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I BEACONS RIVOLUZIONERANNO LA CUSTOMER EXPERIENCE…E VOI SIETE PRONTI?

Sempre più digital. Sempre più mobile. Queste sono le sfide del futuro per le aziende, soprattutto per quelle appartenenti al mondo retail.
L’evoluzione tecnologica, sempre più innovativa, più fruibile e volta a semplificare sensibilmente la vita di ognuno di noi, sta portando necessariamente le aziende a cambiare il paradigma delle logiche di mercato che ha governato per decenni il mondo retail: i consumatori sono sempre più esigenti e consapevoli e le aziende, per non soccombere, non possono far altro che adattarsi e aggiornarsi alla nuova realtà.
estimoteLa tecnologia non è più un argomento da “nerd”, ma è di uso comune e la sfida la vincerà chi riuscirà a “sfruttarla” in favore di una customer experience che sia innovativa e in grado di realizzare una realtà dove mondo fisico e mondo digitale si intrecciano in un unico grande ecosistema.

Beacons: un’opportunità per le aziende

I Beacons sono un’ottima opportunità per creare il link tra i due mondi, quello fisico e quello digitale sopracitati, e c’è da scommetterci che questi dispositivi rivoluzioneranno per sempre la modalità di acquisto e la customer experience nel mondo retail.

Walmart e Macy, il colosso Mattel con La Scatola dei Giocattoli, l’aeroporto di Heathrow a Londra, il Rubens Art Museum e l’italianissimo Palazzo Farnese a Piacenza, la Barclays Bank e molti altri sono solo un esempio dell’attenzione rivolta a questi piccoli e stravolgenti dispositivi.

cosa sono i Beacons?

I Beacons (in inglese “faro”) sono dei piccoli sensori da applicare su pareti o su qualsiasi superficie, in grado di trasmettere messaggi a smartphone e tablet che si trovino nelle vicinanze (hanno un raggio di interazione fino a 70m), a patto che questi abbiano attivato il BTW (Bluetooth Low Energy) e installato un’apposita applicazione.

Come anticipato da questo video, non è difficile immaginare il potenziale di questa tecnologia: le aziende potranno mandare qualunque tipologia di messaggio: comunicazioni, promozioni, sconti nei negozi e migliorare fortemente non solo l’esperienza di acquisto dei clienti, ma tutta la customer experience.
Grazie ai Beacons infatti le aziende potranno mettere davvero il cliente al centro di ogni loro attività: potranno sapere esattamente in che negozio si trovano in un preciso momento, quanto si fermano in una zona piuttosto che in un’altra e creare touchpoints personalizzati per ogni cliente a seconda dei suoi passi all’interno del punto vendita o addirittura potranno guidarli nell’acquisto in base all’età, sesso, precedenti acquisti e gusti personali. Una rivoluzione!

53397-beacon_teaser1Ovviamente questo comporterà per le aziende la ricezione di una tale mole di dati, il cui utilizzo efficace e intelligente determinerà il successo o meno dei beacons: evitare l’overload di notifiche push (ovvero il sovraccarico di avvisi che le applicazioni inviano alla schermata iniziale di un dispositivo mobile), che spesso porta all’effetto contrario e sfruttare la grande opportunità di poter trasmettere un messaggio forte e importante al cliente: che è al centro della nostra attività.

TOUCHPOINT E OPENING EXPERIENCE

Offrire una customer experience davvero superiore è tanto necessario in questa Era del Cliente (altrimenti il cliente se ne va), quanto difficile. Difficile perché l’opinione che egli matura sulla sua relazione con un brand avviene in tantissimi touchpoint, che spesso sono trascurati o addirittura sconosciuti all’azienda. Si tratta di ogni singolo frangente oppure occasione durante la quale il cliente ha modo di venire a contatto con l’azienda e, quindi, di farsi un’idea sul suo conto (clicca qui per approfondire).

Touchpoint: il packaging

Il packaging, la “scatola”, il “pacchetto”, è ciò che, in ultima istanza, si “intromette” tra il cliente e il prodotto. È ciò che fastidiosamente impedisce di vedere come sia davvero il prodotto, ciò che impedisce di toccarlo, di “provarlo” prima di acquistarlo. Ma può anche essere ciò che crea un’attesa e un’aspettativa di un’esperienza positiva quando si apre e si “pre gusta” l’articolo che sta per diventare finalmente “nostro” a tutti gli effetti.

Non stupisce, quindi, che un’azienda come Apple, il cui fondatore e ispiratore ha sempre messo la customer experience dei suoi milioni di clienti al centro di ogni sua azione (leggi qui come), abbia una “stanza segreta” dedicata esclusivamente al design del packaging e alla sperimentazione della “opening experience”.

Il packaging dice tanto del prodotto, è spesso il primo punto di contatto con il cliente ed è il catalizzatore di quella “prima impressione” che veicola le promesse del brand. Così una famosa pasticceria parigina racchiude i suoi preziosissimi pasticcini in cofanetti che sembrano dei veri e propri portagioie e una nuova linea di cosmetici ribadisce come la scatola delle sue creme sia “non solo custode del prodotto, ma elemento di dialogo e vicinanza con la consumatrice”.

shopping bagPackaging vuol dire anche la shopping bag che il cliente utilizza per portare a casa il suo acquisto: strumento che continuerà a ricordare dell’esperienza fatta, deve quindi rispecchiare i valori, lo stile e lo standard del brand. Così come anche i pacchi spediti per gli acquisti online: nell’esperienza di tutti sarà facile percepire la differenza tra il ricevere l’ordine di una maglietta in un bel pacco solido e sicuro o in un leggero sacchetto di plastica. Certo, nel secondo caso non ci preoccuperemmo comunque dell’integrità del nostro capo, ma nel primo caso le nostre aspettative sarebbero sicuramente superate (il che risulterebbe in una customer experience davvero superiore!).

Come fare, quindi, per individuare tutti i touchpoint attraverso i quali il cliente si interfaccia con l’azienda? Scrivi a Italian Customer Intelligence: info@italiancustomerintelligence.it

CUSTOMER EXPERIENCE: BREVE GUIDA PER NON CONFONDERSI

Anche nelle migliori aziende a volte il concetto di “customer experience” viene equivocato. O ridotto. C’è chi lo confonde (o lo relega) con la shopping experience (come abbiamo già visto qui), c’è chi pensa che abbia a che fare con la nozione stretta di marketing, intesa come l’arte di vendere bene e con argomenti sempre più affascinanti il proprio prodotto… Ma la customer experience è molto di più.

Per capirlo meglio, seguiamo il suggerimento di Kerry Bodine in Outside In, il best seller pubblicato dalla Forrester Research che insegna l’importanza di mettere davvero il cliente al centro della nostra organizzazione. Partiamo quindi dal dire cosa NON è la customer experience.

Customer experience: che cosa non è

Abbiamo detto che non è la shopping experience. Sarebbe troppo riduttivo, per quanto l’esperienza del cliente nel nostro negozio possa essere superba. E non è nemmeno il customer service, che in genere viene contattato quando c’è qualche problema. Anche in questo caso, per quanto possa essere efficiente e risolutivo, rimane comunque riduttivo. Non si tratta nemmeno dell’usabilità… Aziende come la Apple o Google hanno fatto del concetto di “user friendly” la caratteristica fondamentale dei loro prodotti e servizi. Ma non è comunque sufficiente. Non è neanche “customer marketing”, inteso come attività di comunicazione e promozione per attirare clienti nuovi o per mantenere i vecchi.

Tutti questi fattori – e tanti altri – tutti insieme, costituiscono la customer experience, “l’unico fattore veramente importante per il successo di un business”, per dirla con le parole di Don Peppers e Martha Rogers nel loro “Return on Customer”.

customer experience: che cosa è

La customer experience è “il modo in cui i clienti percepiscono l’interazione con la vostra azienda”. L’insieme di tutte queste interazioni (chiamate anche “touch point”) costituiscono le tappe del “viaggio del cliente”, sintetizzabile nell’immagine sotto.

Viaggio del cliente
Fonte: K.Bodine, H.Manning – “Clienti al centro” – Forrester Research.

Sintetizzabile, perché in realtà i touch point nei quali il cliente si relaziona e quindi matura giudizi su un prodotto o un brand sono moltissimi, spesso trascurati dall’azienda e molte volte anche sconosciuti (leggi qui). Per questo è fondamentale riconoscerli tutti e analizzarli, in modo da poter preparare in ognuno di essi una customer experience che davvero soddisfi il cliente che ci passa.

Italian Customer Intelligence ti aiuta a tracciare il viaggio dei tuoi clienti nella relazione con la tua azienda, per scoprire quale sia la loro esperienza attuale e per potergli così offrire una customer experience davvero superiore. Scrivi a info@italiancustomerintelligence.it

CUSTOMER EXPERIENCE: VIETATO NASCONDERSI DIETRO AL CLIENTE!

Circa il 70 % dei consumatori smette di comprare prodotti e servizi da un’azienda dopo aver sperimentato una “bassa” customer experience e il 64% incomincia a fare acquisti da un competitor dell’azienda che lo ha reso insoddisfatto.

Nell’era dello “strapotere” del cliente è indubbio che una maggiore attenzione a conoscerlo meglio e a valutare quale effettiva esperienza viva con la nostra azienda si stia pian piano imponendo.

Feedback Online Survey Answers Opinions

In particolare, sondaggi, interviste, richieste di suggerimenti si moltiplicano tanto che spesso il viaggio del cliente con il nostro brand viene interrotto bruscamente – e talvolta invasivamente – con queste continue richieste.

La maggior parte di queste indagini avviene subito prima o subito dopo l’acquisto, mentre pochissime cercano di sondare le altre tappe del viaggio del cliente, quando, a esempio, “scopre” l’insegna o quando effettivamente utilizza i prodotti acquistati. Ancora troppe volte si confonde la customer experience con la shopping experience, dimenticando che la valutazione dell’acquisto che il cliente fa dipende dalla globalità delle sue esperienze con la nostra azienda.

Ma anche dopo che abbiamo subissato il cliente con domande sui suoi bisogni, desideri, gusti ed esperienze, il lavoro per offrire una customer experience superiore è appena all’inizio perché occorre paragonare le richieste dei clienti con ciò che i valori del nostro brand promettono.

promoter e detractor

Seguire “pedissequamente” il cliente, prescindendo dalle caratteristiche del nostro brand, è assai pericoloso e rischia di farci concentrare sui clienti “passives” o “detractors” trascurando i “promoters”, ovvero i “fanatici” del nostro brand, quelli con i quali – e per i quali – davvero progettare una customer experience superiore.

Vietato quindi “nascondersi” dietro la rilevazione delle richieste dei clienti senza passarle al vaglio della modalità originale e unica attraverso la quale il nostro brand può rispondere. Pena: aggiungere la nostra azienda complessità e costi, perdere i promoters e continuare a non convincere i “passives” e “detractors”!

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