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IL LIMITE È LA PROSSIMITÀ DELL’OLTRE /6: Project Milestone & RAMPT (NASA)

La tecnologia 3D: tra la Terra e lo spazio

Nei Paesi Bassi hanno iniziato a costruire case in cemento stampato in 3D. Si tratta del primo progetto edile al mondo basato interamente sulla stampa 3D. L’hanno intitolato “Milestone”: proprio per indicare la portata storica di tale innovazione, che modifica in modo significativo la concezione dell’attuale sistema di sviluppo di un cantiere.

Il progetto unisce diverse esigenze, dalla necessità di ridurre i costi (che per ora possono essere relativamente alti, ma che potranno diminuire notevolmente considerando il taglio delle tempistiche di costruzione), al progresso della tecnologia, dallo sviluppo del design, fino all’attenzione per la sostenibilità… insomma tutti vorranno, prima o poi, una casa costruita in 3D. La qualità e l’efficienza hanno destato una particolare attenzione da parte del pubblico, sempre più interessato alla riduzione dell’impatto ambientale che tale metodo di costruzione garantisce.

La sfida ambiziosa è quella di poter realizzare le case utilizzando un macchinario che stamperà i pezzi con l’uso della tecnologia 3D direttamente nella location individuata.

A pensare al disegno di tali case ci hanno pensato due architetti dalla visione futuristica: Houben e Van Mierlo. Così, il loro ingegno ha permesso di generare un dialogo tra ammassi di cemento e luoghi pieni di natura e verde: ciò che osserviamo è una perfetta integrazione con l’armonia della natura che accoglie le costruzioni artificiali come massi poggiati sulla terra.

Ma dalla Terra vogliamo ripartire per raccontare come la stampa 3D stia cercando di oltrepassare anche i limiti dell’atmosfera, raggiungendo perfino lo spazio.

Infatti, gli ingegneri della NASA hanno iniziato a produrre parti di razzi da lanciare nello spazio utilizzando la stampa 3D per le future missioni sulla Luna e Marte…

Il progetto Rapid and Analysis Manufacturing Propulsion Technology (RAMPT) ha permesso di diminuire notevolmente i costi di produzione, rendendo possibile anche una maggiore qualità ed efficienza, poiché la produzione a stampa 3D garantisce una grande precisione nella produzione delle diverse componenti che vengono progettati in minor tempo.

I pezzi prodotti in 3D erano tra le parti più costose dei motori dei razzi, poiché richiedevano un tempo molto lungo per la fabbricazione. La riduzione di tali costi diventa un’opportunità per poter concentrare le risorse su altre ricerche. Si tratta di un progresso per l’industria aerospaziale con delle ricadute future importanti anche nelle nostre imprese.

Il progetto RAMPT è una partnership tra la NASA e la Auburn University in Alabama, ma chissà quante altre innovazioni stanno superando limiti che ci sembravano invalicabili. Vedremo quali altri confini lontani riuscirà a raggiungere la tecnologia 3D.

Saremo pronti a coglierne gli sviluppi nel prossimo futuro che, in parte, abbiamo iniziato già a sperimentare.

IL LIMITE È LA PROSSIMITÀ DELL’OLTRE /3: NIKE

Andare oltre è uno stile di vita, ma come si fa? Ce lo insegnano le mamme

Le donne straordinarie, quelle che, mentre sta fiorendo nel loro grembo una nuova vita, devono pensare al plurale. Sono loro che, coltivando un oltre dentro il proprio corpo, non temono situazioni impegnative, superando i limiti più disparati.

Sì, perché non è affatto semplice. Si affrontano preoccupazioni, fatiche, stress, mentre il fisico inizia un mutamento tanto bello quanto estremo.

Anche Chiara Ferragni scrive, con ammirazione ed ironia, un commento sul profilo Instagram della modella Emily Ratajkowski: “Ragazza come puoi avere quel corpo dopo un bambino?”… dopo aver affrontato la gravidanza, mentre la prima sta per mettere al mondo Vittoria, la seconda figlia. Sì, in tale frase, seppur banale, si cela l’esorcizzazione della fatica che si deve affrontare, in tutta la sua complessità.

Ma Nike ci ricorda che cosa spinge le mamme “oltre”… sono loro, le atlete più toste: “The Toughest Athletes”. Una carrellata di immagini avvincenti e commoventi ci racconta come la nascita di un figlio possa accendere un motore potentissimo. È proprio vero che quando facciamo qualcosa, avendo in mente qualcuno a cui vogliamo bene, non ci ferma più nessuno, saremmo capaci di qualsiasi cosa.

Così, una mamma sarebbe in grado di correre i 100 metri, scalare una montagna, affrontare qualcuno sul ring… senza la preoccupazione della fatica, ma ricaricata dal “per chi lo sta facendo”… lo fa e basta: “just do it!”.

Allo stesso modo i limiti che incontriamo, gli ostacoli che ci bloccano – e che non ci fanno raggiungere immediatamente il cliente proprio come vorremmo – si affrontano con il “Just do it” di Nike, avendo in mente la tenacia delle mamme che ci ricordano come si affrontano gli ostacoli: “facciamolo e basta!”.

PREPARARSI AL MEGLIO

Il meglio arriva all’improvviso… 3 consigli! 

 

Il meglio arriva all’improvviso: non dobbiamo farci cogliere impreparati! Il “meglio”, infatti, potrebbe avvenire in fretta: quando anche solo la percezione del “finimondo” lascerà il posto a un inizio di azzurro, ci sarà voglia (e possibilità!) di riprendere a vivere, sorridere, incontrare, viaggiare e… spendere! (secondo i dati Abi le giacenze dei conti correnti degli italiani sono aumentate nell’ultimo anno, come reazione alla paura delle conseguenze della pandemia, di 200 miliardi, raggiungendo i 1746 miliardi di euro).

Tutto questo processo avverrà molto rapidamente: come prepararsi al meglio? 

 

 

1. THE NEW BLACK IS: ANDARE OLTRE…

Il nero va con tutto… e tutti, ora, vogliamo andare… oltre! Di certo vogliamo andare oltre la pandemia, ma non solo. Vogliono andare oltre innanzitutto i nostri clienti, che danno per scontato tutto quello che abbiamo fino ad ora costruito per loro e cercano qualcosa che vada oltre, qualcosa di speciale, di davvero entusiasmante e, forse, proprio di nuovo!

Abbiamo sempre più l’impressione che fare il massimo… non sia abbastanza! I dati che i clienti hanno sempre lasciato, nel loro customer journey all’interno della nostra impresa, non spiegano adeguatamente gli occhiali nuovi con i quali essi ora ci guardano e ci valutano; e del resto, comprendiamo bene che non possiamo guardare al passato come totalmente istruttivo per il futuro che, con trepidazione e speranza, stiamo preparando.

Una volta, a fronte di grandi cambiamenti, le imprese grandi e piccole si fermavano un poco per rinnovare la propria mission e precisare la propria identità rispondendo alla – mai definita una volta per tutte – domanda chi siamo e dove vogliamo arrivare: ora, perfino questo metodo ci sembra “vecchio”, c’è sempre un oltre che il nostro cliente cerca! 

Abbiamo scritto nostro in corsivetto perché, se abbiamo ben compreso che il futuro ha a che fare con la dimensione della sostenibilità e delle tecnologie digitali, come dicono tutti gli studi più autorevoli, nessuno di essi parla del futuro e dei desideri dei nostri clienti: questo dobbiamo comprenderlo noi da soli, non esistono i clienti o i consumatori, esistono i nostri clienti, i nostri consumatori… che chiedono sempre più un oltre. Qual è l’oltre? In questa risposta, che è unica e originale per ciascuna delle nostre imprese, si trova la nostra opportunità.

 

 

2. IL (nostro) LIMITE È LA PROSSIMITÀ DELL’OLTRE CHE CERCHIAMO   

Non c’è nulla di più vicino all’oltre che cerca il nostro cliente (e che cerchiamo noi stessi perché esso coincide con l’opportunità) del nostro limite. Il limite del nostro prodotto, quello del nostro servizio, quello del nostro processo operativo, quello del nostro marketing… quello del nostro team di lavoro fino al limite personale di ciascuno di noi: nulla è più vicino, più prossimo, all’oltre che cerchiamo, del nostro limite! 

Bisogna saper definire bene questi nostri limiti e bisogna imparare a guardarli con… amicizia, da leader vincenti: a partire da alcuni di essi si troverà l’oltre che (ri)conquista il nostro cliente! Di solito, siamo tutti quanti abituati a non affrontare i nostri limiti, preferendo darli per ineluttabili e inevitabili, e cercando di “aggirarli” con scaltrezza, ma raramente proviamo a superarli e ad andar oltre.

Soprattutto, il vero problema è che siamo abituati a guardare i limiti della nostra impresa coi nostri occhi e con i nostri “mal di pancia”, e non invece con quelli del cliente! Occorre che i nostri limiti emergano in tutta la loro “ruvidezza” e senza sconti: la ricerca dei nostri limiti deve essere una festa, e non un funerale, perché il limite è la cosa più vicina all’oltre che cerchiamo, quindi… frequentiamo gioiosi il nostro limite per superarlo.

 

 

3. UNA VERA COMUNITA’ “MISTA” COI NOSTRI CLIENTI

C’è un limite che ci riguarda (quasi) tutti, c’è un confine da superare per tutti: è il limite che segna la separazione fra la nostra azienda e i nostri clienti. In realtà, questo limite non è mai un confine chiuso, lo tengono aperto coloro che, nelle nostre imprese, si occupano di vendere. Ma lo tengono aperto con chi fra i clienti (nel b2b) e quanto oltre la vendita (nel b2c)?

Abbiamo solo l’illusione di avere i confini davvero aperti, mentre in realtà abbiamo barriere potentissime. Ma i clienti fanno parte delle nostre comunità aziendali? I nostri collaboratori “vivono”, frequentano, conoscono nel day-by-day i clienti per cui lavorano? La risposta, duole darla, è: No! Questo è il primo limite da abbattere! Occorre costruire una community con clienti e dipendenti insieme, perché se non vivi insieme al tuo cliente non comprenderai davvero i suoi bisogni e i suoi desideri mentre essi si formano in presa diretta, e questa convivenza è necessario che sia diretta ed estesa a tutta l’azienda, perché ogni parte di essa possa coglierne l’oltre da offrire al cliente o il limite che gli fa vivere! 

Non è un caso che inizi ad emergere una figura, quella del community manager, che spesso viene dedicata esclusivamente alla facilitazione di queste comunità clienti e dipendenti!

I noi dell’azienda e i voi clienti non funziona per chi ha la necessità di immedesimarsi col cliente, vivere la sua vita, cogliere con tempestività l’emergere di nuove declinazioni di bisogni e desideri per reagire prontamente e non rincorrere. Ecco allora il desiderio di creare una comunità o una “community” dipendenti–clienti tutti insieme: anche per permettere ad ogni parte dell’azienda di comprendere “in diretta” il proprio possibile contributo all’innovazione. E’ qui che la modalità social ci trae in inganno!

Le “community” sui social hanno la logica “leader-follower”, o se preferite, “influencer-follower”: attorno ad una personalità si radunano spesso migliaia di follower dando l’illusione di aver costruito una vera e propria comunità. Questo però non è vero! Tali gruppi sono spesso evanescenti alla prova delle conversioni, quando si chiede l’adesione ad un prodotto piuttosto che ad un evento. Le vere comunità miste fra clienti e collaboratori sono uno dei nuovi, apprezzati e produttivi, oltre.

Davvero the new black is: andare oltre, quasi un life-style per i protagonisti delle nostre imprese.

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