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E’ ORA DI PENSARE AL NATALE!

Come brand e catene si “devono” preparare…

Chain Store Age, l’autorevole rivista americana punto di riferimento per i retailers di tutto il mondo si sente di offrire 5 consigli per prepararsi alla stagione dello shopping natalizio. 

Consigli certo utili per tutti, ma addirittura decisivi per coloro che realizzano la maggior parte delle entrate nel periodo natalizio

Le esigenze di cui tener conto sono fra loro contrastanti: ottimizzare le vendite, ridurre al minimo i contatti con le superfici, garantire i distanziamenti.

Il primo consiglio è quello di replicare altrove l’esperienza del negozio installando tende nei parcheggi o in altre sedi aziendali o allo scopo rinvenute e affittate per il breve periodo. Condizione perchè questa soluzione sia vincente è avvertire i clienti in anticipo e disporre di POS mobili e affidabili.

Il secondo consiglio invita a concentrarsi sull’efficienza in negozio in modo da rendere la visita di ciascun cliente il più possibile utile. Viene suggerito in particolare di offrire assistenza ai clienti in coda, aiutandoli con informazioni chiare sull’ubicazione degli articoli o, addirittura, portare la merce al cliente senza farlo entrare in negozio. Anche lo shopping su appuntamento è utile, efficiente e può diventare un’esperienza unica per il cliente che ha tutte le attenzioni e si sente “aspettato”. Certo, occorre pianificare per tempo il tutto motivando il cliente con vantaggi nell’aderire all’opzione-appuntamento.  

Il terzo suggerimento non poteva che riguardare l’efficienza alle casse. Creare un’area di ritiro dei prodotti, favorire al massimo l’opzione “compro online e ritiro in negozio”, assistenti al pagamento con casse veloci in forma di auto-check out, snelliscono la coda, creano un un più veloce ingresso dei clienti in attesa e conferiscono all’aria che si respira in negozio un’atmosfera “smart”.

Il quarto suggerimento consiste nell’assecondare il cliente nel non provare la merce (ad esempio, provare i vestiti), assicurandogli un processo di restituzione veloce ed efficiente. Questo tranquillizza il cliente che “osa” acquisti con più facilità e meno pensieri.

Il quinto consiglio è davvero prezioso. Come fare per rendere personale la relazione col cliente in clima di distanziamento, mascherine e tutto ciò che scoraggia “avvicinamento” e “contatto umano”? Ecco alcuni possibili soluzioni per contrastare queste inevitabili situazioni “impersonali”:

  1. Utilizzare scontrini, ricevute, messaggi di testo, insegne di benvenuto, display, per creare un clima e un’atmosfera in linea coi valori del brand, dell’insegna e del “vecchio” modello di servizio.
  2. comunicazioni post-acquisto “intelligenti”. Non solo la “solita” comunicazione sulla soddisfazione dell’acquisto, ma ulteriori informazioni sul prodotto acquistato, approfondimenti, notizie utili e, naturalmente, altri articoli corredati all’acquisto effettuato.
  3. molte manifestazioni tradizionali delle festività natalizie saranno quest’anno negate (spettacoli, musica, concerti, manifestazioni, articoli tipici del Natale che si comprano per strada oppure ai mercatini) e i retailer potranno riprodurne – almeno in parte – negli store per far vivere l’atmosfera natalizia.

SE LA TUA AZIENDA FOSSE UNA PERSONA..

La Customer Experience è misurata come allineamento tra le aspettative del Cliente e la concreta esperienza che lui vive con un’azienda o un brand.

Le aspettative che il Cliente matura e con le quali approccia un’azienda, un brand, un prodotto o un servizio sono il risultato di un complesso processo nel quale entrano in gioco numerosi fattori.

Uno tra i fattori più importanti che entrano nel processo di formazione delle aspettative del Cliente è rappresentato dalle promesse esplicite o implicite che l’azienda o il brand comunicano. Davvero è importante far emergere queste “promesse” dato che spesso non sono così chiare ed esplicite nemmeno fra i protagonisti dell’azienda stessa.

Un metodo semplice, ma non per questo poco rigoroso, suggerisce di paragonare l’azienda o il brand a una persona e rispondere a queste domande:

Adattatamento dal modello di Brand Equity di Aaker
Adattamento di Italian Customer Intelligence del modello di Brand Equity di Aaker

Se il tuo brand/marchio/azienda fosse una persona..

  • Che look e stile avrebbe?
  • Che atteggiamento caratteristico e prevalente avrebbe di fronte alla vita?
  • Che orientamento avrebbe verso il futuro?
  • Che atteggiamento caratteristico e prevalente avrebbe verso gli altri?
  • Come definiresti il “cuore” di questa persona?

Arrivati, magari anche grazie a un sondaggio interno, ai cinque aggettivi che ben definiscono la vostra.. persona-azienda, avrete per le mani una cosa davvero decisiva! Infatti, i cinque aggettivi descriveranno “la stoffa” dell’esperienza che vorreste proporre ai vostri clienti in ogni “touchpoint”, in ogni occasione di relazione e per lo meno in quelle più strategiche (approfondisci qui l’argomento).

Non vi resta ora che chiedere ai clienti di descrivere con qualche aggettivo l’esperienza che vivono con la vostra azienda/brand/prodotto o servizio. Se l’allineamento è totale.. Bè, complimenti!

Se è parziale.. Si può sempre migliorare!

Se è nullo.. Allora c’è da lavorare sodo. Ma ne vale la pena!

Una Customer Experience superiore è collegata con frequenza di acquisto, il suo valore medio, fedeltà del cliente e attrazione di investimenti.

Buon lavoro!

Per offrire una Customer Experience superiore ai tuoi clienti, contatta Italian Customer Intelligence: info@italiancustomerintelligence.it

BUY…BYE BYE!

Customer experience e shopping experience. La tentazione, per l’innata dote che tutti noi abbiamo nel trovar scorciatoie per giungere alla soluzione dei problemi quotidiani, è considerarle sinonimi, due modi di dire la stessa cosa.

Ma non è così! In realtà basterebbe soffermarsi un secondo sopra entrambe le parole per capire che si riferiscono a due tipi di esperienze profondamente diverse.

Shopping: è il momento in cui il cliente scopre il brand perché si imbatte in un punto vendita (nella via della città o nello store digitale), valuta l’offerta e acquista il prodotto/servizio.

Customer: il cliente, colui che, per restare in piedi, avere successo e prosperare nell’era del cliente, siamo tutti chiamati non solo a considerare, ma davvero a mettere al centro della nostra azienda, protagonista di ogni reparto, mansione e ruolo. La Customer Experience (con le iniziali maiuscole perché il successo è garantito solo a chi la offre “superiore”) è l’insieme delle percezioni che il cliente prova in ogni interazione con la nostra azienda. Vi siete mai svegliati dentro un negozio di un brand sconosciuto e iniziato immediatamente a visitarlo e fare acquisti? No, perché la relazione tra brand e cliente inizia ben prima e finisce ben dopo!

Oggi, la tendenza è quella di prestare molta attenzione alla shopping experience: quanti sforzi per farsi scoprire attraverso insegne scintillanti, vetrine impeccabili, banner nei social network e un posizionamento SEO da far invidia ai più grandi marchi mondiali! Quanti sforzi, quante ore di formazione per assicurarci che in tutti i nostri punti vendita il visual, esterno ed interno, sia impeccabile! Tutto corretto, anzi, correttissimo. Questi sono aspetti fondamentali per esistere, nell’era del cliente.

Ma il cliente non smette di pensare al brand con cui ha appena interagito un attimo dopo aver strisciato la carta di credito. No, il cliente pensa al brand anche molto dopo la conclusione della shopping experience. Per questo motivo vanno assolutamente pensate, progettate, misurate e controllate tutte le percezioni che il nostro protagonista, il cliente, potrà provare mentre accede al nostro prodotto, mentre lo usa e quando, prima o poi capiterà a tutti, chiederà assistenza.

bye byeProviamo a immaginare di essere in un’agenzia di viaggi e aver appena comprato, dopo un colloquio illuminante con un’operatrice davvero preparata, un pacchetto per un romantico viaggio per due persone da condividere con la nostra metà. Un viaggio nel Mar Rosso, magari nel periodo di Natale. Immaginiamo di tornare a casa e svelare il regalo alla fortunata o al fortunato cui abbiamo regalato il viaggio. Immaginiamo che questa persona, pur con imbarazzo, confessi di aver visitato il Mar Rosso almeno quattro volte negli ultimi dieci anni e, perché no, vorrebbe godersi un Natale a Parigi. Correremo fiato in gola all’agenzia di viaggi, per cambiare il pacchetto vacanza. Una volta arrivati, lo sgomento! L’agenzia non c’è più, al suo posto solo vetrine chiuse, saracinesche abbassate…

Questa è la sensazione che facciamo provare ai nostri clienti quando non offriamo una Customer Experience superiore, ma curiamo solo la shopping experience.

Come ha detto Kerry Bodine al meeting “Outside In Telligence” lo scorso 20 Novembre a Milano, molto spesso quello che le aziende fanno ai propri clienti si può tradurre in questa cinica sentenza: caro cliente… “BUY…BYE BYE!”.

BUY… BYE! BYE!

Customer experience and shopping experience. The temptation, due to the natural tendency of all human beings to adopt shortcomings in order to find solutions to everyday problems, is to consider those two terms as synonyms, two alternative ways to describe the same entity.

But it is not! Actually, it’s sufficient to stop just one second on those two words to understand that they refer to completely different types of experiences.

Shopping: it’s the moment in which the customer discovers the brand because he encounters a point of sale (close to the street where he lives or online), he evaluates the offer and she purchases the product or the service.

Customer: the client, the center of our company, the protagonist of all departments, jobs and roles. In the Age of the Customer we are all called to consider this human being the center of our business in order to survive and boost our performance. The Customer Experience (with capital letters since success is granted only to those entities that offer an “ultimate” experience) is the combination of perceptions that the client feels each time he relates to our company. Have you ever woken up in an unknown store and started to visit the facility and purchase something right after? No, since the relationship between brand and customer starts long time before the purchase and finishes later!

Today, the trend is to focus substantially on the shopping experience: how much effort to catch the attention of buyers with shining stores’ signs, impeccable shop windows, banners on social networks and SEO strategies that compete with the best brands in the world! How much effort, how many hours of training to be sure that internal and external visuals of our points of sale are smooth and flawless!  Everything is correct, very correct. In the Age of the Customer, those are important elements to survive on the market.

However, the customer does not stop to think about the brand he interacted with few seconds after he swiped the credit card. No, the client keeps on thinking about the brand even long time after he concludes his shopping experience. For this reason, it’s very important to consider, design, measure and control all perceptions that our protagonist, the client, might fell while he enters in contact with our product, while he uses it and when, sooner or later, he will ask for assistance.

Let’s pretend to be in a travel agency, we have just purchased, after an enlightening conversation with an experienced operator, a romantic tour for two people to share with our love. Specifically, a tour in the Red Sea during Christmas holidays. Let’s imagine to go back at home and reveal the surprise to our better half. Let’s imagine that this person confesses, with some embarrassment, that she has already visited the Red Sea four times in the last years and she would like to spend Christmas break in Paris. We would run back to the travel agency in order to change the tour. By the time you get there, you realize with consternation that the travel agency is not there anymore, everything is shut down.

This is the sensation our clients feel when we do not offer a superior Customer Experience but we take care of the shopping experience alone.

As Kerry Bodine stated during the meeting “Outside In Telligence” in Milan, what most companies do to their clients can be summarized with this cynic sentence: my dear customer… “BUY…BYE BYE!”.

UNA PROMESSA DA 81 MILIARDI DI DOLLARI: #MAKEITHAPPY

CocaCola è uno dei brand più famosi al mondo, tanto che da anni è sul podio della classifica dei “Best Global Brand” che stila Interbrand, società di consulenza e comunicazione con 31 uffici in 27 Paesi. Il valore del brand CocaCola è stimato intorno a 81 miliardi di dollari. Il segreto? Sicuramente sono tanti, ma quello più importante è la sua coerenza. Un brand rappresenta una promessa per i suoi clienti, e la promessa di CocaCola, si sa, è quella di ispirare momenti di ottimismo, felicità e spensieratezza.

Una promessa che è ben chiara in tutta l’organizzazione dell’azienda che vi è perfettamente e coerentemente allineata. 

Così dopo il lancio della campagna #MakeItHappy in occasione dell’ultimo Superbowl, CocaCola approda a Stoccolma e, più precisamente, nella sua metropolitana. Un posto freddo, triste e introverso, come le persone che la attraversano durante la giornata. Un divertente pannello interattivo (il Coke-moji) riproduce le sembianze e le espressioni delle persone che gli passano davanti, fino a riuscire a strappare un sorriso anche al pendolare più diffidente e scontroso. Viso, occhi, naso e bocca si trasformano così nelle riconoscibili icone del brand: tappi, cannucce e bottiglie.

I punti di contatto (touchpoint) nei quali i clienti possono relazionarsi con un brand sono diversi (chi avrebbe mai pensato a una tecnologia così innovativa applicata a una pubblicità in metropolitana?!) e in ognuno di essi è necessario offrire una Customer Experience che sia allineata con l’identità e le promesse del brand: è necessario che in ciascuno di essi si possa vivere e respirare la vera stoffa del brand.

Come fare? Una tappa del percorso proposto da Italian Customer Intelligence per offrire una Customer Experience superiore sarà dedicata proprio alle best practies da adottare per realizzare una coerenza tra i valori del brand e l’esperienza che viene offerta ai clienti in ogni touchpoint strategico. Scopri qui tutto il percorso!

ANCORA SU “DI CHI È IL CLIENTE”?

Produttori, distributori, store, venditori si contendono il cliente proclamandolo proprio.

Con questa “proprietà “, va da sè, si rivendica anche la pretesa di conoscere a fondo il cliente, di sapere che cosa davvero vuole, a che prezzo e secondo quale esperienza da proporre. Ovviamente, la conseguenza di questa “proprietà”, e in forza di questa supposta conoscenza, ognuno cerca di influenzare gli altri attori della filiera per ottenere ciò che vede più conveniente per sé, enfatizzando la decisività del proprio ruolo.

In realtà “di chi è” il cliente lo decide il cliente stesso che vuole, questo è certo, una sempre maggiore influenza e relazione con chi davvero conta nel prodotto che acquista.

Smartphone e device vari rendono possibile e spesso facile e piacevole questa relazione diretta col brand o col produttore.

Chi sta in mezzo a questa relazione fra brand/produttore e cliente deve decidere: o aiuterà il cliente finale ad avere una relazione diretta e influente col brand/produttore (e farà fortuna) o vorrà ostacolarla candidandosi a sostituirla per non perdere “potere”, ma è proprio così facendo che lo perderà!

STORYTELLING E CUSTOMER EXPERIENCE

La vita di tutti noi è quotidianamente avvolta in una fitta rete narrativa che stimola i nostri pensieri, suscita le nostre emozioni e determina le nostre decisioni di consenso e di acquisto.

Fare storytelling significa utilizzare i principi della retorica e della narratologia per creare racconti influenzanti in cui i vari pubblici possano riconoscersi.

Bene, stiamo parlando di racconti. Allora avremmo potuto iniziare questo articolo con: “C’era una volta …” come nelle care vecchie fiabe di quando eravamo bambini. Invece no. Non abbiamo più tempo per il passato!

Oggi siamo immersi in tante storie. Raccontiamo storie. Ascoltiamo storie. È l’era del prosuming. Siamo tutti produttori e consumatori. I clienti parlano delle aziende e dei loro prodotti. Esprimono la loro soddisfazione o insoddisfazione. Manifestano i loro desideri e le loro aspettative. Non hanno problemi a dire se una cosa è buona o cattiva. Lo dicono e basta!

Nell’era della comunicazione globale un’impresa non può nascondersi o far finta di nulla. Se un’azienda non comunica il suo brand, i clienti lo faranno per lei. Con tutte le conseguenze del caso. Ricordiamo alcune importanti tesi contenute nel libro “The Cluetrain Manifesto” (1999): “I mercati sono conversazioni” e poi “Le conversazioni tra esseri umani suonano umane. E si svolgono con voce umana”.

Le aziende non possono più limitarsi a descrivere un prodotto. Oggi il pubblico deve innamorarsi di una filosofia. Deve sentirsi partecipe di quel brand. Deve viverlo con tutti i cinque sensi.

Il nostro brand deve essere posto all’interno di una vera e propria trama che coinvolga i consumatori. Più i nostri clienti sono interessati alle nostre storie più sentiranno il bisogno di ascoltarne altre e di conoscerci ancora meglio.

Lo storytelling è l’arte di “incollare” una persona a un racconto. L’uso di storie può far si che nelle persone si sedimenti ciò che stiamo dicendo, attraverso l’immaginazione e l’esperienza. Le storie insegnano!

In fin dei conti l’uomo racconta storie da quando abitava nelle caverne (basta vedere i vari disegni sulle pareti delle grotte). I grandi pubblicitari di tutti i tempi, attraverso le storie, hanno lasciato messaggi indimenticabili. Hanno creato personaggi e slogan che non invecchieranno mai.

Ma non pensiamo che lo storyteller sia un tipo logorroico! Oggi la comunicazione passa anche attraverso gli smartphone e i tablet. Oggi si leggono e ascoltano storie anche al rosso di un semaforo, nella calca del metrò, in fila all’ufficio postale, insomma ovunque …

Non possiamo permetterci di essere noiosi e far perdere tempo ai nostri ascoltatori.

Le nostre storie devono essere appassionanti. Devono emozionare il pubblico. Devono rimanere ben impresse nella mente e nel cuore dei nostri clienti. Le storie sono fatte per essere raccontate ancora e poi ancora. I nostri consumatori saranno i futuri narratori delle nostre storie.

Per creare belle storie abbiamo bisogno di buone competenze narrative. Imparare a raccontare sembra facile. Talvolta non è proprio così. Proviamo per un attimo a metterci nei panni dell’ascoltatore. Qual è il nostro stato d’animo davanti a un narratore noioso? Come ci sentiamo quando chi è di fronte a noi utilizza parole ed esempi inadeguati? È un po’ come se ci stessero raccontando una barzelletta della quale conosciamo già il finale. Un sorriso di circostanza e nulla più.

Noi dobbiamo:

  • raccontare buone storie ben costruite
  • Sfruttare temi attuali e universali
  • Coinvolgere il nostro pubblico

Italian Customer Intelligence, con Stefano Damonti, Mario Sala e testimonianze convincenti, promuove un seminario per padroneggiare le tecniche del racconto e applicarle alla customer experience. I partecipanti avranno la possibilità di acquisire concrete indicazioni su come costruire le storie dei propri prodotti e della propria azienda. Impareranno a scegliere lo schema narrativo più adeguato ed il giusto linguaggio. Costruiranno trame e personaggi in grado di fare innamorare per sempre i loro clienti.

Per avere informazioni sul seminario scrivi a: press@newsancustomerexperience.it

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