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Mario Sala - page 3

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Partner di Praxis Management, società di consulenza milanese. Da oltre vent’anni anni è impegnato nel retail dei migliori brand del lifestyle nei settori della moda, del food e del design. L’attenzione crescente per i temi relativi al Cliente ha generato in lui un interesse approfondito sul tema della Customer Experience, che lo ha portato a costituire Italian Customer Intelligence e a sviluppare importanti relazioni internazionali sul tema. Il brand, che raduna partner con diverse competenze, sostiene le aziende a progettare, offrire e portare in tutto il mondo una Customer Experience superiore: in una parola, a entrare davvero “nell’Era del Cliente”. mario.sala@praxismanagement.it

I PENSIERI CHE ABBIAMO ALLA MATTINA QUANDO ANDIAMO AL LAVORO

Si cresce (solo) per entusiasmo dei nostri clienti

Se il pensiero che avete alla mattina, quando andate al lavoro è diverso da quello di entusiasmare il cliente, avete un problema nella vostra azienda: figuriamoci se siete in tanti a entrare al lavoro con la testa affollata di pensieri (evidentemente tutti “giusti e inevitabili”) che non centrano con l’entusiasmo del cliente!

Occorre che le persone che invece questo entusiasmo, per dono o per merito, lo hanno (e ce ne sono sicuramente nella vostra impresa), facciano cultura, cioè determinino l’aria che si respira nella vostra impresa.

ARCHITETTI SOCIALI VS SOCIAL

Come costruire una community per clienti e dipendenti

Linda Hill e i suoi ricercatori hanno messo in evidenza (genio collettivo, clicca qui) che le aziende che sanno innovare in continuazione devono questa caratteristica vincente a dei leader che sono “architetti sociali”. Leader cioè che sono costruttori di comunità: in particolare, sanno far crescere nelle loro organizzazioni comunità desiderose di innovare e capaci di farlo!

Chi (ed ora sono moltissimi!) deve (ri)innovare la propria offerta portando innovazione e nuovo valore al cliente (e non solo ai processi interni) presto si accorge che “la comunità” da tirare su nella propria impresa deve essere una comunità di dipendenti e clienti insieme.

I “noi” dell’azienda e “voi” clienti non funziona per chi ha la necessità di immedesimarsi col cliente, vivere la “sua” vita, cogliere con tempestività l’emergere di nuove declinazioni di bisogni e desideri per reagire prontamente e non rincorrere.

Ecco allora il desiderio di creare una comunità o “community” dipendenti – clienti tutti insieme: anche per permettere ad ogni parte dell’azienda di comprendere “in diretta” il proprio possibile contributo all’innovazione. È qui che la modalità social ci trae in inganno! Le “community” sui social hanno la logica “leader – follower” o, se preferite, “influencer – follower”: attorno a una personalità si radunano spesso migliaia di follower dando l’illusione di aver costruito una vera e propria comunità.

Questo non è vero! Tali gruppi sono spesso “evanescenti” alla prova delle “conversioni” quando si chiede l’adesione a un prodotto piuttosto che a un evento.

Gli “architetti sociali”, al contrario, non utilizzano la logica leader – follower e non cercano quindi di “accaparrarsi” o far crescere un consenso verso se stessi… eppure costruiscono comunità solide!

Come fanno?

Gli architetti sociali hanno delle caratteristiche che spiccano fra le altre: mettono in connessione le persone fra loro e sanno mobilitare risorse nascoste o malamente utilizzate. Così, quasi senza volerlo, diventiamo leader e costruttori di comunità. Così si costruisce una comunità insieme ai clienti!

SUMMUS IUS SUMMA INIURIA

Quando il “tutto è perfetto” rivela la sua massima imperfezione. Un caso vero che fa pensare

L’imprenditore al direttore del personale, anno 2018, giugno: “Abbiamo bisogno di gente competente, specialista nel suo ruolo, un numero 1, che sa, che sia sempre aggiornato, moderno, che sia tecnicamente più bravo dei suoi omologhi che lavorano dai nostri concorrenti! Così voglio il nuovo direttore della logistica! È troppo importante perché la logistica è uno dei nostri due polmoni che devono mettere in circolo l’ossigeno che hanno bisogno i distributori coi loro magazzini sempre troppo piccoli o troppo pieni o troppo vuoti”.

Anno 2018: il direttore del personale all’imprenditore: “Ecco, Le presento M., il nuovo direttore della logistica”. Il suo curriculum ha stracciato tutti quelli degli altri. Nato per fare evolvere la logistica di qualsiasi azienda, con qualsiasi prodotto, in qualunque parte del mondo. Ha imparato nei terminal della movimentazione container dei più trafficati porti del mondo, poi ha avuto esperienze nell’industria alimentare, nella moda, nel farmaceutico e in una grande catena di ristorazione. Sempre nella logistica! Davvero uno specialista nel suo ruolo, più specializzato di un portiere da Champions. Ci costa un occhio della testa, ma ha accettato di venire una realtà di medie dimensioni come la nostra lui che è abituato alle grandi dimensioni, ai grandi numeri … ma non è dove puntiamo noi?

Anno 2019: M., forse con un poco più di difficoltà del previsto, sta davvero facendo fare un salto alla logistica di questa media impresa… forse non ha instaurato un gran feeling col suo team… ma i progressi sono evidenti. Più volte l’imprenditore, quando incrocia il direttore del personale si auto complimenta per aver dato indicazioni giuste per la politica della selezione del personale apicale della sua azienda.

Anno 2020: arriva il finimondo… chi vi sta scrivendo partecipa alle drammatiche conference tipiche dei primi mesi della pandemia, tra protocolli e difficoltà di ogni genere. Al primo momento di respiro si organizza coi protagonisti giovani e meno giovani un meeting sul futuro: come stare in piedi? Che fare? La discussione si anima… cresce l’on-line… la logistica deve dimezzare i tempi… occorre chiedere pazienza ai fornitori… occorre riconquistare clienti… occorre un nuovo mutuo… quei nuovi prodotti che si erano cominciati a progettare sarebbe una manna averli pronti ora… tutti dicono la loro… chi con metodo e dati chi con intuizioni… il clima è teso… il direttore della logistica sta in silenzio… l’imprenditore quasi lo implora di dir la sua una volta, due volte… alla terza implorazione “M. tu cosa dici? cosa dobbiamo fare secondo te?”. Risposta: “Io sono qui per fare il direttore della logistica, non per mandare avanti la baracca!(summus ius, selezione perfetta… summa iniuria… per l’imprenditore: ma forse ora si capisce perché ha avuto tante esperienze di lavoro…).

L’INCONTRO CHE DA’ VALORE AL TUO VIAGGIO È UN IMPREVISTO: LO SA BENE CAMPLUS!

…E MONTALE. Camplus e News and Customer Experience

Prima del viaggio, dice Montale, si scrutano gli orari, le coincidenze, le soste, le prenotazioni e le pernottazioni… si controllano valigie e passaporti… si acquista un supplemento di lamette da barba… e poi si parte e tutto è per il meglio…
Continua il poeta: che ne sarà del viaggio? … troppo accuratamente l’ho studiato senza sapere nulla… un imprevisto è la sola speranza.

Vale anche per il viaggio degli studenti universitari che cercano un posto in cui vivere nella sede della facoltà scelta e iniziano un viaggio davvero importante per la loro vita.
Anche chi non sbaglia un colpo sulla scelta della facoltà e “fa fortuna”, cioè si realizza davvero, racconta sempre di un imprevisto, di un incontro che ha imprevedibilmente creato una svolta, anzi, la svolta della propria vita professionale, se non addirittura della propria vita tutta.

È questo imprevisto la “Brand promise” di Camplus (www.camplus.it), Fondazione che offre dal 1985 residenze a universitari (e non solo), con una cura che il sito fa solo un poco trasparire.

Come fanno?
È un po’ che li osservavo prima di conoscerli di persona.
Credo che loro si siano accorti di una evidenza che noi, immersi come siamo nella nostra bolla fatta di automatismi – dinamiche – presupposti e credenze per nulla dimostrati, spesso trascuriamo.
L’evidenza è questa: non c’è niente di più imprevisto di ciò che attendiamo con tutto noi stessi! (se non lo attendessimo, non ci accorgeremmo nemmeno quando ci passa accanto).

Due esempi a supporto, il primo universitario e il secondo popolare.

Il primo: studi per l’esame benissimo, non perdi una lezione, confronti i tuoi appunti con quelli dei compagni, segui il professore nei suoi convegni e pubblicazioni. Fai l’esame: prendi 30!
Ovvio, no? Affatto!
Torni a casa e dici: “incredibile ho preso 30!”.
E se qualcuno fra i nostri lettori avesse mai preso 30 ad un esame, avrebbe potuto ricordarsi di questa espressione (“incredibile!”) tipica di chi lo prendeva!
Tu, caro lettore, hai sempre pensato che si trattasse del solito secchione che faceva il solito finto modesto, ma lui era proprio sincero! (e aveva ragione).

Il secondo: lei non ti fa nemmeno dormire di notte tanto è bella e per quanto la pensi.
Quando la vedi ti fa mancare il fiato. Tu, simpaticone dalla battuta sempre pronta, quando, insieme agli amici, sei con lei, rimani muto e impacciato non ti esce nulla di divertente: gli altri prendono sempre la scena e… lei come farà a notarti? Questa è la domanda che ti angustia e che ti tiene sveglio. Passano mesi, ma alla fine lei dice “si!
Incredibile, che imprevisto!
Non solo quindi l’imprevisto è la sola speranza, ma è anche ciò che più è atteso.

Ecco perché Camplus promette agli studenti servizi modellati sulle loro passioni e sul loro corso di studi quando questo è una passione. Perché l’imprevisto non tarda mai troppo in chi l’attende e prende la forma di un incontro. Un incontro che dà valore al tuo viaggio.

Che cosa è una passione se non un’attesa di quell’imprevisto, di quell’incontro, che la fa sbocciare e che produce una svolta addirittura più grande di quello che si attendeva?

Il resto è presto detto: prendete una trentina di universitari “Camplus” sparsi per l’Italia davvero appassionati alla scrittura, piuttosto che alla moda, al food, a lifestyle… condividete queste passioni, che sono le stesse vostre, in una formazione in due puntate, create una chat che diventa genio collettivo, ed ecco nuovi giovani e preparati contributor del nostro Magazine, per il palato fine dei nostri lettori imprenditori, manager, consulenti e… appassionati.

Non vi resta che usare un termine un po’ dotto e alla moda, per esempio partnership, ed ecco presentata la nuova collaborazione tra Camplus e News and Customer Experience.

Non l’avremmo mai previsto!

SONDAGGIO SNEAKERS LIDL: VINCONO I NO GRAZIE!

Perché?

Il 65% dei lettori di News & Customer Experience che hanno partecipato al sondaggio non comprerebbero le sneakers della Lidl. Se i lettori del nostro Magazine rappresentassero l’universo dei consumatori italiani (ma, ovviamente, non è così) alla Lidl brinderebbero, perché il successo delle loro sneakers sarebbe ancora più vistoso se più di un terzo degli italiani si mostrasse sulle vie dello shopping natalizio con ai piedi le “gialloblù” del momento. Quindi: complimenti! 

Risultati del sondaggio: https://newsandcustomerexperience.it/2020/11/27/partecipa-al-sondaggio-lidl-si-grazie-o-no-grazie/

In realtà, nonostante la domanda del sondaggio fosse chiara ed esplicita (“le compreresti?”), è facile notare come il referendum fosse circa l’approvazione o meno dell’operazione di marketing sottesa al tutto. Non a caso gli stessi inviti a votare pro o contro, contenuti nei due articoli dei nostri bravi Francesca Caputo e Andrea Telesca, facevano riferimento, positivo o negativo, all’operazione più che alle scarpe stesse, ignorate nelle ragioni del sì e appena accennate in quelle del no.

Certamente la grande maggioranza dei nostri lettori ama più la personalizzazione che la massificazione e ha approfittato del sondaggio per prendere posizione!

In effetti il “pensato e fatto proprio per te” è il motivo per il quale, ancora oggi, quasi due terzi del pianeta Terra rimane a bocca aperta ad ammirare le “cose” che gli italiani fanno. Da queste “cose” (che siano cucine, vestiti, accessori, mobili, penne, giardini, case, spaghetti, musica, vino… ma anche macchine utensili o lavorazioni del vetro e chi più ne ha più ne metta…) “esce” una bellezza che non si sa mai se scriverla con la b minuscola o maiuscola.

Da secoli, in particolare dalla diffusione dei monasteri benedettini, questo “pensato e fatto apposta per te”, lo abbiamo nel sangue: i monaci, clienti esigentissimi, chiedevano agli operai e artigiani degli inospitali luoghi che sceglievano per i loro insediamenti, di produrre attrezzi agricoli personalizzati e adatti ai diversi tipi di terreno da preparare, insomma “personalizzati”.

Il “non per tutti, ma per te”, che avrebbe poi conquistato “tutti” nasce qui, con radici così profonde che arriva fino… al nostro sondaggio attraversando tutte le vicende della storia, virus compreso.

l Versace, i Ferragamo, i Pomellato, i Ferrari, i Brunello…. di Montalcino, ma anche l’idraulico e il falegname sotto casa, sono figli consapevoli o meno di questa concezione immedesimata col cliente, fino a sentirne su di sé i bisogni, i desideri, e le aspettative e con essi ciò che all’uomo è indispensabile per vivere, come il pane: la bellezza. Bellezza che sa rinnovarsi in continuazione di novità in novità.

N.B.: a proposito di andare di novità in novità… Iscriviti alla Newsletter di News & Customer Experience e riceverai l’invito a partecipare a “Chi si stupisce innova”, viaggio dallo stupore all’innovazione con il contributo di… Gilbert Keith Chesterton, Thomas Stearns Eliot, Ferenc Fricsay, Giacomo Leopardi, Eugenio Montale, Cesare Pavese, Luigi Pirandello, Sylvia Plath, Giuseppe Ungaretti, Vincent Van Gogh, ed altri…

E QUINDI!?

Della differenza fra manager e imprenditore e altro…

Certamente esistono degli imprenditori-manager, ovvero degli imprenditori con capacità gestionali e anche dei manager-imprenditori, ovvero manager con spirito imprenditoriale.
Quindi tra imprenditori “puri” e manager “puri” esistono una infinità di gradazioni intermedie. Certamente nelle nostre imprese, a seconda della circostanza che ciascuno di noi si trova ad affrontare, è opportuno “attivare“ la dimensione più pertinente ad essa.
Amo in modo particolare il mindset del Genio Collettivo, ovvero la modalità di ragionare che Linda Hill e i suoi ricercatori hanno rinvenuto nelle imprese che hanno dimostrato, negli ultimi dieci anni, di saper innovare in continuazione (clicca qui).

La ragione per cui sono appassionato dei tre modi di ragionare indicati per innovare (partire dai dati, non dar niente per scontato, avere una visione d’insieme) sta nel fatto che essi dimostrano che sono necessarie, nella stessa persona (o almeno all’interno di un gruppo) entrambe le dimensioni: quella manageriale (partire dai dati e la conseguente capacità di analisi e interpretazione) e quella imprenditoriale (avere una visione d’insieme che tenga conto di tutti i fattori, sapendo cogliere quelli che indicano l’azione innovativa o risolutiva). Il “non dar niente per scontato” è la condizione stessa sia dell’analisi tipica del manager, sia dell’azione propositiva tipica dell’imprenditore.

L’analisi, la corretta definizione di quale sia “IL” problema (clicca qui) è una condizione necessaria ma non sufficiente: c’è da rispondere alla domanda – avverte Alessandro Bracci, CEO di Teddy, il colosso italiano del fast fashion – “e quindi!?”, ovvero che cosa il problema (cioè l‘ostacolo verso l’obiettivo) indica come soluzione innovativa.

E quindi !?“, Alessandro Bracci, CEO Teddy

Come a dire che, per l‘imprenditore, la definizione del problema non è corretta e non è davvero completata finché esso non mostra il lato costruibile, il punto su cui poggiare per partire verso “L’” azione che lo risolve, avvicinando “L’” obiettivo. Insomma c‘è un modo di DEFINIRE i problemi (e le opportunità) da manager e un modo di AFFRONTARLI da imprenditori: occorrono entrambi! (ed è proprio questo che “IL GENIO COLLETTIVO” assicura).

La domanda “e quindi?!” (così semplice e così “tremenda“, magari fatta dopo mesi di studio) è proprio il trait d’union fra le due dimensioni, o meglio: è la domanda dell’imprenditore che chiama all’azione costruttiva.
Per l’imprenditore un problema che non mostri il suo lato costruibile , che non chiami a una azione “geniale” non è più un problema, è un dato di fatto!
L’imprenditore ama i problemi (ci sguazza dentro, si sente sempre parte in causa, sa che sono gli ostacoli da rimuovere per raggiungere traguardi, trova in essi opportunità di progresso) e odia i dati di fatto, ovvero quel modo di definire i problemi che non lasciano via di uscita verso l’azione risolutiva e innovativa.
Ha ragione l’imprenditore: riusciamo a trattare una situazione come problema proprio perché ne presupponiamo la soluzione. Se non la presupponiamo allora, appunto, non si tratta di problema ma di un dato di fatto!

“C’È POSTA PER ME”… DA STEFANO PIOLI

Il G.L.U.E. dell’allenatore del Milan

Giving Little Unexpected Extra

G.L.U.E.: dare un piccolo inaspettato (e sorprendente) extra al cliente (in questo caso al tifoso), ecco cosa lo attacca sempre di più al “suo” brand preferito e a scongiurare quindi tradimenti (sempre dietro l’angolo) verso i concorrenti!

Così, stamattina il postino ha suonato alle 8.00 a casa mia, fedele abbonato milanista, per avvertirmi che “c’è posta per me”. Solita multa o qualche bolletta, ho pensato in questo periodo non certo brillante… invece no! Niente di meno che Stefano Pioli in persona, forse imitando il (per ora) più titolato collega Guardiola (clicca qui), mi scrive una bellissima lettera nella quale dice che io in persona manco a lui, alla squadra e alla società! Mi dice che sa benissimo che non mi perdo una partita in tv del Milan e che mi manca lo stadio e l’inconfondibile odore del prato di San Siro (noi fanatici lo chiamiamo ancora così invece che stadio Meazza) onorato dai tacchetti delle scarpe di Van Basten, Maldini, Baresi, Sheva manovrati da talenti epici paragonabili a eroi omerici cantati dal nostro Omero Carlo Pellegatti che oggi guarda con simpatia ai giovanissimi condottieri di Pioli, illuminati dai lampi e dalle occhiatacce di Ibradiddio.

Ma ecco il G.L.U.E.: il Mister mi dona e mi allega un biglietto gratuito per visitatore il Museo del Milan, per ricordarmi chi siamo, da dove veniamo e verso quali vette siamo destinati. Ovviamente “crollo” per il dono inaspettato e in pochi istanti giro la lettera all’illustre abbonato Corrado Mangano, super competente milanista e numero uno degli immobiliaristi del centro di Milano. Con lui, in settimana, facciamo sempre il punto sulla campagna acquisti, sul modulo, sulla formazione che dobbiamo mettere in campo per il prossimo impegno, sulla situazione Covid oltre che, naturalmente, su questioni importanti e urgenti per la squadra, come per esempio se possiamo rischiare Hauge a destra, visto che a sinistra fra Rebic, Leao e Diaz siamo già coperti.

Appena visualizzata sul suo whatsapp la foto della lettera che mi ha mandato Stefano (ora che mi ha scritto sicuramente vuole che gli dia del tu…) mi ha subito risposto: “Casuale?”.

Ovviamente si chiede se questo G.L.U.E. va a tutti gli abbonati o hanno casualmente scelto alcuni…

“eh no… grande Corrado… la scelta non può essere stata casuale, sicuramente Stefano Pioli ha pensato a me perché io per il Milan sono molto importante!”… potere del G.L.U.E. (clicca qui)!

LA TRIMESTRALE DEL CLIENTE

Qualcosa di semplice per portare davvero la cultura del cliente nella tua impresa

«Ho sempre desiderato dimostrare che nessun lavoro, nelle nostre imprese, è davvero a impatto zero per l’esperienza del cliente: o la migliora o la deteriora. Tutti rispondono: “Certo!”, ma sotto sotto pensano sia una esagerazione, un modo per dire che tutti devono essere orientati al cliente. La Trimestrale del Cliente invece mostra puntualmente dove, come e quanto i risultati del tuo “settore” influiscano sull’esperienza del cliente nel suo viaggio con la tua impresa, ovviamente al fine di migliorarla.

“Non c’è comunicazione adeguata fra settori e parti dell’azienda, mancano informazioni, obiettivi condivisi e confronto”. Davanti a questa ricorrente “denuncia”, a nulla servono le promesse di realizzare meeting di collegamento per comunicare fra uffici, settori, direzioni…: nessuno riesce a unire ciò che nasce diviso! In grado di “unire” i settori aziendali è proprio l’esperienza del cliente: la dashboard e il meeting trimestrale pongono questa unità come dimostrata “pretesa” del cliente.

Così come il cliente non è proprietà dei commerciali e dei venditori, ma di tutti coloro che influiscono sulla sua esperienza, ovvero TUTTI, così l’analisi dei dati non è affare solo degli analisti! Di troppi dati si può “morire”: quali sono davvero quelli essenziali, “incontestabili” e che danno una visione sintetica dello stato di salute che i nostri clienti attribuiscono alla nostra impresa? Se i dati servono a conoscere la realtà, per lavorare coi dati occorre quindi un grande amore alla realtà per quello che essa è, e non “per quello che io pensa che sia”. La Trimestrale del Cliente parte da questo amore alla conoscenza della realtà che è parte essenziale dell’amore al lavoro.

Con una bravissima collega analista, Valentina Romagnoni, e con l’aiuto di studio, occasioni e casi di lavoro, abbiamo trovato un’idea semplice. La semplicità è una complessità risolta e questa “trimestrale” aiuta ad affrontare l’enorme complessità di questi tempi in cui molti sono chiamati a innovare, sperimentare e riprogettare la propria offerta».

Buona Trimestrale!
Mario Sala


CRISI DELLE CATENE DI RISTORAZIONE, DUE RISPOSTE DIFFERENTI: LONDRA E ATLANTA

Eat out to help out oppure Restaurant Franchising & Innovation Summit?

La prima notizia è che sembra sia stato un successo il programma Eat out to help out” lanciato dal governo inglese.

Il programma prevedeva sconti del 50% nei locali (fino a un massimo di 10 £) dal lunedì al mercoledì: il governo – entro cinque giorni – paga la differenza. Sono 500 i milioni di sterline che sostengono il programma con la motivazione di “tutelare i posti di lavoro di 1,8 milioni di cuochi, camerieri e ristoratori”.

Il successo sta nel fatto che hanno aderito circa 80.000 ristoranti e oltre 65 milioni di pasti sono stati inseriti nel programma. Ovviamente, come in ogni Paese libero, ci sono state polemiche: chi si è lamentato per la durata troppo esigua del programma (meno di un mese), chi ha visto nel progetto una pesante contraddizione col piano anti obesità perché il programma ha sostenuto anche i fast-food. In ogni caso si è in attesa dei dati ufficiali circa il grado di raggiungimento degli obiettivi che si proponeva il progetto.

Davanti alla crisi sanitaria reagiscono diversamente gli Stati Uniti: qui l’iniziativa non è governativa, anche se sostenuta dal governo, ma è partita dalle catene stesse che hanno lanciato da Atlanta il Restaurant Franchising & Innovation Summit (Atlanta 22 – 24 febbraio 2021). È questo il momento -dicono le catene organizzatrici del summit – di abbracciare l’innovazione in tutte le sue espressioni: nuove tecnologie, riformulazione dell’offerta, nuove voci di menu, nuove strategie di marketing, nuovi concept Store, nuove promesse ai clienti, nuove modalità di relazione… Il Summit di Atlanta fa una grande promessa: “i partecipanti acquisiranno informazioni e l’ispirazione per essere più progressisti in ogni aspetto della loro attività“. Il nostro magazine è in contatto con gli organizzatori per poter seguire gli interventi più rilevanti: sono ad oggi iscritti a parlare i Presidenti o i Ceo di:


Stay tuned..

SNEAKERS DI TUTTO IL MONDO, UNITEVI!

A Bordeaux: esposizione di tutte le sneakers che han fatto e fanno storia

A Bordeaux fino a gennaio 2021, l’originalissima esposizione: Playground, Le Design des sneakers, Musèe des Arts dècoratifs. Si tratta di una mostra con 400 paia delle calzature che sono diventate un mito che non accenna a tramontare. Già il nostro magazine si era entusiasmato per il mito delle storiche e al contempo attuali Stan Smith (clicca qui), da star del tennis a fashion icon o per le nuove “supercourt” di Adidas , “made with care, worn without” (clicca qui) , ma a Bordeaux hanno radunato TUTTE le mitiche sneakers che han fatto storia, moda, cultura… Si va dalle Spring Court che John Lennon calza nella pubblicità dell’album Abbey Road, alle Nike Air Force 1, alla bacheca delle “Sneakers for winners“, ovvero “The aura of the Olympic games”.

L’esposizione, entusiasmante, sembra voler rispondere a questa domanda: ma come han fatto scarpe da tennis, da basket o da runner a essere diventate un mercato di massa sempre in crescita dagli inizi del ‘900? Quali testimonial, davvero le han fatte diventare capi di moda piuttosto che icone o vere e proprie opere d’arte? E che parte hanno avuto, ad esempio, i break dancer newyorkesi? E come la tecnologia ha rivoluzionato queste calzature, senza mai far perdere la loro identità, anzi alimentandola?
Oltre alla “mitica” esposizione, anche film, testimonianze e un’atmosfera CHE EVOCA IL NOSTRO… si cresce solo per entusiasmo!

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