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Italian Sounding

WHEN A MOON HITS YOUR EYE LIKE A BIG PIZZA PIE, THAT’S AMORE

Oltreoceano, aldilà dell’Atlantico, c’è una passione quotidiana che domina l’appetito degli americani. Sapete come si chiama? Pizza. Si, avete capito bene, proprio quella.  La creazione italiana per eccellenza occupa da tempo un posto di preferenza nei gusti degli americani. Altro che hamburger e patatine. La parola magica, l’affare d’oro, nella terra a stelle e a strisce, è proprio il piatto napoletano che ha incantato le papille gustative della Regina Margherita.

Oggi, negli Stati Uniti, il numero di pizzerie è di gran lunga superiore ai locali in cui si servono hamburger. Una crescita dovuta alla nascita di singoli ristoranti ma soprattutto di grandi catene diffuse un po’ ovunque, dalla West Coast alla East Coast.

 Ma, in questa sede, ciò che ci preme maggiormente sottolineare è la modalità con la quale il trend pizza si stia sviluppando all’interno di un segmento specifico del mercato: il Fast Casual.

Top5002016L’annuale report di Technomic (top 500 Chain Restaurant Report), oltre ad attestare la continua crescita di questo settore (11,5%), individua tra i cinque brand che hanno avuto un maggiore sviluppo nel 2015, appunto, tre catene di pizzerie fast casual.

Stiamo parlando di Blaze Piazza, Mod Pizza e Pielogy Pizza: tre catene molto giovani che nell’anno 2015 hanno rispettivamente incrementato le proprie vendite del 205%, del 131% e del 67%.

Quali sono, dunque, i fattori all’origine di questo enorme successo?  Vediamoli.

Questi brand seguono tutti un format comune che comprende quattro elementi principali.

–  Personalizzazione del piatto: il cliente crea, a proprio piacimento e a partire da una vasta gamma d’ingredienti, la propria pizza.

–  Freschezza del prodotto: l’impasto della pizza è sempre fresco così come i prodotti con cui viene assemblata.

–  Coinvolgimento: il personale che opera sulla linea, impegnato nella farcitura della pizza, è sempre chiamato a coinvolgersi con il cliente per renderne l’esperienza piacevole e memorabile.

–  Velocità: l’utilizzo di particolari forni garantisce un tempo medio di cottura inferiore a cinque minuti.

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Una formula di somministrazione rapida, coinvolgente, alla quale potrebbe aggiungersi come ulteriore elemento di successo l’eccellenza della tradizione italiana.

Non è una fantasia ma una sfida. Gli imprenditori italiani del settore hanno una grande occasione: ristabilire negli Stati Uniti, partendo sempre dalla formula Fast Casual, il primato italiano sulla pizza, alla faccia di quel fenomeno chiamato Italian Sounding (approfondisci qui) che porta via all’Italia una grossa fetta di mercato in America, ma non solo.

FOODSCOVERY: I DUE LATI DELLA CUSTOMER EXPERIENCE

A chi non è mai capitato, andando all’estero, di sentire la mancanza della cucina di casa?

Quella Italiana, poi, si sa, manca un po’ a tutti, Italiani e non, tanto che spesso viene copiata, imitata, richiamata in diversi prodotti (un fenomeno che si chiama Italian Sounding) ma anche in diversi format di ristorazione (Vapiano è la più estesa catena di ristoranti italiani – sono 150 in 30 Paesi – tutta.. Made in Germany!).

Oltretutto, l’Italia è caratterizzata da una varietà incredibile di prodotti eccellenti, che a volte rimangono sconosciuti agli stessi italiani. Non solo – tra gli altri –  mozzarella di bufala, parmigiano reggiano o barolo, ma anche la marmellata mandarella, il torrone aelion, la crema di lumache e ceci alla cantalupese o il tè verde al limone verdello di giarre..

Dopo aver vissuto all’estero sentendo spesso la mancanza di un vero pasto italiano, dopo aver sviluppato una piattaforma di e-commerce in oriente e dopo aver “scoperto” un mondo di produttori unici ed eccellenti, Mario Sorbo e Fabio di Gioia si mettono al lavoro con lo scopo di portare al consumatore italiano, prima, e di tutto il mondo, poi, i prodotti di quelle piccole realtà come pasticcerie, torrefazioni, aziende agricole, botteghe che popolano l’Italia.

Così nasce Foodscovery, un marketplace che riunisce prodotti pregiati che vengono spediti al cliente direttamente dal produttore. Una sorta di Km Zero virtuale, in grado – addirittura – di far arrivare in Germania dei cannoli siciliani freschi di giornata.

Foodscovery non è solo uno strumento di relazione acquisto/vendita tra compratore e venditore, Foodscovery racconta la storia del prodotto e del produttore, facendo scoprire allo stesso cliente italiano “pezzi” del proprio Paese che lui stesso non conosceva.

Il lavoro scrupoloso e attento, dalla selezione dei produttori e dei loro prodotti (all’ultima edizione del Pitti Taste, gran parte dei produttori partecipanti erano presenti sulla piattaforma), alle modalità di spedizione (che adottano all’occasione un packaging isotermico refrigerante studiato e creato ad hoc), fino al customer care (che spesso anticipa i problemi legati al ritardo delle spedizioni), stanno largamente ripagando Foodscovery che, a poco più di un anno dal lancio ufficiale del 7 Ottobre 2014, è arrivato ad avere una percentuale di riacquisto dai suoi clienti (ad oggi in larga parte italiani) del 30%, un aumento dello scontrino medio da 40 a 55/60 euro, ben 4000 recensioni sul proprio sito e un’offerta di 1.200 prodotti da 150 produttori diversi.

Ma il successo di tutto questo? Sta nell’approccio e nell’esperienza che Mario Sorbo e Fabio Di Gioia offrono ai loro clienti: l’acquirente e il produttore. Un approccio ritagliato sulle loro caratteristiche e le loro esigenze, un approccio che parla – da una parte –  il linguaggio di un superconsumatore attento e alla ricerca di novità di qualità e sempre più connesso online, che non si accontenta di acquistare prodotti, ma che vuole conoscerne la storia e poterli ricevere freschi anche se arrivano da lontano. Dall’altra il linguaggio di piccole realtà produttive, che, spesso, sono noti solo nel loro territorio e non hanno la forza di farsi conoscere oltre, realtà che – a volte – non sono ancora use alle novità tecnologiche che gli ultimi anni ci stanno imponendo, tanto che Foodscovery ha creato per loro la possibilità di risposta agli ordini via sms.

Un approccio del genere ha generato fin dall’inizio un ottimo passaparola, sia tra i produttori stessi (che, come ci spiega Mario Sorbo “all’interno di una certa nicchia di settore, si conoscono tutti”), che tra gli utenti della piattaforma, consegnando a Foodscovery le chiavi per un lungo successo.

Nel frattempo, potete gustarvi una deliziosa anteprima guardando questo video!

IL MADE IN ITALY (RI)TORNA IN AMERICA

Gli Stati Uniti sono in ripresa e tornano ad essere uno dei primi mercati di interesse per l’export Made in Italy. Gli ultimi dati sono decisamente incoraggianti e il momento favorevole del cambio euro/dollaro stimola ulteriormente l’interesse per il mercato a stelle e strisce.

Bruno Montesano, CEO di Nuove Sales (www.nuovesales.com), società di business development che da anni guida e accompagna le aziende italiane che vogliono entrare in USA, partner di Italian Customer Intelligence (www.italiancustomerintelligence.it), spiega che gli argomenti convincenti del prodotto Made in Italy sono la sua indiscussa e sempre molto apprezzata eccellenza qualitativa e la propensione tutta italiana alla customizzazione.

Gli Stati Uniti sono un mercato estremamente maturo, anche se la produzione “bella e ben fatta” dello Stivale è sempre molto appetitosa. Alcuni numeri: il settore moda (abbigliamento e pelle) l’anno scorso ha registrato 3 miliardi di euro di export, con un aumento dei valori del 10% soltanto in Dicembre; stesso importo per le esportazioni alimentari e di vino (equivalente al 10% del valore dell’export del settore), con un aumento a Dicembre dell’11,6%; 680 milioni di euro in mobili made in Italy sono arrivati nel 2014 in Usa (quasi l’8% dell’export totale del settore); il settore della meccanica a componentistica vede l’8,5% delle sue esportazioni dirette a Washington ed è quello che più si presta ad acquisizioni da parte di aziende americane; il calo dell’euro è significativo soprattutto per il settore dell’automotive che destina il 14% della sua produzione in uscita proprio agli Usa. Inoltre, il valore dell’Italian Sounding sul mercato statunitense è arrivato a 24 miliardi di euro nel solo 2014 (clicca qui per saperne di più).

Insomma, gli americani ci apprezzano, e questa non è una novità (leggi qui). Quello che c’è di nuovo è che è il momento giusto per l’Italia di rinnovare il suo interesse vero il mercato degli Stati Uniti, seguendo però un percorso che deve essere fatto con oculatezza, quasi a step graduali, sia dal punto di vista dell’impegno operativo che da quello economico, perché di difficoltà che si possono incontrare sul proprio percorso ce ne sono, a partire dal gap culturale che c’è tra il modello di business in Italia e in America, fino all’alta aspettativa sul servizio postvendita propria di un Paese che considera il cliente un vero e proprio ente giuridico con il quale “stipula un contratto” ad ogni occasione di vendita.

bruno montesanoClicca qui per vedere un’anteprima dell’intervento di Bruno Montesano al convegno “Progetto Speciale USA” di Federlegno Arredo: consigli e dritte su come affrontare un piano di marketing e come impostare la penetrazione commerciale della propria azienda per valutare seriamente la sua entrata nel mercato americano.

Voi state pensando di imbarcarvi in un viaggio, un’avventura e un’impresa che è importante non solo perché può incidere in modo positivo e significativo sul fatturato della vostra azienda nei prossimi anni, ma anche perché, se è impostata e gestita in modo incorretto, può essere fonte di gravi frustrazioni, insuccessi o addirittura perdite significative che sono ancora molto più gravi della mancanza di acquisizione di nuovi fatturati. Prima di partire per un viaggio e imbarcarsi in un’avventura bisogna sapere dove si va, capire come si fa ad arrivare dove si vuole andare e bisogna attrezzarsi per superare le difficoltà che inevitabilmente si incontreranno”.

B.Montesano

Per vedere il video integrale scrivi a info@italiancustomerintelligence.it

LE ORECCHIETTE FATTE IN CASA FANNO STORIA A DUBAI

Alice Scuratti, 31 enne, Milanese. Un lavoro da commercialista che non la soddisfa, una forte passione per la cucina italiana e una voglia estrema di cambiare vita.

FC05“Quando lavoravo in studio, mi annoiavo così tanto che nei momenti morti mi fissavo sui food blog”, ci racconta. Così nel 2013, decide di “darci un taglio” e iniziare una nuova avventura: insieme al fidanzato, una valigia piena di speranza e tanti punti di domanda, si trasferisce nella “New York del Golfo Persico”, Dubai!

Accorgendosi del forte gap tra ciò che è cibo italiano e ciò che viene presentato come tale, Alice inizia fare lezioni di cucina a domicilio a persone di tutte le età, cultura ed estrazione, raccontando la tradizione culinaria italiana e dando vita al progetto “Fatto in Casa”.

Che cos’è Fatto in Casa?

Fatto in Casa è un brand che offre consulenza ai ristoranti italiani gestiti da persone straniere in tema food, partecipa a eventi importanti, come il Dubai Food Festival, collabora con i ristoranti italiani che hanno sede a Dubai, organizzando corsi di cucina, workshop, eventi:

“Noi offriamo expertise, mani d’oro e le facce da ‘italiane a Dubai’, loro la struttura

La formula è semplice, ma geniale. “Siamo un gruppo di donne italiane che vive a Dubai, che ama la cucina italiana e che ha deciso di mettersi in gioco, condividendo quello che ha sempre imparato: non delle semplici ricette, bensì CASA NOSTRA. È questa la marcia in più: dietro la mia crostata alla ricotta, c’è mia madre, mia nonna! E poi conosciamo l’origine dei prodotti che vendiamo, siamo dei romantici in fondo. Dallo chef al cameriere, quando vendiamo un piatto, raccontiamo una storia. La nostra”.

Uno storytelling tutto tricolore, che coinvolge i cinque sensi dei loro clienti, perché non assaggiano solo piatti della cucina italiana, ma assaporano un pezzo della nostra tradizione.

FC03Alice racconta una storia che non è un ricordo da rinverdire, ma è un’attualità da comunicare attraverso tutti i piatti che prepara o che insegna a preparare, facendo vivere quei rapporti a cui la ricetta è legata e da cui lei non vuole separarsi.

Per Alice le tradizioni si tramandano, se si tramandano i rapporti che le rendono attuali. In più, poiché per lei non si può separare la tradizione di una ricetta dalla persona in carne e ossa a cui essa è intrinsecamente collegata, ne crea uno tutto nuovo con il cliente e lo fa entrare nell’essenza stessa della ricetta, fatta di emozione, di storia, di ricordi di cui Alice e Fatto in Casa rappresenta solo il primo passo.

fattoincasaBurj2Il resto lo farà il cliente, che ogni volta che assaggerà quella crostata di ricotta penserà all’esperienza vissuta e la tramanderà a sua volta.

Fatto in Casa è l’esempio perfetto per capire che il cliente vuole sentirsi partecipe del brand e contribuire alla sua essenza, innamorarsi di una storia. Non basta la qualità dei prodotti, bisogna saperli raccontare, soprattutto a chi non li conosce (o crede che gli “spaghetti pollo palla”, amatissimi a Dubai, rappresentino l’Italia).

Solo così il cliente diventa a sua volta narratore della nostra storia.

Italian Customer Intelligence, con Stefano Damonti e Mario Sala promuove un seminario per acquisire concrete indicazioni su come costruire le storie dei propri prodotti e della propria azienda, in grado di fare innamorare per sempre i loro clienti.

Per avere informazioni sul seminario scrivi a: info@italiancustomerintelligence.it

ITALIAN SOUNDING: IL BAROLLO NON È BAROLO

Parmigiano falsoSi chiama “Italian Sounding” ed è un fenomeno che ha preso piede negli Stati Uniti e che si sta espandendo anche oltre confine. Si tratta dell’utilizzo di denominazioni geografiche, immagini e marchi che evocano l’Italia per promozionare e commercializzare prodotti che di fatto non sono riconducibili al Bel Paese. Prodotti con un “sapore” italiano, dal nome italianeggiante e con il tricolore sbandierato sul packaging invadono i supermercati internazionali, rubando grosse fette di mercato al vero Made in Italy. Solo negli Stati Uniti il volume di prodotti “Italian Sounding” venduti è di 24 miliardi di dollari). Il Parmigiano, per esempio, si trasforma magicamente in Parmesan negli Stati Uniti, Parmesao in Brasile o Regianito in Argentina. Prodotti che – per qualità e sapore – non hanno niente a che vedere con il nostro Parmigiano Reggiano.

Wine: "Barolo Italia" CorkA fronte di questa generale “confusione” in merito a cosa sia davvero “italiano doc”, il nostro settore agroalimentare segna percentuali di export sempre molto interessanti. Segno che moltissimi consumatori stranieri riconoscono e preferiscono ancora l’italianità genuina dei nostri prodotti. In particolare, il settore vitivinicolo, nonostante la concorrenza di diversi Paesi oltreconfine, negli ultimi anni registra trend sempre positivi nella crescita delle sue esportazioni. Il vino italiano da sempre va a imbandire le tavole straniere, soprattutto quelle degli americani, che si classificano i primi consumatori di vino. Solo qualche dato: nel 2012 il 30% delle importazioni statunitensi di vino provenivano dall’Italia. L’anno successivo la percentuale è aumentata e l’Italia è diventato il top provider di vino in Nord America. E ancora, nel 2014 gli Stati Uniti prelevano da soli ben il 20% dell’esportazione vinicola italiana.

È il momento giusto, quindi, che il nostro Barolo tolga spazio sugli scaffali al Barollo, che il Valpolicella venga scelto invece del suo “concorrente” Vinoncella e che il Monticino venga riconosciuto come storpiatura del molto più buono Brunello di Montalcino.

È il momento giusto per ribadire il true italian e verificare la possibilità di portare oltreoceano il nostro prodotto.

Italian Customer Intelligence, tramite Instant Market, propone un servizio rapido ed efficace per conoscere le prospettive potenziali della tua azienda negli States insieme a esperti e professionisti nel settore del food & wine disponibili a rispondere a precisi quesiti strategici e commerciali.

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