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RETAILERS: notizie dagli USA che fan pensare

È sempre vero che i trend negli USA anticipano quelli europei? Sembra proprio di sì, anche se, avvertono autorevoli studi che affermano come l’anticipo dei trend in USA riguarderebbe una manciata di mesi e non più di anni.

Abbigliamento sportivo up

Continua l’affollamento di nuovi brand dedicati all’abbigliamento sportivo, un segmento in crescita e non ritenuto saturo, complice l’esplosione dell’abbigliamento sportivo durante il lock down.

Il marchio Active Wear ha ricevuto 400 milioni di dollari di investimento da Soft Bank Vision Fund per aprire 100 nuovi negozi fisici. Ispirato alla California del sud, Active Wear arriverà a Londra la prossima primavera e, a seguire, in tutti i paesi dell’Europa occidentale.

Con la sua “promessa” di eliminazione di carbone e dell’80% della plastica nella sua catena entro il 2022, alla Active Wear sono convinti si apra un periodo entusiasmante di crescita nel quale l’abbigliamento sportivo “evolverà” il proprio ambito per arricchire uno stile di vita quotidiano.

Il cliente, che mistero!

Mentre le agenzie più accreditate del mondo studiano i trend di questa (prossima) nuova era post covid, i clienti continuano a pensare e a comportarsi con la loro testa in barba alle previsioni. Infatti, nonostante la maggior parte delle previsioni parlasse di un settembre disastroso, le vendite al dettaglio, in USA, sono in crescita nuovamente dell’ 11%, nonostante l’aumento dei prezzi, l’interruzione della catena di approvvigionamento, la variante Delta e la fine dei sussidi di disoccupazione.

Vacanze di Natale ed eventi su Instagram per la generazione Z

Secondo Bright Pearl il 68% dei giovani della generazione Z pianifica di utilizzare canali di spesa non tradizionali, per tutto ciò che ruota attorno al Natale. Instagram, con il 77% delle preferenze, sarà il canale più utilizzato.

Autenticazione piattaforma e-commerce: un disastro l’autenticazione.

L’86% dei consumatori americani intervistati da Expectation Vs Reality at the Log Inn ha abbandonato carrelli e iscrizioni ad eventi a causa del fatto che il processo di autenticazione è “troppo arduo” o “lungo”.

Si prevede quindi un aumento degli “abbandoni” anche in Europa nel prossimo futuro che, per ora, registra il 40% nel Regno Unito, Germania 25%, Francia 40%. Clienti sempre più esigenti!

Il tutto, ricordiamolo, riguarda solo il processo di autenticazione!

QUANDO L’ACQUISTO RIMANE SOLO UN SOGNO…

Modello della piramide della Customer Experience.
Modello della piramide della Customer Experience.

Quando ci accingiamo ad effettuare un acquisto, un qualsiasi acquisto, tre sono le aspettative che abbiamo come clienti: trovare ciò di cui abbiamo bisogno, ottenerlo facilmente – sia come possibilità d’acquisto sia come semplicità di utilizzo – ed infine essere piacevolmente colpiti dall’esperienza vissuta (la ben nota piramide della Customer Experience – approfondisci qui).

È l’esperienza dello shopping. Fare shopping soddisfa il nostro piacere di spendere, l’autogratificazione di possedere qualcosa di desiderato ed atteso.

Ma perchè tante volte questa esperienza non si concretizza? Usciamo a mani vuote dai negozi  o dai centri commerciali nei quali ci siamo recati? Perchè qualcuno frustra questa nostra aspettativa. Eppure eravamo partiti con le migliori intenzioni (approfondisci qui).

Molte sono le occasioni per fare “andare storto” qualcosa nelle relazioni di vendita (shopping experience).

Vediamone alcune.

Il primo punto è fare entrare nel punto vendita. Com’è la vetrina? E la porta del negozio è chiusa o aperta? Ci sono scritte o insegne che incuriosiscono e aiutano ad entrare (tipo “entrata libera”, oppure “nuovi arrivi”), o invece che allontanano (“Io non posso entrare” dedicato ai piccoli animali)? Superato il primo scoglio – on/off all’ingresso – si apre la partita. L’ambiente è accogliente? Ci si sente a proprio agio? C’è musica di sottofondo che aiuta all’acquisto oppure è così forteda infastidire? Naturalmente, tutte queste considerazioni vanno fatte in relazione al tipo di target cui ci si rivolge: giovani, famiglie, single e così via. A seconda del tipo di negozio – a libera scelta o con commessi – è necessario rendere facile trovare i prodotti. Qui entrano in gioco tutti gli elementi di store location. E poi ci sono gli aspetti di rapporto umano con i commessi, che possono essere troppo invadenti, oppure un po’ assenti e poco empatici nella relazione personale.

E cosa succede se non si trova taglia o colore di ciò che si cercava? Qui abbiamo sia aspetti hard sia aspetti soft. Aspetti hard sono le procedure di logistica che stanno dietro alla distribuzione, mentre gli aspetti soft sono la rassicurazione che può venire fornita: “Domani in mattinata è previsto l’arrivo di quanto sta cercando!”

Se acquistare è in linea di principio un piacere, non va dimenticato il rovescio della medaglia: la paura di fare un acquisto sbagliato, di buttare via i propri soldi. Una risposta sta nella possibilità di reso, come elemento di rassicurazione. E, infine, abbiamo il momento del pagamento. Quante volte, a causa di code troppo lunghe si abbandona il carrello? Ma la cassa è anche momento di relazione, di possibilità di fidelizzare il cliente con carte sconto e membership, di possibilità di pagare con più mezzi alternativi come ad esempio il contactless oltre ai modi tradizionali.

Il viaggio del cliente è lungo dentro un punto vendita. Forse più lungo di quanto non possa apparire a prima vista.

Per questo, Italian Customer Intelligence ha iniziato un viaggio attraverso i touchpoint, i punti di contatto, tra il retail di brand di diversi settori e il cliente: stupisce quante occasioni di opportunità (ma anche di rischio) ci siano!

Approfondisci qui il Fashion Retail.

Approfondisci qui il Locale di Ristorazione.

Approfondisci qui il Beauty Retail.

ACCESS EXPERIENCE, QUESTA SCONOSCIUTA…

Tempo fa avevamo voluto soffermarci a chiarire la differenza tra Customer Experience e Shopping Experience (leggi qui). L’esigenza nasceva dal fatto che, spesso e volentieri, la prima viene “ridotta” alla seconda che, per quanto possa essere progettata in maniera impeccabile e per quanto possa essere davvero entusiasmante, risulta comunque solo una parte di un viaggio molto più lungo e articolato che il cliente intraprende nell’interazione e nella relazione con un’azienda o con un brand (vedi immagine).

Il Viaggio del Cliente - Forrester Research
Il Viaggio del Cliente – Forrester Research

Un viaggio che ha inizio ben prima dell’effettivo acquisto del prodotto o del servizio, quando il cliente “scopre” e poi “valuta” il brand, fino a prendere la decisione di acquistare un suo prodotto, alla fine della fase, appunto, dell’acquisto. Un viaggio che continua anche dopo l’acquisto, perché il cliente dovrà effettivamente “entrare in possesso” di quanto acquistato per poi utilizzarlo. Dovrà anche tornare a relazionarsi con il brand se durante una delle tappe precedenti qualcosa è andato storto.

È proprio di questa fase di “accesso” del viaggio del cliente che vogliamo parlare oggi. Quella fase estremamente complessa e misteriosa nella quale il cliente, finalmente, entra in possesso del suo acquisto.

Abbiamo recentemente accennato anche alla “Opening Experience” (leggi qui), sottolineando come il packaging di un prodotto, interponendosi in qualche modo tra il cliente e il suo acquisto, ne influenzi l’esperienza creando delle aspettative. Si tratta di uno dei tanti touchpoint che il cliente affronta nella fase di acquisto: il prodotto potrebbe essere un profumo “chiuso” dentro una bella scatolina che veicola la “prima impressione” sulle promesse del brand. Nell’acquisto di un profumo, infatti, spesso non è solo l’esperienza olfattiva che vince, ma anche quella visiva: quante volte vi è capitato, quanto meno, di soffermarvi su un profumo la cui boccetta o la cui scatola vi hanno fatto sognare ancor prima di annusarlo?

Ma il packaging influenza anche la fase successiva del viaggio del cliente, quella, appunto, dell’accesso. Pensate di vedervi arrivare a casa il vostro nuovo prodotto Apple acquistato online. Addirittura, in questo caso, è la prima volta che toccate il “vostro” Iphone. Certo, ne avete visti molti negli AppleStore, o nelle mani dei vostri amici. Ma quello che sta arrivando è il vostro. Anche qui, il packaging è una grossa parte dell’esperienza. Apple lo sa tanto bene da avere un’intera parte dell’azienda dedicata proprio alla sua progettazione.

Ci sono certi prodotti e servizi, soprattutto quelli che hanno a che fare specificatamente con l’identità della persona, come profumi, vestiti e accessori, oggetti di arredamento, un taglio dal parrucchiere, che, dopo la fase di acquisto, rendono la fase di acceso una sorta di riconferma dell’acquisto stesso.

A chi non è mai capitato, dopo l’acquisto di un bel paio di scarpe, di continuare sulla via dello shopping e imbattersi in altre vetrine di negozi di calzature e ammirare altri tipi di scarpe? Oppure di tornare a casa e cercare su internet se ci fosse lo stesso modello a un prezzo più basso? Anche dopo che il paio di scarpe è stato acquistato, è soggetto a una riverifica e a una riconferma della scelta effettuata.

Oppure un bel taglio nuovo: sotto le luci luminose e gli specchi perfetti del parrucchiere, dopo che le sue esperte mani hanno accorciato e colorato qua e là, ci sembra di essere veramente perfetti. Ma quando poi torniamo a casa e ci guardiamo al “nostro” specchio, quello che tutte le mattine sembra non fare altro che ingigantire ogni nostra più piccola imperfezione, siamo ancora così convinti?

Così come per un bel vestito comprato quasi “d’impulso”, attratti dalla perfetta esperienza provata nel negozio. Quando si torna a casa e si riprova il capo, è quello il momento in cui davvero si entra in suo possesso. È quello il momento in cui davvero decidiamo, noi soli davanti allo specchio, lontani da occhi indiscreti, se quel vestito è quello giusto, se davvero ci sta bene, se davvero l’esperienza provata nel camerino è reale.

Questa fase di “passaggio” tra la tappa “acquisto” del viaggio del cliente e la tappa “uso” è la prova del nove che conferma definitivamente che l’acquisto è quello giusto e non deve essere restituito.

È una tappa, come si è detto, estremamente misteriosa, perché l’azienda e il brand molto difficilmente riescono a tracciare e a identificare l’esperienza che il cliente effettivamente prova.

La soluzione? Sicuramente cercare, per quanto possibile, di “rizzare le antenne” in tutti quei touchpoint che in qualche modo sono coinvolti nella tappa: il personale del negozio o del customer service, il packaging, le istruzioni di settaggio di device tecnologici o di montaggio di mobili o oggetti di arredamento, la logistica. Sono tutti piccoli tasselli che possono contribuire a ricavare qualche informazione su come sia davvero andato l’acquisto effettuato nel nostro retail, online o offline che sia.

BUY…BYE BYE!

Customer experience e shopping experience. La tentazione, per l’innata dote che tutti noi abbiamo nel trovar scorciatoie per giungere alla soluzione dei problemi quotidiani, è considerarle sinonimi, due modi di dire la stessa cosa.

Ma non è così! In realtà basterebbe soffermarsi un secondo sopra entrambe le parole per capire che si riferiscono a due tipi di esperienze profondamente diverse.

Shopping: è il momento in cui il cliente scopre il brand perché si imbatte in un punto vendita (nella via della città o nello store digitale), valuta l’offerta e acquista il prodotto/servizio.

Customer: il cliente, colui che, per restare in piedi, avere successo e prosperare nell’era del cliente, siamo tutti chiamati non solo a considerare, ma davvero a mettere al centro della nostra azienda, protagonista di ogni reparto, mansione e ruolo. La Customer Experience (con le iniziali maiuscole perché il successo è garantito solo a chi la offre “superiore”) è l’insieme delle percezioni che il cliente prova in ogni interazione con la nostra azienda. Vi siete mai svegliati dentro un negozio di un brand sconosciuto e iniziato immediatamente a visitarlo e fare acquisti? No, perché la relazione tra brand e cliente inizia ben prima e finisce ben dopo!

Oggi, la tendenza è quella di prestare molta attenzione alla shopping experience: quanti sforzi per farsi scoprire attraverso insegne scintillanti, vetrine impeccabili, banner nei social network e un posizionamento SEO da far invidia ai più grandi marchi mondiali! Quanti sforzi, quante ore di formazione per assicurarci che in tutti i nostri punti vendita il visual, esterno ed interno, sia impeccabile! Tutto corretto, anzi, correttissimo. Questi sono aspetti fondamentali per esistere, nell’era del cliente.

Ma il cliente non smette di pensare al brand con cui ha appena interagito un attimo dopo aver strisciato la carta di credito. No, il cliente pensa al brand anche molto dopo la conclusione della shopping experience. Per questo motivo vanno assolutamente pensate, progettate, misurate e controllate tutte le percezioni che il nostro protagonista, il cliente, potrà provare mentre accede al nostro prodotto, mentre lo usa e quando, prima o poi capiterà a tutti, chiederà assistenza.

bye byeProviamo a immaginare di essere in un’agenzia di viaggi e aver appena comprato, dopo un colloquio illuminante con un’operatrice davvero preparata, un pacchetto per un romantico viaggio per due persone da condividere con la nostra metà. Un viaggio nel Mar Rosso, magari nel periodo di Natale. Immaginiamo di tornare a casa e svelare il regalo alla fortunata o al fortunato cui abbiamo regalato il viaggio. Immaginiamo che questa persona, pur con imbarazzo, confessi di aver visitato il Mar Rosso almeno quattro volte negli ultimi dieci anni e, perché no, vorrebbe godersi un Natale a Parigi. Correremo fiato in gola all’agenzia di viaggi, per cambiare il pacchetto vacanza. Una volta arrivati, lo sgomento! L’agenzia non c’è più, al suo posto solo vetrine chiuse, saracinesche abbassate…

Questa è la sensazione che facciamo provare ai nostri clienti quando non offriamo una Customer Experience superiore, ma curiamo solo la shopping experience.

Come ha detto Kerry Bodine al meeting “Outside In Telligence” lo scorso 20 Novembre a Milano, molto spesso quello che le aziende fanno ai propri clienti si può tradurre in questa cinica sentenza: caro cliente… “BUY…BYE BYE!”.

BUY… BYE! BYE!

Customer experience and shopping experience. The temptation, due to the natural tendency of all human beings to adopt shortcomings in order to find solutions to everyday problems, is to consider those two terms as synonyms, two alternative ways to describe the same entity.

But it is not! Actually, it’s sufficient to stop just one second on those two words to understand that they refer to completely different types of experiences.

Shopping: it’s the moment in which the customer discovers the brand because he encounters a point of sale (close to the street where he lives or online), he evaluates the offer and she purchases the product or the service.

Customer: the client, the center of our company, the protagonist of all departments, jobs and roles. In the Age of the Customer we are all called to consider this human being the center of our business in order to survive and boost our performance. The Customer Experience (with capital letters since success is granted only to those entities that offer an “ultimate” experience) is the combination of perceptions that the client feels each time he relates to our company. Have you ever woken up in an unknown store and started to visit the facility and purchase something right after? No, since the relationship between brand and customer starts long time before the purchase and finishes later!

Today, the trend is to focus substantially on the shopping experience: how much effort to catch the attention of buyers with shining stores’ signs, impeccable shop windows, banners on social networks and SEO strategies that compete with the best brands in the world! How much effort, how many hours of training to be sure that internal and external visuals of our points of sale are smooth and flawless!  Everything is correct, very correct. In the Age of the Customer, those are important elements to survive on the market.

However, the customer does not stop to think about the brand he interacted with few seconds after he swiped the credit card. No, the client keeps on thinking about the brand even long time after he concludes his shopping experience. For this reason, it’s very important to consider, design, measure and control all perceptions that our protagonist, the client, might fell while he enters in contact with our product, while he uses it and when, sooner or later, he will ask for assistance.

Let’s pretend to be in a travel agency, we have just purchased, after an enlightening conversation with an experienced operator, a romantic tour for two people to share with our love. Specifically, a tour in the Red Sea during Christmas holidays. Let’s imagine to go back at home and reveal the surprise to our better half. Let’s imagine that this person confesses, with some embarrassment, that she has already visited the Red Sea four times in the last years and she would like to spend Christmas break in Paris. We would run back to the travel agency in order to change the tour. By the time you get there, you realize with consternation that the travel agency is not there anymore, everything is shut down.

This is the sensation our clients feel when we do not offer a superior Customer Experience but we take care of the shopping experience alone.

As Kerry Bodine stated during the meeting “Outside In Telligence” in Milan, what most companies do to their clients can be summarized with this cynic sentence: my dear customer… “BUY…BYE BYE!”.

I BEACONS RIVOLUZIONERANNO LA CUSTOMER EXPERIENCE…E VOI SIETE PRONTI?

Sempre più digital. Sempre più mobile. Queste sono le sfide del futuro per le aziende, soprattutto per quelle appartenenti al mondo retail.
L’evoluzione tecnologica, sempre più innovativa, più fruibile e volta a semplificare sensibilmente la vita di ognuno di noi, sta portando necessariamente le aziende a cambiare il paradigma delle logiche di mercato che ha governato per decenni il mondo retail: i consumatori sono sempre più esigenti e consapevoli e le aziende, per non soccombere, non possono far altro che adattarsi e aggiornarsi alla nuova realtà.
estimoteLa tecnologia non è più un argomento da “nerd”, ma è di uso comune e la sfida la vincerà chi riuscirà a “sfruttarla” in favore di una customer experience che sia innovativa e in grado di realizzare una realtà dove mondo fisico e mondo digitale si intrecciano in un unico grande ecosistema.

Beacons: un’opportunità per le aziende

I Beacons sono un’ottima opportunità per creare il link tra i due mondi, quello fisico e quello digitale sopracitati, e c’è da scommetterci che questi dispositivi rivoluzioneranno per sempre la modalità di acquisto e la customer experience nel mondo retail.

Walmart e Macy, il colosso Mattel con La Scatola dei Giocattoli, l’aeroporto di Heathrow a Londra, il Rubens Art Museum e l’italianissimo Palazzo Farnese a Piacenza, la Barclays Bank e molti altri sono solo un esempio dell’attenzione rivolta a questi piccoli e stravolgenti dispositivi.

cosa sono i Beacons?

I Beacons (in inglese “faro”) sono dei piccoli sensori da applicare su pareti o su qualsiasi superficie, in grado di trasmettere messaggi a smartphone e tablet che si trovino nelle vicinanze (hanno un raggio di interazione fino a 70m), a patto che questi abbiano attivato il BTW (Bluetooth Low Energy) e installato un’apposita applicazione.

Come anticipato da questo video, non è difficile immaginare il potenziale di questa tecnologia: le aziende potranno mandare qualunque tipologia di messaggio: comunicazioni, promozioni, sconti nei negozi e migliorare fortemente non solo l’esperienza di acquisto dei clienti, ma tutta la customer experience.
Grazie ai Beacons infatti le aziende potranno mettere davvero il cliente al centro di ogni loro attività: potranno sapere esattamente in che negozio si trovano in un preciso momento, quanto si fermano in una zona piuttosto che in un’altra e creare touchpoints personalizzati per ogni cliente a seconda dei suoi passi all’interno del punto vendita o addirittura potranno guidarli nell’acquisto in base all’età, sesso, precedenti acquisti e gusti personali. Una rivoluzione!

53397-beacon_teaser1Ovviamente questo comporterà per le aziende la ricezione di una tale mole di dati, il cui utilizzo efficace e intelligente determinerà il successo o meno dei beacons: evitare l’overload di notifiche push (ovvero il sovraccarico di avvisi che le applicazioni inviano alla schermata iniziale di un dispositivo mobile), che spesso porta all’effetto contrario e sfruttare la grande opportunità di poter trasmettere un messaggio forte e importante al cliente: che è al centro della nostra attività.

CUSTOMER EXPERIENCE: BREVE GUIDA PER NON CONFONDERSI

Anche nelle migliori aziende a volte il concetto di “customer experience” viene equivocato. O ridotto. C’è chi lo confonde (o lo relega) con la shopping experience (come abbiamo già visto qui), c’è chi pensa che abbia a che fare con la nozione stretta di marketing, intesa come l’arte di vendere bene e con argomenti sempre più affascinanti il proprio prodotto… Ma la customer experience è molto di più.

Per capirlo meglio, seguiamo il suggerimento di Kerry Bodine in Outside In, il best seller pubblicato dalla Forrester Research che insegna l’importanza di mettere davvero il cliente al centro della nostra organizzazione. Partiamo quindi dal dire cosa NON è la customer experience.

Customer experience: che cosa non è

Abbiamo detto che non è la shopping experience. Sarebbe troppo riduttivo, per quanto l’esperienza del cliente nel nostro negozio possa essere superba. E non è nemmeno il customer service, che in genere viene contattato quando c’è qualche problema. Anche in questo caso, per quanto possa essere efficiente e risolutivo, rimane comunque riduttivo. Non si tratta nemmeno dell’usabilità… Aziende come la Apple o Google hanno fatto del concetto di “user friendly” la caratteristica fondamentale dei loro prodotti e servizi. Ma non è comunque sufficiente. Non è neanche “customer marketing”, inteso come attività di comunicazione e promozione per attirare clienti nuovi o per mantenere i vecchi.

Tutti questi fattori – e tanti altri – tutti insieme, costituiscono la customer experience, “l’unico fattore veramente importante per il successo di un business”, per dirla con le parole di Don Peppers e Martha Rogers nel loro “Return on Customer”.

customer experience: che cosa è

La customer experience è “il modo in cui i clienti percepiscono l’interazione con la vostra azienda”. L’insieme di tutte queste interazioni (chiamate anche “touch point”) costituiscono le tappe del “viaggio del cliente”, sintetizzabile nell’immagine sotto.

Viaggio del cliente
Fonte: K.Bodine, H.Manning – “Clienti al centro” – Forrester Research.

Sintetizzabile, perché in realtà i touch point nei quali il cliente si relaziona e quindi matura giudizi su un prodotto o un brand sono moltissimi, spesso trascurati dall’azienda e molte volte anche sconosciuti (leggi qui). Per questo è fondamentale riconoscerli tutti e analizzarli, in modo da poter preparare in ognuno di essi una customer experience che davvero soddisfi il cliente che ci passa.

Italian Customer Intelligence ti aiuta a tracciare il viaggio dei tuoi clienti nella relazione con la tua azienda, per scoprire quale sia la loro esperienza attuale e per potergli così offrire una customer experience davvero superiore. Scrivi a info@italiancustomerintelligence.it

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