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Gabriele Mancosu - page 5

Gabriele Mancosu has 44 articles published.

Manager consultant di Praxis Management e News & Customer Experience. Dal 2012 è impegnato nello studio del cliente del segmento Fast Casual e nell’applicazione pratica delle best practices di customer experience alla realtà organizzativa e quotidiana delle organizzazioni di ristorazione. Da 6 anni riporta la voce e l’esperienza del cliente in alcuni prestigiosi brand della ristorazione; per questi ultimi si occupa anche della progettazione e formalizzazione di mansionari e procedure per migliorare l'esperienza del cliente e della loro diffusione attraverso programmi didi formazione in e-learning e video. Esperto della mappatura dei touchpoint (punti di contatto cliente/brand), ne verifica la corrispondenza con le promesse del brand dal punto di vista del cliente, al fine di proporre significative innovazioni. gabriele.mancosu@praxismanagement.it

CHE SVOLTA DOPO QUEL 2008 DA INCUBO!

Alcuni grandi brand l’hanno capito: la Customer Experience è la strada giusta per uscire dalla crisi e per riposizionare con successo il proprio brand. Non è un caso che diverse ricerche, negli ultimi anni, hanno rilevato che percentuali considerevoli di aziende di diversi settori riconoscono proprio la Customer Experience come fattore predominante di differenziazione, più di prodotto e prezzo.

 La recente storia di Starbucks ne è la conferma.  Soltanto nel 2008, il colosso americano delle caffetterie annunciava al mondo, in seguito a un drastico calo delle vendite, la chiusura di ben 600 locali su tutto il territorio degli Stati Uniti. Il brand, icona dell’incontro e dello svago, cominciava a essere percepito dal proprio pubblico come datato e noioso. Cattura

Dal 2008 a oggi, però, le cose sono cambiate! La multinazionale di Seattle, che si prepara a sbarcare anche in Italia, rivela uno stato di salute più che ottimale.

Ecco, in ordine, le strategie che l’azienda guidata da Howard Schultz ha realizzato per rilanciare il proprio business mettendo il cliente al centro delle proprie iniziative.

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Fonte: starbucks.com/blog

Innanzitutto, per ottimizzare l’esperienza del cliente, Starbucks ha investito sia sul prodotto che sul luogo in cui consumarlo, ovvero il locale. Ha migliorato la qualità del suo caffè e, allo stesso tempo, ha lavorato per rendere ogni locale in linea con il cosiddetto “third place”: un luogo che, fisicamente e mentalmente, si trova tra posto di lavoro e casa, un ambiente unico dove trascorrere il proprio tempo libero o lavorativo, soli o in compagnia (approfondisci qui)

In secondo luogo, ha valorizzato l’esperienza del cliente arricchendone l’offerta durante la fascia serale, inserendo quindi nel menù una scelta di birre, vini e piccoli assaggi.

E, infine, ha realizzato un investimento nel campo dell’innovazione. Un’estensione dell’app Starbucks, a oggi attiva solo nelle città di Seattle e New York, con la quale i consumatori possono ordinare il prodotto e richiederne la consegna a domicilio.

Di seguito un interessante video che documenta rapidamente le mosse attraverso le quali Starbucks ha riaffermato il proprio brand mettendo l’esperienza del cliente davvero al centro delle sue priorità.

MORTON’S E QUEL TWEET CHE STA FACENDO IL GIRO DEL MONDO

Questa storia non è recentissima, ma da mesi continua a rimbalzare da un sito all’altro, facendo il giro del mondo. Vediamo subito che cosa è successo di così straordinario (o terribile!)..

Peter una mattina deve andare da New York a Tampa, in Florida, per un pranzo di lavoro. Negli Stati Uniti, si sa, le distanze non sono esattamente quelle che ci sono in Italia. Il programma di Peter per quella giornata, per niente inusuale per un businessman americano è: sveglia alle 3.30 di mattina, aereo alle 7, 2ore e mezza di volo, un’altra ora di viaggio in auto, tre ore seduto a tavola dove, tra un boccone e l’altro, si lavora, rientro in aeroporto, aereo di ritorno alle 17, arrivo previsto a Newark alle 20, e rientro a casa non prima delle 21.

La preoccupazione di Peter, amante appassionato del cibo e, in particolare, delle steakhouse, è proprio quella di rientrare a casa senza avere la possibilità di procurarsi una cena adeguata.

Ancor più che appassionato delle steakhouse in generale, Peter adora Morton’s, una catena americana di bracerie con più di 75 locali in tutto il mondo. Morton’s non è una steakhouse qualunque: l’azienda ha un formidabile Customer Relation Management che sa perfettamente che Peter è un cliente affezionato che, ovunque si trovi, se c’è un Morton’s ci va.

Ora, salito a bordo del suo aereo per tornare a casa, Peter avverte un certo languorino (un pranzo durato tre ore, per quanto soddisfacente, non è bastato a calmare il suo stomaco). Prima di partire, da buon social addicted , twitta: “Morton’s mi puoi portare una porterhouse (una bistecca, nda) all’aeroporto di Newark quando atterro tra due ore?”. Ovvio, Peter scherza.. Nonostante abbia un’altissima opinione del suo locale preferito, non si aspetterebbe mai quello che sta per accadergli. Per farla breve, atterrato a Newark, appena uscito dal gate, Peter si “scontra” con Alex che, presentandosi, gli porge sorridente una borsa di Morton’s contenente le “meglio leccornie” del menù. Peter non può crederci, e lui non è uno che si stupisce facilmente..

Eppure, qualcuno dell’area social dell’azienda legge il tweet, chiede un’autorizzazione a procedere con quell’ordine specialissimo, informa il locale più vicino all’aeroporto (distante quasi 40 chilometri), il locale prepara la consegna e spedisce Alex in aeroporto alla ricerca di Peter (che, diciamocelo, poteva arrivare ovunque e a qualunque ora). Il tutto in TRE ore, il tempo del decollo e dell’atterraggio del volo Tampa-Newark.

Certo, ogni dettaglio, a partire dallo “scherzo” di Peter, concorre a far risultare l’intera operazione impossibile da portare a termine. Cosa che chiunque, azienda o cliente, placidamente ammetterebbe. Ma se invece funzionasse? Se invece funzionasse genererebbe un tanto entusiasta quanto contagioso passaparola positivo. Tanto che la storia ancora oggi, dopo mesi, viene raccontata e ripresa sui siti internet e sui social network di tutto il mondo.

Il passaparola indica lo stato di salute di un Brand ed è misurabile con un indice riconosciuto internazionalmente chiamato Net Promoter Score. Morton’s scoppia di salute. E il tuo brand?

TOUCHPOINT e RISTORAZIONE

Oggi percorriamo il viaggio di un cliente di un locale, alla scoperta dei touchpoint che può toccare prima, dopo, durante il suo pranzo, la sua colazione, la sua cena o il suo gelato, ipotizzando quali possono essere le sue aspettative nei confronti del brand, segnalando quali mancanze può osservare e dando un’indicazione esemplificativa di quali opportunità si aprono per migliorare la sua esperienza, tanto da invogliarlo a tornare e da farlo diventare un fan del format, del servizio, del menu e, più in generale, dell’offerta dell’azienda.

Dal momento che i touchpoint che il cliente può incontrare, a seconda del percorso che effettua, con il brand del settore della ristorazione che ha scelto sono tanti e diversi (una mappa completa ne conta ben oltre un centinaio), ci limiteremo, in questa sede, a indicare quelli macroscopici, principali ed evidenti. Ne risulterà un quadro chiaro, anche se semplificato, il cui punto fondamentale è che ognuna delle mancanze segnalate può causare la perdita di un cliente (infondo, quanti altri ristoranti, bar, gelaterie ci sono in città?). Al contrario, essere all’altezza delle aspettative del cliente o, meglio, essere sul pezzo di quelle che sono le opportunità per stupirlo lo trasformerà in un promoter del locale, in particolare, e del brand, in generale, pronto a raccontarne le meraviglie ad amici e colleghi.

Quindi, iniziamo!

Touchpoint ristorazioneCome anticipato, questo è un quadro abbastanza semplificato, ma il punto è: ognuna di queste mancanze può far perdere al locale (e quindi al brand!) il cliente – con il rischio, oltretutto, che dica ad altri potenziali clienti che il posto non vale la pena di passarci una serata.

Lo scopo di un serio lavoro sull’individuazione dei touchpoint della propria azienda e, successivamente, sull’esperienza che in essi si propone ai clienti è quello di farli diventare promoter del business: farli tornare e far sì che il loro passaparola non solo non sia negativo, ma sia addirittura entusiasta.

Ovviamente, non si tratta semplicemente di comprendere quali siano le aspettative del cliente e intercettare i suoi desideri e i suoi bisogni intrinsechi, ma anche di stabilire i termini entro i quali si possa ri-definire la sua Customer Experience, con l’intento di sorprenderlo ed entusiasmarlo. In sostanza, non ci basta sapere che il cliente vuole essere “trattato bene”, ma bisogna definire cosa questo significhi qualitativamente e quantitativamente.

Un lavoro che, evidentemente, non si accontenta di “statici” ed esemplificativi suggerimenti di opportunità, ma che necessita di un piano di azione specifico e approfondito per la propria realtà aziendale.

Quindi, scopri, valuta e migliora insieme a Italian Customer Intelligence la Customer Experience nei touchpoint che vive il tuo cliente. Scrivi a info@italiancustomerintelligence.it

LA “VERA” NATURA DEL NET PROMOTER SCORE

Una nuova ricerca di Digitas LBi riporta che i consumatori si fidano di più del consiglio di amici e conoscenti che di blogger e influencer (leggi le percentuali qui).

Il vero stato di salute di un brand è misurato dal numero di promoters, ovvero dai “fanatici” di una marca che alla domanda “Quanto consiglieresti il Brand X ad amici e colleghi, in una scala da 0 a 10?”, rispondono perentoriamente 9 o 10. Il Net Promoter Score è l’indice dato dalla percentuale di promoters meno quella dei detractors (coloro che alla medesima domanda rispondono con valori da 0 a 6) e indica il tasso di passaparola positivo che si situa proprio nella relazione “consigli per gli acquisti” fra amici e colleghi.

Nella tabella sono riportati i valori medi del Net Promoter Score per molti settori negli Stati Uniti (Fonte Temkin Group, ultima rilevazione dell’ultimo quadrimestre 2014) e sarebbe davvero interessante sapere se il nostro brand è sopra o sotto la media del settore, il che equivale a dire se è in grado di attirare su di sé investimenti.

Temkin con sfondo

Per incrementare il numero dei promoters non c’è altra strada che ascoltarli e coinvolgerli nella progettazione di una customer experience superiore, per poi saperla offrire a tutti i clienti non solo al momento dell’acquisto ma soprattutto quando il prodotto/servizio comprato viene utilizzato. Il promoter è tanto entusiasta del Brand (oltre che profondo conoscitore) quanto esigente e si attende sempre una esperienza in linea o addirittura superiore alle sue già alte aspettative.

I dati sopra riportati della ricerca di Digitas LBi portano alla conclusione che occorre investire davvero sulla customer experience e che gli investimenti in comunicazione “influenzano gli influencer” più del cliente reale, che, invece, viene contagiato soprattutto dall’entusiasmo verso un Brand di un amico o di un collega ritenuto testimonial credibile e affidabile.

PassaparolaÈ proprio questa la natura del promoter: l’entusiasmo che contagia. Il promoter non consiglia solo quando interpellato, ma parla del suo brand e della novità che questo propone in ogni occasione, a proposito e a “sproposito”. È questa esuberanza che contagia. Il promoter non può non raccontare a amici e colleghi – come se fosse ogni volta un evento – un acquisto o anche semplicemente una notizia che riguarda ilbBrand. Che si tratti di una moto, di un capo di abbigliamento, di un articolo per la casa, di un profumo, di una linea aerea, di un ristorante, di una polizza assicurativa, il promoter ne parla. E ne parla benissimo, gratis! Proprio la parola “gratis” (dal latino: grato, riconoscente) descrive bene la natura del promoter e certo c’è da fidarsi di più di chi comunica gratis piuttosto che a pagamento! 

Per sapere come rilevare il Net Promoter Score della tua azienda ed offrire così una customer experience superiore ai tuoi clienti, scrivi a info@italiancustomerintelligence.it

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