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SCHULTZ AI DIPENDENTI: “DOBBIAMO REINVENTARE STARBUCKS”

STARBUCKS: HOWARD SCHULTZ DI NUOVO IN CAMPO

Da anni seguo con vivo interesse le vicende di Starbucks, vero paragone e confronto per chiunque si occupi di Customer Experience nei business consumer proposti da catene. È l’attenzione che giustamente si deve dare a chi è stato antesignano e apripista per centinaia di catene che, sulla scia delle intuizioni di Howard Schultz, hanno trasformato il concetto stesso di breakfast, lunch e dinner in molte parti del pianeta. Proprio il paragone, l’emulazione e la competizione con Starbucks hanno dato l’ispirazione per il mio esordio come consulente – qualche anno fa –  di alcune catene di food grazie alla fortunata pubblicazione di “Aspettando Starbucks” (clicca qui) che ho scritto insieme a Gabriele Mancosu a cui ha fatto seguito “La Trimestrale del cliente” (clicca qui) redatta insieme a Valentina Romagnoni.

Per non parlare degli anni in cui Starbucks è stato costantemente primo in classifica nella misurazione del Net Promoter Score, rilevato in decine di migliaia di store annualmente e ormai diventato non solo l’indice che misura il passaparola entusiasta che i clienti sono disponibili a fare per un’insegna, ma un indicatore che misura lo stato di salute generale che i clienti attribuiscono a un brand.

Sono poi venuti, anche prima della pandemia, tempi difficili, o per lo meno più difficili, anche per Starbucks: si sono diradati perfino gli idilliaci racconti che dicevano di un Howard Schultz che – ritiratosi da ogni incarico operativo – si era ritagliato il ruolo di saggio tutor della sua creatura, intento soprattutto a incoraggiare e consigliare quasi “dall’esterno”. Non c’è gioia più grande, per un autentico fondatore come Schultz, di vedere la propria creatura andare avanti senza di lui e… meglio di quando c’era lui. Gioia assaporata per pochi anni, visto che Howard si è visto costretto a scendere di nuovo in campo.

4 principi per guidare la reinvenzione

Ad aprile di quest’anno, infatti, con una lettera ai dipendenti, Schultz ha annunciato di aver preso nuovamente in mano le redini dell’azienda perché le cose cosi… non andavano più bene: “Oggi ci troviamo in una posizione in cui dobbiamo modernizzare e trasformare l’esperienza Starbucks nei nostri negozi e ricreare un ambiente che sia rilevante, accogliente e sicuro, e in cui ci eleviamo gli uni gli altri con dignità, rispetto e gentilezza”. La lettera si chiude a chiare lettere: “Dobbiamo reinventare Starbucks per il futuro“.

Invece che gestire la situazione, intervenire sull’ottimizzazione dei costi e ridefinire il proprio perimetro, il fondatore parla con coraggio di “reinventare Starbuks”. Come? Schulz anche in questo caso è molto chiaro e indica la via ai dipendenti, prima che ad altri.

Continua infatti nella lettera “a tutti” indicando i 4 principi che dovranno guidare la “reinvenzione”:

  • Sicurezza, accoglienza e gentilezza per gli store
  • Avanzamento e opportunità per i dipendenti
  • Benessere della comunità aziendale
  • Potere condiviso, responsabilità condivisa, successo condiviso.

Abbiamo costruito questa azienda sul potere delle idee e della voce dei partner“, ha scritto ancora Schultz. “La reinvenzione deve liberare ancora più profondamente il potere dentro ognuno di noi, condividere più autenticamente la responsabilità nella costruzione di un futuro condiviso e dare dei vantaggi a tutti noi quando l’azienda avrà successo. Miriamo ad essere un tipo di azienda completamente nuovo nel nostro settore, stabilendo un nuovo standard“.

In una comunicazione a parte, ma che segue di poco questa comunicazione, Starbucks informa anche che investe 1 miliardo di dollari in nuovi aumenti salariali, formazione dei dipendenti e innovazione degli store.

What’s Next…

Nel frattempo, la scorsa settimana, Schultz ha annunciato che dal 1 aprile 2023 ci sarà un nuovo CEO: Laxman Narasimhan. Entrerà in azienda l’1 ottobre e, fino alla sua nomina, vivrà con Schultz che si occuperà direttamente e personalmente di introdurlo ai team di gestione, ai dipendenti e ai clienti: vivrà una full immersion nel brand e nella cultura aziendale oltre che, naturalmente, implementerà il piano di “reinvenzione”.

In precedenza, Narasimhan ha ricoperto vari ruoli di leadership in PepsiCo, tra cui quello di Global Chief Commercial Officer, dove era responsabile della strategia a lungo termine e delle capacità digitali dell’azienda. In precedenza, è stato senior partner di McKinsey.

Schultz ha continuato: “Poiché ho avuto l’opportunità di conoscerlo, è diventato chiaro che condivide la nostra passione di investire nell’umanità e nel nostro impegno nei confronti dei nostri partner, dei nostri clienti e della comunità. Le prospettive che porterà saranno una risorsa forte per questa nuova era di maggiore benessere che vogliamo costruire“.

In fondo è un incoraggiamento per tutti i player: Starbucks non lascia…raddoppia!

LA RELAZIONE TRA NET PROMOTER SCORE E CX INDEX

Il Net Promoter Score (NPS – clicca qui) è certamente un eccellente rilevatore del livello di Customer Experience offerto ai clienti. La leva che più influenza il Net Promoter Score, infatti, è proprio la Customer Experience ed è stata provata la stretta relazione fra NPS e CX Index.

Inevitabilmente, tale relazione è tanto più clamorosa quanto più, nel lavoro del Customer Experience Office, si interviene sui touchpoint a elevato impatto per il cliente.

È, quindi, interesse di ogni brand costruirsi un Customer Experience Index interno proprio per monitorare i risultati dei cambiamenti “ad alto impatto” proposti all’esperienza concreta del cliente nel suo Customer Journey.

Il Customer Experience Index misura, infatti, l’esperienza del cliente all’interno di tre grandi “cluster” di valutazione (Harley Manning, Outside In): quanto l’esperienza con il brand ha risposto pertinentemente al bisogno del cliente, quanto “facile” è stato accedere e utilizzare l’offerta proposta e quanto “piacevole” è stata la relazione con il brand “mentre” tutto questo avveniva.

All’interno di questi tre cluster, certamente, ogni brand sa bene quali sono i fattori che impattano maggiormente sulla Customer Experience ed è proprio per questo che è utile costruire indici di brand anche come “direzione” da imprimere all’ecosistema aziendale.

Il tutto a vantaggio del “passaparola”, apice di una Customer Experience memorabile.

IL CLIENTE AL CENTRO CON IL CUSTOMER ADVISORY BOARD

Alcune delle più grandi aziende a livello globale (tra le altre, Oracle, Wells Fargo, Adobe, Cisco, IBM, Intel, AT&T) utilizzano una modalità ben precisa per parlare con i propri clienti, facilmente replicabile anche in aziende più piccole, sia B2B che B2C. Si tratta di uno strumento solitamente utilizzato all’interno dei Customer Experience Office (approfondisci qui): si chiama “Customer Advisory Board” (CAB), una riunione, regolare o straordinaria, che coinvolge un ristretto gruppo di clienti influenti nella creazione della strategia aziendale. Gli argomenti possono riguardare specifici prodotti o l’esperienza generale vissuta con il brand o l’azienda.

Si tratta di veri e propri focus group che – se ben strutturati – danno all’azienda una grandissima opportunità di ascolto delle esigenze, dei suggerimenti e delle critiche dei clienti più affezionati.

Nell’Era del Cliente e della Customer Experience, dove diventa imperativo non più considerare il cliente secondo generici cluster, ma avere come primo obiettivo la sua esperienza concreta con l’azienda o con il brand, diventa fondamentale costruire relazioni sempre più profonde con i clienti.

Tra le altre opportunità di istituire all’interno della propria azienda e del proprio Customer Experience Office un Customer Advisory Board, ricordiamo:

  • Ricevere avvisi tempestivi circa i cambiamenti delle esigenze dei clienti o su opportunità;
  • Ricevere feedback sullo sviluppo di nuovi prodotti o servizi;
  • Ridurre situazioni di insoddisfazione del cliente legati a eventi straordinari;
  • Effettuare attività di intelligence su tattiche e strategie dei competitor.

Un Customer Advisory Board permette – da una parte – di far sentire il cliente parte integrante e attiva dell’azienda o del brand con il quale fa (così volentieri!) affari. Dall’altra, permette all’azienda di avere un quadro più completo e dettagliato della voce dei suoi clienti, integrando i freddi – anche se sempre utili – feedback arrivati da blog, email, social media o interviste.

Insomma, una soluzione estremamente efficiente per restare con i piedi ben saldi nell’Era del Cliente!

SKY ITALIA: 4,7 MILIONI DI CLIENTI AL CENTRO CON IL NET PROMOTER SCORE

skylogoÈ il Net Promoter Score lo strumento di monitoraggio della Customer Experience utilizzato da Sky Italia, la piattaforma satellitare nata nel 2003 dalla fusione di Stream e Telepiù.

Da quando, a cavallo tra il 2011 e il 2012, Sky avverte la necessità di seguire e conoscere sempre di più i propri abbonati, il Net Promoter Score, l’indice internazionalmente riconosciuto che misura il tasso di passaparola positivo che un brand è in grado di generare, è diventato il mezzo per ascoltare la voce del cliente.

Monitorare costantemente l’andamento del NPS sia a livello relazionale che transazionale (ossia dopo una specifica interazione tra l’azienda e il cliente, come per esempio una chiamata al call center), consente a Sky di misurare la Customer Experience  e di agire su specifiche aree per migliorare costantemente il servizio lungo tutto il viaggio del cliente.

Viaggio del cliente che è sapientemente mappato dalla Direzione Customer Experience dell’azienda che valuta i suoi obiettivi rispetto a quelle che sono le aspettative del cliente, soprattutto in quei touchpoint che sono considerati strategici per il business, come, per esempio, il Customer Care e i servizi di installazione e post vendita.

Report, presentazioni, progetti, focal point nelle varie Direzioni aziendali e meeting di Governance sono l’occasione per condividere con tutto l’ecosistema i risultati di ogni singolo dipartimento e per ricordare che tutti, indipendentemente dal ruolo e dal contatto diretto con il cliente, sono coinvolti e partecipi nella progettazione dell’esperienza degli oltre 4,7 milioni di abbonati.

fattura skyIn questo senso, Martina Sammaria, Customer Experience Specialist dell’azienda, ci racconta di come un minisito intranet e una newsletter aziendale tengano aggiornati tutti i dipendenti sull’andamento del Net Promoter Score, sugli sviluppi nella mappatura del viaggio del cliente e su iniziative reali e concrete che le singole Direzioni mettono in atto in ottica cliente-centrica. Un esempio su tutti, il progetto che ha visto la collaborazione delle direzioni Finance, Marketing & Sales e Customer Care e che ha permesso di semplificare la lettura della fattura: un motore di ricerca permette di comprendere il significato delle principali voci fatturate ed è stato creato inoltre un leaflet dedicato ai nuovi clienti, recapitato a casa insieme alla prima fattura, per spiegare loro nel dettaglio come leggere le fatture Sky. E se questo ancora non basta, un video-tutorial accessibile dalla sezione Assistenza di Sky.it fornisce indicazioni chiare e precise per non perdere nessun dettaglio o informazione amministrativa importante (guarda qui il video).

sky hallPer coinvolgere al massimo i suoi dipendenti nella consapevolezza di essere protagonisti della creazione di un’esperienza piacevole per i clienti, a fine 2015, Sky ha attivato un importante progetto di comunicazione interna diffuso nelle tre sedi aziendali (Milano, Roma e Cagliari). Con lo slogan “La felicità del cliente dipende anche da te”, video, videowall, poster e banner ricordano, come un ritornello, l’impegno che ciascuno deve sempre avere nei confronti degli abbonati. A sostegno della campagna sono stati scelti otto “volti noti” degli schermi Sky, idealmente i “più vicini” agli spettatori: Anna Billò, Marco Cattaneo, Alessandro Costacurta e Guido Meda, protagonisti dei canali sportivi, da una parte, Bruno Barbieri, Alessandro Cattelan, Stefania Pinna e Fortunato Cerlino, star dei canali di informazione e intrattenimento, dall’altra. Insieme a loro, 73 dipendenti sono stati ripresi all’interno di 12 location nel racconto di 8 case history con lo scopo di ispirare un lavoro che continui a mettere sempre di più il cliente al centro.

Il contributo e l’impegno di ogni dipendente per un costante miglioramento, quindi, sono fondamentali per Sky che, sì, punta a una programmazione ricca e di qualità, ma anche, e soprattutto, a una relazione vicina e concreta con il suo cliente più affezionato (il promoter) che è in grado di indicargli quelle aree di miglioramento all’interno delle quali la sua esperienza può diventare davvero indimenticabile, risultando in un passaparola virtuoso, nell’aumento della fedeltà e in operazioni di business come, ad esempio, di up-selling e cross-selling.

IL MARKETING SECONDO STAN PHELPS

                         Se create una grande Customer Experience, i consumatori se la racconteranno l’un l’altro. Il passaparola è molto potente.

Jeff Bezos

Stan Phelps è l’autore di “What’s your purple Goldfish – 12 ways to win customers and influence word of mouth” e la sua teoria è che i Clienti si possano conquistare o, meglio si possano “incollare” al proprio brand attraverso dei “piccoli extra inaspettati” (che lui chiama GLUE – Giving Little Unexpected Extra) che suscitino l’entusiasmo dei clienti che, per parte loro, non vedranno l’ora di raccontare la loro esperienza ad amici e colleghi (ne abbiamo scritto qui).

Ora, il passaparola, il word of mouth, come viene chiamato negli Stati Uniti, con la sua significativa abbreviazione WOM (che sembra quasi WOW!), è quello che Phelps ritiene essere il miglior strumento di marketing, ben superiore, per efficacia, all’adveritising, alla sponsorship e alle public relation.

Vediamo nel dettaglio perché.

L’advertising tradizionale, sia esso online od offline, è un dialogo a senso unico, decisamente di parte, che veste il prodotto o il servizio con il suo abito migliore, mostrandolo nella sua forma più smagliante. Infondo, è difficile che un’azienda o un brand “diffondano” di proposito i propri punti deboli o le proprie “storpiature”. L’intenzione è quella di attirare l’attenzione del consumatore.

La sponsorship invece è quella forma di marketing che lavora sul concetto di “affinità” o di “associazione”. In questo caso, il brand si associa a una seconda parte, con l’intenzione, anche in questo caso, di catturare l’attenzione del consumatore sfruttando e intercettando le sue passioni.

Le PR sono un processo proattivo che regola il flusso di informazioni tra il brand e il suo pubblico. L’esposizione del brand nei confronti del suo pubblico avviene attraverso terze parti, soprattutto attraverso media mainstream. Il coinvolgimento di queste terze parti, generalmente, veicola maggior credibilità al messaggio.

Infine, il passaparola, ovvero l’informazione di un consumatore passata a un altro consumatore. O meglio, il racconto di un’esperienza di un consumatore confidata a un altro consumatore. Un consumatore che si fa “ambasciatore” di un prodotto, un servizio o, più genericamente, di un brand, presso un altro consumatore, garantendone personalmente il valore. In questo caso, il focus non è mai su una caratteristica specifica del prodotto, del servizio o del brand, né su una sua funzione o un suo vantaggio particolare. Quando un consumatore raccomanda qualcosa ad amici o colleghi, il soggetto del consiglio è “l’intera esperienza” che si può ottenere adottando quella soluzione.

L’effetto esteso che ha il passaparola era già stato ben rappresentato negli anni Ottanta dalla bella protagonista dello spot dello shampoo naturale Fabergé che ci racconta di aver raccontato del suo shampoo a due amiche, che hanno fatto lo stesso a loro volta, e così via..

Ovviamente, internet e i social media hanno elevato il livello dell’effetto che può avere un passaparola.

La bella notizia è che oggi questo passaparola generato dai clienti più soddisfatti (chiamati anche “promoter”) si può tracciare e quantificare. Attraverso un indice internazionalmente riconosciuto (il Net Promoter Score), comparabile con le medie di settore, il passaparola diventa strumento efficace per misurare lo stato di salute di un brand.

Italian Customer Intelligence ti aiuta a misurare quanto passaparola genera il tuo brand: scrivi a info@italiancustomerintelligence.it

MORTON’S E QUEL TWEET CHE STA FACENDO IL GIRO DEL MONDO

Questa storia non è recentissima, ma da mesi continua a rimbalzare da un sito all’altro, facendo il giro del mondo. Vediamo subito che cosa è successo di così straordinario (o terribile!)..

Peter una mattina deve andare da New York a Tampa, in Florida, per un pranzo di lavoro. Negli Stati Uniti, si sa, le distanze non sono esattamente quelle che ci sono in Italia. Il programma di Peter per quella giornata, per niente inusuale per un businessman americano è: sveglia alle 3.30 di mattina, aereo alle 7, 2ore e mezza di volo, un’altra ora di viaggio in auto, tre ore seduto a tavola dove, tra un boccone e l’altro, si lavora, rientro in aeroporto, aereo di ritorno alle 17, arrivo previsto a Newark alle 20, e rientro a casa non prima delle 21.

La preoccupazione di Peter, amante appassionato del cibo e, in particolare, delle steakhouse, è proprio quella di rientrare a casa senza avere la possibilità di procurarsi una cena adeguata.

Ancor più che appassionato delle steakhouse in generale, Peter adora Morton’s, una catena americana di bracerie con più di 75 locali in tutto il mondo. Morton’s non è una steakhouse qualunque: l’azienda ha un formidabile Customer Relation Management che sa perfettamente che Peter è un cliente affezionato che, ovunque si trovi, se c’è un Morton’s ci va.

Ora, salito a bordo del suo aereo per tornare a casa, Peter avverte un certo languorino (un pranzo durato tre ore, per quanto soddisfacente, non è bastato a calmare il suo stomaco). Prima di partire, da buon social addicted , twitta: “Morton’s mi puoi portare una porterhouse (una bistecca, nda) all’aeroporto di Newark quando atterro tra due ore?”. Ovvio, Peter scherza.. Nonostante abbia un’altissima opinione del suo locale preferito, non si aspetterebbe mai quello che sta per accadergli. Per farla breve, atterrato a Newark, appena uscito dal gate, Peter si “scontra” con Alex che, presentandosi, gli porge sorridente una borsa di Morton’s contenente le “meglio leccornie” del menù. Peter non può crederci, e lui non è uno che si stupisce facilmente..

Eppure, qualcuno dell’area social dell’azienda legge il tweet, chiede un’autorizzazione a procedere con quell’ordine specialissimo, informa il locale più vicino all’aeroporto (distante quasi 40 chilometri), il locale prepara la consegna e spedisce Alex in aeroporto alla ricerca di Peter (che, diciamocelo, poteva arrivare ovunque e a qualunque ora). Il tutto in TRE ore, il tempo del decollo e dell’atterraggio del volo Tampa-Newark.

Certo, ogni dettaglio, a partire dallo “scherzo” di Peter, concorre a far risultare l’intera operazione impossibile da portare a termine. Cosa che chiunque, azienda o cliente, placidamente ammetterebbe. Ma se invece funzionasse? Se invece funzionasse genererebbe un tanto entusiasta quanto contagioso passaparola positivo. Tanto che la storia ancora oggi, dopo mesi, viene raccontata e ripresa sui siti internet e sui social network di tutto il mondo.

Il passaparola indica lo stato di salute di un Brand ed è misurabile con un indice riconosciuto internazionalmente chiamato Net Promoter Score. Morton’s scoppia di salute. E il tuo brand?

RESTAURANT EXPERIENCE STRATEGY PER AVVENTORI FELICI E FEDELI

Spesso i brand spendono enormi budget in marketing per attirare nuovi clienti all’interno dei propri negozi, dimenticandosi, però, che, una volta entrato, il Cliente deve essere trattenuto, prima, e, successivamente, deve essere convinto a tornare.

Quindi, se da una parte è fondamentale per un brand attrarre nuovi clienti per costruire le basi di un solido successo, dall’altra, sicuramente, la sua continua crescita dipenderà in larga parte da quei Clienti che, sorpresi, soddisfatti ed entusiasti della loro esperienza, vorranno tornare. O, meglio ancora, vorranno consigliare il brand ad amici e colleghi.

D’altra parte, qual è il momento in cui il Cliente è più propenso a “dare retta” a quello che il brand ha da dire, se non quando si prende del tempo per frequentare il suo negozio, il suo store o il suo locale? Pubblicità online e offline, per quanto impressionanti, possono cogliere il Cliente occupato in altre faccende e quindi poco attento o propenso ad accettare input. Ma quando entra in negozio, è quello il momento in cui “abbassa le difese” ed è pronto ad essere “sopraffatto” dalla proposta del brand. Che, ovviamente, deve essere assolutamente all’altezza delle aspettative di un sempre più esigente Cliente.

Oltretutto, investire nel cosiddetto “in store marketing” non è neanche particolarmente oneroso, dal momento che si tratta di accorgimenti che in ogni caso dovrebbero essere messi in atto, facendo parte del layout e del format dello store. Si tratta di un’occasione unica, inoltre, per raccontare al Cliente la propria storia, i propri valori, la propria identità, per creare quell’affinità ed empatia che porterà il Cliente a diventare portavoce del brand nel suo mondo (piccolo, ma più facilmente abbastanza esteso, se ricordiamo la viralità dei social network!).

Prendiamo, per esempio, il caso di un ristorante, di un bar, una pizzeria o una gelateria: a seconda della tipologia di locale e del suo target, ogni attività deve stampare il packaging per il takeaway (leggi qui), vassoi o vaschette, tovagliette e tovaglioli e così via.. Secondo Mike Wolfsohn, della High Wide & Handsome, agenzia di comunicazione californiana, “si tratta di materiali che rientrano dei normali budget dei ristoranti e che vengono comunque prodotti e utilizzati. Sono quindi il mezzo perfetto per diffondere il proprio messaggio senza aumentare le spese”.

Proprio nel momento in cui il Cliente si è preso il tempo per sedersi e dedicare qualche minuto (nella peggiore delle ipotesi) al proprio pasto.

La Product Evaluation Inc, società di ricerca specializzata nel “food service” nello stato dell’Illinois, ha effettuato una ricerca tra gli avventori abituali di alcuni ristoranti di età tra i 18 e i 65 anni per identificare quali fossero i messaggi e i mezzi che più veicolano la fedeltà dei clienti e il loro passaparola. Tovaglie, tovagliette, porta tovaglioli e menu sono gli oggetti migliori per attirare e trattenere l’attenzione dei clienti.

Inoltre, il 65% dei degli intervistati segnala di essere particolarmente interessato a notizie sugli sforzi del brand in senso ambientale: informazioni sul riciclaggio dei materiali, descrizioni sull’uso dell’energia o sulle tecniche di costruzione dei locali.

Il servizio, ovviamente, è uno strumento potentissimo di marketing all’interno del ristorante (come abbiamo dettagliatamente analizzato nella nostra indagine sulla delicata fase dell’accoglienza all’interno dei locali milanesi), in grado di “dirla lunga” su identità e valori del brand.

Creare un’esperienza estremamente soddisfacente per il Cliente all’interno del proprio store faciliterà la nascita e la diffusione di un passaparola in grado di aumentare quella base sulla quale si fonderà il successo del brand. Le opportunità per creare una Customer Experience a prova del cliente più esigente sono molte e sono chiamate “touchpoint”: si tratta delle diverse occasioni che il Cliente ha di entrare in contatto con l’azienda e con il brand. Italian Customer Intelligence ha intrapreso un viaggio attraverso i touchpoint di diversi settori: scopri quelli della Ristorazione e del Fashion Retail!

Non perdere la rubrica e trova tanti consigli utili per il tuo brand!

ZAPPOS E IL MARKETING TOOL CHE L’HA RESA GRANDE

In Italia forse non tutti conoscono Zappos (www.zappos.com), ma negli Stati Uniti è un vero gigante, tanto da aver attirato l’attenzione di Amazon che l’ha acquisita per 1 miliardo e 200 milioni di dollari, “concedendole” di mantenere la propria cultura aziendale e il controllo dell’intera customer experience.

Zappos: scarpe (e non solo)

Zappos è nata nel 1999 come retail online di scarpe con il nome ShoeSite. Solo qualche mese dopo, il cambio di nome (una storpiatura del termine spagnolo “zapatos”, scarpe) per non precludersi la possibilità di vendere altri tipi di prodotti. Obiettivo, questo, raggiunto nel 2007, con l’apertura del canale anche a borse, occhialeria, abbigliamento, orologeria e giocattoli per bambini.

L’80% del business di Zappos rimane sulle calzature, ma il 20% restante è in rapida crescita.

Qual è il segreto dietro il successo di Zappos?

La risposta arriva chiara e precisa dal Customer Loyalty Team di Zappos: “L’interazione con i nostri clienti è stato il marketing tool più efficace che abbiamo utilizzato da quando esiste Zappos. Soprattutto all’inizio, quando non c’erano grosse risorse da inserire nel marketing, abbiamo deciso di fornire ai nostri clienti il miglior servizio di assistenza possibile, che è risultato essere la strategia migliore per generare passaparola”. Ossia clienti promoter che, entusiasti del brand, lo promuovono ad amici e colleghi. Clienti che sono così felici che ritornano sempre, tanto che ben il 75% del business di Zappos dipende da clienti che ritornano.

Alla luce di ciò, non stupisce la ricerca di IQ che vi avevamo riportato qualche tempo fa (vedi qui), che illustrava come il servizio di assistenza al cliente influisca per addirittura il 45% del punteggio di Net Promoter Score di un’azienda.

Come avere il miglior customer service

In Zappos, in media, gli operatori rispondono a 5.000 chiamate al mese e a 1.200 email alla settimana (quando non è periodo di festività). Non hanno un copione da seguire e non c’è un limite al tempo della chiamata (la più lunga registrata è stata di 10 ore e 29 minuti).

Oltretutto, sono sempre incoraggiati ad andare oltre il tradizionale servizio di assistenza: ha fatto storia, in Zappos, l’episodio per cui una sera il CEO Tony Hsieh scommesse con un rappresentate di Sketchers, nota azienda di calzature americana, che se avesse chiamato la linea verde di Zappos, l’operatore sarebbe stato in grado di segnalargli la pizzeria più vicina con servizio a domicilio. Detto fatto: in due minuti l’addetto, anche se inizialmente confuso, fornì un elenco di ben 5 pizzerie in zona.

Oppure quella volta che una cliente chiese di restituire un paio di stivali acquistati dal marito morto poco dopo in un incidente stradale: non solo l’operazione di reso fu estremamente facile per la signora, ma l’operatrice, il giorno seguente, le fece recapitare un mazzo di fiori con le condoglianze dell’azienda. Procedura, questa, che non ha avuto bisogno dell’approvazione di un superiore dell’addetta.

Questo perché, non avendo copione da seguire, se non la regola di “andare oltre il tradizionale servizio di assistenza”, i membri dei team di assistenza hanno – nella maggior parte dei casi – la libertà di prendere in autonomia decisioni come quella di assegnare un coupon di sconto come scusa per un pacco inviato difettoso.

Insomma, un servizio così non può che innescare un passaparola molto positivo che, Zappos docet, è il migliore strumento di marketing. Oltretutto totalmente gratuito!

Un suggerimento per avere un customer service a prova di passaparola arriva dritto dritto da Jane Judd, già Senior Manager del Customer Loyalty Team di Zappos: “Prendetevi il tempo necessario per assumere il vostro personale. La cultura si trasmette dall’alto e poi sono le persone che portate in azienda che hanno il compito di mantenerla viva. Potete formare le persone a rispondere alle telefonate, ma non potete formare qualcuno a essere positivo e felice. Assumete le persone giuste e il resto verrà da sé. Delegate e date fiducia ai vostri dipendenti: quando avete cura di loro, loro poi saranno orgogliosi del loro lavoro. E questo aiuta molto a offrire un servizio eccellente”.

Italian Customer Intelligence ti aiuta a progettare il marketing tool più adatto alla tua azienda per innescare il passaparola positivo dei tuoi promoter. Scrivi a 

LA “VERA” NATURA DEL NET PROMOTER SCORE

Una nuova ricerca di Digitas LBi riporta che i consumatori si fidano di più del consiglio di amici e conoscenti che di blogger e influencer (leggi le percentuali qui).

Il vero stato di salute di un brand è misurato dal numero di promoters, ovvero dai “fanatici” di una marca che alla domanda “Quanto consiglieresti il Brand X ad amici e colleghi, in una scala da 0 a 10?”, rispondono perentoriamente 9 o 10. Il Net Promoter Score è l’indice dato dalla percentuale di promoters meno quella dei detractors (coloro che alla medesima domanda rispondono con valori da 0 a 6) e indica il tasso di passaparola positivo che si situa proprio nella relazione “consigli per gli acquisti” fra amici e colleghi.

Nella tabella sono riportati i valori medi del Net Promoter Score per molti settori negli Stati Uniti (Fonte Temkin Group, ultima rilevazione dell’ultimo quadrimestre 2014) e sarebbe davvero interessante sapere se il nostro brand è sopra o sotto la media del settore, il che equivale a dire se è in grado di attirare su di sé investimenti.

Temkin con sfondo

Per incrementare il numero dei promoters non c’è altra strada che ascoltarli e coinvolgerli nella progettazione di una customer experience superiore, per poi saperla offrire a tutti i clienti non solo al momento dell’acquisto ma soprattutto quando il prodotto/servizio comprato viene utilizzato. Il promoter è tanto entusiasta del Brand (oltre che profondo conoscitore) quanto esigente e si attende sempre una esperienza in linea o addirittura superiore alle sue già alte aspettative.

I dati sopra riportati della ricerca di Digitas LBi portano alla conclusione che occorre investire davvero sulla customer experience e che gli investimenti in comunicazione “influenzano gli influencer” più del cliente reale, che, invece, viene contagiato soprattutto dall’entusiasmo verso un Brand di un amico o di un collega ritenuto testimonial credibile e affidabile.

PassaparolaÈ proprio questa la natura del promoter: l’entusiasmo che contagia. Il promoter non consiglia solo quando interpellato, ma parla del suo brand e della novità che questo propone in ogni occasione, a proposito e a “sproposito”. È questa esuberanza che contagia. Il promoter non può non raccontare a amici e colleghi – come se fosse ogni volta un evento – un acquisto o anche semplicemente una notizia che riguarda ilbBrand. Che si tratti di una moto, di un capo di abbigliamento, di un articolo per la casa, di un profumo, di una linea aerea, di un ristorante, di una polizza assicurativa, il promoter ne parla. E ne parla benissimo, gratis! Proprio la parola “gratis” (dal latino: grato, riconoscente) descrive bene la natura del promoter e certo c’è da fidarsi di più di chi comunica gratis piuttosto che a pagamento! 

Per sapere come rilevare il Net Promoter Score della tua azienda ed offrire così una customer experience superiore ai tuoi clienti, scrivi a info@italiancustomerintelligence.it

BLOGGER E INFLUENCER VS AMICI E COLLEGHI: GUIDA ALL’ACQUISTO PIÙ AFFIDABILE

Che il consumatore di oggi sia costantemente e ovunque connesso in rete attraverso un numero di device (pc, smartphone, tablet…) sempre più elevato è cosa ormai nota. Tanto che si è reso necessario trovare un nome che definisse questa tendenza: ATAWAD, ossia Any Time (in ogni momento), Any Where (ovunque), Any Device (qualunque device).

Depositphotos_30712365_mEd è altrettanto cosa nota la propensione di questo iperconnesso consumatore a intrecciare online e offline in maniera sempre più spregiudicata e agile (ricerca di informazioni online e acquisto nel punto vendita, oppure raccolta di informazioni nel punto vendita e acquisto online). Inclinazione che sfocia nella richiesta del consumatore stesso alle aziende perché integrino e allineino le loro politiche e strategie online con quelle del retail.

L’esigenza, ovviamente, è quella di una customer experience personalizzata, tagliata su misura, non identificabile con quella desiderata da nessun altro. Tanto che lo stesso consumatore si dice disposto a indicare personalmente al brand le sue preferenze per metterlo nelle condizioni di offrirgli esattamente quello che cerca (approfondisci qui).

Il dato interessante, invece, che emerge dalla ricerca “Connected Commerce 2015” che Digitas LBi ha effettuato in 17 Paesi è che quel consumatore che cerca sempre più informazioni riuscendo a ottenerle in modo sempre più preciso, puntuale ed esauriente sta invertendo una rotta che sembrava ormai consolidata e che riguarda la fonte dell’informazione. In Italia solo il 21% dei consumatori si affida alle opinioni e ai consigli di influencer, blogger, esperti e giornalisti. Al contrario, un crescente 36% preferisce le indicazioni che gli arrivano da familiari, amici o colleghi. Insomma, meglio il passaparola!

E proprio questo passaparola, sempre più tenuto in conto da un super informato, esigente ed infedele consumatore, è oggetto misurabile di un indice internazionalmente riconosciuto, il Net Promoter Score.

Tracciando il tasso del passaparola positivo innescato dai “best clients”, veri e propri tifosi e “promoter”, il Net Promoter Score costituisce un indicatore molto affidabile del successo del brand, che viene “caldamente consigliato” (9 o 10 in una scala da 1 a 10) ad amici e colleghi.

Conoscere il Net Promoter Score del proprio brand consente, oltretutto, di individuare quei clienti che, essendo fan, saranno in grado di dare preziose indicazioni sui punti di forza e sui punti di debolezza dell’azienda (approfondisci qui).

 Scrivi a info@italiancustomerintelligence.it per rilevare il Net Promoter Score della tua azienda e per offrire una Customer Experience superiore.

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