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Harvard Business School

PIATTI PIù BUONI E VELOCI SE CUOCO E CLIENTE SI GUARDANO…

AAA PERSONE INFLUENZABILI CERCASI: LA CUSTOMER EXPERIENCE E’ UNA QUESTIONE DI METODO E IMMEDESIMAZIONE. LA RISPOSTA DI GABRIELE MANCOSU, ESPERTO DI ITALIAN FAST CASUAL, ALL’ARTICOLO DI MARIO SALA .


“Le persone devono sapere e sentire che stanno facendo la differenza nel mondo e che stanno agendo al servizio di qualcosa che è più grande di loro”. Questa è il succo del discorso che dal 2009 porta avanti Dan Pink, autore di “Drive” nel 2009. No, non abbiamo improvvisamente cambiato i nostri piani editoriali introducendo una rubrica sulla psicologia o le neuroscienze. Stiamo parlando di Customer Experience, di saper offrire al cliente un’esperienza degna delle promesse che il brand fa e delle aspettative che il cliente ha. Dan Pink stesso parla ai manager, agli imprenditori e ai professionisti: il suo ambito di studio è l’impresa, la sua “ossessione” coltivare il “senso dello scopo/obiettivo” nei dipendenti delle aziende.

Recentemente Pink ha raccontato al magazine Business Insider di uno studio molto importante condotto all’Harvard Business School: la ricerca è stata condotta nella caffetteria del collage. I ricercatori si sono concentrati nella zona della griglia, dove i clienti fanno e poi ricevono i loro ordini per il pasto. Lo scopo della ricerca era indagare in quale scenario i clienti avrebbero detto che il cibo aveva un miglior sapore e in quale scenario lo stesso cibo sarebbe stato preparato più velocemente.

Gli scenari proposti erano 4:

  1. nel primo, i cuochi potevano vedere i clienti;
  2. nel secondo, i clienti potevano vedere i cuochi;
  3. nel terzo, nessun gruppo poteva vedere l’altro;
  4. nel quarto, cuochi e clienti potevano vedersi a vicenda.

Si è notato che la soddisfazione dei clienti è aumentata del 17,3% e la velocità del servizio del 13,2% quando cuochi e clienti potevano vedersi a vicenda.

Pink spiega che si tratta dell’effetto della sua teoria “small p purpose” (in italiano diremmo “scopo con la s minuscola”); immagina che i cuochi che hanno preso parte alla ricerca potrebbero aver pensato “Non sto risolvendo la fame nel mondo, non sto risolvendo i problemi climatici, non sto sicuramente ponendo fine alle discriminazioni, ma sto certamente preparando un’omelet che qualcuno si mangerà e questo importa al cliente e a me”.

Questo non è il primo studio a dimostrare che quando le persone si connettono, si immedesimano profondamente con il beneficiario del loro lavoro (il CLIENTE!) le loro performance migliorano. Quindi… Come è possibile iniziare da subito a patrimonializzare questa “scoperta”, a metterla in pratica? Se possibile, occorre davvero dotarsi di persone influenzabili, persone che sentono come si sentono gli altri! Sicuramente, come suggerisce Pink, ci sono alcuni accorgimenti che da subito potrete applicare: ricordate al collega o al collaboratore sempre lo scopo per il quale si sta facendo il lavoro e i benefici che l’azienda e il suo ecosistema ne possono trarre.

Essenziale, aggiungiamo noi, che un beneficio per l’esperienza del cliente sia sempre presente tra gli obiettivi di un’idea/progetto/servizio da svolgere e portare a termine.

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