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dupe culture

VERO O FALSO?

Si chiama Dupe culture (dupe sta per “inganno” ma anche per “credulone”) ed è il nuovo fenomeno socioculturale della Generazione Z. Ne avrete quasi sicuramente sentito parlare ma non sapete bene di cosa si tratti. Ha preso rapidamente piede negli Stati Uniti, spopolando tra balletti e hack su Tik Tok, e si sta facendo pian piano conoscere in tutto il mondo anche se, a onor del vero, il fenomeno è ancora tutto da decifrare.

Lo si potrebbe definire un copia-incolla ma di tipo educato.

Secondo la compagnia inglese Money, sarebbero i giovanissimi, i cosiddetti Zoomer a dare voce a questa nuova clientela 2.0 che veste falso e non si fa problemi a mostrarlo al mondo. Sulla piattaforma Tik Tok spopolano infatti hashtag come #fakeRolex #fakeGucci o #VuittonDupe, utilizzati per aggirare quella trappola delle piattaforme social stesse che impedirebbero la vendita di prodotti falsi dall’app. Meccanismo che in realtà è servito a ben poco dato che sono stati registrati oltre 32 miliardi di dollari per acquisti in app su Tik Tok relativi a questi prodotti dupe.

La moda-sosia della generazione Z

Ma quindi che cosa si intende per dupe culture? Si tratta per lo più di accessori come borse, orologi ma anche di make up e scarpe che vengono fin da subito presentati come omaggi e rifacimenti a brand ben più famosi. Esistono delle piccole imprefezioni, delle differenze anche evidenti che giustificano la differenza di prezzo ma che non rendono, per questo motivo, il prodotto in sé meno appetibile. Ad aver dato la spinta a questo fenomeno sono stati proprio i giovani, quella generazione Z che si osserva come un animale esotico e il loro habitat per eccellenza, Tik Tok appunto. E così, attirata anche io come un orso con il miele, ho deciso di provare a dare un’occhiata a questo fantomatico mondo dupe. Impersonati i panni di Alice sono quindi scesa nella tana del bianconiglio e ho dato giusto una sbirciatina.

Dupes Beauty

Io, che la Z non c’è né nel nome né nel cognome, ho cercato di capirci qualcosa di questo “caso fantasma”, che chiamo in questo modo perché ne parlano in tanti ma nessuno sembra vederlo davvero. Di dupe ho sentito parlare per la prima volta su Youtube. Mentre guardavo un video la parola veniva ripetuta più volte ma ci ho messo un po’ per capire a cosa si stesse facendo riferimento. La youtuber in questione teneva in mano una palette di ombretti affermando come quel dupe facesse senza dubbio la concorrenza al prodotto corrispettivo ben più famoso e costoso di Huda Beauty. Il marchio è conosciuto in tutto il mondo e deve la sua fama, in special modo, per il costo di alcuni suoi prodotti iconici (una palette si aggira sui 70€) tanto da diventate il simbolo per eccellenza di una linea di makeup notoriamente high end. Proprio di Huda Beauty, come ho scoperto dopo quello e altri video, sono quindi nati diversi prodotti dupe provenienti da altri marchi meno rinomati ma che attirano il denaro di numerosi acquirenti. E sì, devo ammetterlo, anche il mio.

Volendo rimanere nell’ambito della metafora di prima, non mi sono più limitata a dare una sbirciatina ma ho raccolto rose a piene mani dal giardino della Regina di Cuori.

Dietro il fenomeno della dupe culture non c’è una scelta di ego, come ho avuto modo di capire io in prima persona. Il brivido dell’accessorio costoso è assente, sostituito da una sensazione rassicurante. Il punto è che a questa generazione Z non interessano più i canoni di quella moda haute couture. Il dupe è una altro tipo di moda più ragionato, modesto ed economicamente fattibile (il mio portafogli mi ha personalmente stretto la mano e ringraziata) e per questo piace. Non è poi un caso che non si faccia di tutti i dupes un fascio, dato che solamente determinati prodotti e, a guardare più attentamente, solamente alcuni brand sono oggetto di questo fenomeno.

In fin dei conti, quello che ho compreso è la dupe culture non è neppure un copia-incolla ma un lavoro di bricolage.

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