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L’HAMBURGER PIÙ SCHIFOSO D’ITALIA

Quando il tone of voice si fa politicamente scorretto

Uno dei punti forti di Burgez, catena di fast food tutta italiana, è la sua comunicazione. Essa non si basa su un piano editoriale, bensì su una linea editoriale. Il marchio crede fermamente nel marketing istantaneo (Instant Marketing), nell’imprevisto e nella tanta originalità dei creators.

L’unicità di Burgez parte dall’ideazione e creazione di un logo sfacciato “Cerca di non tornare indietro, se puoi”, quasi a voler lanciare una sfida al cliente. Numerose sono anche le iniziative per gli ambienti offline, al di fuori del mondo social e web. Un esempio è la scelta di affiggere sui tram di Milano frasi come “L’hamburger di Burgez è il più schifoso di Milano“, un messaggio forte, che attira la curiosità e sposta l’attenzione del cliente dal prodotto al brand.

Un dna comunicativo che ha senza dubbio due parole chiave: incisività e irriverenza.

Importante anche la scelta di co-branding con il cantante Coez in occasione dell’uscita dell’album “È sempre bello”. La frase “È sempre bello averti intorno” è stata utilizzata in occasione della collaborazione come slogan del brand. Frase non scelta a caso, come si può immaginare.

Un’altra iniziativa, a mio avviso, divertente consiste nel lasciare dei bigliettini nelle shopper per l’asporto. Tra gli esempi più esilaranti, dei finti biglietti di sos da parte della cassiera del ristorante che sostiene di non essere pagata da mesi e dice di aver bisogno di aiuto e frasi del tipo “Dumb the reader” (scemo chi legge!).

Il 33,3% del successo periodico di BURGEZ è l’esperienza del cliente e, al di là dei numeri, il capitale umano rappresenta spesso il 100% del successo di un progetto di vendita al dettaglio. Non c’è niente di più bello che essere coccolati e trattati come un essere umano

Una strategia di comunicazione che lascia il segno e non può che strapparti un sorriso.

Non vedo l’ora che arrivi anche nella mia città per poter vivere una esperienza che va al di là del cibo!

RETAILERS: notizie dagli USA che fan pensare

È sempre vero che i trend negli USA anticipano quelli europei? Sembra proprio di sì, anche se, avvertono autorevoli studi che affermano come l’anticipo dei trend in USA riguarderebbe una manciata di mesi e non più di anni.

Abbigliamento sportivo up

Continua l’affollamento di nuovi brand dedicati all’abbigliamento sportivo, un segmento in crescita e non ritenuto saturo, complice l’esplosione dell’abbigliamento sportivo durante il lock down.

Il marchio Active Wear ha ricevuto 400 milioni di dollari di investimento da Soft Bank Vision Fund per aprire 100 nuovi negozi fisici. Ispirato alla California del sud, Active Wear arriverà a Londra la prossima primavera e, a seguire, in tutti i paesi dell’Europa occidentale.

Con la sua “promessa” di eliminazione di carbone e dell’80% della plastica nella sua catena entro il 2022, alla Active Wear sono convinti si apra un periodo entusiasmante di crescita nel quale l’abbigliamento sportivo “evolverà” il proprio ambito per arricchire uno stile di vita quotidiano.

Il cliente, che mistero!

Mentre le agenzie più accreditate del mondo studiano i trend di questa (prossima) nuova era post covid, i clienti continuano a pensare e a comportarsi con la loro testa in barba alle previsioni. Infatti, nonostante la maggior parte delle previsioni parlasse di un settembre disastroso, le vendite al dettaglio, in USA, sono in crescita nuovamente dell’ 11%, nonostante l’aumento dei prezzi, l’interruzione della catena di approvvigionamento, la variante Delta e la fine dei sussidi di disoccupazione.

Vacanze di Natale ed eventi su Instagram per la generazione Z

Secondo Bright Pearl il 68% dei giovani della generazione Z pianifica di utilizzare canali di spesa non tradizionali, per tutto ciò che ruota attorno al Natale. Instagram, con il 77% delle preferenze, sarà il canale più utilizzato.

Autenticazione piattaforma e-commerce: un disastro l’autenticazione.

L’86% dei consumatori americani intervistati da Expectation Vs Reality at the Log Inn ha abbandonato carrelli e iscrizioni ad eventi a causa del fatto che il processo di autenticazione è “troppo arduo” o “lungo”.

Si prevede quindi un aumento degli “abbandoni” anche in Europa nel prossimo futuro che, per ora, registra il 40% nel Regno Unito, Germania 25%, Francia 40%. Clienti sempre più esigenti!

Il tutto, ricordiamolo, riguarda solo il processo di autenticazione!

CREDO IN TE!

La voglia di investire in brand con i nostri stessi valori.

La nostra società è decisamente più attenta alle necessità e ai diritti di tutti. Si percepisce un crescente desiderio di celebrare le diverse sfumature dell’essere umano. Il mondo è fatto da un’infinità di colori, perché rappresentarne solo una parte?

Non è certo un segreto che i consumatori di oggi tendano molto di più a orientare i propri acquisti verso brand che rispecchino i propri valori e il proprio aspetto fisico.

Acquistare un determinato prodotto, ormai non è più solo per mera necessità. Il desiderio nasce dalla voglia di sentirsi appartenente a un determinato gruppo. Ma che accade se i tuoi brand dei sogni non fanno altro che escluderti?

Un po’ come se fosse una persona altezzosa, i brand a volte sembrano suggerirti “Non fai per i nostri prodotti”. Questo perché non si guarda al di là del solo aspetto esteriore. Non basta un bella estetica a vendere un brand, o almeno non oggi.

Ma come fanno a farti sentire escluso?

Nei modi più disparati. A partire dalle pubblicità, magari con soli modelli bianchi, oppure dal sito web con solo modelli molto alti e magri. Facendoci magari sentire “sbagliati” perché lontani esteticamente da quanto da loro proposto a modello.

Per questo motivo, ho sempre avuto il piacere di navigare in siti web come ASOS, nel quale sono presenti modelli in tutte le taglie, con smagliature in evidenza e tatuaggi. Una boccata di libertà!

Ma non è l’unica che in ambito moda si sta adattando a questa nuova necessità. Tra tutti si ricorda anche Zara, la più grande catena del fast fashion. Dopo le critiche ricevute nel 2017 per una campagna curvy, in cui venivano proposte modelle ancora troppo magre, sembra che il colosso si sia reso conto di dover cambiare. Di qui la scelta di assumere Jill Kortleve, modella di 25 anni scelta come prima testimonial curvy.

A confermare questa teoria Sonia Thompson Media Group, un’esperta Customer Experience Strategist. In un’intervista per Forbes afferma che, “per le persone è oggi prioritario spendere i propri soldi a supporto di brand che promuovono valori in cui credono davvero”.

Ritengo che un brand, soprattutto nell’ambito moda, possa fare molto anche per aiutare il diffondersi di messaggi importanti che possano evitare, o perlomeno non incitare, il diffondersi di disturbi alimentari o la cattiva percezione del proprio corpo. Si tratta di una grande responsabilità sociale, soprattutto per i brand che hanno come target i ragazzi più giovani.

LA TRIMESTRALE DEL CLIENTE

Qualcosa di semplice per portare davvero la cultura del cliente nella tua impresa

«Ho sempre desiderato dimostrare che nessun lavoro, nelle nostre imprese, è davvero a impatto zero per l’esperienza del cliente: o la migliora o la deteriora. Tutti rispondono: “Certo!”, ma sotto sotto pensano sia una esagerazione, un modo per dire che tutti devono essere orientati al cliente. La Trimestrale del Cliente invece mostra puntualmente dove, come e quanto i risultati del tuo “settore” influiscano sull’esperienza del cliente nel suo viaggio con la tua impresa, ovviamente al fine di migliorarla.

“Non c’è comunicazione adeguata fra settori e parti dell’azienda, mancano informazioni, obiettivi condivisi e confronto”. Davanti a questa ricorrente “denuncia”, a nulla servono le promesse di realizzare meeting di collegamento per comunicare fra uffici, settori, direzioni…: nessuno riesce a unire ciò che nasce diviso! In grado di “unire” i settori aziendali è proprio l’esperienza del cliente: la dashboard e il meeting trimestrale pongono questa unità come dimostrata “pretesa” del cliente.

Così come il cliente non è proprietà dei commerciali e dei venditori, ma di tutti coloro che influiscono sulla sua esperienza, ovvero TUTTI, così l’analisi dei dati non è affare solo degli analisti! Di troppi dati si può “morire”: quali sono davvero quelli essenziali, “incontestabili” e che danno una visione sintetica dello stato di salute che i nostri clienti attribuiscono alla nostra impresa? Se i dati servono a conoscere la realtà, per lavorare coi dati occorre quindi un grande amore alla realtà per quello che essa è, e non “per quello che io pensa che sia”. La Trimestrale del Cliente parte da questo amore alla conoscenza della realtà che è parte essenziale dell’amore al lavoro.

Con una bravissima collega analista, Valentina Romagnoni, e con l’aiuto di studio, occasioni e casi di lavoro, abbiamo trovato un’idea semplice. La semplicità è una complessità risolta e questa “trimestrale” aiuta ad affrontare l’enorme complessità di questi tempi in cui molti sono chiamati a innovare, sperimentare e riprogettare la propria offerta».

Buona Trimestrale!
Mario Sala


5 RAGAZZI VELOCI ALL’OPERA PER ME

Una visita da Five Guys Milano per scoprire se il brand saprà sorprenderci come avvenuto a Londra

Five Guys è una catena di Fast Casual “velocissimo” che è sbarcata in Italia a inizio settembre a Milano, in corso Vittorio Emanuele.

“Non ci sono congelatori nelle sedi di Five Guys, ma solo frigoriferi”

La value proposition è differenziata rispetto alle tipiche catene fast food come Mc Donald’s, Burger King o Subway. Five Guys infatti si posiziona in una fascia più elevata, promettendo carne sempre fresca, di qualità, e rigorosamente preparata al momento. I colori predominanti dello store sono il rosso ed il bianco, completati dalla completa assenza di divisioni dello spazio. Esso è in completa comunicazione con l’esterno grazie alle ampie vetrate e, cosa ancor più importante, la cucina è completamente alla vista dei clienti. Nonostante l’orario, le 14:30, il luogo è estremamente affollato: nessun posto a sedere libero e lunga coda (ma breve) in attesa del proprio pasto.

Semplicità ed interazione

La formula che Five Guys decide di proporre ai consumatori è molto semplice: poche varianti di hamburger/hot dog, personalizzabili con un’ampia varietà di contorni gratuiti. A scelta del cliente, è possibile accompagnare il proprio pasto con un refill illimitato delle bevande preferite.

Dopo aver effettuato l’ordine alla cassa si viene invitati ad attendere proprio di fronte al luogo della preparazione degli hamburger. Come evidenziato nel libro “Aspettando Starbucks” (clicca qui) Five Guys ha adottato la soluzione della cucina a vista e del totale coinvolgimento dello staff nell’esperienza del cliente. Dietro al bancone sono numerosissimi i ragazzi al lavoro, tutti rigorosamente in tenuta rossa, i quali procedono con un’organizzazione rigorosa e perfetta all’evasione degli ordini. Il tempo medio per ordine è infatti di circa 15 secondi. La breve attesa dà inoltre modo di distrarsi ed osservare due elementi importanti del locale. Appesi alle pareti ci sono infatti dei cartelli riportanti recensioni eccellenti sul locale a cura di testate giornalistiche e riviste, e “pezzi di storia” dell’hamburger, quali immagini ed estratti giornalistici.

Quello che manca invece, rispetto a quanto promesso dal sito web, sono delle indicazioni riguardo la freschezza, la qualità o l’origine degli ingredienti utilizzati. L’unico accenno è una piccola lavagnetta sulla quale viene indicata la provenienza geografica “del giorno” delle patatine.

Una volta terminata l’attesa ci viene servito il cartoccio con il nostro ordine, arricchito di un’ulteriore abbondante manciata di patatine, elemento molto apprezzato nonché inaspettato: questo è il piccolo/grande G.L.U.E. di Five Guys (clicca qui).

Consumando il pasto in loco si ha modo di essere immersi in un ambiente diverso da quello di un classico fast food. Ci colpisce la cura dei dettagli alle pareti e dell’arredamento del negozio, dominato da una montagna di scatole di bagigi poste al centro. Ogni elemento sembra voler insegnare qualcosa sulla “cultura” del panino al consumatore, che si perde nell’osservazione dei dettagli guidato da una forte musica che fa ricordare il tipico pub del film americano.

Giovanni Concini: https://www.linkedin.com/in/giovanni-concini-9a260a108/

THIS IS NOT A SUSHI BAR: QUALITÀ E PUNTUALITÀ A DOMICILIO

This Is Not A Sushibar è stato fondato nel 2007. Marchio nato da un desiderio di dare una vocazione internazionale all’azienda, smarcandosi dalla tradizione giapponese, che non appartiene alla storia dei fondatori. Ha aperto i suoi 3 punti vendita nel centro di Milano, garantendo un servizio di delivery di alta qualità per l’intero territorio della città. La sua filosofia è quello di proporre un sushi di alta qualità preparato al momento, servito principalmente a domicilio, con standard di servizio di altissimo livello per puntualità, servizio clienti, tecnologie di ordinazione e tracking dell’ordine, smart payment.

Abbiamo intervistato Matteo Pittarello, socio fondatore, per scoprire come si posiziona il brand all’interno del segmento del Fast Casual e quale sia la sua offerta di Customer Experience.

In Italia solo oggi si inizia a sentir parlare di Fast Casual. La curiosità e l’interesse per questo particolare segmento di mercato stanno aumentando grazie al suo successo nel mondo anglosassone. Pensiamo che THIS IS NOT A SUSHI BAR sia a tutti gli effetti un brand Fast Casual, ovvero che combini perfettamente qualità del prodotto, del servizio e degli ambienti alla necessità di velocità che oggigiorno chiedono i clienti. Quali sono le caratteristiche più importanti del brand o, come le definiamo noi, quali sono le promesse che THIS IS NOT A SUSHI BAR fa ai suoi clienti?

Da 10 anni serviamo sushi unconventional a domicilio e nei nostri ristoranti: italiano, originale, senza la pretesa di essere caratteristico giapponese, preparato al momento, ma velocissimo, che si può ordinare da ogni piattaforma tecnologica, consegnato con un servizio delivery efficientissimo e tecnologicamente sempre all’avanguardia, con una qualità che pochi riescono a garantire.

Quando è nato e “perché” il brand THIS IS NOT A SUSHI BAR?

Il brand nasce nel 2007. Io e i miei due soci originari volevamo iniziare una catena di sushibar scommettendo sul fatto che il sushi sarebbe diventato presto una cucina internazionale, non più etnica. Il nome in inglese e la negazione del “this is not” significano proprio la vocazione alla scalabilità e il marcare la distanza rispetto a tutto quello che si era visto fino ad allora. E visto che nessuno di noi era giapponese, ci sembrava onesto dichiararlo fin dal nome.

Che tipo di esperienza offre THIS IS NOT A SUSHI BAR ai suoi clienti? Avete implementato o programmato iniziative specifiche per migliorare la Customer Experience?

Innanzi tutto l’esperienza inizia dal venire a conoscenza del “nostro mondo”: un mondo di grafica, estetica, eleganza, modernità, praticità. Chi ci segue nei social o sul nostro sito, lo fa perché in qualche modo fa parte di una community di persone che cercano qualcosa che li distingua, ma che li faccia sentire a proprio agio. Ecco perché abbiamo un sito e una app estremamente curati dal punto di vista della grafica e della funzionalità. Siamo stati la prima azienda italiana a utilizzare la tecnologia responsive, intercettando il trend dei tablet e degli smartphone. La tecnologia che usiamo è al servizio del cliente: in ogni momento il cliente sa che stiamo avendo cura di lui. Può seguire il suo ordine su una mappa interattiva, comunicare con il corriere, interagire con noi in ogni momento. E offriamo un sushi che è un piccolo lusso. Qualità estrema, cura nel dettaglio anche nel packaging per il delivery a casa, confezioni deluxe per i prodotti signature. Per il decennale della nostra attività abbiamo inserito in serie limitata anche alcuni ingredienti placcati in oro edibile.

La quasi totalità dei clienti di THIS IS NOT A SUSHI BAR vive l’esperienza della delivery. Mi puoi dire in quali percentuali e quali sono, dal vostro punto di vista (dell’imprenditore), i must di servizio ai quali bisogna attenersi per essere competitivi con le consegne a domicilio?

Circa il 70% dei nostri ordini sono ordini con consegna a domicilio o in ufficio. Il rimanente 30% si divide in parti più o meno uguali tra take away e servizio di somministrazione. Dal punto di vista aziendale, il must per essere competitivi è saper mantenere le promesse. La prima: la puntualità. Non serve a nessuno essere i più veloci della piazza, se poi si arriva a casa prima del cliente, con il sushi completamente rovinato dalla fretta. Va eliminata la fretta dalla velocità. E ovviamente non serve a nessuno arrivare in ritardo. Qualora capitasse deve essere gestito con cura e attenzione estrema del cliente, perché rischi di rovinare la sua serata: è una grande responsabilità. Solo così puoi mantenere anche la seconda promessa: consegnare a domicilio un sushi di altissima qualità, cosa che puoi garantire solo se offri il servizio delivery direttamente, senza avvalerti dei servizi dei nuovi player intermediari, che garantiscono “l’ultimo miglio” ma, non essendo integrati con la produzione, non possono garantire il prodotto end-to-end.

Cosa dicono di apprezzare di più i clienti dell’esperienza che vivono con il brand THIS IS NOT A SUSHI BAR?

Abbiamo implementato da molti mesi un servizio di recensioni certificate, che ci consente di monitorare con cura la cosiddetta Voice of The Customer. In generale i clienti ci riconoscono un servizio e una qualità superiore alla media dei migliori ristoranti di Milano, sia per il servizio a domicilio e il relativo servizio clienti, sia per la qualità del prodotto, garantita da 10 anni di selezione dei fornitori, cura delle procedure, creatività delle ricette e qualità estrema delle materie prime. E si divertono molto con la nostra comunicazione. Si sentono ingaggiati, parte di un club.

Come vedi, oggi, il mercato della delivery in Italia?

È un mercato molto competitivo, fatto però da persone che non hanno ancora esperienza specifica del settore: sono pochissimi quelli che operano nel settore da 10 anni come noi. Il food delivery non è un problema che si risolve con un algoritmo di una startup, o, meglio, non solo. È un sistema che deve tenere conto di moltissimi fattori, attualmente sottovalutati o pressoché sconosciuti dalla maggior parte dei nuovi operatori. Sicuramente è un mercato ad altissimo potenziale, in crescita euforica, dove c’è spazio per molti servizi di varia natura: logistici, tecnologici, di marketing.

A oggi siete presenti a Milano con 3 locali. THIS IS NOT A SUSHI BAR propone un format pensato per una clientela italiana o pensate di espandervi maggiormente anche all’estero?

Abbiamo testato il format per 10 anni. Abbiamo resistito alla tentazione di espanderci all’estero perché non ci sentivamo pronti, la tecnologia non supportava a sufficienza i nostri processi e in molte occasioni ci siamo trovati troppo in anticipo sui tempi. Ma il concept, il prodotto e il tipo di servizio sono pensati per un pubblico internazionale fin dal primo giorno. La nostra clientela su Milano è fatta anche da clienti stranieri, in grandissima parte. Questo ci conforta nella nostra scelta di guardare all’estero per nuove aperture.

Quali suggerimenti dareste a un brand straniero operante nel Fast Casual che decidesse di sbarcare in Italia?

L’Italia è un paese estremamente eterogeneo. Milano non è la rappresentazione fedele del Paese, che ha decine, se non centinaia di identità. Un operatore che dovesse sbarcare in Italia dovrebbe tenere molto a mente questa complessità e curare con grande attenzione il posizionamento. Il Fast Casual di Milano non è lo stesso di Roma, di Firenze, di Venezia o di Catania.

Ph.Credit: This is not a Sushi Bar

VELOCE E BENE VANNO INSIEME

Abbiamo recentemente scritto di come in un’incredibilmente piccola quantità di tempo, la tecnologia abbia cambiato in modo sconvolgente come le persone richiedono e ricevono prodotti, servizi e informazioni (leggi qui). Le aspettative del consumatore sono evolute nel riflettere l’immediatezza e l’urgenza come componenti chiave di servizio e affidabilità. Siamo diventati una cultura che si aspetta che interazioni e comunicazioni avvengano (quasi) in real time e in modo comodo, in qualunque settore, in qualunque ambito. Ma è davvero tutto qui? È davvero solo la velocità l’esigenza del consumatore di oggi?

hmNo! Ricordate quando Zara e H&M erano considerati brand, sì, veloci, sì, economici, ma anche di scarsa qualità? E ricordate quando, a un certo punto (era il 2004), H&M iniziò diverse collaborazioni con gli stilisti più famosi che ne firmavano le collezioni? Il primo fu Karl Lagerfeld, direttore creativo di Chanel e Fendi: il successo fu talmente grande che inaugurò un trend al quale si sono adeguati successivamente i migliori marchi Fast Fashion e, a catena, tutti i business fast, ribaltando quella concezione per cui “fast” era sinonimo di bassa qualità.

Un altro esempio emblematico è quello della ristorazione.

Negli anni Novanta il Fast Food aveva pienamente risposto all’esigenza di velocità del consumatore moderno: velocità di preparazione, di servizio e di consumo erano le caratteristiche vincenti del segmento, alle quali si univano una qualità media dei prodotti e un prezzo decisamente economico. Con il passare del tempo, il consumatore ha iniziato a non fare più sconti alla velocità, desiderando (pretendendo, dicono alcuni) il meglio, la qualità vera, anche se in una manciata di minuti. È cresciuto così il Fast Casual, un segmento che è andato a posizionarsi tra il Fast Food e il Fine Dining, un tipo di ristorazione che unisce la rapidità e la praticità del servizio fast a una qualità di cibi, ambienti e servizio molto premianti. Il Fast Casual permette una pausa veloce, con cibi preparati al momento, utilizzando ingredienti di alta qualità, talvolta serviti al tavolo in location curate nei dettagli (approfondisci qui).

Si tratta di un segmento che, nonostante la sua “giovinezza”, in America sta conquistando porzioni molto significative del mercato, sviluppandosi soprattutto nelle città, dove, è ovvio, è più alta la concentrazione di domanda.

londonTutto questo – velocità e qualità, nel 2012, ha avuto un’ulteriore profonda accelerazione di competizione: basta fare un giro a Londra, o a Parigi, ma anche a Milano! Siamo in quella che la Forrester Research (istituto leader nella ricerca sui consumatori) chiama l’Era del Cliente: il cliente è più informato, più esigente, ha accesso a una grande varietà di offerte in modo estremamente facile e veloce, aiutato anche dalla tecnologia. Un cliente che fa sua la prerogativa di libertà e di potere di scelta, obbligando aziende e brand a riconquistarlo ogni volta perchè lui non sceglie mai per sempre e una volta per tutte.

Velocità, qualità, libertà di scelta: questi i temi che Italian Customer Intelligence approfondirà in una pubblicazione di prossima uscita.

Stay Tuned!

DAL PENDOLINO ALL’ALTA VELOCITÀ: SE IL MONDO VA SEMPRE PIÙ DI CORSA…

Nel 2030 la popolazione mondiale si aggirerà tra i 7.8 e gli 8.5 miliardi. La metà vivrà nelle città – stiamo parlando di cifre intorno ai 4 miliardi di persone! – e genererà l’81% del consumo globale, ben il 91% della crescita del consumo globale nel periodo 2015-2030.

Una direzione ben chiara che la dice lunga sull’attenzione sempre più grande che è necessario dare al moderno consumatore metropolitano.

immagine1Vi ricordate quei giorni in cui, se avevate bisogno di parlare con qualcuno (che fosse un amico o il servizio clienti di qualunque azienda), dovevate aspettare diverso tempo per ottenere una risposta? Voi chiamavate, la persona che cercavate non era in casa, lasciavate detto che vi richiamasse e dovevate sperare di essere in casa voi quando avrebbe richiamato. Oppure l’attesa del servizio clienti era di quelle che vi obbligavano a tenere il telefono di casa in vivavoce (se avevate la fortuna di avere quel tipo di apparecchio che vi consentisse questa operazione) per permettervi di fare altro mentre il ritornello musicale passava decine e decine di volte… Oppure ricordate quando per andare da Milano a Roma ci volevano 6 ore con il pendolino? Oppure quando volevate documentarvi su qualche cosa dovevate recarvi presso qualche libreria e biblioteca e sfogliare lunghe bibliografie e interi tomi alla ricerca dell’informazione di cui avevate bisogno?

Sembrano passati secoli, in effetti. Se ci riflettiamo, però, e se ci guardiamo un attimo intorno, ci accorgiamo che il panorama socio economico negli ultimi anni ha iniziato a proporci cose come…

Insomma, il mondo va sempre più veloce, è evidente! È tanto evidente che questa tendenza viene segnalata da diverse ricerche che a diverso titolo e a livello globale indagano le esigenze e aspettative dei consumatori odierni nei confronti delle aziende con cui si interfacciano.  La tendenza del consumatore, oggi, è quella di richiedere sempre più velocità e immediatezza di risposta. Un trend che, senza timore, possiamo definire un paradigma, nel senso di criterio, metro o metodo con il quale il cliente valuta la globalità della società contemporanea e in essa l’offerta di prodotti e servizi che, non dimentichiamoci, sta sviluppandosi sempre di più nelle grandi città.

Ecco, il paradigma da cui vogliamo partire oggi è proprio questo: in un’incredibilmente piccola quantità di tempo, la tecnologia ha cambiato in modo sconvolgente come le persone richiedono e ricevono prodotti, servizi e informazioni. Le aspettative del consumatore sono evolute nel riflettere l’immediatezza e l’urgenza come componenti chiave di servizio e affidabilità. Siamo diventati una cultura che si aspetta che interazioni e comunicazioni avvengano (quasi) in real time e in modo comodo, in qualunque settore, in qualunque ambito. Ma è davvero tutto qui? È davvero solo la velocità l’esigenza del consumatore di oggi?

Ne parlerà Italian Customer Intelligence in una pubblicazione di prossima uscita tutta da scoprire!

Stay Tuned!

IL MODERNO CONSUMATORE METROPOLITANO È SEMPRE PIù FAST

Esce di casa la mattina e ritorna solo alla sera. La sua giornata la trascorre in città, in una grande metropoli: New York, Londra, Parigi, Milano. Decidete voi, scegliete quello che preferite. Ma prestate attenzione e non perdetelo di vista. Il cliente metropolitano cammina con passi da gigante, si muove in fretta. Ogni giorno attende l’autobus o il treno del metrò. Quando sale sul suo mezzo comincia a contare le stazioni che lo separano dalla sua fermata.

Legge, si guarda intorno: il pensiero fisso al tempo che passa, al tempo che scorre, al tempo che è sempre troppo poco.

Qualcuno è un po’ più fortunato. Qualcuno ha la libertà di prendere la propria auto. Ma questo non significa che per pranzo o cena tornerà a casa. È una regola. Esce di casa la mattina e fa ritorno solo la sera. È abituato a consumare più di un pasto fuori casa. Vive all’ombra del suo ufficio. Nelle orecchie ha il trambusto dei clacson e lo sferragliare dei tram.

Per cinque giorni su sette obbedisce alla legge della mobilità. Ufficio-casa, casa-ufficio. Nella testa, più che l’alternarsi delle stagioni, dei mesi, delle settimane, dei giorni o delle ore, ha l’incedere dei minuti: il tempo è sempre troppo poco ed è diventato per lui una risorsa preziosissima e quasi introvabile. Non si tratta di uno sfortunato pendolare, ma di una delle 4 miliardi di persone che nel 2030 abiterà in una metropoli.

È il moderno consumatore metropolitano e per lui tutti i business si stanno trasformando in “business fast” (e se ancora non lo stanno facendo, sono già in ritardo).

Ma è davvero tutto qui?

Ne parlerà Italian Customer Intelligence in una pubblicazione di prossima uscita tutta da scoprire!

Stay Tuned!

OLD WILD WEST: ALTI STANDARD QUALITATIVI PER UN FAST CASUAL REPLICABILE

owwOld Wild West opera in Italia da quasi 15 anni. Parte del gruppo udinese Cigierre (Kukkuma Cafè, Arabian Kebab, Cantina Mariachi, Wiener Haus, Shi’s, Romeo), con quasi 150 ristoranti in tutta la Penisola, Old Wild West è oggi la catena di steak house più diffusa in Italia. E una delle insegne più amate dagli Italiani: è freschissima, infatti, la notizia della vittoria per il secondo anno di fila nella categoria della Ristorazione servita nell’ambito del premio Retail of the Year, la più grande ricerca svolta sui consumatori (243 mila intervistati) da SEIC – Studio Orlandini e Q&A Research & Consultancy.

Abbiamo intervistato Daniele Crucil, Direttore Marketing del gruppo, per scoprire come si posiziona il brand all’interno del segmento del Fast Casual e quale sia la sua offerta di Customer Experience.

Domanda: In Italia solo oggi si inizia a sentir parlare di Fast Casual. La curiosità e l’interesse per questo particolare segmento di mercato stanno aumentando grazie al suo successo nel mondo anglosassone. Pensiamo che Old Wild West sia a tutti gli effetti un brand Fast Casual, ovvero che combini perfettamente qualità del prodotto, del servizio e degli ambienti alla necessità di velocità che oggigiorno chiedono i clienti. Quali sono le caratteristiche più importanti del brand o, come le definiamo noi, quali sono le promesse che Old Wild West fa ai suoi clienti?

Risposta: La promessa di Old Wild West è un’esperienza di consumo unica, caratterizzata da grande qualità di prodotti e servizi. Per Old Wild West e, più in generale per tutti i format del gruppo Cigierre, il valore della qualità è un fattore imprescindibile che coinvolge tutti gli aspetti. Qualità vuol dire innanzitutto materie prime eccellenti offerte a prezzi sempre sostenibili; location studiate nei minimi particolari realizzate con arredi prodotti esclusivamente in Italia, ma significa anche promozioni, offerte speciali e personale qualificato, che viene formato nella nostra Academy.

oldwildwestcinemaD: Come è nato il brand Old Wild West?

R: Old Wild West è nato nel 2002 in provincia di Udine, con l’obiettivo di introdurre nel centro commerciale Città Fiera un ristorante che offrisse un menu originale e un’ambientazione fuori dal comune. La ristorazione che unisce cibo e divertimento, che oggi è un’autentica tendenza, allora era un concetto innovativo e perciò ottenne un grande successo fin da subito. Questo ci stimolò, un paio d’anni più tardi, ad avviare il secondo Old Wild West al Bicocca Village di Milano e a sviluppare la catena di steak house che oggi, con oltre 140 ristoranti, è la più grande d’Italia.

D: Che tipo di esperienza offre Old Wild West ai suoi clienti? Avete implementato o programmato iniziative specifiche per migliorare la Customer Experience?

R: Le iniziative sono molte: innanzitutto le offerte promozionali con le quali proponiamo un piatto più una bibita a prezzo speciale per promuovere i prodotti in edizione limitata, per offrire sempre ai nostri clienti qualcosa di nuovo. Inoltre, nei molti ristoranti situati nelle vicinanze dei cinema multisala proponiamo gli speciali menu con il biglietto compreso nel prezzo. Poi ci sono gli speciali menu per i bambini fino a 12 anni che comprendono un piatto, una bibita, le matite colorate e la tovaglietta da colorare e un gadget. Inoltre, nei nostri ristoranti i bambini possono organizzare la propria festa di compleanno.

oowcardPoi c’è Old Wild West Card, la fidelity che permette di raccogliere punti e ottenere premi e sconti, disponibile anche in versione digitale grazie alla nostra app. E a proposito di connettività, nei nostri ristoranti il collegamento wi-fi è gratuito per tutti i clienti.

Non solo. Nei ristoranti Old Wild West è possibile pagare il conto comodamente dal proprio smartphone tramite la app Satispay.


D: Cosa apprezzano di più i clienti dell’esperienza che vivono con il brand Old Wild West?

R: Le location in stile western sono amatissime dai nostri clienti: divertono gli adulti e affascinano i più piccoli. In più, le nostre promozioni riscuoto sempre un grande successo perché permettono di gustare a un prezzo speciale i nostri prodotti in edizione limitata. E la qualità dei nostri prodotti è sempre una garanzia.

D: Il cliente vive la stessa esperienza in tutti i vostri locali? Qual è il segreto di questa replicabilità?

R: La perfetta coerenza di immagine e di comunicazione è fondamentale per la nostra catena. In tutti gli Old Wild West d’Italia, i nostri clienti sanno che potranno trovare la stessa divertente atmosfera e la stessa qualità. Il nostro segreto è la standardizzazione e i controlli che, eseguiti puntualmente, ci permettono di mantenere i nostri standard ai massimi livelli.

D: Ad oggi siete presenti in Italia con circa 150 location e in Croazia, Belgio, Georgia, Francia e Svizzera. Old Wild West propone un format pensato per una clientela italiana o pensate di espandervi maggiormente anche all’estero? 

R: Il nostro format è molto apprezzato anche all’estero, non escludiamo di espanderci ulteriormente in Europa e nel mondo.

D: Quali suggerimenti dareste ad un brand straniero operante nel Fast Casual che decidesse di sbarcare in Italia?

R: Soprattutto quando si tratta di cibo e convivialità, la cultura e le tradizioni italiane si basano sulla qualità, un aspetto che i clienti riconoscono e pretendono. Soddisfare questa esigenza, per un brand straniero o nazionale, è un ottimo punto di partenza.

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