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Andrea Telesca - page 3

Andrea Telesca has 30 articles published.

Consultant di Praxis Management e Contributor di News & Customer Experience. Studia l’applicazione della Customer Experience nel settore dell’Arte, della Cultura e della Comunicazione. Nasce a Venezia nel 1994, frequenta il Liceo Classico, si laurea nel 2016 presso l’Università Bocconi in Economia. Affronta il mondo della comunicazione e del marketing con esperienze trasversali in diversi media (Web TV, Radio, Giornalismo). Inoltre, fonda una delle associazioni studentesche più attive in università: “BFood-Bocconi Students Food Association”. Prosegue gli studi magistrali in Storia dell’Arte presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano ottenendo il massimo dei voti con lode con una tesi intitolata: “Arte Contemporanea Africana, nelle mostre internazionali e nei mercati dell’Arte: il ruolo del critico Okwui Enwezor e l’opera di El Anatsui”. Si avvicina al mondo dei mercati dell’Arte grazie ad una breve esperienza di formazione presso il Sotheby’s Institute of Art di Londra ed in seguito presso la sede milanese della Casa d’Aste Wannenes. mail: andrea.telesca@praxismanagement.it

LIBIAMO NEI LIETI CALICI (ANCHE DA CASA)

Villa Sandi lancia un nuovo modo di vivere l’aperitivo

Ho avuto la possibilità di partecipare ad una visita guidata, culminata con un’ottima degustazione di vino, della nota cantina Villa Sandi. È un’eccellenza nel territorio veneto e produce uno dei vini frizzanti più famosi del mondo: il prosecco. Villa Sandi è innanzitutto un luogo meraviglioso immerso tra le colline della Marca Trevigiana. È anche un ammirevole edificio in stile palladiano che risale al 1622 ed ospita la sede dell’azienda, guidata da Giancarlo Moretti Polegato.

Ho potuto prenotare la visita telefonicamente, con una grande disponibilità da parte del personale. Raggiunta la sede, la guida (attenta a tutte le norme di sicurezza) ha condotto il gruppo nei luoghi sotterranei che conservano le bottiglie di vino. I corridoi che abbiamo percorso, oltre ad essere estremamente affascinanti, raccontano di una storia passata risalente alla Seconda Guerra Mondiale: erano utilizzati per trasportare i rifornimenti alle truppe, in modo tale da non essere rintracciati dai nemici durante gli spostamenti. Oggi quei corridoi vegliano su più di un milione di bottiglie.

Alla fine di un’esperienza così bella come si può vincere la nostalgia? Il luogo, il vino, la bellezza del territorio sono stati insuperabili, tanto che me li sarei voluti “portare a casa”.

Ecco allora la novità: Villa Sandi, a causa, o forse grazie al distanziamento sociale, ha pensato ad una nuova formula di degustazione #CondividiamoUnApe: l’aperitivo in diretta streaming che si può condividere con chi vuoi. Lo si può fare comodamente da casa ed è estremamente semplice, basta ordinare il Kit aperitivo composto da una bottiglia di Prosecco Superiore Millesimato DOCG e da due confezioni di “Pan Da Vin” (un pane da degustazione pensato dagli studenti della scuola professionale DIEFFE di Valdobbiadene) per “accompagnare il bicchiere”.

Tale proposta lancia una nuova modalità di gustare l’aperitivo, potendolo condividere con i propri amici e parenti anche lontani, non solo nel periodo della quarantena, ma sempre, avvicinando le persone con cui si desidera brindare, anche quando non è possibile incontrarsi. In tal modo passa la nostalgia, anche se la bellezza del luogo resta inestimabile e soprattutto insostituibile.

IL GOLOSARIO DEGLI ITALIANI

Con il nuovo servizio dellapp, il piatto è servito, a casa vostra…

Il filosofo tedesco Feuerbach affermava: “L’alimento umano è il fondamento della cultura e del sentimento”. Lo scriveva nel 1862 e nello stesso testo affermava anche che…l’uomo è ciò che mangia”, nel senso che un popolo è in grado di progredire anche grazie all’alimentazione. Come dargli torto? È grazie al cibo che la specie umana è mutata e migliorata nel tempo.

Pertanto, non possiamo lasciarci sfuggire l’ulteriore fase evolutiva che stiamo attraversando in questo periodo. Sembra, infatti, che l’homo sapiens sapiens si stia pian piano trasformando in homo digitalis.

Siamo rimasti affascinati dall’applicazione che è stata pensata da Il Golosario, una delle più importanti realtà che si occupa di cibo a 360°… un portale che scopre ristoranti in grado di stupirci… una community di persone che scovano il meglio dei locali che sono presenti in Italia (inutile dirlo, il Paese migliore del mondo dove mangiare).

Il Golosario è un’eccellenza che ha alle spalle una delle figure più illustri e preparate su “le cose buone d’Italia”: il giornalista enogastronomico Paolo Massobrio… si è subito prodigato per andare incontro al nuovo fenomeno della ristorazione. I locali, per rispondere all’esigenza di palati raffinati e desiderosi di cibarsi, hanno dovuto fare i conti con un nuovo modo di proporre il “mangiar fuori”… raggiungendo i clienti direttamente a casa. Non è una novità il food delivery, la vera novità è chi ha iniziato a farlo! Come lo scopriamo?

Tramite l’applicazione IlGolosario RISTORANTI, disponibile sia in versione iOS, che Android.

Come cercare dall’app tutti i locali che in questo periodo offrono il servizio di delivery? È molto semplice! Direttamente dalla home page dell’applicazione: basta digitare nel banner di ricerca la parola “delivery”. Comparirà un elenco di tutti i locali che offrono questo servizio. Si possono filtrare per vicinanza geografica, per voto crescente o decrescente oppure in base al prezzo. La stessa ricerca si può compiere con la parola “take away”.

Il servizio più completo è messo a disposizione con un abbonamento annuo del costo di un menù da fast food, appena 7.90€, ma non facciamoci ingannare, qui la qualità è sostanziale: infatti l’app ci spalanca ad un vasto universo di informazioni dettagliate, prezzo medio, piatti imperdibili e qualche anteprima sull’esperienza che potremo vivere…

Insomma, il Golosario è riuscito ancora una volta a prendersi cura dei propri utenti amatori del mangiar bene. Anche quando i ristoranti si trovano a dover gestire flussi di persone contingentati, possiamo contare su servizi che favoriscono e perpetuano il gusto ed il piacere della cucina. Da oggi, anche noi, siamo pronti a questa nuova incredibile fase evolutiva, perché quello che mangeremo, diventerà ciò che saremo.

Andrea Telesca

MANGIAR FUORI? PER ORA MEGLIO NEL RISTORANTE SOTTO CASA (63%)

…con il delivery la preferenza arriva a superare il 70%

Nel corso della settimana abbiamo effettuato un sondaggio: qual è il sentimento dei consumatori in questo particolare momento di lenta ripresa del settore della ristorazione? Lo abbiamo chiesto ad un campione eterogeneo di persone classificato per età e sesso. È interessante sottolineare che la risposta maggiore è arrivata dalle donne, che hanno partecipato più attivamente (59%) rispetto agli uomini (41%). Dai risultati emerge un dato fondamentale: il Covid-19 non ha cancellato del tutto il desiderio di mangiare fuori di casa.

Questo “mangiar fuori” si può declinare in molti modi. Per questo abbiamo voluto concentrare la ricerca individuando due categorie principali: il ristorante “vicino casa” (o pizzeria) o la catena “fast casual. Da una parte possiamo essere affezionati alla trattoria, al ristorante tipico, che ci ispira sicurezza a pelle; dall’altra potremmo essere amanti di quella novità stuzzicante, che vince per il metodo con cui è concepito il servizio, ben organizzato e definito, che propone una cucina veloce (fast) ma allo stesso tempo di qualità e che possiamo trovare a Milano come a Roma, a Verona oppure a Torino, a Napoli e a Palermo: la cosiddetta catena “fast casual”.

Quasi tutti, a prescindere dall’età, hanno risposto che in questo periodo preferiscono il “ristorante sotto casa”, sia nell’ottica della consumazione al tavolo, che scegliendo la modalità “delivery”.

Un quarto della popolazione del nostro campione dimostra che chi era abituato ad uscire, oggi, invece, preferisce non farlo. Premesso che il 63% di tutti gli intervistati afferma che preferirebbe uscire a mangiare nel “ristorante sotto casa”, un dato che stupisce riguarda i giovani compresi nella fascia 18/25 anni: ben l’83% di essi lo preferirebbe rispetto ad una catena Fast Casual, un dato al di sopra della media.

Il 58% dei giovani 18/25 sarebbe disposto ad ordinare attraverso i servizi di “delivery” del “ristorante sotto casa”, dimostrando di avere decisamente più voglia di uscire, ma se consideriamo tutte le fasce di età, la percentuale cresce fino al 70%. Al progressivo aumentare delle fasce d’età cresce, invece, la cautela sull’uscita: alla domanda “LOCKOUT: per mangiar fuori casa, meglio la Catena Food Fast Casual che preferisci o il ristorante vicino a casa che conosci bene?” il 32% del campione relativo alla fascia di età 51/65 ha risposto: “Né l’uno né l’altro fino a che esiste il Covid-19”, risposta nemmeno presa in considerazione dai più giovani.

I dati evidenziano che la fascia di età superiore ai 26 anni è il target principale delle catene fast casual, ma tale categoria deve confrontarsi con una clientela più intimorita all’idea di uscire fuori di casa.

I giovani, invece, si affermano come i più coraggiosi (forse spavaldi), tuttavia desiderosi di rientrare in un clima di normalità.

Gli adulti, al contrario, sono più cauti e aspettano, sperando che questo nemico invisibile sparisca dalla circolazione.

Sono dati che riguardano la prima settimana dopo il “lock-out” e che, forse, nelle prossime settimane si stabilizzeranno anche in base al progressivo rientro dallo stato di emergenza. Ci siamo resi conto, in questa condizione particolare, che il “ristorante sotto casa” ci trasmette maggiore fiducia rispetto ad una catena, nonostante quest’ultima abbia una filiera controllata ed estremamente efficiente.

Vedremo come cambierà la percezione nei prossimi mesi.

MI RITORNI IN MENTE

Una mostra delivery ci porta a casa il mondo là fuori

Esistono idee introvabili che dimostrano come la creatività non abbia limiti. Da dove nasce la creatività? Dall’ingegno… e l’ingegno è preceduto dall’acuta osservazione, dall’accorgimento, dall’intercettazione di un bisogno particolare. Other Size Gallery by Workness a Milano si ingegna, colta alla sprovvista, come tutti, da un’impossibilità a far vedere la bellezza di cui essa è veicolo. L’arte, oggi ancora timidamente nascosta a causa dei tempi che corrono, esce silenziosamente dalla Galleria, lasciandosela alle spalle per raggiungere direttamente i propri amanti nelle loro case, come a voler sfuggire dallo stato di immobilità generale.

Si tratta di una “mostra delivery”, cioè, avete capito bene, viene spedita direttamente a casa. Funziona così: bisogna inviare una richiesta a othersizegallery@workness.it indicando l’indirizzo della propria abitazione. A questo punto, dal 20 maggio all’8 luglio, ogni settimana, la Galleria spedirà otto cartoline realizzate da alcuni fotografi emergenti del panorama artistico italiano: Michela Battaglia, Davide Bertuccio, Roberto Boccaccino, Tomaso Clavarino, Gianpiero Fanuli, Vanessa Pallotta, Sara Palmieri e Francesca Todde. Si tratta di un viaggio che vuole catturare il tempo, forse un tempo che vogliamo recuperare, che vogliamo riscoprire nella nostra dimensione privata. Ma ciò che veramente entusiasma di tale iniziativa, che seguiremo attivamente, è l’amore, la tenerezza verso i fruitori. In un momento di smarrimento essi vengono raggiunti, inaspettatamente, proprio a casa. Ecco, che la Galleria non si fa dimenticare, anzi, ci ritorna in mente, ci coglie di sorpresa e riaccende il desiderio, nonostante la lontananza tra le nostre mura, di andare a curiosare sul sito web.

Non appena ci sentiremo più sereni a ritrovarci a calpestare i suoi pavimenti, ad assaporare il suo profumo, come l’incanto dell’attesa degli innamorati che si spediscono lettere guardando fuori dalla finestra, saremo pronti a riabbracciarci. Ed è così che attenderemo queste cartoline, aspettando curiosi di andare a sbirciare nella cassetta delle lettere le immagini di un mondo che non si è mai fermato e che non vede l’ora di uscire.

Andrea Telesca

#IO RESTO ALL’ESSELUNGA

Quando la quarantena sarà finita, rimarrò fedele al brand

Stiamo vivendo in un periodo senza strette di mano… molti clienti si sentono in difficoltà, specialmente nei centri che generano assembramenti. Oggi le nuove agorà sono i supermercati, che accolgono masse di clienti schivi e nervosi che si muovono disorientati. Sono nate alcune app per poter contare il numero di persone in coda. Ma questo non diminuisce la diffidenza e la difficoltà di chi si imbatte nella spesa settimanale. Quindi, in che modo la Shopping Experience può aiutare in un momento di difficoltà? Molte catene di supermercati si stanno domandando in che modo possono aiutare i propri consumatori a vivere la spesa in modo efficiente e sereno.

Ormai anche le leggi ci impongono di adottare delle misure di sicurezza che ci obbligano ad attendere, mettendoci in coda, fuori dal supermercato alla distanza di un metro l’uno dall’altro. Ma avete notato quello che ci sta accadendo intorno, sono solo norme di sicurezza? Oppure esiste anche un’attenzione da parte delle grandi catene su come offrire un’esperienza sicura ed efficiente?

Sono stato a fare la mia spesa settimanale all’Esselunga, la nota ed insostituibile catena di supermercati lombarda. Mi trovo in coda, in attesa di poter entrare nel supermercato e resto davvero sorpreso dell’attenzione da parte dello staff della security e del personale dello store.

Una volta superato il momento della coda, finalmente sono entrato nello store. Mi dirigo immediatamente verso la zona dei carrelli e lì trovo il primo segno di attenzione nei miei confronti… Di fianco ai carrelli si trova immediatamente un distributore con il disinfettante per le mani ed una scatola con i guanti di plastica da poter indossare per prendere il carrello.

Subito un addetto della security mi ha indirizzato verso la fila, accompagnandomi con gesti e sguardi verso la direzione giusta.

Mentre attendo in fila mi trovo accanto al desk delle casse, lì un ragazzo sta per iniziare il proprio turno e gli danno un camice pulito, ancora imbustato, con indicazioni precise su come indossare la mascherina e disinfettare le proprie mani, prima di iniziare il proprio turno… forse non è un caso che abbiano deciso di compiere questa operazione di fronte alle persone in fila… alla debita distanza ovviamente, ma ho avuto la percezione di essere al sicuro, di essere nel posto giusto, dove poter effettuare la mia spesa. Ho subito pensato… sono in buone mani.

Nel frattempo, quasi come un vigile, un altro addetto alla security limita l’ingresso all’interno dello store, rassicurando e scambiando battute con chi si trova in coda.

Una volta dentro lo store, mi capita un’altra cosa inaspettata, un’addetto, nel corridoio principale, indica alle persone dove poter trovare ciò che cercano… è davvero una banalità, ma questa figura, preparatissima… consente di ridurre il tempo di permanenza all’interno dello store, velocizzando, così, ulteriormente l’acquisto.

Non mi sono mai sentito così guidato e soprattutto al sicuro, in uno spazio così affollato e “potenzialmente” pericoloso. È un’esperienza che supera le mie aspettative, mi ha fatto tornare a casa più sereno, certo di non essere da solo, con qualcuno che pensa a me, alla mia salute e al mio tempo. Questa esperienza mi fa desiderare di tornare all’Esselunga, perché la percepisco come un luogo sicuro, affidabile ed efficiente. Non credo che mi dimenticherò di te, cara Esselunga, tornerò da te anche dopo la pandemia, perché mi hai dimostrato, ancora una volta, di saperti prendere cura di me oltre le mie aspettative.

LA SMART CULTURA DEL TEATRO ALLA SCALA

Se il pubblico non può andare alla Scala, allora è la Scala ad andare a casa del suo pubblico

Il Teatro alla Scala è una vera e propria fabbrica di cultura. Dato il momento storico che stiamo vivendo è costretta a rivoluzionare la propria proposta. Così, mentre molti italiani si trovano in Smart Working anche la Scala prosegue le proprie attività, facendo procedere in modo “Smart”, da casa, concerti ed esibizioni. In particolare, il coro delle voci bianche dell’Accademia della Scala, un’eccellenza a livello mondiale, ha proposto l’inno d’Italia unendo in un unico video numerosi ragazzi che intonano le diverse strofe, attraverso i propri dispositivi mobili.

L’inno d’Italia in questi giorni accompagna ed unisce un popolo che è colpito da una crisi senza precedenti. Ma in un momento così particolare l’inno è un grido di solidarietà e di speranza. Offre a tutti quello che nessuna donazione sarebbe in grado di offrire: unisce un popolo.

Così la Scala è costretta, in virtù della circostanza creatasi, a dover cambiare la propria proposta culturale. Un soft power emerge nella capacità di creare coesione, sfruttando la potenza del proprio brand. La cultura è un mondo che, in termini economici, non sarebbe in grado di offrire grandi risorse per poter costruire nuovi reparti e donare apparecchiature agli ospedali. Ma non smette di utilizzare i propri mezzi potenti per offrire esperienze uniche anche in periodi di crisi.

Si potrebbe dire, in un certo senso, che anche se temporaneamente le persone non possono andare alla Scala, allora è la Scala che bussa alla porta delle case, sia dei propri artisti, che del proprio pubblico.

Pertanto, il Teatro alla Scala, in collaborazione con RaiPlay e Rai5 a partire dal giorno 23 marzo, predisporrà un palinsesto per offrire al pubblico degli appassionati 30 spettacoli… uno al giorno… registrati tra il 2008 ed il 2019. Inoltre, a partire dal 6 aprile, per quattro settimane consecutive, trasmetterà un’opera al giorno su Rai5, alle 10.00, ed ogni mercoledì un’opera alle 21.15.

Come la Scala, tanti musei hanno aperto al pubblico del web le proprie porte, e la cultura, ancora una volta, viene utilizzata come strumento di coesione sociale. Ma il video dell’inno delle voci bianche ha qualcosa in più da dire a me e a tutti noi “clienti della cultura”. Non è solo un portarci nelle case l’inno di Mameli, non è solo una trovata geniale. È un inno di speranza che viene cantato dai ragazzi a tutti i “grandi”. È il segno che quei ragazzi, che noi crediamo ancora ingenui, hanno qualcosa da dire a tutto il popolo italiano. Oggi il senso di unità all’interno della Nazione si credeva perso, ed invece i ragazzi ci fanno vedere l’unità nella distanza. È questa “distanza” che ci sorprende… come sia possibile restare uniti e darsi coraggio anche nella distanza. Si spalanca così anche per tutti noi che siamo a casa un’altra possibilità, non solo tentare di iniziare la giornata con la speranza, ma ci viene proposto di essere protagonisti, pur nella distanza, di un motore pulsante di una nazione che non ha intenzione di essere sconfitta. L’inno d’Italia è l’inno della resilienza di tutti noi, l’inno di tutti coloro che desiderano promuovere la cultura come base solida ed essenziale di un popolo, e a ricordarcelo sono i ragazzi.

Proporre ai ragazzi di essere protagonisti del video è uno strumento efficace per affermare che la cultura non è “cosa” passata, non è “roba” da vecchi. La cultura è per tutti. È un modo per rincuorare anche le persone più anziane, gli amanti della “vecchia guardia” che sono assidui frequentatori del Teatro alla Scala. Ora sanno di poter contare su un popolo di giovani appassionati che dimostrano di avere le mani salde sul timone. Nonostante i tempi li costringano a rimanere a casa, la cultura non si ferma ed i giovani sono i protagonisti. Quegli stessi giovani, una volta usciti dalla quarantena, non vedranno l’ora, come me, di poter andare alla Scala per tornare a provare i brividi sulla pelle nel sentire l’opera, le canzoni liriche e vedere danzare ballerini fuoriclasse. Propongo pertanto di guardare questo video commovente, che mi ha fatto sentire più vicino a tutti gli italiani che, come me, stanno vivendo chiusi in casa. Mi sono sentito più vicino alla mia famiglia, ai miei amici, ai medici e agli ammalati. Sono grato al Teatro alla Scala di avermi ricordato di non essere da solo e di essere ancora capace di stupirmi di fronte alla bellezza della cultura, fonte inesauribile di speranza e sogni.

VAN CLEEF & ARPELS E LA SPILLA DEL… VIGILANTE!

La cicogna che porta il diamante, il vigilante che porta entusiasmo

Un percorso scintillante: le sale del Palazzo Reale di Milano erano letteralmente straripanti di gioielli dal valore inestimabile. La mostra che ha raccolto i gioielli della famosa maison francese Van Cleef & Arpels è stata organizzata per celebrare “la capacità unica dei gioielli di unire eternità ed effimero, l’amore e la manifattura, la bellezza e l’arte”. Una storia che inizia dal 1906 ed è costellata di altre storie, poiché molti dei gioielli presenti in mostra – più di 400 – sono stati indossati da star, attrici, cantanti, mogli di famosi presidenti. Ogni gioiello appartiene ad una storia particolare, ad un luogo, ad una persona.

Le sezioni della mostra si articolavano in tre passaggi dedicati alla Natura, al Tempo e all’Amore. Ad ispirare il percorso sono state le “Sei lezioni americane” di Italo Calvino (leggerezza, rapidità, esattezza, visibilità, molteplicità, coerenza). Esse sono spunto di riflessione anche per noi, che in questo momento cerchiamo di affrontare le nuove sfide di questo secolo.

Mentre osservavo i gioielli di un pannello, insieme ad alcuni amici, abbiamo incominciato a domandarci quale fosse la storia di alcune spille meravigliose, quanto valessero, che cosa rappresentassero. Ecco l’imprevisto che accadeun vigilante si avvicina ed inizia a raccontarci la storia di quelle spille, il loro valore simbolico, ancor prima che economico. Una cicogna d’oro ricoperta di diamanti conduce verso la casa della futura mamma il suo gioiello, un bimbo, simboleggiato da una pietra preziosissima, stretta nella morsa del becco.

Ma di cosa si occupava quel signore che, con grandissima attenzione ed interesse, ci ha fatto sognare davanti a quella spilla? Vigilanza, niente di più, niente di meno. In quei lunghi turni trascorsi ad osservare le persone, affinché rispettassero le norme di sicurezza, non ha potuto rinunciare a memorizzare le informazioni presentate nel corso delle guide organizzate.

Un vigilante, nel corso del suo lavoro ha sviluppato una sensibilità in grado di riconoscere l’interesse da parte mia e dei miei amici. Ci ha raccontato qualcosa di nuovo e ci ha permesso di imprimere il ricordo della mostra attraverso una sola spilla. Ancora oggi ricordo in modo vivido la bellezza di quel gioiello e lo stupore inaspettatamente generato dalla chiacchierata con il vigilante.

Mi ha colpito osservare come la bravura delle guide sia stata trasmessa ad un vigilante. Come il loro servizio, svolto in maniera eccellente, abbia generato in modo indiretto un entusiasmo anche in me, attraverso una persona che non era addetta alle spiegazioni, ma che facendo uno piccolo strappo alla regola – uscendo dalla propria convenzionale attività – ha trasmesso a me delle informazioni utili, rendendo l’esperienza di tale mostra memorabile.

TEATRO OLIMPICO DI VICENZA, LA VISITA MULTIMEDIALE

Una biglietteria che supera le aspettative

Il Teatro Olimpico di Vicenza: patrimonio culturale dell’umanità

Mi sono imbattuto in una bellissima esperienza, in qualità di visitatore di un celeberrimo monumento italiano: il Teatro Olimpico di Vicenza. Esso è considerato a livello mondiale un esempio unico ed irripetibile di architettura tardo-cinquecentesca. Si tratta di un capolavoro, progettato dal maestro Andrea Palladio, l’architetto delle antiche ville venete. Nel 1994 il teatro è stato riconosciuto patrimonio culturale dell’umanità. Tuttora è sede di numerose iniziative culturali, spettacoli e concerti. Siamo di fronte ad uno dei teatri coperti più antichi ed affascinanti del mondo. Ubicato nel centro storico di Vicenza è facilmente raggiungibile ed è una meta molto ricercata dai turisti e dalle scuole. Tuttavia, la città di Vicenza è una delle innumerevoli mete turistiche del Veneto, che offre davvero infinite possibilità al turista appassionato di Arte e Cultura. Vive a pieno la competizione con altre realtà: Padova, Verona, Treviso, Venezia…. Il Teatro Olimpico è una delle attrazioni distintive di Vicenza.

La nuova visita multimediale

Per visitare il Teatro è necessario pagare un biglietto, con la possibilità di effettuare il percorso in solitaria, e, in alternativa – ed è questa la vera novità – hanno istituito una nuova modalità di visita:

“Buongiorno, vorrei visitare il Teatro Olimpico”

“Se lo desidera, tra 15 minuti inizia la visita multimediale.”

“Di che cosa si tratta?”

Il Teatro Olimpico ha deciso di sviluppare una nuova forma di visita. Si tratta di un’iniziativa sostenuta dal Comune di Vicenza. Alessandro Baricco e la Scuola Holden (incentrata sullo story-telling, narrazione, comunicazione e performance) hanno collaborato per valorizzare la visita. Hanno creato un percorso dove si è accompagnati da una narrazione multimediale. Un tablet assegnato a ciascuno permette di approfondire le varie parti del teatro – aiutando il visitatore a puntare lo sguardo su ciò che è più importante – ma la parte più interessante riguarda lo spettacolo di luci. Luci, suoni, musica, permettono di entrare dentro al monumento. Sono stato travolto dalle emozioni, era da tempo che non vivevo il sogno di entrare nella dimensione del passato. Seduti tra gli spalti, tutti i visitatori sono rimasti a bocca aperta. Oggi il Teatro Olimpico me lo porto nel cuore. Non era la prima volta che lo visitavo, ma la favola, così raccontata, mi è rimasta impressa.

La biglietteria: dove comincia la vera esperienza multimediale del Teatro Olimpico

Che cosa ho imparato? Che non basta visitare una cosa bella, ma come la visito, il modo in cui mi viene proposta, determina profondamente il ricordo dell’esperienza. Il Teatro Olimpico di Vicenza è un esempio eloquente, da cui poter prendere esempio su come rendere speciale la visita.

Ma chi devo veramente ringraziare? La biglietteria. Se non mi avessero avvisato che se avessi atteso 15 minuti, sarebbe partita la nuova modalità di visita multimediale, non avrei potuto portare a casa un’esperienza indimenticabile. L’attenzione, più o meno consapevole, dell’addetto alla biglietteria è stata per me essenziale. La mia esperienza presso il Teatro Olimpico è iniziata prima della visita del monumento, con il primo punto di contatto: la biglietteria.

GUARDA COSA ASCOLTI E TI DIRÒ CHI SEI

Da Spotify a Tim, i nuovi trend per coinvolgere il cliente

Spotify è uno dei più importanti e famosi portali di musica on demand. L’idea nasce nel 2006, ma viene lanciata nel 2008 da una startup svedese: Spotify AB. In pochi anni ha un successo incredibile e si colloca come una delle migliori piattaforme dove poter ascoltare musica. Ciò che ci spinge a parlare di Spotify è la campagna lanciata nel 2019: Spotify Wrapped.

Qualcuno se lo ricorda? In diversi social hanno incominciato a girare immagini, screenshot, sulle statistiche personali di ciascun utente. Quali brani avevamo ascoltato di più? Quale genere musicale ci rappresentava meglio?  E così via… un vero e proprio regalo che Spotify faceva ad ogni utente.

Un regalo che in fondo diffondeva consapevolezza ed emozioni. Perché le statistiche, soprattutto per i primi iscritti, riuscivano a raccogliere dati fino ai dieci anni precedenti. Questa campagna è stata un successo ed è diventata un modo interessante di concepire la pubblicità. Infatti, rivedere le canzoni che erano piaciute significava rivivere dei momenti della vita. Era un ritornare a galla di avvenimenti sedimentati e spesso dimenticati. Perché l’ascolto della musica dipende da uno stato d’animo, perciò quando ci si confronta con dati di questo genere è possibile rivedere i momenti che sono accaduti in passato. Non è un bel regalo questo?

L’inaspettato: l’esperienza della sorpresa

Che cosa rende straordinaria questa campagna? La sorpresa, ciò che emerge dai dati sorprende, lascia le persone senza parole. Si fa l’esperienza dell’inaspettato. Ciò che non attendiamo, e ci si pone davanti in tal modo, permette di vivere emozioni profondissime che ci legano in modo viscerale alla notizia che apprendiamo. Possiamo essere sorpresi, stupiti, possiamo rimanerci male, possiamo addirittura arrabbiarci, perché l’informazione che recepiamo ci stona. È come se ci stessimo ri-guardando allo specchio dopo tanto tempo. Dobbiamo fare i conti con un’immagine di noi stessi che non conoscevamo, ma che può restituirci qualcosa in più di noi, qualcosa che ci può far stare meglio. Ecco che conoscere i dati non è solo un’informazione neutra, ma è un’informazione estremamente carica di significato. Abbiamo vissuto decenni in cui i dati subivano la massificazione. Oggi i dati più rilevanti sono quelli che riescono a descrivere al meglio le caratteristiche che rendono speciale la singola persona.

Molti temono che la personalizzazione dei dati possa essere un fattore negativo, che violi la libertà della persona. Eppure, i dati personalizzati possono essere in grado di sostenere i nostri io frammentati nella massa rendendoci unici, speciali, esattamente in contrasto con l’idea di un’omologazione che relativizza il consumatore. I dati sono fondamentali per creare un legame più stretto e diretto con il cliente.

Viviamo sempre di più la necessità di comprendere il bisogno, la domanda customizzata del cliente. Non possiamo sottostare all’omologazione perché il cliente chiede e desidera sempre di più.

Conoscere i dati e rendere il consumatore più consapevole permette di creare ed istituire un rapporto di fiducia maggiore con il cliente/consumatore. Questo stile di pubblicità fatto ad hoc si sta via via diffondendo, prendendo diverse forme. Anche la Tim sta cercando di rendere i propri clienti consapevoli attraverso pubblicità che condividono dati. Anche se non ancora in una forma personalizzata ad hoc.

Tim insegue i dati

Infatti, se si passa dalla stazione Centrale di Milano si osservano sui mastodontici tabelloni elettronici le pubblicità della Tim. È da poco terminato il Festival di Sanremo, ed ecco che compaiono immediatamente le classifiche, i tweet e le instagrammate più popolari. La cultura dei dati si diffonde, non solo per rendere più efficaci le strategie delle imprese, ma per coinvolgere il cliente, che da spettatore diventa, in questo modo, più protagonista.

Che cosa accadrà in futuro? È quello che ci stiamo chiedendo tutti. Probabilmente le imprese utilizzeranno i dati non più solo per definire le strategie, ma per fidelizzare, per rendere unico e speciale il proprio cliente. Così come ha fatto Spotify, probabilmente un giorno vedremo la stessa cosa replicata in altri settori. Siamo pronti a scoprire le novità che emergeranno in un futuro sempre più vicino.

Andrea Telesca

SI SCRIVE MANSIONARIO, SI LEGGE GALATEO

Il bon ton diventa “protocollo” nelle catene del food e non solo

La Customer Experience non è solo un elemento strategico adottato dalle imprese che desiderano avere successo. È una formula segreta da considerare sempre di più in svariate situazioni, realtà, nei settori più impensabili. Oggi le più grandi ed importanti catene che operano nel food retail hanno la necessità di definire procedure precise all’interno delle proprie strutture (per maggiori approfondimenti clicca qui), al fine di soddisfare le sempre più complesse e specifiche esigenze dei propri clienti e di poter rendere replicabile un format, per poter aprire altri locali in giro per il mondo. Perciò, un documento essenziale è il mansionario, che diventa da una parte uno strumento per offrire un servizio orientato al cliente; dall’altra è lo strumento in grado di formalizzare delle procedure da mettere in atto all’interno del locale, al fine di essere sempre pronti, efficienti, ma soprattutto insuperabili.

Ma come giustificare questa esigenza di formalizzare delle procedure in un mansionario? Molti utilizzano i dati per giustificare le decisioni, gli obiettivi, le scelte strategiche. I dati, infondo, che cosa sono? Sono “storia”, raccontata attraverso i numeri. Perciò, con questo articolo, ho deciso di raccontare una storia dalla quale, forse, sarà possibile attingere per poter avere qualche spunto di riflessione interessante e magari inaspettato.

Monsignor dalla Casa, le buone maniere

A cavallo tra il 1551 ed il 1558, Giovanni Dalla Casa, meglio conosciuto come Monsignor Dalla Casa, ebbe una grandissima intuizione. Decise di scrivere uno dei libri più famosi del mondo: il Galateo. Questo libro non è altro che un decalogo dei comportamenti che chiunque desideri fare bella figura dovrebbe avere in mente.

Che cosa fece Monsignor Dalla Casa? Utilizzò un metodo scientifico per descrivere i procedimenti che conducono alla buone maniere. Una vera e propria guida. Una serie di procedure da eseguire per poter essere all’altezza del proprio interlocutore. Il titolo completo del trattato è: Trattato di messer Giovanni della Casa, nel quale sotto la persona d’un vecchio idiota ammaestrante un suo giovanetto, si ragiona de modi, che si debbono o tenere, o schifare nella comune conversatione, cognominato Galatheo overo de costumi.

Il mansionario “de modi, che si debbono tenere o schifare”

Sembra che il Galateo antico oggi reincarnato nel mansionario, sia diventato una necessità, un elemento essenziale per le imprese che desiderano innescare processi che conducano al successo. Ma quali sono le criticità? Se in passato i comportamenti erano definiti dagli atteggiamenti e dalle buone maniere, oggi è necessario osservare precise norme di sicurezza, ma soprattutto svolgere mansioni che possano essere facilmente replicabili per assicurare al cliente un’esperienza sempre in linea con i valori del brand e con la promessa che cela dietro il proprio servizio. Perciò è diventato essenziale rivolgersi a degli specialisti, perché oggi, la Customer Experience non è più solo un’etichetta, ma un elemento essenziale per raggiungere il successo, attraverso il supporto di persone competenti che si aggiornano costantemente. La consulenza sulla Customer Experience, nel settore del food retail, diventa un elemento concreto nella misura in cui si tramuta in un supporto alla formalizzazione delle best practices, essenziale per comprendere gli elementi da valorizzare per cavalcare il successo, utilizzando al meglio i driver positivi, già presenti in una realtà operativa.

Il protocollo aumenta la consapevolezza e risolve le criticità

Così, la Customer Experience nel food retail, si prende cura anche della definizione del mansionario, è la riproposizione di un Galateo in forma moderna. È uno strumento valido, essenziale per rendere il proprio cliente soddisfatto, ma soprattutto per offrire un servizio indimenticabile a tal punto, da renderlo un format riproponibile su ampia scala. Per espandere il business è necessario definire in modo preciso le procedure. Non solo, la proceduralizzazione consente di aumentare la consapevolezza delle proprie potenzialità, e rende più semplice l’individuazione dei punti critici da risolvere ed affrontare. Ovviamente le procedure non sono delle regole fisse, sono delle istruzioni da seguire, dei suggerimenti. Perché nessuna regola esisterebbe se non ci fosse l’eccezione.

Il mansionario detta delle regole, ma come afferma Picasso: impara le regole come un professionista, in modo da poterle rompere come un artista.

Andrea Telesca

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