’ successo ieri. Era l’ora di pranzo, in una Milano soleggiata e tristemente deserta, quando io e la mia amica Danila abbiamo deciso di fermarci da Panino Giusto in Pagano per prenderci qualcosa da mangiare in modalità take away.

In linea con le recenti limitazioni del servizio al solo asporto, abbiamo trovato collocato all’esterno del locale un bel tavolino sul quale era esposto il menù. Si è affacciato prontamente un ragazzo che è uscito per prendere la nostra ordinazione. Dopo i pochi minuti promessi, è tornato per consegnarci un simpatico sacchetto di carta contenente i nostri appetitosi panini dal nome “Esagerato”.

Abbiamo fatto due passi e ci siamo accomodate su una panchina nel vicino Parco Vergani per consumare il nostro pranzetto. Affamate e contente della location improvvisata, abbiamo finalmente aperto il sacchetto.

Ed ecco la sorpresa: come prima cosa, appoggiato sopra al contenitore dei panini, abbiamo trovato un piccolo flaconcino logato Panino Giusto contenente gel disinfettante.

Un regalo dell’azienda ai suoi clienti, a noi, tanto inaspettato quanto apprezzato. Un pensiero, frutto di una intelligente strategia di marketing, che ci ha piacevolmente colpito. Ci siamo dette: “Ma che idea geniale è quella di aiutare i propri clienti, di questi tempi, con un simpatico gadget che li agevoli in quella che è purtroppo divenuta una necessità per tutti, ossia quella di disinfettarsi le mani prima di mangiare?”.

L’episodio mi ha richiamato alla mente un concetto che ho letto varie volte su questo Magazine, quello di GLUE, l’acronimo di Giving Little Unexpected Extras, ossia “offrire dei piccoli extra inaspettati” (approfondisci qui).

Il flaconcino di gel disinfettante ha rappresentato per me proprio un GLUE: una sorpresa inaspettata che ha dato alla mia esperienza il connotato dell’unicità e della memorabilità, tanto che non solo l’ho raccontata subito dopo ai miei colleghi di lavoro, ma ne sto anche parlando ora a voi lettori.

Ieri, io e Danila, ci siamo sentite idealmente coccolate e accudite da Panino Giusto che, con questo piccolo dono, ci ha dato dimostrazione di tenere a noi, di avere a cuore la nostra salute e di capire quali siano le nostre esigenze. Così, dopo aver con soddisfazione utilizzato il gel per igienizzare le mani, abbiamo finalmente addentato i nostri panini.

E vi assicuro che “Esagerato” è stato non solo il nome del panino che abbiamo mangiato, ma anche il piacere col quale l’abbiamo gustato.

UN MICROMARKET NELLA PROPRIA AZIENDA

La proposta innovativa di FOODIE’S

Ecco come rinnova la sua offerta, amplificandola e diversificandola, MicroMarket FOODIE’S, il brand fast casual (lanciato da http://www.tramezzino.it/) che si propone come alternativa alla tradizionale ristorazione aziendale con mense, offrendo una risposta alle nuove ed evidenti esigenze del cliente metropolitano (specie in questo periodo così difficile).

La proposta è davvero innovativa: viene offerta l’opportunità di aprire, all’interno delle aziende, un piccolo supermercato self-service, aperto H24, 7 giorni su 7, nel quale i dipendenti possono non solo acquistare cibi freschi e salutari, ma anche bere un caffè di qualità, consumare la colazione e il pranzo con piatti e prodotti gustosi e genuini, e scegliere, anche all’ultimo momento, un rifornimento estemporaneo per la cena. Le aziende debbono solo mettere a disposizione uno spazio idoneo e la connessione internet, a tutto il resto pensano loro.

L’allestimento prevede diverse soluzioni in base allo spazio disponibile: abitualmente si compone di frigorifero, scaffale, macchina per il caffè professionale e freezer per i gelati; nella configurazione più ampia, invece, sono previsti anche forno a microonde, televisione, area relax con divani, sgabelli, mensole e tavolini. A completamento del servizio, è prevista anche una comoda cassa automatica, facile, veloce e sicura. Il tutto realizzato con un design moderno, elegante, allegro, in una parola: accattivante.

Non solo, dunque, una grande comodità per i dipendenti, a cui viene offerta l’opportunità di consumare, nelle pause dal lavoro, pasti veloci, sani e di qualità, o di prendersi al volo qualche sfizioso pasto da portare a casa per la cena, ma anche la possibilità per le aziende di creare ambienti accoglienti e piacevoli al loro interno, dove i propri dipendenti, mentre fanno colazione, pranzano, si prendono un caffè o si gustano uno sneak, abbiano modo di conoscersi meglio, fare due chiacchiere, entrare in empatia e, perché no, creare l’occasione per avere idee innovative in ambito lavorativo.

Colpisce lo scopo che questo brand propone di far perseguire ai propri clienti, racchiuso in una frase che viene messa in grande evidenza nel sito: “Volete rendere felici i Vostri dipendenti con un MicroMarket FOODIE’S ?”. Questa domanda apre un mondo. Basti infatti pensare che, in numerose ricerche, è stata ampiamente studiata la correlazione tra la gioia provata dai dipendenti nel fare il proprio lavoro e la qualità delle loro performance. Non è un caso che negli Stati Uniti, dove hanno notoriamente molto a cuore il business, i MicroMarket siano in crescita da diversi anni. Il motivo è semplice: creare un ambiente piacevole dove i dipendenti possano consumare un pasto, trovare prodotti sani e prendersi un caffè scambiando due parole, li rende senza dubbio più contenti e più felici, con un aumento del loro potenziale ed un conseguente incremento della loro produttività, il tutto a beneficio dell’azienda stessa.

I MicroMarket, insomma, rappresentano un caso emblematico in cui l’azienda che si innova per andare incontro alle esigenze dei propri dipendenti riesce non solo a rendere felici questi ultimi, ma anche ad ottenere un incremento di redditività.

L’innovazione che porta felicità produce redditività: un assunto che suscita grande interesse.

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